Perché Roger Federer e Rafael Nadal non sono profeti in patria?

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Perché Roger Federer e Rafael Nadal non sono profeti in patria?

Roger Federer e Rafael Nadal hanno dominato il tennis negli ultimi 15 anni, hanno dato vita ad un duopolio difficile da spezzare, infiammato supporters in tutto il mondo ed ispirato milioni di giovani. Ma in Spagna e in Svizzera sembra che il loro successo non abbia spinto i giovani a prendere in mano la racchetta, e il gap generazionale è sempre più evidente

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Roger Federer e Rafael Nadal hanno ispirato un numero incalcolabile di bambini in tutto il mondo, tanti gli aspiranti professionisti che hanno cercato di seguire le loro orme. Praticamente ovunque, sembra, ad eccezione dei loro paesi di provenienza. Eroi nazionali come Bjorn Borg in Svezia e Boris Becker in Germania hanno tradizionalmente motivato un’ondata di giovanissimi provenienti dai loro paesi, ma sembra non essere emersa né in Svizzera né in Spagna una generazione che seguisse le orme di Federer e Nadal.
Fra Roger Federer, 33 anni, e Stan Wawrinka, 30, la Svizzera ha solo due giocatori nella top10, ma nessun altro nella top200. Federer è stato all’apice del tennis mondiale per quasi 12 anni, abbastanza a lungo perché gli emulatori come il bulgaro Grigor Dimitrov e il belga David Goffin iniziassero a vincere. Fin qui tutto bene se non fosse che nessuna delle due giovani promesse è svizzero; i più giovani tennisti svizzeri li troviamo in top300, il 23enne Henri Laaksonen (289 del mondo) e il 27enne Yann Marti (n. 295).

Federer non è sicuro sul perché le sue conquiste e la sua popolarità non abbiano fatto emergere altri juniores, ma suppone che un freno possa essere una già consolidata cultura dello sport. E nonostante il tennis sia diventato popolare in Svizzera, non ha creato la stessa sensazione di Becker e Steffi Graf in Germania.
“Abbiamo Stan Wawrinka. Lui è più piccolo di me”, ha dichiarato quasi scherzando il 17 volte campione di uno Slam. “Sai nel nostro paese abbiamo le Alpi, e questo significa che chiaramente le persone propendono verso lo sci, l’hockey e questo genere di sport. Ed anche il calcio è uno sport molto popolare. È probabile che lo sviluppo del tennis non abbia avuto la stessa entità di quando Boris e Steffi hanno fatto i primi passi in Germania”.

C’è voluto molto affinché Federer avesse un enorme impatto nel proprio paese. Non è diventata una figura nazionale di spicco finché non è riuscito ad affermare pienamente il suo dominio verso la fine del 2005, quando aveva già in tasca ben sei titoli del Grande Slam, incluso il terzo Wimbledon consecutivo. “È davvero difficile richiamare l’attenzione di tutti in Svizzera, lo dico onestamente. Mi ci sono voluti un paio di Slam e qualche anno da numero 1 del mondo perché le persone capissero che stavo facendo davvero qualcosa di incredibile”, ha aggiunto.

E la consistente entità del gap generazionale è stata chiara durante il primo turno di Coppa Davis di quest’anno, quando sia Federer che Wawrinka hanno deciso di non giocare in seguito alla loro vittoriosa campagna dell’anno precedente. Con il n.3 svizzero Marco Chiudinelli infortunato e Marti che ha lasciato il team perché non era stato scelto per gli scontri in singolare, il compito di rappresentare la bandiera è stato lasciato a Laaksonen e a Micharl Lammer in un tie che è culminato, e non sorprendentemente, con la sconfitta contro il Belgio.

La mancanza di giovani promettenti in Svizzera, non è sfuggita all’occhio attento dei suoi migliori giocatori: “Certamente, l’abbiamo notato. Guardiamo sempre a chi sale nel ranking”, ha dichiarato Wawrinka, “ma non è facile”. Rene Stammbach, presidente della Federazione Nazionale di Tennis in Svizzera, crede che l’effetto Federer possa solo essere posticipato. “Certo, abbiamo un buco fra i 18 e i 24 anni, questo è vero. Ma abbiamo anche molti bravi giovani fra i 12 e i 14 anni. E abbiamo due ottimi tennisti di 16 e 17 anni”.

Sebbene lo stesso Federer sia passato attraverso il programma di sviluppo della federazione e che la sua famiglia lo abbia elogiato, le sue strutture si sono espanse con i fondi extra generati in gran parte dall’impatto del successo di Roger Federer. Sono stati inoltre assunti quattro nuovi coach con esperienze professionali, incluso l’ex allenatore di Graf, Heinz Gunthardt, e Lammer. “Ci piacerebbe ovviamente che ci fossero più giocatori ad emergere”, ha ammesso Federer. “Credo che la federazione stia facendo un ottimo lavoro. Sta allargando il centro. Hanno di nuovo molti bambini. Credo sia un’ottima scuola dalla quale imparare. È dove sono cresciuto. Spero che questo possa ispirare altri giocatori ad emergere, forse nei prossimi 10 anni”.

L’atmosfera è molto più irrequieta in Spagna, che è sempre stata abituata ad avere giocatori che lasciavano il segno nel circuito fin dagli anni ’90. È un paese che inoltre vanta due tennisti nella top10, e ben 12 nella top100, più di qualunque altra nazione. Ma più della metà di questi giocatori hanno compiuto 30 anni. Nadal, a 29 anni, è il secondo spagnolo più giovane nella top50 al momento. L’unico tennista spagnolo nella top100 sotto i 27 anni è il 23enne Pablo Carreno Busta.

“Negli ultimi 20 anni, ci sono stati tantissimi giocatori spagnoli”, ha raccontato Carreno Busta. “Adesso io sono il più giovane. Non so perché”. Sgrana gli occhi quando gli viene chiesto se si sente pronto ad essere il portabandiera della Spagna quando gli attuali leader concluderanno le loro carriere. “È ovvio che sarà difficile essere come Nadal o Ferrer, perché sono dei grandi campioni, i migliori, e quindi sarà dura”, ha detto Carreno Busta. “Ma proverò a fare del mio meglio, e se riuscirò a farlo, allora ne sarò felice”.

Potrebbe non volerci molto affinché il n.70 del mondo riesca ad entrare fra i grandi. Guidati da Nadal, Ferrer, Feliciano Lopez e Fernando Verdasco, la Spagna si è trasformata in un gigante del tennis ed è diventata cinque volte campione in Coppa Davis, ma adesso sono tutti più vicini all’età del ritiro. “È qualcosa che accadrà sicuramente, ed è vero che non ci sono molti giovani emergenti”, ha dichiarato Lopez. “Credo che la federazione.. Beh dovrebbero notarlo e dovrebbero lavorare per poter avere successo in futuro”.

Lopez ha visto il calibro e i campioni che la Spagna ha prodotto in anni recenti, da Sergi Bruguera a Juan Carlos Ferrero, fino a Nadal. Ma Lopez vede anche un approccio carente al tennis, aggiungendo: “Avremo tennisti fra i primi 40 e 50 al mondo, ma non avremo un gran numero di giocatori nella top100 e non credo nemmeno che avremo dei tennisti nella top10”.

Le numerose accademie del tennis in Spagna e la RFET di solito hanno unito gli sforzi per raggruppare un buon numero di tennisti, ma adesso è la federazione ad essere sotto pressione perché inverta la tendenza in declino. Nadal, uno dei pochi che è rimasto a casa a Mallorca piuttosto che raggiungere un centro o un’accademia per avviare la sua carriera, ha recentemente criticato i processi di sviluppo della federazione.

“La Federazione Spagnola non aiuta i giovani tennisti”, aveva affermato ai microfoni durante lo scorso French Open. “Non solo non aiuta i giovani, ma anche noi, i tennisti con più esperienza. È così che abbiamo fatto tanta strada contando solo su noi stessi senza l’aiuto totale della federazione. Ma non parleremo dei motivi che hanno creato questa situazione. Molti diranno che la federazione non aveva denaro, ma quando avevo 13 o 14 anni, mi offrirono di andare a El Car, ma pensai che il posto in cui mi allenavo andasse bene. Avevo bisogno dei miei genitori vicini. È per questo che rimasi a Mallorca con il mio sparring partner Tomas, e dopo lui decise di andare con la federazione. Quindi a lui pagarono tutto quando se ne andò e a me non hanno mai dato nulla”.

“Mi venne offerto un misero accordo. Successivamente presi parte a Wimbledon juniors e dovetti pagarmi hotel, viaggio, praticamente tutto. Decisi di restare con il mio allenatore. Dovevo sostenere queste spese di viaggio, invece tutti i tennisti che erano coccolati dalla federazione avevano le spese pagate. Quindi alla fine credo proprio che questo processo funzioni poco”.

Per Carreno Busta, tuttavia, la federazione ha avuto un’influenza positiva, e potrebbe fare lo stesso con altri giocatori. “Per mia esperienza, ho avuto un grande supporto dalla federazione. Ho passato con loro cinque o sei anni per allenarmi. Per quanto mi riguarda, se oggi gioco a tennis è perché la federazione mi ha pagato tutto in questi anni”, ha dichiarato, aggiungendo che alcuni dei giovani con cui era solito giocare oggi competono nel tour, ma generalmente stanno sotto la 200esima posizione. “Sicuramente abbiamo dei problemi, ma nei prossimi 5 o 10 anni, credo sia possibile avere di nuovo degli ottimi tennisti in Spagna”.

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