La Vinci è n. 10, poi tanti dubbi (Semeraro). Radwanska-show. La Vinci si arrende in una sfida magica (Crivelli).

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La Vinci è n. 10, poi tanti dubbi (Semeraro). Radwanska-show. La Vinci si arrende in una sfida magica (Crivelli).

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La Vinci è n. 10, poi tanti dubbi (Stefano Semeraro, Il Corriere dello Sport)

Roberta Vinci è appena approdata nella top-ten ma non vuole fermarsi qui. Lunedì è diventata numero 10 del mondo, fino a ieri sembrava che dovesse diventare almeno 9 ma ha perso nel quarti a Doha, pur giocando alla grande contra una pazzesca Aga Radwanska – ridiventata per una sera “la Maga” – perdendo per 6-3 al terzo set di una partita bellissima. Così Robi dice addio, per ora, alla possibilità di diventare addirittura n. 6 (lo sarebbe stata vincendo ieri) e fra tre giorni sarà ancora n.10, superata da Carla Suarez Navarro che a Doha è ancora in corsa. Ma se la Vinci in questo momento è una splendida certezza, insieme alla ritrovata grinta di Sara Errani, c’è invece una serie di domande che accompagna il nostro tennis al femminile. Abbiamo cercato di dare le risposte al tanti che come noi se le pongono da un po’.

1 – Possibile che torni il doppio delle meraviglie Errani-Vinci?

È difficile, molto difficile. Roberta a settembre dopo la finale agli US Open ha lasciato una porta aperta («I rapporti sono buoni, non lo escludo…»), ma un conto sono vaghi accenni, un altro ricomporre una coppia che ci ha dato, tra l’altro, cinque Slam. Di mezzo non ci sono questioni tecniche, ma personali, e solitamente rimettere insieme i cocci di un’amicizia fra donne è piuttosto difficile. Se poi la prospettiva delle Olimpiadi, con il sogno di una medaglia, riuscisse a compiere il miracolo, tutto il tennis italiano ne sarebbe strafelice, a partire da Corrado Barazzutti, capitano sia di Coppa Davis sia di Fed Cup. «Manca ancora parecchio a Rio», ribadisce Barazzutti. «Figuriamoci se non ce lo auguriamo. Ovviamente dovrebbero ritornare a funzionare di nuovo come squadra, ma io resto molto speranzoso. Come sono anche speranzoso che Giovanni Malagò riesca a convincere Flavia Pennetta a tornare in campo. Fa bene a provarci tanto…». A confondere ulteriormente le acque però a Dubai ci ha pensato di nuovo Roberta, quando sorridendo ha buttato lì che «non mi sorprenderebbe vedere Flavia in doppio con la Errani a Rio…».

2 – Ai Giochi o dopo Rio rivedremo la Pennetta?

O meglio: riuscirà il Presidente del Coni a togliere Flavia dai suoi meritatissimi ozi e riportarla in campo in Brasile? Magari solo in doppio, magari a fianco della Vinci – o della Errani – se il duo delle meraviglie non dovesse ricongiungersi? Anche qui servirebbe la palla di cristallo, perché Flavia è bravissima ad arrabbiarsi sorridendo («Ancora con ‘sta storia?…») e a dichiararsi inflessibile con grande morbidezza. Del resto, se avesse avuto voglia di continuare, nulla glielo avrebbe impedito, visto che si è ritirata al culmine della carriera. Magari, vedendo come se la sta cavando Roberta in queste settimane, può darsi che le sia tornata la voglia, ma per ora la bilancia pende dalla parte del no, anche perché fervono i preparativi del matrimonio con Fabio Fognini e negli ultimi mesi Flavia un po’ di relax dopo tanti annidi sacrifici, se l’è concesso. Ma se Malagò o qualcun altro, al momento giusto, nel giorno giusto, riuscisse a far riaccendere una fiammella di divertimento, di orgoglio, di sfida, ecco, allora una chance ci sarebbe. Ma Flavia, se mai dovesse decidere per il dentro, lo farà più avanti. E a ragion veduta.

3 – Schiavone avanti fino a Parigi, o andrà oltre?

Probabilmente le sarà balenata in testa l’idea di salutare tutti dal palcoscenico che l’ha vista finalista due volte, di cui una vincitrice (nel 2010). Magari ci avrà pensato nei mesi scorsi, quando i risultati non arrivavano e un po’ di stanchezza si faceva sentire. Ma l’idea dell’addio Pennetta-style avrebbe avuto più senso se la Leonessa fosse riuscita a qualificarsi anche per gli Australian Open, pareggiando il record di Slam consecutivi della Sugiyama, e avesse poi deciso di dire “basta” da primatista assoluta al Roland Garros, il “suo” Slam. L’obiettivo mancato, e soprattutto la rinascita agonistica con la vittoria a Rio, a tre anni dal suo ultimo titolo, potrebbero però aver cambiato lo scenario. La Schiavone emozionata, che sprizzava allegria contagiosa dopo la finale vinta contro la Rogers, non sembra proprio un’atleta decisa a smettere. E vero, 35 anni non sono pochi, e a volte la palla sembra viaggiarle con il limitatore. Ma in un tennis come quello attuale, senza vere gerarchie e a corto di talento, lo spazio per qualche ultimo lampo c’è. Daje, Francesca, continua ancora.

4 – Giorgi tra alti e bassi: quale sarà il suo futuro?

Ed ecco arrivare al grande punto interrogativo del nostro tennis femminile. Per età (24 anni) e per talento sarebbe l’erede naturale di questa generazione fenomenale, ma… C’è sempre un ma. Il suo power-tennis giocato senza mai pensare alle avversarie e ignorando i margini di rischio è insieme la sua grande forza e il suo grande limite. L’anno scorso ha vinto il suo primo torneo Wta, la classifica va tra alti e bassi e regolarmente arrivano battute di arresto, sconfitte evitabilissime, flop sconcertanti che non rendono merito al suo potenziale. Lei ripete che di “piani b” non vuole neanche sentirne parlare, mentre papà Sergio, da sempre suo unico allenatore, si imbizzarisce solo all’idea di vedersi affiancato un coach più blasonato. Il salto di qualità può arrivare da un momento all’altro, ma anche non arrivare mai. «Io mi auguro che arrivi presto – spiega Barazzutti – anche per Sergio che ci sta lavorando tanto. E se arriverà sarà frutto del lavoro di loro due, di Camila e di suo padre. Lui l’ha portata fino a qui, lui deve farla salire ancora».

5 – Come siamo messi con le nuove generazioni?

Purtroppo la prospettiva è tutt’altro che incoraggiante. Dopo dieci anni di soddisfazioni il timore è che una volta pensionate Pennetta, Vinci, Schiavone e la Errani, anche se forse più in la delle altre, a meno di una esplosione della Giorgi ci attendano tempi magri. La più promettente è Martina Caregaro, che nell’ultima Fed Cup è stata aggregata alla squadra come quarta, ma tra Francesca Schiavone (al n. 94) e lei, oggi n. 254, c’è un abisso. Mancano di fatto due, tre generazioni tennistiche, e se qualcosa di qualitativamente interessante occhieggia a livello delle giovanissime (la under 18 Ludmila Samsonova, la under 16 Federica Rossi, la under 14 Matilde Paoletti) per il breve medio-termine la sensazione è che toccherà stringere la cinghia. Per diventare forti i nostri sono quasi sempre dovuti emigrare, le fosche prospettive di oggi sono figlie anche del un fallimento di una scuola. Il centro tecnico federale di Tirrenia, per ora, ha prodotto nulla o quasi. «Purtroppo ci sono alcune giovani parecchio in ritardo», ammette Barazzutti, che ha dato la sua disponibilità a continuare da capitano azzurro anche dopo Rio e che quindi rischia di passare dalle scorpacciate alla dieta stretta. «Speriamo che recuperino». Ma il tempo stringe.

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Radwanska-show. La Vinci si arrende in una sfida magica (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Applausi. Per quella che sicuramente entrerà nel ristretto novero delle partite più belle dell’anno; una partita che riporta il tennis alla bellezza dei gesti bianchi, ai momenti in cui contavano il tocco, l’intelligenza, il gioco d’attacco e non le cannonate a chi spara più forte. Vince la Radwanska, ieri veramente “maga”, ma Roberta merita un inchino per lo straordinario livello che ha saputo tenere di fronte a un’avversaria che a un certo punto avrebbe rimesso in campo anche palline in arrivo dalla Luna. La Vinci si ferma ai quarti, perciò, ma per quel sesto posto in classifica che avrebbe virtualmente raggiunto vincendo, si tratterà solo di aspettare, se continuerà a giocare così. Intanto, da lunedì farà un altro passettino in avanti, mentre la Suarez Navarro, semifinalista, estrometterà dalle 10 Flavia Pennetta. Il match di Doha per il momento è il più bello dell’anno: volée, passanti, smash, conditi da un’eleganza che illumina gli occhi. Alla fine, si conteranno ben 101 discese a rete complessive e un saldo positivo tra vincenti e gratuiti che è di 16 per la Vinci (36 a 20) e 13 (43 a 30) per la polacca. Roberta gioca un primo set fantastico, sempre in spinta e in anticipo, ma non appena colpisce un po’ di più in fase discendente, Aga prende il comando, disegnando parabole angolate e velenosissime unite a soluzioni al volo di classe pura. Uno spettacolo, mentre il torneo saluta il grande ritorno della Petkovic e i primi vagiti di talento della lettone Ostapenko. La tedesca aveva seriamente pensato al ritiro l’anno scorso, martoriata dagli infortuni, e invece ha ritrovato condizione e fiducia: «Per fortuna non ho smesso, ora mi diverto di nuovo». La Ostapenko, classe ‘97, si era già messa in mostra a Wimbledon battendo la Kvitova in una delle più clamorose sorprese del 2015, ma ora sembra destinata a risultati che potrebbero alla fine oscurare quell’exploit. Da registrare anche la prima sconfitta dopo 41 vittorie consecutive del doppio Hingis-Mirza, sconfitte nei quarti da Kasatkina e Vesnina.

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