Fed Cup. Italia in B, fine di un ciclo. È ora di fare la rivoluzione (Piccardi, Cocchi, Viggiani, Giorni), Nadal. Torna re a Montecarlo (Semeraro, Crivelli, Clerici)

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Fed Cup. Italia in B, fine di un ciclo. È ora di fare la rivoluzione (Piccardi, Cocchi, Viggiani, Giorni), Nadal. Torna re a Montecarlo (Semeraro, Crivelli, Clerici)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Fed Cup Italia in B, fine di un ciclo. È ora di fare la rivoluzione

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 18.04.2016

 

È successo. Ahia. L’avevamo messo in conto però fa male: dopo 18 anni e 4 coppe (2006, 2009, 2010, 2013) l’Italia retrocede in Fed Cup (finale Francia-Rep. Ceca). Ripartirà nel 2017 dal World Group II contro Belgio, Ucraina, Slovacchia o Cina Taipei ( sorteggio il 20 giugno). Nel giorno del tonfo, 4-0 dalla Spagna di Conchita Martinez, hanno ragione tutti. Ha ragione il presidente Binaghi quando dice che la Spagna delle due top players Muguruza (n.4) e Suarez Navarro (n.11) è la squadra più forte che abbiamo affrontato negli ultimi dieci anni ; ha ragione il c.t. Barazzutti quando sottolinea che i cicli finiscono, è fisiologico, che le ragazze vanno solo ringraziate, che nulla si può rimproverare a un gruppo che fino a poco più di un anno fa era granitico. Ha ragione chi se la prende con la mala suerte della trasferta a Lleida: Errani infortunata (salterà Stoccarda ) , Vinci richiamata dalla ragion di Stato ma acciaccata (6 game in due giorni), Schiavone crollata fisicamente sotto il peso dei suoi meravigliosi 36 anni (il 23 giugno, auguri). Però. Però tramontato il piano A, non esiste piano B. «Pretendere di poter programmare il ricambio immediato sarebbe una presunzione folle» dice Binaghi. Il ricambio, infatti , andava presagito, anticipato, perlomeno pensato. Perché se nessuno poteva prevedere la spaccatura verticale tra Errani e Vinci (che anche a Lleida non si parlavano, ignorandosi ostentatamente in un clima , quanto meno, di imbarazzo per tutta la squadra) , il ritiro della Pennetta (ieri in tribuna) è sacrosanto e non negoziabile e quello della Vinc i, enorme numero 8 del ranking mondiale a 33 anni, ques tione di mesi . Scoppiata la coppi a n .1 del mondo in doppio, esploso il caso Giorgi (tutto da dimostrare, in ogni caso, che Camila sarebbe riuscita a diventare una leader), il ricambio generazionale ci lascia nude: Errani, Knapp e poi? Il problema si pone subito: non abbi amo doppio femminile per i Giochi di Rio, dove una medaglia non è utopia ma non provare nemmeno a vincerla sarebbe un crimine. La Fed Cup è un’ipotesi. Se il mitico Barazza fosse sazio delle donne, si potrebbe pensare alla Schiavone con le reduci o alla Garbin con una squadra di ragazzine. Da qualche parte, bisognerà pur ripartire. Intanto, grazie.

 

Serie B. L’Italia sprofonda Si chiude un ciclo e il ricambio non c’è

 

Federica Cocchi, la gazzetta dello sport del 18.04.2016

 

Dopo 18 anni l’Italia esce dal Gruppo Mondiale di Fed Cup. La Nazionale che ha scritto la storia del tennis femminile degli ultimi 10 anni, con quattro titoli conquistati e una finale persa nel 2007 con la Russia, deve arrendersi alla Spagna di Conchita Martinez, ma soprattutto di Garbine Muguruza e Carla Suarez Navarro. Più che uno spareggio, poteva essere una finale di Fed Cup, e invece la sfida che si è consumata al Tennis Club de Lleida ha decretato la discesa agli inferi delle nostre e la risalita delle spagnole da due anni assenti dall’elite. LA GIORNATA Senza Sara Errani, ferma per una lesione al bicipite femorale destro (che le impedirà di giocare anche a Stoccarda), lo spareggio era già partito in salita. L’impegno di Francesca Schiavone nella prima giornata di stato encomiabile: a quasi 36 anni affrontare la numero 4 al mondo, è stato un sacrificio che ha pagato con l’infortunio. Uno stiramento all’adduttore sinistro, che l’ha costretta a fare solo presenza per un solo game nel doppio insieme a Karin Knapp. Roberta Vinci era scesa in campo per prima ieri contro Garbine Muguruza, un incontro inedito. Era il match point per la Spagna, e la stangona ispano-venezuelana non si è fatta sfuggire l’occasione. Complice una partita opaca da parte del) Binaghi allarga le braccia: «Un nuovo gruppo vincente è utopia». Barazzutti in bilico: «I cicli si chiudono per tutti» la Vinci, alla prima uscita stagionale sulla terra. RIPARTIRE Si chiude un ciclo, il più vincente del tennis italiano, a giugno il sorteggio dirà con chi dovremo giocarcela per tornare tra le grandi. Con le sole Sara Errani e Karin Knapp disponibili, salvo ripensamenti o amnistie per Camila Giorgi, sarà complicato tornare subito tra le prime otto. Il presidente Angelo Binaghi è realista: «Pensare di ricreare un gruppo così forte e vincente sarebbe utopistico e anche presuntuoso. Atlete che possiamo paragonare ai Mennea, alle Simeoni, Gigi Riva, paragonabili alla Pellegrini». Quindi bisogna ripartire dalle certezze: «Abbiamo Sara Errani che è una colonna di questa squadta, abbiamo Karin Knapp, e se una delle veterane fosse disponibile in doppio, allora credo che non ci siano tante squadre di questo valore. Se adesso siamo nel secondo gruppo, è perché quest’anno abbiamo trovato due squadre al massimo della forma e sempre in trasferta. Roberta Vinci non sembra molto dell’idea di tornare in azzurro: «Non ho ancora deciso cosa fare, ho detto più volte di non avere una data di scadenza, ma penso che il mio tempo in Nazionale possa essere finito. Ci sarà un nuovo ciclo, e speriamo che si possa creare un altro gruppo solido. Giocheranno Errani, Knapp, Errani… e Knapp». Inutile nascondersi, il problema del ricambio c’è ed è importante se si considera che Martina Caregaro, portata da capitan Barazzutti a Marsiglia per fare esperienza contro la Francia, è 272 al mondo e le altre veleggiano dal 300 in giù. CAPITANI Corrado Barazzutti accoglie questa retrocessione come una nuova missione: «Le sfide sono sempre stimolanti. Se è arrivata anche la fine del mio percorso? Mah, i cicli si aprono e si chiudono per tutti». Il grande interrogativo non è sciolto, non è ancora chiaro se Barazzutti dopo l’Olimpiade resterà come capitano di Fed Cup o se invece passerà il testimone per dedicarsi alla squadra maschile. Schiavone, Pennetta, Vinci o Galimberti? Roberta Vinci si tira subito indietro: «Per carità, non ho il carattere giusto». Francesca Schiavone, da tutti acclamata come auspicabile futuro c.t., taglia corto: «Ora non penso al mio futuro in Fed Cup. Ho avuto l’opportunità di giocare di nuovo con le prime al mondo e questo è importante, mi spiace solo per Sara che è la colonna della squadra e non ha potuto giocare. lo capitano? Non mi sembra ‘impensabile, ma per ora non ho percepito che ci sia un’occasione. Né una proposta…».

 

Azzurre retrocesse è la fine di un ciclo

 

Mario Viggiani, il corriere dello sport del 18.04.2016

 

Ci sta, che dopo diciotto anni l’ Italtennis al femminile torni nella Serie B della Fed Cup, la Davis in rosa Ci sta soprattutto se al turno di esordio di questa edizione 2016 becchi la Francia a casa sua, tante che saranno proprio Garcia e Mladenovic a sfidare in finale a novembre la corazzata ceca che ha vinto il trofeo quattro volte negli ultimi cinque anni, e poi nello spareggio salvezza giochi ancora in trasferta contro la Spagna, che con le numero 4 e 11 del mondo davvero è più facile immaginare vincitrice della Coppa nel 2017. Certo, ci sta meno che finisca quattro a zero per loro senza strappare neppure un set, ma ormai è andata così e non serve recriminare. leri anche per berta Vinci c’è stato davvero poco da fare con una Garbine Muguniza scatenata: 83% di unti vinti sulla prima di servizio e addirittura 100% sulla seconda (8 ace in tutto), senza co ere neppure un quindici nei quattro di battuta del secondo set. Terza partita vin dalla Spagna, con un doppio 6-2 in meno di ‘ora, e tutto il resto inutile: s’è passati direttamente al doppio che però è durato giusto un paio di game, il tempo che Francesca Schiavone avvertisse un fastidio muscolare e chiamasse lo stop. Niente di particolare ma meglio fermarsi subito, specie quando si va verso i 36, gli anni che la vincitrice del Roland Garros 2010 compirà a giugno. L’ultimo episodio di una spedizione non proprio fortunata: la Vinci ha accusato problemi a un piede e soprattutto Sara Errani è stata bloccata dal bicipite femorale dolorante da giovedì scorso, tant’ è che ha dato forfait al torneo di Stoccarda. La striscia dell’Italia nel Gruppo Mondiale si interrompe dopo diciotto anni di permanenza consecutiva la squadra azzurra era tornata tra le migliori otto del mondo nel 1999, da allora ha raggiunto cinque volte la finale mettendo in bacheca quattro Fed Cup: la prima nel 2006, l’ultima nel 2013, battendo nell’ordine Belgio, Stati Uniti due voltee Russia Una delle quattro nazioni sempre partecipanti alla manifestazione da quando è stata creata nel 1963, la prima a vincere la Coppa giocando sempre e solo in trasferta da quando nel 1995 si disputò con l’attuale formula. IL FUTURO. Nei 2017 si ripartirà quindi dal Gruppo Mondiale II, la Serie B. II ranking Itf non dovrebbe riservare sorprese e così l’Italia, insieme alle altre sconfitte di questi play off retrocessione, Australia, Romania e Russia, sarà testa di serie nel sorteggio previsto il 20 giugno. L’avversaria verrà fuori dalle quattro vincitrici dei play off promozione del Gruppo Mondiale il: Belgio (in casa), Cina Taipei (sorteggio per definire la sede), Slovacchia (sorteggio)e Ucraina (in trasferta). In caso di vittoria, a quel punto play off per tornare in Serie A, nel Gruppo Mondiale, contro una delle quattro nazioni uscite sconfitte nel primo turno, che poi equivale ai quarti in quanto il tabellone di Fed Cup è decisamente essenziale, con appena otto squadre e non sedici come la Coppa Davis. Ma con quale squadra si ripartire, nel 2017? In pensione Flavia Permetta, che peraltro era a Lleida per sostenere le amiche, bisognerà vedere se l’ammirevole Vinci sarà sempre disponibile per la Coppa (onore a lei per essere tornata in azzurro per questo complicatissimo spareggio) in quello che dovrebbe essere il suo ultimo anno nel circuito. E nulla è dato sapere sulle scelte di vita agonistica della Schiavone. Fuori da tutto Camila Giorgi dopo il gran rifiuto, dietro Errani (che appena si saluta con la Vinci) e Karin Knapp si fatica a individuare nomi affidabili: la quasi 24enne Martina Caregaro (n. 247) fatica a emergere nei tornei Itf, sta sì e no risalendo la classifica la sua coetanea Nastassja Burnett (312). Insomma, l’anno prossimo vabbé, ma sono soprattutto quelli a venire che preoccupano, specie dopo anni di uno squadrone che non sembra lasciare una degna eredità.

 

Italia choc, è la fine di un’era

 

Alberto Giorni, il Giorno del 18.04.2016

 

I miracoli non sono di questa terra (rossa). L’improbabile « remuntada» è rimasta un sogno proibito e l’Italia dopo 18 anni è costretta a scendere nel purgatorio della serie B di Fed Cup. La fornace di Lleida è la cornice del severo 4-0 che la Spagna ci ha inflitto, meritandosi la promozione nel World Group. Le azzurre in due giorni non hanno portato a casa neanche un set e ieri la flebile speranza è sfumata in soli 59 minuti, quelli necessari a Garbiñe Muguruza, n.4 del mondo, per travolgere 6-2, 6-2 un’impotente Roberta Vinci. A regalare il quarto punto alle iberiche è stato il doppio a risultato acquisito, in cui Francesca Schiavone e Karin Knapp si sono ritirate sull’1-1 del primo set contro Garrigues e Sorribes per un problema fisico accusato dalla milanese. Ma ormai la frittata era fatta. E’ la fine di un ciclo irripetibile di trionfi: le quattro Fed Cup conquistate nel 2006, 2009, 2010 e 2013 resteranno nella storia. Ora che si è ritirata Flavia Pennetta (ieri in tribuna a fare il tifo) e che Vinci e Schiavone sono agli sgoccioli della carriera, il futuro è un enorme punto di domanda. Ci restano Sara Errani (il cui infortunio non le consentirà di giocare il torneo di Stoccarda) e la Knapp, che stanno per compiere 29 anni, e dietro non si vedono ricambi all’altezza. Proprio la Vinci, che nel weekend ha racimolato solo sei game in due match, ha accennato al proprio futuro: «Speriamo che pian piano si riesca creare un gruppo così unito e compatto come il nostro. Per quanto mi riguarda, non ho una scadenza da rispettare. Non mi vedo giocare tanti anni, magari vado alle Olimpiadi, vinco una medaglia e saluto tutti: vedremo». Anche il presidente della Federtennis, Angelo Binaghi, parla di chiusura di un’epoca d’oro e lancia una frecciatina a Camila Giorgi, che si è autoesclusa dalla Nazionale: «Pensare di avere un ricambio di atlete così forti sarebbe un’utopia, dobbiamo ringraziarle per avere dato tanto alla maglia azzurra. Ci sono invece giocatrici che sono il massimo dell’egoismo e della mancanza di valori, ma noi siamo fieri di aver avuto un gruppo di questo livello». Sulla stessa lunghezza d’onda Corrado Barazzutti: «La Spagna è tra le squadre più forti del mondo. Può succedere di perdere, queste ragazze rimarranno per sempre un esempio per tutti».

 

Il Re Nadal è tornato

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 18.04.2016

 

Che Nadal sia tornato a ruggire, buttandosi alle spalle un grigissimo 2015 e prendendosi il suo 680 titolo Atp, il 9 a Montecarlo e il 28 in un Masters 1000 – pareggiando così il record di Djokovic che lo aveva scavalcato due settimane fa a Miami – può sicuramente far piacere a molti. Che a dirlo sia Gael Monfils, il suo avversario in finale, appena dopo 2h46′ di battaglia lacerante (7-5 5-7 6-0), misura però la grandezza del Niño. I due, che sono coetanei, si erano incontrati per la prima volta proprio nel Principato, era il 2005 e Rafa al primo turno faticò pochissimo, 6-3 6-2. Undici stagioni dopo, alla soglia dei 30 anni, ha dovuto sudarsela di più la vittoria che annuncia ufficialmente al mondo che sì, il Niño è tomato. Magari non il Cannibale degli anni d’oro, comunque un campione che UOMINI Nadal torna padrone a Montecarlo Lo sconfitto Monfils: «È un bene che tu vinca di nuovo» è tornato a picchiare il dritto in profondità e che nei momenti che contano sa (quasi) sempre avvitare il match. Ieri ha mostrato il repertorio completo: recuperi impossibili, cross stretti, lungolinea millimetrici. Monfils, da oggi n. 14 Atp, che era arrivato in finale senza perdere un set e lasciando 4 game a Tsonga in semifinale, gli ha dato una mano cedendo il primo set con un doppio fallo, ma per due ore e un quarto ha lottato alla grande. I due si sono letteralmente scarnificati in scambi infiniti, tanto che dopo il punto del 40-40 sul 5-4 Nadal del primo set, Monfils, boccheggiante ed esilarato insieme, ha chiesto al pubblico di prolungare l’ovazione per recuperare il fiato. Nel secondo “La Monf’; primo finalista francese a Monaco dal 2000, ha dato fondo al serbatoio per portare il match al terzo set; poi è crollato con dignità, fulminato da un drittone lungo-linea di Nadal che per celebrare la rinascita si è inginocchiato “alla Borg,’ poggiando la fronte sull’amata terra prima di andare a baciare la fidanzata Xisca e abbracciare il suo clan. Monfils, alla terza finale di Masters 1000 persa, si è consolato con il tifo di Caroline Wozniacld, la ex n.1, seduta (con stampelle post-infortunio) nel suo box. Montecarlo, ha detto Rafa, che non vinceva un torneo da Amburgo 2015, «è sempre stato un posto speciale per me». Vero. Ora bisogna vedere se un torneo splendido in Costa Azzurra, in cui ha liquidato due Top Five (Murray e Wawrinka) e un giovane rampante come Thiem, gli farà, come in passato, da trampolino per una stagione sulla terra da protagonista, e gli consentirà di comare a sfidare Djokovic da anni pari al Roland Garros per vincere il 15 Slam. Il cammino di avvicinamento a Parigi, dove ha vinto l’ultima volta nel 2014, passa per Barcellona (anche ll potrebbe suonare la Nona…), Madrid e Roma, tutti suoi ex possedimenti. Stavolta ci arriverà da sfidante, ma la grinta ritrovata è da sovrano autentico.

 

Nadal torna re a Montecarlo

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 18.04.2016

 

Il ritorno al passato non può che richiedere gli effetti speciali, come se il tempo si fosse finalmente fermato dopo le fatiche di un inseguimento a memorie e risultati che parevano ormai perduti. E allora nel giardino di casa, a Montecarlo, il torneo dei sogni di bambino, la resurrezione di Nadal si deve per forza sublimare in un lungolinea di dritto in corsa vincente, il sigillo di una vita, dopo due ore e 46 minuti di rantoli e battaglia. Rafa, il vero Rafa, è di nuovo tra noi, con il nono trionfo in carriera al Country Club, e cioè la stessa sinfonia ONORE ALLO SCONFITTO E allora ci stanno le lacrime dopo il trionfo, anche per una roccia come lui avvezza a mille e mille brividi, e dunque è consentito un piccolo strappo al protocollo con l’abbraccio all’angolo, da zio Toni alla fidanzata Xisca, quasi fosse una vittoria in uno Slam. Come valore emozionale, questa di certo ne possiede le stimmate, perché il figliol prodigo sembrava perduto per questi livelli e invece si è ritrovato: «Sono molto, molto felice di questo momento, da un po’ di tempo non assaporavo un successo così prezioso. È stata una settimana davvero molto intensa ed importante, per me». Come accade nelle storie più belle, all’apoteosi del vincitore contribuisce la grandezza dello sconfitto, cioè quel Monfils che nella nuova versione pacata, riflessiva e tatticamente assai acuta, resta alla pari per più di due ore, giocando palle senza peso per non dare ritmo e angoli alla belva su un campo reso lento e gonfio di umidità dalla pioggia del mattino, per poi sparare saette all’improvviso. Servono gambe, per riuscirci, e Gael ce le mette fin quando inizia il terzo set di una partita schizofrenica (34 palle break complessive, 43 vincenti totali contro 87 gratuiti) ma divertentissima: lì Nadal, da vero califfo, alza ancora il livello, specie con il dritto, mentre l’altro, con la lingua a penzoloni, crolla d’incanto: «Quando ha cominciato ad accelerare di nuovo — riconoscerà il francese, ora sotto 12-2 nei confronti diretti — io non sono più riuscito a calmarlo, a trovare armi per farlo scendere un’altra volta: ho perso da un campione più forte di me». QUASI PERFEI’i Quindi aveva ragione Zio Toni, navigatore di cento mari, che nelle tenebre di un gennaio e febbraio da dimenticare per il pupillo, continuava a spiegare che non era un problema di gioco o di fisico, ma solo di testa: Rafa, nel terzo set, ha mostrato i muscoli e pizzicato le righe con rabbia e talento. Addio, tempi bui: «Lo sapete, vengo da un 2015 terribile, un anno in cui non c’ero di nervi, e quando sei nervoso durante le partite non ti riescono le cose che vorresti. Ma ho continuato a lavorare duro per ritrovare il feeling con me stesso e il campo, e qui mi sono sentito come non mi ricordavo da un pezzo. E poi le vittorie aiutano, non sarò ancora perfetto al 100%, ma tutto sta andando davvero molto meglio di prima». Sulla terra, specialmente a Parigi dove bisognerà gestire il peso soprattutto mentale della lunga distanza, questo Nadal d’ora in poi faticherà davvero a perdere, se non contro il Djokovic visto fino a Montecarlo, anche se il domani non lo preoccupa: «Avevo solo bisogno di mettere insieme più partite di grande intensità, venivo da due buone settimane in America, chiedevo conferme e sono arrivate. Rivincere qui è qualcosa di incredibile, ma adesso fuori di qui c’è solo Barcellona». COSi E LA VITA Eppure, solo tre mesi fa, a vederlo stravolto nel corpo e nell’umore dopo la clamorosa sconfitta con Verdasco al primo turno degli Australian Open, il destino di Rafa, almeno….

 

Il catenaccio vincente di Nadal

 

Gianni Clerici, la repubblica del 18.04.2016

 

La verosimile imitazione di Nadal ha vinto il suo nono torneo di Montecarlo, trovando nell’avversario odierno, Gael Monfils, un tipo incredibilmente capace di automatismi muscolari, e totalmente privo di attività cerebrale. Avevo ammirato, nel leggere i miei colleghi transalpini, orbati di scrittori quali Blondin e Lalanne, qualcuno capace di sottolineare la lunga maturazione del figlio di un guadalupiano e una martinichese, di alludere insomma al non facile percorso di chi giunga da lontane colonie marine per rinnovare i fasti dei nativi Moschettieri. Proclive alla comprensione di vecchio scriba, avevo augurato a Monfils di essere infine simile a quel che gli aveva augurato un buon parroco dei sobborghi parigini, assegnandogli addirittura un nome regale, quale Giudicare un Re Bretone poi divenuto santo. Non sono certamente riuscito a riconoscere nel tennista le qualità suggerite dal patronimico, se non l’involontaria condiscendenza ad accettare il destino di chi raggiunse la santità. L’altruismo di Monfils si è reso evidente all’inizio di un terzo set che l’attuale controfigura di Nadal l’aveva aiutato a raggiungere, giocando un tennis ammirevole, ma del tutto privo di quel che fu l’esplosività di un tempo. Fin li, e parlo del terzo set, il match era stato mediocre, si era retto sulla mirabile determinazione e lo spirito di sacrificio di Rafa, capace di soffrire, sgambare, accettare, lui che era stato aggressore, un tennis da aggredito. Armato di muscoli non intaccati da alcunchè, Gael colpiva con forza che conduceva la palla a velocità superiori di quella di Nadal, soprattutto con un diritto più esplosivo di certi attuali colpetti del fu Rafa. Non pareva che nemmeno un coach avvisato quanto lo svedese Tillstrom, che l’assiste, fosse riuscito a sintetizzare la superiorità muscolare di Gael in una tattica, se quel bellissimo atleta prevaleva nella velocità, senza mai apparire dominante. Sarebbe giunto, il suo miglior momento, complementare alla stanchezza di Nadal, che era stato sin li costretto a laboriossimi palleggi per vincere il primo, e abbandonare, con fatica eguale alla dignità, il secondo set, da faticosissimi quanto vani svantaggi di 1-3, 3-4, 5-6. L’inettitudine alla vittoria di Monfils sarebbe emersa all’inizio del decisivo terzo set, con un parziale di 2 punti a 12 . Sarei lieto di conoscere, al riguardo, l’opinione di Yannick Noah, al quale Gael è stato paragonato, forse soltanto per il colore della pelle . Lo psicanalizzerà, lo farà benedire, lo chiamerà in squadra? Ai posteri.

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