Nadal rinato, era solo colpa mia (Semeraro), Int. A Boris Becker: “Djokovic un campione intellettuale” (Merlo), Bolelli: “Restituiremo noi il sorriso all’Italia” (Bertellino)

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Nadal rinato, era solo colpa mia (Semeraro), Int. A Boris Becker: “Djokovic un campione intellettuale” (Merlo), Bolelli: “Restituiremo noi il sorriso all’Italia” (Bertellino)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Nadal rinato, era solo colpa mia

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 19.04.2016

 

Dopo il ko con Fognini agli US Open ha riflettuto su cosa cambiare. E si è ripreso la sua Montecarlo «No capito die devo risolvere le partite con il mio diritto Orami godo il momento” dl Stefano Semeraro Se Nadal è tornato Nadal, e dopo aver vinto il suo nono Montecarlo oggi, a quasi 30 anni – e Djokovic permettendo – può sperare di mettersi in tasca il decimo Roland Garros, un po’ lo deve anche a Fabio Fognini. Perché è stato dopo la sconfitta in cinque set agli ultimi Us Open, la terza dell’anno contro Fabio, che il Nino si è seduto davanti allo specchio e ha iniziato a interrogarsi sul serio. Per decidere che sì, bisognava cambiare strada L’infortunio era ormai alle spalle, il ginocchio e il polso non gli facevano più male. Le paure di un 2015 speso a coltivare dubbi («in campo sento ansia, non so se riuscirò a tornare quello di un tempo») nel tentativo di dimostrare al mondo che la sua carriera non era finita, ormai erano alle spalle. Eppure qualcosa continuava a non funzionare. Fra giug noeagosto aveva rischiato di uscire dalla top-10,1a sua carriera era a un bivio. Come sempre nei momenti che contano Rafa si è stretto al suo clan, è ripartito dalla sua voglia di competere. Senza passare troppo al passato, come ha ribadito domenica a Montecarlo, «perché io oggi sono quello che sono, il Nadal del 2016 non sarà mai quello del 2008. Ogni anno è diverso, ogni emozione è diversa. E in tutta la mia carriera io non ho mai fatto paragoni, ma ho semplicemente cercato di migliorarmi». Piccoli e grandi cambiamenti, dettagli da aggiustare. Nessuna rivoluzione, nessun segreta «Se non fosse mio nipote Rafa mi avrebbe già licenziato», ha buttato Il qualche mese fa zio Toni, in realtà non ha mai corso quel pericolo, nemmeno quando a consigliare di trovarsi un coach ‘eccellente’ strada era John McEnroe in persona RESPONSABlLITA. «Se le cose non funzionano in campo la colpa è mia, non dello staff che mi stato sempre vicino». Piuttosto Rafa ha variato qualcosa in allenamento. lia provato ad avvicinarsi più alla rete, ad essere più aggressivo. «Ho bisogno di giocare più dentm ilcampo con il mio diritto – ha ribadito anche nel Principato – Se pendo, perdo. Ma la partita devo deciderla con il mio diritto». Evoluzioni, non rivoluzioni, accompagnate da piccoli aggiustamenti tecnici, come il ri-tomo alle vecchie corde (e al vecchio’drilling’, cioè la distanza fra i fori passacorde), con cui ha ritrovato un feeling più familiare. «A tanti piace giudicare senza conoscere bene le cose», racconta Benito Perez-Barbadillo, dopo tanti anni passati a fianco dell’ex-numero 1 quasi più uno di famiglia che l’addetto stampa del campione. «Magari spargendo malignità. La verità è che per recuperare da un infortunio occorre tempo. La rinascita di Rafa è cominciata in quell’Us Open e nell’autunno in cui ha ritrovato la condizione, giocando bene anche i match-esibizione dell’Ipd (la ricca lega indiana, ndr). E poi a Pechino, a Shanghai, al Masters». Dove Nadal ha battuto Wawrinka, Murray e Ferrer prima di sbattere di nuovo contro Djokovic. Ma un Joker in quel momento intoccabile per chiunque. I12015 si è chiuso comunque con un bilancio magrissimo per gli standard del Nino: appena tre tornei vinti, l’ultimo sulla terra di Amburgo in agosto dopo quelli vinti sull’erba a Stoccarda e a inizio anno sul rosso di Buenos Aires. Dall’ultimo hurrah in uno Slam, al Roland Garros ne12014, e dall’ultimo Dentro in un Masters 1000, sempre nel 2014 a Madrid, era passato troppo tempo. Per recuperare del tutto la fiducia e il suo tennis migliore gli ci sono voluti altri mesi e altri alti e bassi: il bel torneo a Dohaea Indian WeJls, dove di nuovoèstato solo Djokovic a fermarlo. 11 passo falso agli Austialian Open contro un rognosissimo, carissimo nemico core Verdasco («E’ stata una sconfit SDOMRp D’ORO r STATO IL 2010 ta dolorosa, ho dovuto accettarla e ripartire»), il quasi svenimento nel caldo di Miami. SVOLTA. Serviva un match che facesse da clic, non a caso è arrivato sul Centrale di Montecarlo, il campo dei miracoli,«uno dei posti speciali della mia carriera», nell’ottavo di finale contro quel DominicTlriem lo aveva battuto in febbraio a Buenos Aires. Nel primo set l’austriaco ha giocato meglio ma Rafa Ilia spuntata esibendo i nervi, la’garrá di un tempo. U ha capito che un nuovo Nadal, insieme uguale e diverso dal Cannibale, era di nuovo pronto a grandi sfide. «La nona vittoria a Montecarlo è molto importante per me, voglio godermi il momento. Ma da domani si pensa a Barcellona, c e un altro torneo e io devo essere pronto». Eccolo qui, il solito, inimitabile Nadal.

 

Int. A Boris Becker: “Djokovic un campione intellettuale”

 

Merlo Gianni, la gazzetta dello sport del 19.04.2016

 

Signor Becker, il suo allievo Novak Djokovic ha vinto il premio Laureus. Quando lei ha smesso di essere un fuoriclasse della racchetta aveva già in mente di diventare allenatore? In fondo aveva preparato dei programmi per i giovani talenti. «Per essere preciso ero il capitano della squadra tedesca di Coppa Davis e avevo anche l’incarico di seguire i giovani più promettenti per 5 anni. Avevo due allenatori sotto di me e 25 atleti, che seguivano direttamente come federazione». Come è arrivato a Djokovic? Come è venuta fuori idea ä questa collaborazione? «Per più di dieci anni, dopo quella prima esperienza in Davis, io sono passato dalla vostra parte. Ho fatto il commentatore tv per grandi network nei grandi tornei in giro per il mondo, mi riferisco a Bbc e Sky. Novak deve avere sentito alcuni miei commenti, perché c’era stato un periodo in cui aveva perso il titolo di numero 1 e anche un paio di finali dello Slam, troppo a mio avviso, e a quanto pare le mie parole lo avevano colpito. Forse ha pensato che quello che dicevo potesse aiutarlo nel suo lavoro». Così venne da lei? «No, era a Johannesburg per una conferenza, quando ho ricevuto una telefonata. Era il 1 ottobre 2013». IL NUMERO 49 Sono i tornei vinti in singolare da Becker in carriera di questi sei sono vittorie in uno Slam Direttamente da Novak? «Mi è arrivata una chiamata dal suo manager, Edoardo Artaldi, che aveva lavorato per la Lotto e io sono stato un ambasciatore di quest’azienda per molti anni. Eravamo amici. Mi disse: saluti da Novak, puoi immaginare di lavorare con lui? lo ho risposto: grazie per i fiori, io rispetto Novak, troviamoci a Monaco e parliamone. Una settimana dopo ci siamo incontrati, abbiamo discusso per 48 ore e trovato l’accordo e 7 giorni dopo abbiamo cominciato a lavorare insieme». Ha fatto in fretta a diventare allenatore… «Sono l’head coach, vogliamo tradurlo in direttore tecnico, che guida un gruppo di 4 persone, fra questi ci sono due fisioterapisti e un preparatore atletico, che è con lui da tanto tempo. Io non ho messo da parte neppure il coach con cui Novak è cresciuto, Manan Vajda, perché sarebbe stata una follia.  Lui è una parte importante del mio lavoro. lo sono quello che deve assumersi la colpa se Novak va male….». Ha perso a Montecarlo e ha detto che era stanco. Fisicamente o mentalmente? «Non fisicamente, ma erano scariche le sue batterie nervose. Siamo in aprile e ha già vinto a Melbourne, poi due tornei del Master in Florida e California, con Doha a gennaio, moltissimo ad alto livello. Dopo una prima parte di stagione così, un campione ha bisogno di un mese per rigenerarsi, ma lui ha voluto essere presente a Monaco, casa sua. E’ arrivato il lunedì, mercoledì era in campo. Ha perso e bisogna riconoscere il merito anche di chi l’ha battuto, un giovane di talento. Qualche volta il primo turno è più difficile della finale». C’è, mai stato un problema fra di voi? Perché siete due stelle di prima grandezza Le luci del palcoscenico possono abbagliare qualche volta… «Il problema delle stelle, quando diventano allenatori, emerge se pensano ancora a se stessi in primo piano, sbagliando, perché l’attenzione deve essere su chi alleni e non viceversa. La stella che allena deve fare un passo indietro e puntare tutte le luci sulla nuova stella. Devi essere maturo per capire le nuove regole del gioco, quello che conta è lui adesso». Che cosa le piace di più di Novak? «E’ un uomo che ama lo sport, non solo il tennis. Conosce il caldo, l’atletica, il basket. Impara da tutti. E’ umile. Parla sette lingue, vuole sempre migliorare. E’ un uomo che non dimentica la realtà che ci circonda, è un intellettuale.-Aiuta i bambini, ha un PREMI A BERLINO Noie campione Laureus 2016 Con lui anche Serena Williams Questa la lista dei vincitori premiati ien a Berlino per i Laureus World Sports Awards (premi aggiuntivi a Niki Lauda e Johan Cruyff). Gli ospiti hanno sfilato sul red carpet con le sneakers perché l’hashtag lanciato sui social era #SneakersforGood a favore dei Paesi disagiati. Sportivo del 2016 (Sportsman): Novak Djokovic (tennis) Sportiva del 2016 (Sportswoman): Serena Williams (tennis) Squadra del 2016 (Town): All Blacks (rugby) Rivelazione del 2016 (Breakthrough): Jordan Spieth (golf) Ritorno del 2016 (Comeback): Dan Carter (rugby) Paralimpico del 2016 (Disabfity): Daniel Dias (nuoto) Sportivo estremo del 2016 (Action): Jan Frodeno (Ironman) cuore grande, è un piacere lavorare con lui. Ha una visione giusta della vita con lui puoi parlare di politica, di economia». Guardando il passato forse avrebbe potuto cominciare prima la carriera di head coach, o no? «Non sarei stato pronto. Avevo avevo visto Lendl, Edberg avere successo come allenatori, ma non era arrivata la mia ora. Un campione può diventare un buon allenatore al momento giusto. Guardate anche nel calcio attuale. Zidane era fantastico e adesso sta lanciando il Real Madrid per un gran finale. Lui ha la testa del campione. Voi in Italia ne avete molti. Conte era un ottimo giocatore e va bene anche con la Nazionale, agli Europei non sarà facile battere l’Italia. ». A lei è stato utile anche essere stato giornalista, dall’altra parte della barricata? «Sicuramente, perché quando commenti in tv Wimbledon vedi le cose in modo diverso, che dal campo ti sfuggono. Novak è venuto da me per questo». Come preparerà il French Open? «Avremo due settimane di allenamento e poi affronteremo i tornei di Madrid e Roma». Qual è la sua opinione sugli ultimi episodi di doping legati al tennis? «l tennis è uno sport olimpico quindi rispetta le regole. Per quanto riguarda la Sharapova non conosco il caso nei dettagli, ma il verdetto non è ancora stato emesso, bisogna aspettare. A livello maschile metto la mano sul fuoco per i primi 10 giocatori del ranking mondiale». Le Olimpiadi sono un obiettivo per Novak? «I Giochi di Rio sono un appuntamento importantissimo. Nelle ultime due edizioni a Londra e Pechino hanno giocato tutti i migliori: a Londra ha vinto Murray, a Pechino Nadal. Per Novak non aver mai vinto è uno stimolo ulteriore a fare bene, parteciperà nel singolo e nel doppio».

 

Bolelli: “Restituiremo noi il sorriso all’Italia”

 

Roberto Bertellino, tuttosport del 19.04.2016

 

Un Simone Bolelli profondamente azzurro quello che si è presentato ieri al Circolo Monviso in occasione del Challenger che avrebbe dovuto vederlo quale prima testa di serie: «Purtroppo ho dovuto dare forfait a causa di un problema al ginocchio sinistro (piccola lesione al tendine quadricipitale) che si è manifestato durante il torneo di Marrakech ma che mi trascino da circa un anno. Ora sto facendo fisioterapia, lavoro fisico nella parte alta, sedute di nuoto e non sto caricando in quella bassa, neppure con la corsa». Quando pensa di rientrare? «Spero per Roma oppure per Parigi. Dipenderà dalla risposta del ginocchio alle sollecitazioni nelle prossime settimane che passerò prevalentemente a Monte-carlo dove risiedo». …«L’infortunio è parte del nostro lavoro e negli anni ho imparato che la cosa fondamentale per esprimersi in campo è star bene fisicamente. Il tennis non è un problema. Inutile forzare quando non si è a posto, si ottiene solo l’effetto contrario. Lo stop è arrivato in un momento delicato dell’anno, quando inizia la stagione sulla terra, superficie che mi piace molto». Guardiamo al dopo. Per quanto Simone Bolelli si vede ancora in campo? «Penso di avere ancora 4 o 5 anni di tennis d’alto livello e ritengo di non aver ancora dato il meglio. L’obiettivo di carriera è quello di migliorare il mio best ranking ma soprattutto crescere ancora come giocatore». Quali sono le soddisfazioni che vorrebbe ancora togliersi? «Vincere la Coppa Davis prima di tutto. E quest’anno ci proveremo con tutta l’energia possibile. Poi il torneo di Roma In Coppa ho provato emozioni fortissime, come mai in carriera. Fai team e nel tennis non è così consueto. Roma rappresenta il torneo dei tornei per noi. Ma a Rio giocheremo italiani, da vivere dal primo all’ultimo minuto». Ci ricolleghiamo al team per parlare di doppio. Lo scorso anno una grande stagione a Banco di Fogni-ni, con un titolo Slam. E in questo 2016, pensando anche all’Olimpiade? «Le strade si sono forzatamente un po’ divise. Prima il suo infortunio, ora il mio. Nel 2015 abbiamo iniziato per scherzo e sono arrivati dei risultati stratosferici, su tutti l’inizio con il “botto” degli Australian Open. Una specialità che aiuta a migliorare anche in singolare. Le Olimpiadi, con Fabio, sono nei programmi». Un fine settimana nero per l’Italtennis al femminile. Cosa ne pensa? «L’incontro non era facile in Spagna e contro due giocatrici in gran forma come Muguruza e Suarez Navarro. La sconfitta è stata perb secca e bruciante, forse anche causata dal clima non così sereno che si è generato dopo la vicenda Giorgi. So cosa vuol dire. E comunque contro l’Argentina proveremo noi a restituire il sorriso al tennis azzurro». In parte simile a quella vissuta da lei qualche anno fa? «Nel mio caso non ci fu uno scontro così duro con la Federazione e con il Presidente. Solo una richiesta di non prendere parte ad un match. Nél caso di Camila mi sembra invece che le parti abbiamo agito con estrema durezza nei rapporti personali e da subito. Ma non entro nel merito perché non conosco i dettagli». Ma alla fine non pensa che a farne le spese sia l’atleta? «Le reazioni sono sempre personali e a volte possono essere anche positive. Non si pub generalizzare»

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