Ecatombe di teste di serie (24) ma contano solo due: Garbine Muguruza e Dominic Thiem

Editoriali del Direttore

Ecatombe di teste di serie (24) ma contano solo due: Garbine Muguruza e Dominic Thiem

Diciassette teste di serie spazzate via questo giovedì fra uomini e donne. Il totale sale a 24 in due turni (non completati). Tre top-ten e in tutto otto top-16

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WIMBLEDON – C’è stata quasi un’ecatombe di teste di serie nella quarta giornata di Wimbledon, quasi mai disturbata dalla pioggia.

Sono “saltate” ben 11 teste coronate fra le donne e 7 fra gli uomini, 18 insomma. E se a queste si aggiungono i 4 uomini e le 2 donne di ieri il conto totale dopo solo due turni di gara …(neppure completati del tutto) annovera adesso ben 24 eliminazioni che in termini di seeding vanno considerate a sorpresa.

Ma quante di queste sarebbero state considerate tali prima del 2001?

 

Qui vi faccio prima l’elenco delle teste di serie che non ci sono più.

Le teste di serie maschili uscite oggi sono 7:

Thiem 8
Ferrer 13
Simon 16
Karlovic 22
Troicki 25
Paire 26
Dolgopolov 30

In precedenza ne erano uscite altre 4

Monfils 17
Anderson 20
Kohlschreiber 21
Cuevas 29

Quindi mancheranno all’appello del terzo turno 11 teste di serie maschili.

Addirittura 11 invece i k.o. più o meno illustri femminili oggi:

Muguruza 2
Bencic 7
Stosur 14
Pliskova (Karolina) 15
Konta 16
Svitolina 17
Errani 20
Jankovic 22
Garcia 30
Petkovic 32

Cui vanno aggiunte le vittime dei primi turni

Mladenovic 32 (che ha recuperato oggi il suo match)
Ivanovic n. 23
Begu n.25

Fanno in totale 13

Fino al 2000 le teste di serie dei Championships a Wimbledon erano 16. Per proteggere maggiormente i top-players – è sempre stata questa la maggior preoccupazione dei due sindacati giocatori (Atp e Wta) – dal 2001 diventarono 32.

In questo modo le vere sorprese venivano più facilmente scongiurate, perchè di fatto avrebbero potuto venire nella prima settimana soltanto da tennisti classificati più in giù della trentaduesima posizione.

Anche agli organizzatori degli Slam, e alle tv (soprattutto a quelle che trasmettono soltanto la seconda settimana di uno Slam, e magari neppure tutte), “conviene” che i giocatori di maggior ranking e nome vadano avanti, arrivino alle fasi finali.

E’ più difficile, dunque, che si registrino clamorose sorprese, stante questo stato di fatto. Allora, senza trascurare la “buona sorte” che ha assistito la n.3 Agnieszka Radwanska con la sfortunatissima croata Ana Konjuh (n.103 Wta) che si è mangiata 3 match point (almeno due per paura) ma poi si pure storta una caviglia (subito ingrossata come un melone) quando era ancora perfettamente in lizza, andiamo a ben vedere quali di quelle “sorprese ufficiali” vanno davvero considerate tali.

Secondo me…una sola! Quella relativa alla sconfitta di Garbine Muguruza. E nemmeno tanto per via della classifica della slovacca Cepelova, n.124 ed emersa dalle qualificazioni: la 23enne di Kosice (stessa città di Martina Hingis), come vi ha raccontato anche il nostro AGF, ha battuto in passato tenniste del calibro di Serena Williams (Charleston) e Simona Halep (proprio qui un anno fa e sullo stesso campo).

Ma ciò non toglie che la spagnola campionessa del Roland Garros e finalista qui un anno fa, si è ritrovata sotto per 1-5 sia nel primo sia nel secondo set. Non pareva nemmeno lontana parente di quella che aveva offerto un ottimo spettacolo contro la nostra Camila Giorgi. Oggi qualcuno ha subito approfittato dell’orribile performance della Muguruza per dire: hai visto, anche contro la Giorgi non era sembrata in forma! Beh, non è assolutamente vero. Quel giorno aveva giocato benissimo, oggi malissimo. Capita. Soprattutto alle donne, direi. E non si può escludere che a volte incidano pesantemente anche quelle situazioni periodiche femminili di cui si vorrebbe non tenere conto per mostrarsi “politically correct”.

La Bencic si è ritirata sul 6-4 1-0 con l’americana Boserup. Un problema al polso, non altro nel suo caso. Lei ha detto essersi fermata per prudenza. “Un problema di poco conto”. Mmm, con il polso effettivamente meglio stare prudenti. Troppi ne hanno da raccontare, Agassi, Pennetta, Del Potro, Nadal…i primi che mi vengono a mente.

Oltre alla Muguruza e alla Bencic, l’altro solo top-ten è l’austriaco Thiem, semifinalista al Roland Garros tre settimane fa. Ma a batterlo, con tre tiebreak consecutivi (un solo break ciascuno nel match) è stato il gigante ceco Jiri Vesely, ex n.1 del mondo junior e n.64 del mondo, che quest’anno a Montecarlo è stato capace di mettere k.o. un certo Novak Djokovic. Alto un metro e 98 Vesely in giornata con il servizio è un pessimo cliente per chiunque. Fra lui e Thiem alla fine ci sono stati solo tre punti di differenza. Con tutte le partite in programma oggi, tantissime (se non ho contato male 60) ho guardato solo qualche punto qua e là. Non mi pare che Thiem possa rimproverarsi granchè. Vedi puntuale articolo di cronaca di Bruno Apicella.

Insomma tolti questi tre top-ten, ma Bencic ritirata, Muguruza irriconoscibile, Thiem quasi incolpevole, tutte gli altri “upsets” non mi hanno troppo stupito.

Nè mi stupisce che dei sette italiani in tabellone siano ad oggi rimasti in gara soltanto due, Roberta Vinci già approdata al terzo turno (dove però troverà nella Vandeweghe addirittura una delle prime otto favorite secondo i bookmakers alla vigilia del torneo) e Fabio Fognini che però per ora di turni ne ha passato uno solo e a fatica, visto che ha impiegato 5 set per battere l’argentino Delbonis rimontando nel quinto set da 0-3 (era uno 0-3 “leggero”, frutto di un solo break). Anche Fabio non giocherà da favorito contro il veterano spagnolo Feliciano Lopez che all’ultimo US Open, dominò l’italiano reduce dalla vittoria in rimonta su Rafa Nadal. Lo attaccò dalla prima all’ultima palla, non gli dette mai ritmo.

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Editoriali del Direttore

Roland Garros: Un sabato moscio vigilia di una domenica elettrizzante per i duelli Sonego-Khachanov e Musetti-Alcaraz. Intanto Swiatek passeggia. Ma è un bene?

Perché un Sonego che rigiocasse come venerdì contro Rublev potrebbe bastare, Musetti dovrà fare ancora meglio che nei primi due set contro Norrie per battere Alcaraz

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Il sabato del villaggio Roland Garros è cominciato male, con il ritiro imprevedibile della Rybakina per un’improvvisa influenza. E’ proseguito con una serie di match di scarsissimo interesse e zero suspence. Unica eccezione il discreto match serale giocato da Zverev e Tiafoe, piuttosto avvincente sia pur con tanti errori dell’uno e dell’altro. Zverev arriva per la sesta volta negli ottavi a Parigi, a un anno dal suo disastroso infortunio contro Nadal (a proposito mi associo agli auguri di compleanno per lui; il fatto che abbia deciso di operarsi significa che non vuole smettere di provarci, un po’ alla murray). In tre ore e tre quarti il tedesco di Amburgo ha battuto Tiafoe per la settima volta su 8 duelli.

Prima  Rune ha lasciato 8 game a Olivieri (penso che Vavassori si sarebbe difeso meglio), Ruud ha ceduto un set al gigante cinese Zhang, ma poi ha perso 9 games nei tre set successivi facendone il doppio. Il match forse più atteso fra le donne, la russa di 16 anni Mirra Andreeva contro Coco Gauff di 19 non ha entusiasmato neppure nel primo set che pure è finito al tiebreak e l’ha vinto la ragazzina russa –  3 break per parte, tanti errori, tennis modesto – figurarsi il secondo e il terzo set in cui la Andreeva è scomparsa dal campo raccogliendo appena due game in due set. Magari fra un anno o due diventerà una sfida ad alto livello. Per ora non lo è stata.

L’amico Fritz è stato ingiustamente seppellito di fischi al suo apparire sul Lenglen, nonostante questa volta non giocasse contro un francese come al turno precedente, perché i francesi non gli hanno perdonato di essersi risentito per il loro tifo assolutamente scorretto quando lui ha affrontato e battuto l’ultimo superstite transalpino Rinderknech.

 

Fritz aveva pienamente ragione. Anche se con lo zittire polemicamente il pubblico cafone ha invitato migliaia di lepri a correre. Gli spettatori francesi sono stati pessimi in questo torneo. Sarà anche colpa della crescente popolarità del tennis l’aver avvicinato tifosi di estrazione… “curve degli stadi di calcio”, ma si sta esagerando e sarebbe bene che si studiasse il modo di porvi un freno.

Una volta succedeva soltanto in Coppa Davis, soprattutto in Sud America ma anche nei Paesi dell’Est Europa (e anche al Bonacossa di Milano quando giocava Fausto Gardini o al Foro Italico quando si esibiva Adriano Panatta), che l’avversario del giocatore di casa venisse disturbato in maniera pesante, maleducata e decisamente scorretta.

Ora succede anche nella capitale francese e abbiamo visto che neppure il tempio di Wimbledon è rimasto esente da questo genere di comportamenti. Chiedere a Djokovic cosa provò quando giocò contro Federer. Il mondo dei social, con le sue esasperazioni e con l’aumento esponenziale dei “web-eti” che si nascondono fra i leoni di tastiera, ha certo contribuito a questa progressiva degenerazione. Chi dice che così il tennis è più vivo e meno asettico ha la vista corta.

Per la gioia di quei Gallipitechi in tribuna sul Lenglen l’argentino Cerundolo ha matato Fritz, così è saltato un altro top-ten, dopo Medvedev, Rublev, Sinner e Aliassime. Cinque su 10, la metà. Mica pochi. Chissà se stasera si aggiungerà anche qualcun altro. Il clan di Musetti è fiducioso, più della critica. Alcaraz è imbattibile per il carrarino?  Vedremo, vedrò.

Se Sonego battesse in mattinata Khachanov, come già gli accadde a Montecarlo 2019, non sposterà quella statistica solo perché il russo grande amico dell’altro russo Rublev non è più un top-ten – lo è stato però – ma oggi è n.11 Atp.

Djokovic non mi è parso in forma trascendentale, ma francamente non riesco a immaginarlo in difficoltà con Varillas e neppure con chi vincerà fra Khachanov e Sonego. Insomma non gioca bene Novak, ma un posto in semifinale non credo glielo possa togliere nessuno.

Comunque il torneo maschile ha offerto battaglie bellissime, maratone memorabili e noi certo non dimenticheremo le bellissime performances di Sonego e Musetti (dimenticando Sinner e cinque ragazze su sei), almeno è incerto e interessante quanto a prospettive.

Invece quello femminile mi pare lasci parecchio a desiderare. Il dominio della Swiatek, ora soprattutto che la Ribakina è uscita di scena e se la Sabalenka non gioca come a Madrid dove però l’altitudine favoriva il suo tennis, mi pare così schiacciante da risultare noiosamente prevedibile. Perderà il torneo solo se, come a Roma, dovesse farsi male. Ma certo non glielo si augura. Poi qui non c’è stata finora quella umidità che ha afflitto oltre misura, come non mai, gli Internazionali d’Italia. E che è stata la causa indiretta di molti problemi muscolari e diversi ritiri.

Iga aveva perso 8 games in 4 set nei due precedenti turni in cui aveva comunque inflitto un 6-0 nel secondo set sia alla Bucsa sia alla Liu, ma contro la Xinyu Wang è stata uno schiacciasassi: l’ha battuta addirittura 6-0, 6-0. In quei 12 games a senso unico ha concesso soltanto 17 punti. Mi chiedo con che spirito scenderà in campo contro Iga l’ucraina Tsurenko che pure ha battuto la canadese Andreescu.

E mi domando anche se una tale schiacciante superiorità faccia davvero bene allo sviluppo e alla popolarità del tennis femmnile.  

Mentre tantissimi match maschili del Roland Garros hanno richiesto un quinto set, quasi trenta, e ancora di più sono andati oltre alle 3 ore e mezzo di strenua battaglia, beh fa un certo effetto constatare che la Swiatek sta in campo meno di un’ora e lo spettacolo davvero non c’è.

 Non è colpa sua, certo che no, ma qualche domanda questa situazione priva di equilibrio al vertice – fatta eccezione per la Sabalenka in buona giornata – un pochino la suscita sul famoso discorso caro a Billie Jean King della parità del montepremi. Non sarà un discorso politically correct, ma che possano sorgere dei dubbi io lo capisco. 

In quasi nessuna altra disciplina sportiva le donne guadagnano tanto quanto gli uomini come nel tennis, pur godendo di una competitività ad alto livello molto meno agguerrita. E pur “vendendo” molti meno biglietti per uno spettacolo che dura quasi sempre anche molto meno.

Tant’è che perfino Amelie Mauresmo, direttrice del torneo e certo non sospettabile di non avere a cuore le donne, finora aveva sempre programmato come match serale sullo Chatrier una partita di singolare maschile.

Chi si azzarderebbe a far pagare un biglietto per una sola partita della Swiatek che magari dura meno di un’ora? Per il match serale di stasera la Mauresmo, criticata per il suo pragmatismo…maschilista (proprio lei!), si è presa il rischio di programmare per la prima volta una partita femminile, Stephens-Sabalenka e certamente pregherà che la partita duri più di un’ora e mezzo, magari due, e vada al terzo set.

Altrimenti sai le proteste di chi ha acquistato il biglietto di domenica sera mesi fa? Quanti si lamenterebbero: “Ma proprio a noi doveva toccare?”. Auguriamoci che sia una bellissima partita. Stephens e Sabalenka sono entrambe vincitrici Slam e in grado di giocare molto bene. Non sono sempre state esempi di continuità, però. Mi sa che Amelie terrà lì di riserva Mansour Bahrami e qualche altra vecchia star (Leconte?) in caso si dovesse prolungare lo show.

Mi aspetto naturalmente spettacolo da Sonego con Khachanov _ quasi certamente al Lorenzo da Torino avrà fatto piacere dover rigiocare sul Lenglen dove ha battuto Rublev – e ovviamente anche da Musetti con Alcaraz.

I due italiani hanno giocato talmente bene venerdì che il mio unico timore è che non riescano a ripetersi su quegli straordinari livelli. E invece per battere gli avversari odierni dovrebbero, soprattutto Musetti che pure nei primi due set aveva fatto vedere un tennis da marziano, giocare  ancora meglio. Mentre Khachanov non può essere considerato superiore a Rublev, rispetto al quale ha più servizio, maggiore potenza e forse anche superiore risposta ma anche una minore agilità e una minore capacità difensiva, non c’è dubbio che Alcaraz sia molto superiore, sotto tutti gli aspetti, a Cameron Norrie. Per questo dico che forse per battere Khachanov può bastare lo stesso Sonego di venerdì, magari evitando di servire seconde palle sotto i 140 km orari a costo di fare qualche doppio fallo in più, mentre per battere Alcaraz Musetti dovrà davvero superare se stesso e la sua miglior partita di sempre. Giocandola non per due soli set come contro Tsitsipas o Djokovic, ma per almeno tre set. Meglio se per quattro o cinque.

Teste di serie eliminate

Tabellone maschile:

PRIMO TURNO
2 Medvedev ( Seyboth Wild)
10 Aliassime ( Fognini) 
20 Evans ( Kokkinakis)
25 Van De Zandschulp ( Tirante)
30 Shelton ( Sonego)
31 Kecmanovic ( Vavassori)
32 Zapata-Miralles (Schwartzman)

SECONDO TURNO
8 Sinner (Altmaier)
16 Paul (Jarry)
18 De Minaur (Etcheverry)
19 Bautista Agut (Varillas)
24 Korda ( Ofner)

TERZO TURNO
7 Rublev (Sonego)
9 Fritz (23 Cerundolo)
13 Hurkacz (Varillas)
12 Tiafoe (22 Zverev)
14 Norrie (17 Musetti)
15 Coric (Etcheverry)
26 Shapovalov (1 Alcaraz)
29 Davidovich-Fokina (3 Djokovic)

Tabellone femminile
PRIMO TURNO
8 Sakkari ( Muchova)
12 Bencic (Avanesyan)
13 Krejcikova (Tsurenko)
16 Pliskova ( Stephens)
18 Azarenka ( Andreescu)
21 Linette ( Fernandez)
25 Kalinina ( Parry)
26 Trevisan ( Svitolina)
29 Zhang (Frech)
30 Cristea ( Paolini)

SECONDO TURNO:
5 Garcia (Blinkova)
15 Samsonova ( Pavlyucenkova)
17 Ostapenko (Stearns)
19 Zheng ( Putintseva)
20 Keys (Day)
22 Vekic (Pera)

TERZO TURNO
3 Pegula (28 Mertens)
23 Alexandrova (14 Haddad Maia)
24 Potapova (Pavlyucenkova)
27 Begu (Muchova)

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Editoriali del Direttore

Roland Garros – Dal buio della disavventura Sinner, alla luce sfolgorante del doppio exploit Sonego e Musetti

In un match aleggiava la speranza della rimonta che c’è stata con Rublev. Nell’altro il timore che Norrie rovesciasse una storia troppo facile e bella. E’ ottimismo della ragione battere Khachanov e Alcaraz o miopia patriottica?

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Ma la notte di San Lorenzo, quando cadono le stelle e il cielo quasi si illumina d’immenso, non era il 10 agosto?

Con discreto fragore sono cadute due stelle anche nel giorno della festa della nostra Repubblica. L’hanno evidentemente voluta festeggiare nel modo più patriottico e più memorabile due Lorenzi con racchetta, a poche ore di distanza l’uno dall’altro, su due prestigiosi palcoscenici, il Suzanne Lenglen e il Simonne Mathieu.

 Uno dei due Lorenzi si esibirà al cospetto della stella più luminosa (Carlitos Alcaraz) sullo Chatrier questa domenica, ma anche l’altro sarà attore protagonista in un teatro certamente importante.

 

 Non sono santi come il Lorenzo del 10 agosto, ma con la racchetta molto più bravi, talentuosi e coraggiosi – a quanto è dato sapere… quel Lorenzo lì non giocava a tennis neppure il 10agosto- perché entrambi hanno giocato un tennis diverso, tutt’altro che banale, meritando ampiamente di fare cadere quelle due stelle di scintillante brillio che riproduceva i colori d’una bandiera russa e d’una britannica. La settima stella più lucente del firmamento tennistico e la tredicesima.

 Lorenzo Sonego da Torino, senza timore reverenziale né complessi di inferiorità per essere stato fino a ieri mattina un giocatore con 47 tennisti migliori di lui e Lorenzo Musetti da Carrara, che ne aveva meno ma comunque 17 davanti, sono i nostri due piccoli santi. Entrambi si ritrovano negli ottavi di finale al Roland Garros, da sempre e non solo per i francesi emuli di Monsieur Chauvin considerato il campionato del mondo della terra battuta.

Insomma i due Lorenzo – a scrivere due Lorenzi si rischia di confonderli con Paolo che ormai il tennis invece di giocarlo lo racconta – per il momento si trovano fra i 16 migliori tennisti del mondo dei campi rossi, ma anche se non sono santi paiono d’accordo con i loro bravi coach, Gipo Arbino e Simone Tartarini, coach ieri più beati che mai, nel non porre limiti alla divina Provvidenza.

E perché dovrebbero porli visto che Sonego ha già battuto Khachanov a Montecarlo 2019 – quando il russo era già ben più avanti di lui nelle classifiche mondiali, ma ai quarti giunse il Lorenzo da Torino e torinista – e che Musetti ha fatto altrettanto con Alcaraz ad Amburgo nell’unico duello fin qui affrontato.

Il lettore di Ubitennis perdonerà l’enfasi e l’entusiasmo del direttore che 24 ore prima temeva di non riprendersi dalla brutta botta presa con l’inatteso scivolone di Jannik Sinner alle prese con quel tedesco dal cognome altezzoso, Altmaier, che, a dispetto di una classifica modesta (n.79 Atp) una volta qui a Parigi fa fuori Matteo Berrettini e un’altra Jannik Sinner, sempre giocando a un livello da…almeno 50 posti più in su. Una vera bestia nera per noi.

I tedeschi che ce l’hanno per fatto personale con gli italiani proprio non li sopporto.

Oggi per me pensare a un semifinalista diverso da Sinner e Medvedev, che nella parte bassa del tabellone si chiamerà Altmaier, Dimitrov, Zverev (magari fosse almeno il vero Zverev) Tiafoe, Coric, Eetcheverry, Nishioka e Seyboth Wild, mi fa venire l’ulcera.

Ma davvero Jannik non poteva indirizzare quello smash sul matchpoint nell’altro angolo? E qualcuno ha misurato per bene la rete, che magari era più bassa di un centimetro e quel net non sarebbe stato net?

Vabbè è andata così, io ho fatto un po’ come la volpe e l’uva dicendovi e dicendomi che quello di Jannik non è stato un k.o. ma un knock-down momentaneo dal quale si risolleverà forse – chissà? – già sull’erba Brit, ma nello sconforto sono precipitati in tanti che sognavano un Sinner capace di raggiungere almeno una semifinale in uno Slam, dopo che Jannik aveva accarezzato i quarti in tutti i Majors.

Ma il mio entusiasmo per i due Lorenzo è anche legato a l’aver potuto seguire palmo palmo i loro due match senza dover sfidare la legge dell’UBIquità.

Due partite vissute in modo diversissimoLa prima, Sonego-Rublev, trepidando di speranza che mi pareva ben riposta perché anche nel primo set perduto Lorenzo mi era parso molto centrato…ma semmai un po’ poco convinto mentalmente di potercela fare. Finchè il terzo set, partito con il felice abbrivio di un break, lo ha letteralmente trasformato, gli ha dato fiducia, ha scosso anche il pubblico e lui si è esaltato insieme alla gran massa degli spettatori che si è schierata con lui. Quando Lorenzo, questo Lorenzo…(ma a pensarci bene anche l’altro Lorenzo…), si carica, è capace di fare miracoli, di recuperare –macchè dico…- di volare a recuperare palle impossibile, di non sbagliare più rovesci banali ma di spingerli con coraggio, di lasciar partire missili di dritti colpendoli di controbalzo come fossero demivolee esplose dalla riga di fondo, di carezzare smorzate con la delicatezza di un McEnroe in giornata di vena, di mettere le prime di servizio sugli angoli a oltre 210 km l’ora proprio quando si rendono necessarie. Lorenzo è un uomo da tiebreak. I punti importanti, se c’è un clima rovente, eccitante, li gioca benissimo…E quelli del tebreak valgono doppio.

Ha tremato un po’ solo a metà del quinto set, quando per tre volte ha servito seconde palle sotto ai 132 km orari…e lì gli è andata bene che ormai il russo con gli stessi riccioli di Sinner non ha saputo approfittarne e si è vieppiù innervosito. Giusto per la disperazione di tre belle ragazze russe sue ospiti che sedevano al mio fianco e per la gioia invece di tre ragazzi piemontesi che poco più in là hanno avuto il merito, e le corde vocali, per gridare Lorenzo, Lorenzo, Lorenzo!, trascinando insieme al pubblico proprio anche lo stesso Lorenzo.

Non aveva mai battuto un top-10 in uno Slam, non aveva mai rimontato un handicap di 2 set a zero, ma per come si batteva – e senza scomodare il famossimo Mago Ubaldo – sentivo dentro di me qualcosa di più che una semplice speranza e a Corrado Tschabusnig, suo agente di TopSeed, glielo ho anche detto a metà del terzo set: “Se ci crede lui, e ci deve credere, questa partita la può portare a casa” gli ho “profetizzato”. Non ho visto se, nell’assentire, Corrado ha fatto gli scongiuri. Se li ha fatti…beh, ha funzionato.

Una delle più belle, avvincenti, emozionanti partite cui ho assistito negli ultimi anni, altrimenti un po’ soffocati dalla pandemia che impediva di godersi il tennis a pieni polmoni. Bellissima era stata anche quella che contro lo stesso Rublev Lorenzo aveva vinto al Foro Italico una sera di anni fa.

Abbracciato, e raccolti i pareri sempre intelligenti e interessanti del solito disponibilissimo coach di Lorenzo da Torino – ma che persona carina, per bene è Gipo Arbino! Ce ne fossero di più in giro di uomini come lui –ecco, infreddolito e a digiuno…e meno male che sebbene anziano e avvitato al mio seggiolino sul Lenglen per 3 ore e 45 minuti  senza toilette-break, mi sono precipitato dall’altro capo del Roland Garros per non perdermi sul Simonne Mathieu l’inizio dell’altro Lorenzo.

Ho, anzi, così potuto assistere alla rimonta nel terzo set di Elina Svitolina, o signora Monfils se preferite, con il maritino Gael a sostenerla applaudendo con prudenza per non farsi più male al polso malandato, e tutto il pubblico schierato dalla sua parte, “Elinà, Elinà, Elinà!” che c’è mancato poco che per la neo-mamma ucraina intonassero “Allons enfants de la Patrie, le jour de gloire est arrivé!..e tutta la Marsigliese”.

Dall’altra parte della rete, abbandonata a se stessa, al proprio poderoso dritto e al suo risicato team, la povera eppur possente Blinkova, vittima sacrificale che già aveva subito il pesante battesimo del pubblico francese quando aveva battuto la beniamina nazionale Garcia, alla fine – dopo esser risalita da 1-3 a 4-3, e poi 3 break in 4 game, e palla break anche per il 6 pari prima che Elina chiudesse al terzo matchpoint – è stata costretta ad arrendersi e a rinunciare anche alla stretta di mano. La Svitolina con un cenno le ha fatto capire che non era il caso si avvicinasse alla rete perché la mano a lei russa non gliela avrebbe mai data. La Blinkova lo immaginava e lo sapeva per averci già giocato e perso il 27 maggio, ma quella fredda chiusura a distanza, dopo quella bella ed aspra lotta di 2 ore e 16 minuti, mi ha lasciato un sapore amaro in bocca. Chissà alla Blinkova.

E finalmente ecco arrivare Lorenzo Musetti e Cameron Norrie. Così come Vanni Gibertini aveva descritto tutto quanto accaduto fra Sonego e Rublev, la cronaca del nostro altro inviato Antonio Garofalo su questo match, fin dalla primissima splendida demivolee smorzata e vincente di Lorenzo da Carrara nel primo quindici, è puntualissima.

Dal mio canto per i primi due set dicevo ai miei vicini di posto che sembravano conoscere poco Musetti, ma ne erano ammiratissimi, che sembrava ci fossero due categorie di differenza, tale appariva il divario tecnico, ma anche la fluidità dei colpi, la varietà, l’intelligenza tattica.

Coach Tartarini, altra bravissima persona se c’è n’è una, si affannava a ripetere al suo figlioccio Lorenzo di giocar qualche bel toppone liftato per spingere Norrie lontano e per avvicinarsi via via sempre più alla riga di fondo.

Beh, Lorenzo eseguiva alla perfezione i dettami del suo coach. 6-1,6-2 in un balletto. Ecco, lì – se quando avevo seguito Sonego avvertivo netta quella sensazione di speranza – invece per Musetti-Norrie prevaleva il timore. Il timore che qualcosa cambiasse, che tutto era troppo facile e bello perché potesse continuare così fino alla fine.

E infatti qualcosa è cambiata: Norrie non mollava, mostrava i pugnetti anche in quella situazione semi-disperata appena faceva un punto, cresceva di fiducia e livello, e Lorenzo cominciava a a mettere dentro meno prime, a giocare più corto, a subire qualche fendente di troppo da parte del rinfrancato britanno-sudafrican-australiano.

E Lorenzo cominciava a parlare, a scuotere la testa, come è uso fare quando le cose non vanno più bene. Confesso, mentre pensavo già al tema dei due Lorenzo, che ho temuto il peggio…perché il tennis è lo sport del diavolo. Da 3-1 a 3 pari, mancata palla break del 4-3, salvate due palle break per il 5-3 per Norrieouf che paura di veder compromesso tutto. Ma invece Lorenzo da Carrara ha tenuto i nervi saldi, ha giocato un paio di grandissimi punti e sul 4 pari il break decisivo lo ha fatto lui.

Nessun patema nell’ultimo game, 40-0 e il secondo matchpoint è stato quello buono. Quello che lo porterà a sfidare nuovamente Alcaraz. Il mio pronostico? Sarò accecato da miopia patriottica ma a me questo Musetti è piaciuto davvero tanto. Altro non dico. Se non che mi dispiace che Fognini non abbia potuto approfittare, per via di un ennesimo infortunio, della grande opportunità che gli si era presentata sotto le vesti dell’austriaco Ofner al terzo round di uno Slam, probabilmente uno degli ultimi per Fabio. Oggi gioca un solo tennista con il nostro passaporto: Elisabetta Cocciaretto per un posto negli ottavi. Con l’americana Pera, che ha preso la residenza in Croazia, non è una mission impossible. A Hobarth l’ha battuta.  Elisabetta ha detto una cosa molto giusta e intelligente l’altra sera: “https://www.ubitennis.com/blog/2023/06/01/roland-garros-cocciaretto-numero-uno-ditalia-bello-ma-noi-gareggiamo-con-il-mondo/

E oggi sarò sul campo 7 a tifare per lei. Ragazza adorabile che sarà attorniata da tanti parenti giunti in massa dalle Marche per sostenerla.

PRIMO TURNO
2  Medvedev ( Seyboth Wild)
10 Aliassime ( Fognini) 
20 Evans ( Kokkinakis)
25 Van De Zandschulp ( Tirante)
30 Shelton ( Sonego)
31 Kecmanovic ( Vavassori)
32 Zapata Miralles (Schwartzman)
SECONDO TURNO
8   Sinner (Altmaier)
16 Paul (Jarry)
18 de Minaur (Etcheverry)
19 Bautista Agut (Varillas)
24 Korda ( Ofner)

TERZO TURNO

7  Rublev (Sonego)

13 Hurkacz (Varillas)

14 Norrie (Musetti)

 

tabellone femminile
PRIMO TURNO
8  Sakkari ( Muchova)
12 Bencic (Avanesyan)
13 Krejicikova (Tsurenko)
16 Pliskova ( Stephens)
18 Azarenka ( Andreescu)
21 Linette ( Fernandez)
25 Kalinina (Parry)
26 Trevisan (Svitolina)
29 Zhang (Frech)
30 Cirstea (Paolini)

31 Bouzkova (Wang)

32 Rogers (Martic)
SECONDO TURNO:
5 Garcia (Blinkova)
15 Samsonova (Pavlyuchenkova)
17 Ostapenko (Stearns)
19 Zheng ( Putintseva)
20 Keys (Day)
22 Vekic (Pera)

TERZO TURNO

3 Pegula (Mertens)
24 Potapova (Pavlyuchenkova)
27 Begu (Muchova)

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Editoriali del Direttore

Roland Garros: il knock down di Sinner non è un k.o. Si rialzerà. Basta non chiedergli troppo. E che non se lo chieda neppure lui

Settantacinque errori gratuiti con Altmaier fanno credere più a una eccezionale giornata negativa che a una regola. Nonostante il brutto ricordo di Cerundolo. Preoccupano maggiormente le difficoltà d’ordine tecnico e l’assenza del piano B

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Jannik Sinner - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)

Ma allora quanto accaduto a Roma con Cerundolo non è stato un caso? Di certo la delusione procurataci dalla sconfitta di Jannik Sinner con il tedesco Altmaier, n.79 del mondo, è stata cocente.

Se Jannik avesse trasformato quel matchpoint, dei due avuti, in cui “Se potessi rigiocarmi il punto smeccerei dall’altra parte…”, e poi Altmaier è stato certamente fortunato a passare Jannik a rete con l’aiuto di un nastro beffardo…non avrei certo scritto che Jannik aveva giocato bene, e nemmeno che aveva dimostrato carattere uscendo vittorioso da un confronto con un avversario molto tosto e ieri molto ispirato. Perché la sua partita sarebbe rimasta comunque brutta. Certo non da meritare iperboli elogiative.

Settantacinque errori gratuiti non è roba da Sinner. Neppure se la terra rossa non è notoriamente la superficie sulla quale Jannik si esprime meglio –e tuttavia a Montecarlo aveva raggiunto la semifinale e perso di misura con Rune – , neppure se queste palle che diventano pesanti e grandi come gatti arrotolati certamente non si adattano al suo tipo di tennis basato sulla spinta progressiva dei suoi fondamentali.

 

Ora che ha perso un match maratona di 5 ore e 26 minuti, fallendo 15 pallebreak delle 21 conquistate per aver giocato troppi punti con il freno a mano tirato; ora che aveva recuperato il break di svantaggio nel quinto set proprio quando Altmaier serviva per il match e si era fatto però subito strappare nuovamente il servizio andando sotto 0-40; ora che aveva annullato anche i tre matchpoint consecutivi sul 6-5 40-0…per giocarsi malissimo le ultime tre pallebreak conquistate grazie al “braccino” che si era finalmente impadronito del tedesco, beh di maramaldeggiare infierendo su Sinner proprio non mi vaIo non credo che siamo di fronte a un k.o. che farà di Sinner un pugile suonato e irrecuperabile. Semmai un doloroso knock-down.

Vedo dai primi commenti inviati dai lettori di Ubitennis che tanti invece infieriscono, sottolineando l’illusorietà dedle aspirazioni dei fans di Sinner che gli attribuivano e ancora forse gli attribuiscono doti simili a quelle di Alcaraz  Rune e prospettive di un Sinner campione Slam.

Tutte queste aspettative, dei suoi fan ma un po’ anche di noi tutti troppo a lungo a digiuno di campioni indigeni, hanno certamente pesato massicciamente sulle spalle di Jannik, irriconoscibile a Roma con Cerundolo e anche ieri con Altmaier.

Irriconoscibile non tanto perché abbia perso un match nel quale è stato a un centimetro dalla vittoria, ma perché ha subito quasi sempre il tennis giocato dal suo avversario. Nemmeno Altmaier fosse un Djokovic, un Alcaraz, uno Tsitsipas.

Allora adesso c’è chi parla di crisi di fiducia, chi di presunzione (di lui per primo quando si è sbilanciato nel ritenersi capace di centrare uno Slam quando per ora non ha ancora vinto un 1000, diversamente da Alcaraz e Rune), chi di fragilità mentale e invoca un mental coach ad hoc, quando fino a uno o due anni fa tutti magnificavano la sua testa forte e irriducibile, i suoi nervi a prova di bomba, il suo coraggio. E naturalmente c’è chi accusa il suo team allargato (Vagnozzi più Cahill) che lo confonderebbe e pretenderebbe il licenziamento in tronco di Vagnozzi…esattamente come quando qualche mese fa per le sconfitte in serie di Musetti c’erano i social che chiedevano la testa del bravo Tartarini.

Insomma sono tutte storie già vissute. Non leggo il norvegese – sorry! – ma mi chiedo quanti articoli saranno stati scritti sui giornali di Oslo, Trondheim e zone limitrofe ben ghiacciate, per dirne di tutti i colori su Casper Ruud che non vinceva più una partita. Anche Tsitsipas non ha sempre brillato, quest’anno. E i miei studi di greco al Classico non mi hanno aiutato a leggere che cosa ha scritto la stampa di Atene (oltre che di Sparta e Micene…).

Il disappunto per il k.o. parigino è cresciuto in modo esponenziale sia per come il k.o. è venuto, sia per la grande occasione mancata da Jannik in uno Slam in cui sembrava essersi spianata un po’ la strada verso le semifinali a seguito della sconfitta di Medvedev con Thiago Seyboth Wild.

Nessuno dei giocatori laggiù nel quarto basso del tabellone pareva essere irresistibile per un Sinner capace di esprimersi sui livelli di Montecarlo.

Sono i paragoni con i fenomeni di una volta, Nadal, Federer, Djokovic, a condurci sulla cattiva strada. Quella è gente che ha vinto 64 Slam, non uno solo come Alcaraz o come Medvedev, oppure nessuno come Tsitsipas e Rune. Quelli monopolizzavano 3 posti su 4 in tutti gli Slam, e i soli che riuscivano ogni tanto, ma proprio ogni tanto, a far sentire la loro voce erano i Murray e i Wawrinka.

Io non so se Sinner vincerà mai uno Slam, ma so che non l’avrebbe mai vinto se fosse capitato nell’era dei Fab Four, mentre oggi può capitare che il n.1 del mondo Alcaraz perda da un qualificato ungherese non compreso fra i primi 200 del mondo, che il n.4 ATP Ruud perda da Arnaldi che sta lottando per entrare fra i primi 100. E via dicendo.

E quindi può anche capitare  che – come è successo improvvisamente a Camila Giorgi a un open del Canada – che pur senza avere il grandissimo talento dei “fenomeni” un giocatore come Sinner possa prima o poi indovinare tutta una serie di partite consecutive come gli è successo fra Indian Wells, Miami e Montecarlo e quindi vincere un grande torneo.

Tutto sta nel non dare per scontato che debba accadere, così come non si può escludere che accada. Perché oggi i fenomeni non ci sono più e chi li sostituirà in cima alle classifiche ATP, non sarà mai come loro.

Sinner non sarà mai un campione di quella portata, ma non è neppure un tennista così modesto che non potrà mai infilare una sequenza giusta un bel giorno e una bella settimana (o due) per vincere un grande torneo.

Se è n.5 nella race significa che una certa continuità ad alto livello è stato capace di tenerla. Non ha e non avrà mai l’eleganza stilistica di Roger, la intensità di Rafa, la determinazione di Nole, il talento straordinario di quei tre, ma con i giocatori con cui dovrà misurarsi da oggi in poi – sebbene sia Alcaraz sia Rune possano vantare un talento naturale oggettivamente diverso – Sinner potrà vincere prima o poi tornei importanti continuando anche a perdere partite da giocatori di classifica molto inferiore.

Ai tre fenomeni non succedeva. A Sinner succederà ancora. Potrebbe succedergli per esempio ancora a Wimbledon, e tocco ferro. Ma non è che per un solo torneo in cui se l’è cavata bene, adesso dobbiamo considerarlo un “erbivoro” e aspettarsi chissà che cosa.

Forse gli succederà un po’ meno quando né lui né il suo team eccederanno nelle aspettative, mettendosi tanta inutile pressione addosso. Questa non gioverà mai.

A un certo punto della sua carriera, fra i 23 e i 26 anni, Jannik e il suo team si renderanno meglio conto dei propri pregi e difetti. Lavoreranno sodo, perché Jannik di sicuro non demorderà, per correggere i difetti più macroscopici. E certamente lui migliorerà e ne conseguiranno risultati sempre migliori. Però non vivrà più come un dramma insormontabile una cattiva giornata. E magari imparerà anche a dotarsi di un piano B, che ieri non si è proprio vista. A differenza di Camila Giorgi che si è sempre intestardita a negare la necessità di studiare il famoso piano B (“Io devo fare il mio gioco, le altre non contano”) Jannik è consapevole del fatto che non si può giocare sempre allo stesso modo. Soprattutto contro chiunque. Che abbia un tennis di un tipo oppure di un altro.

Ieri mi è dispiaciuto vedere un Sinner poco reattivo, piatto, a tratti rassegnato a scontrarsi con l’aria del perdente a una giornata no, come se non si potesse reagire, come se quella situazione negativa lo schiacciasse in modo insuperabile, irrovesciabile.

Ecco i tre fenomeni erano anche campioni di (legittima) presunzione: erano convinti di poter sempre rovesciare una situazione negativa, e quella fiducia quasi sempre pagava.

Non erano mai rassegnati. Erano sempre irriducibili. “In tennis is never over until is over” è un detto che si sono sempre detti tutti i campioni per evitare di arrendersi.

Jannik non si arreso nemmeno ieri, tant’è che è risalito fino al 5 pari del quinto e dopo 5 ore di gioco insufficiente, però non aveva l’aria di crederci davvero, appariva  perennemente in preda alla sconforto.

Ha pesanti limiti tecnici? Beh, forse non così pesanti se è arrivato a giocare alla pari per ore e ore con Alcaraz (all’US open, a Wimbledon e non solo), con Medvedev alle ATP Finals di Torino 2021, anche con Nadal per due set qui a Parigi.  

Deve continuare a credere in se stesso, senza farsi influenzare dai critici del divano e delle tastiere social. Cercando di avvicinare il più possibile chi migliore di lui, senza sbilanciarsi in proclami avventurati.

E per quanto riguarda noi italiani,anziché gettargli la croce addosso ad ogni brutta sconfitta – e questa con Altmaier come quella con Cerundolo è stata certamente una brutta e inattesa sconfitta – cerchiamo di non dimenticare che per 40 anni non abbiamo avuto un top-ten e che Jannik lo è, e probabilmente lo sarà a lungo. Anche se magari ogni tanto ne uscirà e poi ci rientrerà. E non dimentichiamo che insieme  a lui abbiamo altri due top-20 in Musetti e Berrettini, come possono vantare nel mondo solo gli USA e la Russia, con un bacino demografico molto più ampio.

Sinner al momento è in piena corsa per ritrovarsi alle ATP Finals di Torino fra i Magnifici Otto. Non roviniamoci tutto quel che abbiamo, per il gusto dell’autoflagellazione tipicamente italiana.

Qui a Parigi abbiamo, ad oggi, quattro tennisti ancora in gara al terzo turno, Musetti (che ha un ostacolo duro in Norrie), Sonego (che ha Rublev), Fognini che ha Ofner, e domani la Cocciaretto che può farcela con l’americana Pera da lei battuta nell’ultimo duello a Hobart in Tasmania,a gennaio.

I francesi che hanno una federazione con un migliaio di dipendenti e che dal Ronald Garros traggono profitti dieci volte quelli di Roma, da anni non vincono più nulla, non hanno un tennista maschio fra i primi 40 del mondo – anzi Humbert è proprio n.40 – e poi c’è Mannarino che è n. 47, ma ha 34 anni e il terzo è Gasquet, n.52 che di anni ne ha 36.

Come già nel 2021 al Roland Garros non c’è nemmeno un tennista francese fra uomini e donne – ed erano in 28 al via nei due tabelloni di singolare – che sia approdato al terzo turno.

Io ho visto giocare assai bene sia Arnaldi, contro Shapovalov, sia Zeppieri contro Ruud. E di ragazzi come loro, fra i 20 azzurri compresi fra i primi 200 ATP, ce ne sono diversi. Smettiamola allora di lamentarci, anche se Sinner ci ha un po’ tradito. Ma solo un po’, perché non dimentichiamo che prima di lui nessun aveva giocato tre semifinali di fila in un Masters 1000. Nemmeno Adriano Panatta.

Intanto fra le teste di serie saltate non c’è solo Sinner n.8. Jannik è in buona compagnia con altre 29 “vittime”, fra cui 5 top-10 (Medvedev, Sinner, Aliassime, Garcia e Sakkari)i:

tabellone maschile:
PRIMO TURNO
2  Medvedev ( Seyboth Wild)
10 Aliassime ( Fognini) 
20 Evans ( Kokkinakis)
25 Van De Zandschulp ( Tirante)
30 Shelton ( Sonego)
31 Kecmanovic ( Vavassori)
32 Zapata Miralles (Schwartzman)
SECONDO TURNO
8   Sinner (Altmaier)
16 Paul (Jarry)
18 de Minaur (Etcheverry)
19 Bautista Agut (Varillas)
24 Korda ( Ofner)

tabellone femminile
PRIMO TURNO
8  Sakkari ( Muchova)
12 Bencic (Avanesyan)
13 Krejicikova (Tsurenko)
16 Pliskova ( Stephens)
18 Azarenka ( Andreescu)
21 Linette ( Fernandez)
25 Kalinina (Parry)
26 Trevisan (Svitolina)
29 Zhang (Frech)
30 Cirstea (Paolini)

31 Bouzkova (Wang)

32 Rogers (Martic)
SECONDO TURNO:
5 Garcia (Blinkova)
15 Samsonova (Pavlyuchenkova)
17 Ostapenko (Stearns)
19 Zheng ( Putintseva)
20 Keys (Day)
22 Vekic (Pera)

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