Nei dintorni di Djokovic: Coppa Davis delle mie brame, chi è la più bella del reame?

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic: Coppa Davis delle mie brame, chi è la più bella del reame?

La Coppa Davis non sarà la cartina di tornasole del movimento tennistico maschile di un paese, ma qualcosa dice. Nel caso dei paesi dell’ex Jugoslavia, i risultati dello scorso weekend – ferma ai box la Serbia, comunque nel World Group – confermano che sono in salute la Croazia, che conquista la seconda finale della sua storia, e la Bosnia-Erzegovina, promossa per la prima volta nel Gruppo I. In grossa crisi invece la Slovenia, retrocessa dopo sei anni nel Gruppo II

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Si dice sempre che i risultati ottenuti in Coppa Davis non possono essere presi come parametro di riferimento nella valutazione dello stato di salute del movimento tennistico maschile di una nazione. È indubbiamente vero che non possano essere “il” parametro, vista anche la formula – su cui tra l’altro ciclicamente si discute se sia il caso di cambiarla o meno –  che di fatto favorisce chi ha uno o due atleti di alto livello, più che una compagine compatta. Basti pensare che la squadra (e il movimento) probabilmente più forte in questo momento è la Francia, ma le ultime edizioni le ha vinte chi aveva in squadra un fenomeno e un buon doppista (la Gran Bretagna con i fratelli Murray lo scorso anno) o anche solo un signor giocatore e un signor doppista che se la cava in singolare (la Repubblica Ceca con Berdych e Stepanek nel 2012 e nel 2013) o chi addirittura di fenomeni ne poteva schierare due (la Svizzera di Federer e Wawrinka nel 2014).
Ma, d’altro canto, non si può negare che almeno qualche informazione significativa la possono dare: se non stai benissimo magari ti va bene (o anche benissimo) un anno, ma poi alla lunga anche la Davis ti presenta il conto: vedasi la stessa Svizzera, che si è salvata per il rotto della cuffia dalla retrocessione solo due anni dopo la conquista della sua prima insalatiera. Il segnale inequivocabile che oltre a Federer e Wawrinka non c’è molto dalle parti di Berna.
Andiamo perciò ad analizzare i risultati della Davis di quest’anno, soprattutto quelli dello scorso weekend, cercando di capire cosa ci dicono su com’è messo il tennis maschile nei paesi dell’ex Jugoslavia, dato che dopo l’ultimo Slam non ci eravamo lasciati male, ma neanche benissimo.

Precisiamo subito che escludiamo dall‘analisi Macedonia, Montenegro e Kosovo, realtà troppo piccole (quest’ultima ha partecipato per la prima volta alla Davis quest’anno) per essere significative e che di conseguenza – com’è logico che sia – stazionano nell’ultimo gruppo di merito europeo, il Gruppo III. Ci concentriamo quindi sulle nazioni principali, Serbia, Croazia, Bosnia-Erzegovina e Slovenia.

Ferma ai box la Serbia, eliminata nei quarti di finale del World Group a luglio dalla Gran Bretagna, la cui presenza nel gruppo di eccellenza della manifestazione conferma però che a Belgrado e dintorni il tennis maschile gode di buona salute. In primis, ovviamente, perché da quelle parti c’è Novak Djokovic, ma comunque anche altri due top 100 (Troicki, n. 33, e Lajovic, n. 73), e ulteriori quattro top 200, tra cui i giovani Lazlo Djere e Mirko Tepavac. Senza dimenticare quel Janko Tipsarevic, ex n. 8 del mondo e attualmente in 227esima posizione, che sta cercando il comeback ad alto livello dopo i tanti infortuni. E segnalando che sta bussando alla porta anche il finalista degli US Open juniores, Miomir Kecmanovic.

Ok, certamente non sarà una delle due nazioni più forti del mondo in campo maschile, ma la finale raggiunta dalla Croazia dimostra una volta di più che il tennis croato sta bene: si tratta infatti di una nazione che attualmente vanta due top 20 in singolare (Cilic n. 11 e Karlovic n. 20), un top 10 in doppio che è anche un top 100 in singolare (Ivan Dodig, ottavo in doppio e 89esimo in singolare) e una delle maggiori promesse del tennis mondiale, il 19enne Borna Coric (n. 42 ATP).
Ora in finale – non si sa ancora dove, se a Zagabria o a Spalato, ma lo si scoprirà presto – ci potrebbe essere la ciliegina sulla torta per Cilic e compagni: la conquista della seconda insalatiera nella storia del tennis croato, dopo il trionfo del 2005.
E proprio perché stiamo parlando dell’exploit croato, doveroso aprire una piccola parentesi sui risultati in Davis di colui che è stato il principale artefice di questo exploit, Marin Cilic. Il quasi 28enne (compirà gli anni il prossimo 28 settembre) tennista di Medjugorje, che si sta dimostrando sempre di più il leader della squadra, sta cominciando ad insidiare i record di Ivan Ljubicic con la maglia della nazionale di Coppa Davis. Dopo la sfida di semifinale contro la Francia, in cui ha vinto tutti e tre i match in cui era impegnato, Cilic è secondo dietro all’attuale coach di Roger Federer per numero di tie disputati: 19 contro 22, ed ha superato gli altri due vincitori della Coppa Davis 2005, Mario Ancic e Goran Ivanisevic, fermi a 18. Il campione degli US Open 2014 è secondo dietro all’ex n.3 del mondo anche per numero di singolari vinti, 21 contro i 23, e anche in questo caso a Zara ha scavalcato il suo ex coach Ivanisevic, che ha ottenuto 20 vittorie in singolare con la maglia croata. Doveroso precisare che i numeri complessivi di Mr. Ace in Davis sono ben superiori, dato che in precedenza aveva giocato con la maglia jugoslava: per lui 26 tie disputati in tutto, per un totale di 63 match giocati (48 vittorie e 15 sconfitte, 28-9 in singolare, 20-6 in doppio). Tanto che proprio nel corso della semifinale giocata a Zara ha ricevuto il Davis Cup Commitment Award, il premio della Federazione Internazionale a quei tennisti che hanno dimostrato a lungo dedizione nel rappresentare il proprio paese nella competizione a squadre (devono aver disputato in carriera almeno 20 tie o 50 incontri ad ogni livello della competizione).

Altrettanto bene – e mai così prima d’ora nei suoi vent’anni di storia – sta la Bosnia-Erzegovina, che per la prima volta è stata promossa nel Gruppo I della Zona Euro-Africana, grazie alla vittoria per 5-0 contro la Lituania in trasferta. Anche in questo caso, la Davis conferma la crescita del tennis bosniaco, soprattutto grazie al n. 74 del mondo Damir Dzumhur e al n. 161 Mirza Basic.
“È una grande cosa essere nel Gruppo I, e credo che dimostreremo che meritiamo di esserci, con un sorteggio favorevole possiamo anche puntare ad una vittoria. Il nostro obiettivo è sicuramente quello di rimanere nel Gruppo I e possiamo farcela. Spero che rimarremo tutti uniti, in modo da riuscire a battere anche qualche nazionale titolata, e di poter disputare il maggior numero di match davanti al nostro pubblico” ha dichiarato il n. 1 della squadra Dzumhur.

Chi invece retrocede dal Gruppo I è la Slovenia, l’unica nota dolente, che era attesa dall’impegno proibitivo contro il Portogallo di Joao Sousa e Gastao Elias. Pronostici della vigilia confermati: 5-0 per i lusitani e la nazionale guidata da Blaz Trupej si ritroverà nuovamente nel Gruppo II dopo 6 anni.
“La retrocessione è meritata. Rispecchia la forza attuale del tennis sloveno” ha dichiarato dopo la sconfitta il 44enne capitano non giocatore sloveno, ed in effetti l’ennesima netta sconfitta in Davis degli ultimi due anni (quattro sconfitte su cinque incontri disputati, tutte maturate già dopo la seconda giornata) conferma la parabola discendente del tennis sloveno. Che attualmente ha solo un giocatore tra i primi 200 al mondo, il quasi 30enne Grega Zemlja (n. 159 del ranking), e, purtroppo, nessun giovane all’orizzonte. Vero è che ci si è messo di mezzo anche l’imponderabile, come la scelta fatta dall’attuale n. 82 del mondo Aljaz Bedene di difendere i colori britannici e la mononucleosi che ha colpito lo stesso Zemlja quando era a ridosso della top 50, ma ora la risalita sarà dura.

Ricapitolando, se si guarda com’è messo nel complesso il tennis maschile in quella zona d’Europa, si nota che vi troviamo il n. 1 al mondo, due top 20 e altri cinque top 100. Anzi sei, perché se parliamo di penisola balcanica e non solo dell’ex Jugoslavia c’è anche da considerare un signor giocatore come il bulgaro Grigor Dimitrov, attualmente n. 21 ATP.
Insomma, se l’insalatiera a fine novembre si fermasse per un anno nei Balcani non sarebbe proprio una cosa così sbagliata…

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