I migliori colpi in WTA: la mobilità

Al femminile

I migliori colpi in WTA: la mobilità

Dodicesima puntata della serie dedicata all’analisi dei singoli colpi in WTA. Ma prima di colpire si deve raggiungere la palla: da Svitolina a Stephens, da Kerber ad Halep, chi si muove meglio nell’attuale circuito?

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Sloane Stephens - Madrid 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Le puntate precedenti:
1. I migliori colpi in WTA: il servizio
2. I migliori colpi in WTA: la risposta
3. I migliori colpi in WTA: il dritto
4. I migliori colpi in WTA: il rovescio a due mani
5. I migliori colpi in WTA: i rovesci a una mano
6. I migliori colpi in WTA: la smorzata
7. I migliori colpi in WTA: il pallonetto
8. I migliori colpi in WTA: volée e schiaffo di dritto
9. I migliori colpi in WTA: volée e schiaffo di rovescio
10. I migliori colpi in WTA: le demivolée
11. I migliori colpi in WTA: smash, ganci, veroniche


Con il capitolo della scorsa settimana avrei dovuto concludere la serie dei migliori colpi in WTA. Altri colpi da descrivere non ne avevo previsti e, di conseguenza, il tema poteva dirsi esaurito.

Ho già spiegato che questa serie è nata come iniziativa per continuare a parlare di tennis giocato in un momento nel quale di tennis giocato non ce n’era. E mi riferisco al tennis attuale, di oggi, tanto è vero che le scelte sono state fatte a partire dal rendimento delle giocatrici in attività nell’ultimo periodo, le stagioni 2019 e 2020.

Ma poi, man mano che scrivevo gli articoli, mi sono accorto che qualcosa non funzionava nella impostazione generale. Sono partito pensando che presentare tutti i colpi in modo analitico potesse aiutare a farsi una idea più chiara e approfondita delle protagoniste del tennis di oggi. Ma durante lo sviluppo del lavoro mi sono reso conto che emergeva un problema sempre più grande: più sezionavo il gioco per parti, più si perdeva di vista il quadro di insieme, al punto da distorcere la realtà.

E così questa serie si è rivelata un tipico caso di eterogenesi dei fini. O, per dirla in parole povere, non sempre le cose vanno come vorremmo. Arrivato al termine dell’impegno così come è stato impostato, mi ritrovo con tante, troppe perplessità. E dunque, cosa fare? Tornare alla casella di partenza e rifare il percorso in modo diverso non è più possibile; al momento posso solo cercare di aggiustare la situazione provando a integrare la serie per riequilibrare le cose. Certo, adesso il titolo della serie suona male nel momento in cui non si parla più direttamente di colpi. Ma è il prezzo che devo pagare all’errore di partenza; spero mi perdonerete.

(Ricordo che tutte le classifiche, inclusa questa, sono riservate alle tenniste in attività, comprese fra le prime 100 del ranking. Trovate la spiegazione completa sui criteri utilizzati per definire le graduatorie nella prima parte dell’articolo uscito il 31 marzo).

La mobilità
Con il tema di questa settimana, la mobilità, provo a sottolineare un aspetto che mi sembra fondamentale: nel momento in cui consideriamo una giocatrice per segmenti, invece che seguire la sua racchetta e la palla, per una volta proviamo a guardare altro; invece che studiare soprattutto il movimento dell’attrezzo che colpisce la palla, proviamo a concentrarci sulle gambe della giocatrice stessa.

Scopriremo non solo che ogni tennista è diversa dalle altre, ma soprattutto che sono le gambe a determinare l’efficienza di tutto il resto. Nessuno swing può prescindere dalla sua preparazione; prima di colpire la palla bisogna raggiungerla, e sistemare il corpo nel modo giusto per eseguire il movimento del braccio. Insomma, tra un colpo e l’altro c’è un mondo di gesti e di spostamenti davvero in grado di fare la differenza. Come insegna ogni buon maestro di tennis, tutto parte dalle gambe.

Per il tipo di spostamenti richiesti in un match di tennis, sono fondamentali rapidità, agilità, scatto, equilibrio. Insomma, le caratteristiche tipiche di un fisico non troppo alto. D’altra parte per colpire la palla con potenza, ma anche per essere più efficienti al servizio e per agganciare le traiettorie lontane, disporre di leve lunghe e di una altezza superiore alla media può essere un vantaggio.

Si tratta quindi di caratteristiche differenti in contraddizione fra loro. Di conseguenza chi nasce più bassa probabilmente dovrà accettare qualche limitazione in termini di di allungo e di potenza (o quanto meno nella facilità a generarla), ma potrà contare su un vantaggio nelle fasi intermedie di spostamento. Viceversa le giocatrici più alte soffriranno per raggiungere la palla, ma se saranno in grado di agganciarla potranno poi più facilmente colpirla con pesantezza.

Gli ultimi anni di tennis WTA ci hanno detto che possono affermarsi ad alti livelli giocatrici fisicamente molto diverse. Oggi numero 1 è Ashleigh Barty, relativamente piccola e compatta. Ma prima di lei numero 1 è stata Naomi Osaka, che appartiene più al versante delle giocatrici alte e potenti. Osaka aveva sostituito Simona Halep, che invece si può apparentare a Barty. E prima di Barty avevamo avuto al vertice altre tenniste alte, come Muguruza e Pliskova.

Il bello del tennis femminile, a mio avviso, sta anche in questo: a differenza di altri sport, permette il successo di atlete con strutture fisiche molto varie, e queste strutture fisiche si ripercuotono sugli stili di gioco. In sostanza, al contrario di quanto raccontano gli osservatori superficiali, nella attuale WTA possono affermarsi modi diversi di giocare a tennis. Schematizzando (un po’ brutalmente), se paragoniamo Pliskova ad Halep avremo forse i due poli del nostro discorso: da una parte la massima efficienza del braccio, dall’altra la massima qualità delle gambe.

Naturalmente per l’argomento di oggi saranno privilegiate le giocatrici con caratteristiche più vicine a Simona Halep, anche se credo sia giusto ricordare che fra i due poli ci sono infinite situazioni intermedie. Per esempio Caroline Wozniacki (numero 1 del mondo due anni fa) sfiorava il metro e 80 ma aveva un punto forte nella mobilità. Non era super-scattante, ma era davvero resistente e con in più un talento notevole nella lettura del gioco avversario, una dote che le permetteva di anticipare le mosse di chi aveva di fronte, spostandosi con quell’attimo di anticipo che poteva fare la differenza.

Personalmente sono anche curioso di scoprire come evolverà la carriera di Elena Rybakina, che pur essendo davvero alta (attorno all’1,85) sembra non soffrire di quelle difficoltà che a volte emergono negli spostamenti più estremi in tenniste come Pliskova o Kvitova. Significa che Rybakina è nata con una duttilità fisica piuttosto rara, una duttilità che in futuro potrebbe fare la differenza, sempre che la parte mentale e gli infortuni non interferiscano con il suo processo di crescita. Ma questo, naturalmente, è un altro discorso, che ci porterebbe fuori tema.

Prima di arrivare alla scelta dei nomi, un esempio opposto. Parlo di Camila Giorgi. Sapete cosa mi convince meno della sua impostazione, cioè della impostazione che le ha dato il padre Sergio? Non tanto quella di essere votata all’attacco; secondo me quello è una aspetto del suo gioco che funziona piuttosto bene. No, quello che non mi convince di Camila è che, pur essendo dotata di piedi rapidissimi e di una reattività eccezionale (anche di gambe), non sia riuscita nel tempo a costruirsi un repertorio di colpi difensivi all’altezza delle potenzialità fisiche.

Chissà, forse se negli anni della formazione ci fosse stata più attenzione verso le fasi di contenimento (intendo sul piano tecnico, prima che su quello tattico) poi una volta in WTA si sarebbe ritrovata con un arsenale di colpi più completo. In fondo è quello che caratterizzava la migliore Serena Williams: per impostazione di base puntava a dominare il gioco, ma quando capitava la necessità di difendere era perfettamente in grado di sostenere uno scambio attraverso i colpi di contenimento; e siccome spesso il tennis si decide su pochi quindici, saper vincere una percentuale anche limitata di punti in difesa, alla fine può davvero fare la differenza. Ecco, se penso alle potenzialità fisiche di Giorgi (che da bambina è stata anche ginnasta), concludo che aveva condizioni di partenza per difendere a livelli migliori. Parere personale, naturalmente.

Prima di presentare i dieci nomi scelti, il solito capitolo dedicato alle esclusioni. Prima di rinunciare, sono stato incerto se citare qualche giocatrice non esattamente super veloce di gambe, ma molto abile nella lettura delle intenzioni avversarie, e quindi nell’anticipo: penso per esempio a Sofia Kenin, Belinda Bencic, Elise Mertens.

Ma sono rimaste escluse anche tenniste molto giovani che vorrei valutare nel tempo, come Coco Gauff e Iga Swiatek. E infine non ho potuto inserire due nomi, perché attualmente sono fuori dalla Top 100, ma che in passato hanno dimostrato di avere mobilità di primissimo livello: mi riferisco ad Aleksandra Krunic e Monica Niculescu. Krunic è terribilmente rapida. Niculescu, detto in estrema sintesi, più che due gambe possiede due molle; vedere per credere:

a pagina 2: Le posizioni dalla 10 alla 6

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