ATP Roma, Djokovic: "Non è ammissibile andare a dormire alle cinque di mattina con una finale da giocare il giorno dopo"

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ATP Roma, Djokovic: “Non è ammissibile andare a dormire alle cinque di mattina con una finale da giocare il giorno dopo”

Il numero uno del mondo torna sulle dichiarazioni di Zverev, schierandosi dalla sua parte senza però voler togliere alcun merito ad Alcaraz

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MUTUA MADRID OPEN 2022 CAJA MAGICA MADRID (SPAIN) ATP NOVAK DJOKOVIC OF SERBIA PHOTO - MATEO VILLALBA: MMO
 

Nel suo esordio odierno contro Aslan Karatsev Novak Djokovic parte con una vittoria convincente nella sua campagna romana. Alla ricerca del suo sesto titolo nella capitale, il serbo è intervenuto nella consueta conferenza stampa post match, rispondendo anche ad una domanda del direttore Scanagatta. Da sottolineare come praticamente tutta la conferenza (ad eccezione della prima domanda) si sia tenuta in italiano, a dimostrazione di quando al numero uno del mondo piaccia stare nel nostro paese.

D: Se dovessi descrivere Novak Djokovic, lo definirei come … . È un’espressione serba, significa che non molli mai. Sei d’accordo?

Djokovic: “Non c’è una resa inglese per … , direi che se proprio devo sceglierne una sarebbe resilienza. E sì, penso di essere d’accordo con il tuo pensiero.

D: In ogni partita credo ci sia qualcosa da imparare, che cos’hai imparato oggi?

Djokovic: “È una bella domanda, credo di aver imparato come trovare il modo di vincere e adattarmi alle partite. Dopo tutti questi anni di esperienza conosco bene tutti gli avversari, in particolare il mio odierno (Karatsev, ndr), però quando disputi un match ufficiale è sempre diverso. Entrano in gioco le emozioni, la tensione e le tante aspettative da non deludere. Non è sempre facile giocare allo stesso livello dell’allenamento, oppure mettere in pratica tutta la strategia e le idee preparate prima del match. Nel primo set ho avuto tempo di trovare dei buoni movimenti, dei buoni colpi e una discreta posizione in campo. Non avevo molto tempo, lui è un giocatore che gioca molto vicino alla riga e spinge tanto tutte le palle, togliendo tempo al suo avversario. Con lui devi stare sempre attendo: se non sbaglia tanto e sente la palla bene può essere molto pericoloso, però oggi devo ammettere che ha fatto molti errori, concedendomi qualche punto. Io sono comunque contento del mio gioco, so di poter fare anche molto meglio ma per essere all’inizio sono soddisfatto.

Ubaldo Scanagatta, Ubitennis: Hai giocato tutta la vita o quasi contro il pubblico, che sosteneva magari Federer o Nadal. Quanto cambia per te giocare con un pubblico che invece ti sostiene?

Djokovic: È molto importante per me, io cerco sempre l’appoggio del pubblico, anche se è vero che durante la mia carriera spesso sono state più le partite e i tornei dove ho avuto il pubblico contro piuttosto che a favore. Qui però è uno dei pochissimi posti, all’infuori della Serbia ovviamente, dove ho sempre avuto grande sostegno. C’è sempre stato grande affetto e amore nei miei confronti. Ho scritto sulla telecamera ‘uno di noi’ per fare una dedica a due ragazzi che erano venuti a vedermi forse anche più di dieci anni fa, e mi cantavano sempre: “Uno di noi! Nole sei uno di noi!”. Li ho rivisti oggi dopo tanti anni e ho deciso di ringraziarli così. Questa è solo una delle belle storie che ho con il pubblico italiano. È indubbio che le mie sensazioni sul campo cambiano molto, è come avere un vento nella schiena che ti spinge e ti fa giocare con più fiducia. Ogni atleta del mondo spera di poter avere sempre l’aiuto e il sostegno del pubblico”.

D: Ti stai guardando intorno per aggiungere un coach al tuo team? O sei soddisfatto così e rimarrai con Ivanisevic?

Djokovic: Per ora rimango con lui, non sto pensando di aggiungere nessuno”.

D: Vedendoti giocare in questo momento è evidente che tu voglia giocare e vincere sempre, ma sembra quasi che tu non voglia considerare la sconfitta come una parte possibile del gioco. È così?

Djokovic: “La sconfitta è comunque una realtà che un atleta deve accettare, anche se ovviamente io cerco sempre di vincere. Se vuoi avere successo ad un livello così alto devi avere sempre questa mentalità. Io non voglio andare sul campo per divertirmi, voglio andare per vincere e magari anche divertirmi, ma non sono certo l’unico. Tutti i tennisti del mondo vogliono vincere ed essere i numeri uno del mondo. Io sono abituato ad essere in una posizione dove ci si aspetta tanto da me, ma questa è una mia scelta. Io scelgo sempre di continuare, sono innamorato di questo sport che fortunatamente mi regala ancora molte emozioni, dai viaggi al calore del pubblico. Come tutto nella vita ci sono i lati positivi e quelli negativi, ma per me sono molto più dominanti gli aspetti positivi“.

D: Davvero ricordi le facce di tutti i tifosi? Complimenti! A parte gli scherzi, non so se hai sentito le parole di Zverev dopo la finale di Madrid. Visto che tu ti sei sempre battuto per tutti, volevo sapere la tua posizione, se è un problema solo di Madrid o di calendario in generale.

Djokovic: “Non ho visto Zverev, ma ho parlato con lui e mi ha detto qualcosa. Io comunque sono d’accordo con lui, non puoi finire una partita all’una e mezza o alle due di notte e andare a dormire alle 4 o alle 5, oltretutto dovendo giocare la finale il giorno dopo. Lui tra l’altro ha fatto così due o tre notti di fila e non è un orario consono, anche perché il giorno dopo tutto ciò influisce. Poi questo non vuol dire che Alcaraz non abbia meritato di vincere, però ci sarebbe stata una situazione diversa sul campo dal punto di vista delle energie. Questa è comunque una conversazione più grande, che include i diversi tornei. Anche qui ci sono due sessioni: io capisco le esigenze dei tornei, con la necessità di vendere più biglietti. Le due sessioni sono senz’altro più attrattive per le televisioni, ma questo crea problemi, soprattutto quando vai più avanti nel torneo. Noi giocatori vogliamo parlare di più di queste cose e soprattutto farlo in tempo, prima di arrivare al torneo, quando ormai non puoi più cambiare niente. Si può parlare ora per il prossimo anno ad esempio. C’è il council, il luogo cioè dove i giocatori possono parlare con l’ATP. Io ne sono stato presidente per dieci anni, ma non si riesce a cambiare molto purtroppo. Alla fine capisco i giocatori che si lamentano di queste cose davanti alla stampa e ai giornalisti perché non sanno come modificare certe dinamiche.

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