Italia in finale, Djokovic si inchina (Cocchi, Nizegorodcew, Azzolini, Strocchi, Martucci, Semeraro)

Flash

Italia in finale, Djokovic si inchina (Cocchi, Nizegorodcew, Azzolini, Strocchi, Martucci, Semeraro)

La rassegna stampa di domenica 26 novembre 2023

Pubblicato

il

Pazzi di Sinner (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

E’ una sera che profuma di gloria. L’Italia torna In finale di Coppa Davis dopo 25 anni e la Serbia si inchina di fronte a un monumentale Jannik Sinner. Dopo aver ribaltato l’Olanda nei quarti di finale, il ragazzo dai capelli rossi compie un’impresa ai limiti dell’impossibile e batte due volte nello stesso giorno Novak Djokovic. Prima in singolare, quando le speranze azzurre erano sotto un treno dopo il k.o. di Lorenzo Musetti steso da Miomir Kecmanovic, poi con il doppio del sorriso insieme a Lorenzo Sonego. Oggi, alle 16, ci aspetta una giornata speciale, la finale contro l’Australia per mettere un’altra volta i piedi nella leggenda tennistica dopo che Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli, guidati da Nicola Pietrangeli, tornarono vincitori da Santiago del Cile nel 1976. Sarebbe il giusto premio a un movimento cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni producendo campioni come Matteo Berrettini, Lorenzo Musetti, Lorenzo Sonego, Matteo Arnaldi e Jannik Sinner. Non sarà una passeggiata contro gli australiani, che ieri hanno avuto una giornata intera di riposo. Nella notte, il capitano dovrà tirare le fila e capire chi schierare come secondo singolarista. Una scelta sembra quasi obbligata: Lorenzo Musetti, impiegato e strapazzato ieri nel primo match contro Kecmanovic, ha un problema muscolare. Lorenzo Sonego va preservato per l’eventuale doppio decisivo. La scelta di Volandri sarà fatta dopo l’allenamento di stamane e probabilmente cadrà su Matteo Arnaldi, più fresco e pronto a buttarsi nella mischia. […] E’ stata una giornata incredibile, poiché abbiamo assistito a qualcosa di epocale, con l’ennesima dimostrazione che Jannik Sinner è molto più che un campione. E un fuoriclasse. Un ragazzo di 22 anni capace di caricarsi per la seconda volta sulle spalle la responsabilità della squadra, e soprattutto di battere due volte in un solo pomeriggio il numero 1 al mondo che, nonostante questa sconfitta, festeggerà le 401 settimane in testa al ranking mondiale. Jannik è a oggi l’unico della storia capace di annullare tre match point al Djoker e di condannarlo alla sconfitta in singolare. Un cambio di passo che segna un nuovo livello nell’evoluzione della specie Sinner. Jannik è entrato in campo in singolare sapendo di avere un Everest da scalare. Perché non era solo Novak Djokovic il suo avversario, ma tutta la Serbia che al suo eroe aveva affidato il compito di portare a casa l’Insalatiera d’argento. Nole uomo in missione, e non solo per se stesso. Nole che forse per la prima volta avverte il peso delle aspettative, Nole che con i denti già appoggiati sul collo della vittima non riesce ad affondare e a sua volta si fa azzannare e nemmeno la sua rabbia è stata capace di portare alla Serbia la finale. Alla fine, è proprio vero, l’unione fa la forza. […]

Sinner ci porta in finale (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport)

Una vittoria che entra di diritto, dalla porta principale, negli annali di storia del tennis. La rimonta su Novak Djokovic rappresenta, ancor più del successo a Torino, lo spartiacque della carriera di Jannik Sinner. Un istante che rimarrà nella memoria collettiva di chiunque ami questo sport. Tre match point consecutivi annullati (nessuno ci era mai riuscito contro Nole), con lo sguardo sicuro, consapevole. Tre punti giocati con gli occhi del campione, cattivo e affamato. E poi quel sorriso dopo il proprio di match point, quello giusto, quello vinto, senza esultare in maniera smodata. Un sorriso di condivisione, verso l’infuocata panchina azzurra e in direzione del pubblico sugli spalti e a casa. Un incontro conquistato come solamente i grandi sanno fare. Recuperando una situazione di punteggio drammatica, nel momento in cui probabilmente a credere nella vittoria erano rimasti in pochi, pochissimi; o forse solamente uno: un ragazzo altoatesino di 22 anni, che con rara umiltà e dedizione sta diventando un’icona, un simbolo, un esempio. Quasi senza accorgersene, semplicemente vincendo con chiunque gli si pari dinanzi. No, non può più essere un caso. E no, non è soltanto una condizione fisica eccellente a fare la differenza. Il modo in cui Jannik Sinner ha iniziato il match ha destabilizzato anche i suoi più fervidi tifosi. Devastante, in un mix di potenza e precisione. Seconda di servizio tirata forte, con sicurezza e padronanza, figlia di mesi e mesi di allenamenti per aumentare la varietà della battuta e le velocità (non solamente della prima ma, appunto, anche del secondo servizio). Uno dei set più impressionanti della stagione. Djokovic non ha saputo reagire sino al (sublime) secondo set, sino alla zampata del giocatore più vincente della storia; perché Nole non finisce mai e lo ha fatto vedere con una mezz’ora straripante. La vittoria di Sinner proprio per questo, assume i connotati dell’impresa, entrando nell’epica. Sinner ha vinto il terzo set come solo Djokovic (e Nadal sino a qualche tempo fa) avrebbe saputo fare. […]

Sinner! Il n. 1 l’abbiamo noi (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Un sorpasso tira l’altro, prima l’Olanda, ieri la Serbia, e in finale va l’Italia, con una gran voglia di mettersi di nuovo al centro del tennis. Quarantasette anni dopo averla vinta, quella Coppa che ricorda il suo inventore, Dwight Davis, e 25 anni dopo l’ultima finale giocata, l’ottava nella nostra Storia. La squadra c’è, e abbiamo anche il numero uno. E se il gioco prospettico che mischia realtà e impressioni vi sembra troppo ardito, vi ricordo che gli azzurri hanno sconfitto Djokovic (e la Serbia) due volte di seguito, in singolare e in doppio, e oggi affrontano l’Australia in finale. Per riprendersi l’antica bowl d’argento definita “saladier’ dai francesi, l’insalatiera, che in realtà serviva per il punch e finì come cachepot per i fiori di lady Brookes, quando il marito, sir Norman, la vinse per quattro anni di seguito. Ma lo faranno da favoriti, non solo perché schierano il numero 4 della classifica, ma perché dietro quel numero c’è un ragazzo che vale già ora il podio più alto. Meglio, lo vale da due mesi. E presto se lo prenderà a pieno titolo. Sapete, a volte il numero uno è un concetto. Non solo una classifica, un dominio lungo dieci anni, una mascella spianata in faccia agli avversari, ma un’astrazione, un’idea colta al volo, con lo stesso movimento fluido che serve a rifinire una volée. Se l’Italia ha raggiunto una finale di Davis, al termine di una disputa lunga più di otto ore, e ora festeggia con un groviglio laocoontico di braccia, gambe e magliette tricolori che si stringono e ballano insieme, è perché il nostro tennis ha trovato qualcosa di grande e di impensabile. Da due mesi il numero uno è nostro, l’abbiamo noi, è un ragazzo italiano dai capelli scandalosamente rossi. Si chiama Jannik Sinner altrimenti detto Semola. Con la vittoria su Djokovic, che tutto ha rimesso in discussione, dopo un match d’avvio sbagliato nella scelta di mandare in campo Musetti, Jannik non soltanto ha riacceso il fuoco azzurro, ma ha letteralmente domato l’uomo che il numero uno lo innalza da 401 settimane. L’ha ricacciato indietro quando la vittoria appariva certa, l’ha superato nella freddezza con cui ha tenuto il campo nel momento in cui l’altro ha avuto un attimo di incertezza, l’ha spianato nell’ultimo game come un’onda anomala che tutto travolge. Lo so bene, le impressioni non bastano a cambiare l’ordine delle cose, e niente di ciò che sto scrivendo su Jannik può avere oggi la certificazione dell’ufficialità. Il numero uno è Djokovic, e tale resterà ancora per un po’. Poi, forse, le cose cambieranno. Ma le impressioni aprono anche finestre invitanti sul futuro, danno modo di immaginare situazioni nuove, e talvolta si rivelano azzeccate. Sinner da due mesi a questa parte è il tennista più discusso, amato, chiacchierato, analizzato del mondo. E se questo non bastasse, c’è da tenere in conto il motivo per il quale tanto lecito interesse abbia preso corpo… Perché negli ultimi due mesi Jannik ha battuto sei dei primi dieci della Top Ten, tre volte su tre Medvedev, e due volte su tre Djokovic. […] E ha rispedito a casa, oltre ai due citati, anche Alcaraz, Rune, Rublev e Tsitsipas. E queste sono imprese da vero numero uno. Splendido match, nel finale. Meno nei due set iniziali, decisi da troppi errori, sebbene nel primo la scelta di Djokovic di opporsi a Sinner con eguale velocità nei colpi e identica veemenza, abbia permesso al nostro di porre in atto qualcosa di simile a un cannoneggiamento tennistico, tra strepitose soluzioni a velocità supersonica a un dito dalle righe di fondo. Sembrava scosso Djokovic, ma con sapienza ha registrato i propri colpi, e ha indotto Sinner a frenare gli slanci, a giocare di più la palla e a cadere in qualche errore di troppo dovuto all’impazienza. Sono queste le condizioni che hanno portato a una terza frazione combattuta corpo a corpo, quasi un incontro di lotta, e a un finale che ha sovvertito ogni equilibrio, affidandosi a sussultanti ribaltoni per giungere alla propria conclusione. Lì il Djoker ha avuto in mano il match, quando sul 5-4 si è procurato tre match point (0-40). Lì Sinner se l’è ripreso, replicando al serbo con un livello altissimo di gioco e senza sbagliare più una palla. Ha cancellato il vantaggio, si è preso il game (5-5) e sulla successiva battuta di Nole ha avuto l’attesa palla break. Una, ma sufficiente per andare a battere per il match e finalmente annetterlo dall’alto di una gelida precisione che ha incantato lo stesso Djokovic. Fra l’uno a uno, e poteva essere il due a zero per la Serbia. […] Ci ha pensato il doppio. Sinner e Sonego hanno di nuovo funzionato alla perfezione, approfittando della casualità degli schemi della coppia serba, dove Djokovic è finito per non essere più lui, quasi sempre bersagliato a rete dagli spunti missilistici di Sinner (e qualche volta anche di Sonego). Una coppia trovata per strada, grazie al volere di Sinner che ha chiesto espressamente di giocare con l’amico Sonny, e che il capitano ha prontamente (e giustamente) agevolato. Ora l’Australia. Quasi un classico per il nostro tennis. La battemmo prima di andare in Cile, ci superarono l’anno dopo nella finale di Sydney. Siamo favoriti? Beh, Sinner è avanti 5-0 su De Minaur. Ma attenti a non sbagliare chi gli farà da vice.

«Quei punti? Ci ho sempre creduto» (Gianluca Strocchi, Tuttosport)

Un sorriso luminoso e gli occhi che sprizzano felicità. Ha speso così tante energie, fisiche e nervose, .Jannik Sinner che fatica ad esternare tutta la gioia che prova dentro. «E’ stata una giornata lunga e intensa – spiega l’azzurro n.4 del mondo -, densa di emozioni fuori e dentro il campo. Musetti dopo un avvio positivo ha dovuto subire la rimonta di Kecmanovic, poi è stato il mio turno. Ho cominciato davvero bene, poi nel secondo set Djokovic ha alzato il livello come solo lui sa fare. È stato assai faticoso, anche perché siamo stati a un punto dall’eliminazione, invece possiamo giocarci la Davis». A segnare la svolta per l’Italtennis i tre match point consecutivi annullati dalla Volpe con saldezza di nervi. «Sul primo Nole ha sbagliato un rovescio non impossibile, poi ho servito bene e questo mi ha dato energia, sempre sostenuto da tutto il team e dai tifosi. Ho provato a fare il massimo e ci ho sempre creduto, anche quando ero a un punto dalla sconfitta sapevo che servendo bene avrei potuto far mio quel game. E nel doppio decisivo è stato bravo Sonego nel darmi sempre tanta energia, fondamentale per mantenere alta l’intensità». A dimostrare lo spirito di amicizia e la serenità che regna tra gli azzurri sono le parole di Lorenzo Sonego nei riguardi del compagno, per la seconda volta eroe della patria tennistica. «Non è che Sinner abbia fatto chissà cosa…», scherza il torinese. «Battute a parte, è incredibile come Jannik abbia affrontato quei tre match point. Il suo atteggiamento andrebbe insegnato ai giovani che praticano questo sport e anche per me è motivo di ispirazione. Dodici mesi fa ci siamo fermati in semifinale, adesso vogliamo vincere la Davis». […]

Immenso Sinner, la Davis ci chiama (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Citius, Altius, Fortius, più veloce, più in alto, più forte. Jannik Sinner riporta oggi l’Italia all’ottava finale di coppa Davis, 25 anni dopo quella persa a Milano, con l’obiettivo di bissare quella del ’76 in Cile. Per sfidare l’Australia, il Profeta dai capelli rossi va oltre ancora una volta. Oltre i record, oltre la rimonta dopo il ko di Musetti con Kecmanovic, e lo 0-1 contro la Serbia, oltre il secondo successo in 11 giorni contro il numero 1 dei numeri 1, oltre un primo set di una superiorità schiacciante contro il re di 24 Slam, oltre 3 match point salvati, oltre un secondo ko inferto anche in doppio al Cannibale a distanza di poche ore, oltre ogni limite ai sogni del tennis italiano, oltre ogni convinzione dei 10mila del palasport di Malaga. Il crollo psico-fisico di Lorenzo Musetti che, dal 7-6 2-2 contro Kecmanovic, prende un’imbarcata e cede 6-2 6-1, è una mazzata per le speranze italiche. Undici giorni dopo la finale del Masters, il Profeta di capelli rossi scende in campo dovendo sopportare sempre più il peso delle responsabilità ma affronta il remake dell’1-1 di Torino con l’ultimo dei Fab Four, con la forza dei campioni ubriacandolo con un primo set perfetto. Anche se poi alla prima palla-break, dopo un’oretta capitola col doppio fallo. E dall’1-3, si disunisce, ha un violento calo al servizio, subisce a sua volta il 6-2, ed arranca continuamente, mentre Djokovic cede appena 3 punti in 5 game di battuta. Jannik è eroico nel salvare 1’1-1 (palla-break), il 3-3 (ai vantaggi) e il 4-4 (altra palla break). E si supera sul 4-5 0-40, quando deve fronteggiare addirittura 3 match point. «Ho pensato che le palle erano ancora nuove e avrei potuto avere qualche punto facile dal servizio, in quei momenti ti concentri ancora di più». Racconta freddo quello che capitan Volandri definisce: «Il nostro punto di forza grande giocatore e soprattutto grande persona». Neanche s’accorge del ghigno del Lupo-Nole che assapora la preda perché mai prima ha perso un match con questo vantaggio, gli dà una mano sbagliando un rovescio e poi s’inchina a due prime salvifiche. Che valgono il 5-5. Quello che succede subito dopo fa parte del copione più beffardo del diavolo nel tennis: Nole, per 2 ore e 20′ impeccabile al servizio, tentenna, concede qualcosina, si fa sorprendere due volte a rete e si ritrova 5-6. Che Sinner trasforma nel trionfale ed indimenticabile 7-5 dopo 2 ore e mezza. Il primo “bravo, bravo” è proprio di Nole. «Mi prendo le mie responsabilità. Contro uno dei migliori al mondo succede tutto molto in fretta, sui tre match point io ho sbagliato lo slice, lui ha servito due volte ancora alla grande, non riuscivo a leggergli la battuta, e poi sparava sempre da fondo. Il dritto è uno dei più veloci, potenti e carichi di spin». Venti minuti dopo, Sinner torna in campo per il doppio accanto all’amico Lorenzo Sonego, ancora contro Novak, in tandem con Kecmanovic. Nel primo set, caldo com’è, il più precoce italiano del tennis è terrificante da fondo e decisivo anche a rete. Così strappa il 4-2 e confeziona il 6-3 con l’ace dopo 35 minuti. Col valido aiuto di Sonny resiste alla tempesta, sul 2-3 0-40, annullando Djokovic versione aizzatore del pubblico per accendersi una volta di più. «Pensavo che Jannik scendesse un po’, invece ha tenuto un livello molto alto anche in doppio, ha sbagliato a malapena una palla», mastica amaro il serbo. Perché Sinner gioca in Paradiso e, dopo 4 palle-break, decide il lunghissimo game. E, subito dopo strappa il break del 4-3. Per poi mettere la parola fine, col servizio. […]

Sinner d’Italia (Stefano Semeraro, La Stampa)

Cosi siamo finiti nel paese delle meraviglie seguendo un ragazzo dai capelli rossi capace di ribaltare le classifiche e fare sobbalzare i cuori di una nazione. Venticinque anni dopo la delusione di Milano contro la Svezia (1998 al Forum, la spalla sdrucita di Gaudenzi) siamo di nuovo in finale di Coppa Davis, per l’ottava volta dal 1960, e il merito è molto di Jannik Sinner, l’uomo dei miracoli, Jannik d’Italia, che in una giornata memorabile ha battuto per la seconda volta su tre in dieci giorni (la prima alle Finals di Torino) il numero uno del mondo Novak Djokovic in singolare, e stavolta salvando tre matchpoint consecutivi tanto per non farsi mancare niente. E poi lo ha ribattuto – nella stessa giornata, un record assoluto – anche in doppio, accanto al fido Sonego, regalando il punto della qualificazione alla squadra, alla fine di una giornata iniziata malissimo con il crollo di Lorenzo Musetti contro il numero 2 serbo Miomir Kecmanovic. Finora in tutte e quattro le vittorie dell’Italia a Malaga c’è il suo zampino, la griffe di un numero 4 del mondo che in questo finale di stagione – una vittoria sul numero 2 Alcaraz, tre sul numero 3 Medvedev, due su sua maestà Nole – ha dimostrato di valere, come minimo, un numero uno bis. Per un set, il primo, ha preso letteralmente a pallate il Cannibale, poi è calato al servizio, ma nel momento più difficile, sul 5-4 Diokovic, e 0-40 sul suo servizio, ha impiegato pensieri d’acciaio. E proprio sul piano mentale, oltre che su quello tecnico, ha spedito all’inferno il campione che passa per il più forte nel dominare i nervi. Una botta da cui Nole non si è più ripreso. Né nei due game successivi, né nel doppio finale, giocato a fianco di Kecmanovic, dove si è fatto ripossedere da demoni antichi. Ha baccagliato con il pubblico del Martin Carpena, tutto schierato per l’Italia, e sbagliato colpi per lui impensabili, a campo aperto, mentre Sinner giganteggiava accanto ad un Sonego superlativo. «Da fondo tirava certe sassate – sorride Lorenzo – che anche per me era più facile fare gioco a rete». Alla Davis il Djoker teneva in maniera viscerale, alla fine era come sgonfiato, inerte. Forse perché, per la prima volta, si è davvero visto davanti il futuro, e non gli è piaciuto. Oggi ci tocca l’Australia. Stavolta i favoriti, inutile nasconderlo, siamo noi. Gli aussie, finalisti per il secondo anno di seguito e sconfitti l’anno scorso dal Canada, non sono più quelli di Laver ed Emerson o di Newcombe e Roche. Il loro numero uno è Alex De Minaur, numero 12 del mondo, il numero due Alex Popyrin (n.40), i doppisti Ebden e Purcell vanno maneggiati con cura ma come il duo Sonsinner (Sonego + Sinner) ha già dimostrato, contro due singolaristi di razza quasi sempre lo specialismo soccombe. Forse stavolta Volandri darà fiducia a Sonny anche in singolare, il Musetti di ieri non è da gara, Arnaldi è l’alternativa. Poi c’è la Volpe, il ragazzo dai capelli rossi, che sa trovare la strada anche in paesi che gli sono stranieri. Basta seguirlo.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement