All'Australian Open gli spettatori possono muoversi dopo ogni game. E c'è chi storce il naso

Australian Open

All’Australian Open gli spettatori possono muoversi dopo ogni game. E c’è chi storce il naso

Solo Djokovic prova a mediare. Azarenka: “Alle volte facciamo regole senza senso”. Dimitrov: “Dovremmo decidere noi”

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Melbourne Park - Australian Open 2019 (foto via Twitter, @AustralianOpen)
 

La distinzione fondamentale del tennis dagli altri sport, anche oltre il giocare uno contro uno, il fascino dello sport singolo, è sempre stata la particolarità del pubblico. Il concetto di tifo nel tennis, salvo eccezioni derivanti dalla presenza di beniamini locali in campo, è quasi assente. Gli spettatori del nobile “sport dei gesti bianchi” sono noti per il silenzio, la correttezza, limitarsi ad osservare lo spettacolo e applaudire regolarmente. Con la possibilità di muoversi, chiaramente, ad ogni cambio di campo, quindi ogni due game. Una pratica vecchia come il mondo, così scontata che quasi fa strano doverlo precisare. Be’, va fatto, perché in questi giorni a Melbourne qualcosa è cambiato.

All’Australian Open di quest’anno al pubblico è concesso alzarsi, uscire e soprattutto rientrare, addirittura ad ogni game. Quindi in momenti in cui il gioco non si interrompe, se non per il tempo che inizi a servire un altro dei due giocatori. Appare chiaro allora che un buon numero di spettatori potrebbe trovarsi ancora in piedi nel momento in cui i tennisti sarebbero pronti a riprendere. Una regola per tutelare i tifosi, come l’ha definita il direttore del torneo Craig Tiley: “Non vogliamo che i fan vadano a prendere qualcosa da bere o da mangiare e debbano poi aspettare tre, cinque game per poter rientrare. Non ha senso“. Parole che ha sostenuto, non prima però di essersi mostrato decisamente infastidito in campo quando si trovava a servire o rispondere e c’erano persone in piedi, anche Novak Djokovic.

Non conoscevo questa nuova politica, o nuova regola“, ha dichiarato nel post primo turno, “capisco che il motivo è di migliorare l’esperienza per i fan. Noi giochiamo per i fan, e vogliamo che abbiano un’esperienza emozionante sul campo“. Non proprio sulla stessa lunghezza d’onda ha invece Daniil Medvedev, fornendo anche una soluzione migliore, che faciliti la vita sia ai fan che agli spettatori. Secondo il n.3 al mondo bisognerebbe mantenere la possibilità di entrare e uscire ogni due game, ma con un’importante differenza: piuttosto che un minuto di cambio campo (nuova regola per accorciare i tempi) rimanere al canonico minuto e mezzo. Così i giocatori avrebbero un po’ di riposo in più, e soprattutto non dovrebbero attendere gente alla ricerca del proprio posto, che Medvedev ha confermato come lo infastidisca decisamente. E soprattutto è qualcosa che farebbe perdere ben più dei 30 secondi tolti in occasione del cambio di campo.

Il vero problema di questa regola, però, è che è talmente nuova che molti giocatori neanche la conoscevano al momento di iniziare il torneo, dando per scontato il cambio ogni due game. Ne ha fatto le spese Jordan Thompson, che durante il primo turno contro Vukic ha chiesto di far accomodare degli spettatori. Alla risposta, in cui l’arbitro ha esposto la regola, è apparsa un’espressione al limite tra l’incredulo e il sarcastico per l’australiano, che ha preso atto della situazione, proseguendo il match, poi ha anche vinto. In ogni caso appare paradossale che i giocatori possano scendere in campo senza essere al corrente di una regola che tra l’altro può molto impattare sull’andamento di un incontro. Non a caso Swiatek ne è stata avvisata dalla sua psicologa, e si è espressa così in conferenza: “Alcuni giocatori neanche ci fanno caso, ma io sono molto sensibile. Posso concentrarmi su una sola zona, ma qualche volta vedo un movimento e mi disturba un po’. Per me è meglio aspettare e vedere dove vanno queste persone, dato che qualche volta sono giusto dietro l’avversario e posso vederle. Ma cerco di rimanere concentrata, è un lavoro che devo fare”.

Ben più schierato e con parole più decise, in netta opposizione, l’intervento di Grigor Dimitrov, n.13 del mondo e membro del Player Council. “Personalmente non ne ero consapevole“, spiega, “e credo che molti giocatori non lo fossero, da quanto ho sentito. Sarebbe meglio comunicarlo prima ai giocatori, forse far decidere a loro su cose come questa. Perché, dopo tutto, sei tu che stai giocando. E vuoi farlo bene. Non solo per te stesso, ma per la folla, per la famiglia, per il team“. Neanche Vika Azarenka, altro membro del Player Council, era a conoscenza della regola. Solo che la bielorussa, a differenza del più pacato Dimitrov, non le ha proprio mandate a dire: “Mi sento come se alle volte continuassimo a fare delle regole che non hanno senso: stiamo cercando di accorciare i cambi di campo, ma dopo aspettiamo che le persone si siedano“.

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