Murray contro Djokovic e la sfida degli allenatori (Crivelli). Ritorna Fognini; dopo le nozze trova Delbonis (Marianantoni). Strapotere Djokovic. Murray può fermare lo Slam (Semeraro). Muguruza: “Ora so come si fa” (Crivelli). Djokovic da solo in prima fila, Kyrgios farà il guastafeste (Bertolucci)

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Murray contro Djokovic e la sfida degli allenatori (Crivelli). Ritorna Fognini; dopo le nozze trova Delbonis (Marianantoni). Strapotere Djokovic. Murray può fermare lo Slam (Semeraro). Muguruza: “Ora so come si fa” (Crivelli). Djokovic da solo in prima fila, Kyrgios farà il guastafeste (Bertolucci)

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Murray contro Djokovic e la sfida degli allenatori (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport – Inserto)

Una sfida nella sfida tra l’uomo che non perde mai, che ha appena messo insieme quattro Majors consecutivi – anche se non nella stessa stagione – e dunque ha nel mirino quel Grande Slam che fu soltanto di Budge e Laver, e l’avversario adesso più ostico, il gemello diverso rivale di mille battaglie che a Wimbledon, in finale, lo ha già battuto nell’anno dell’apoteosi, il 2013 e quindi vuole arrestarne il sogno più incredibile. Novak Djokovic contro Andy Murray: l’erba dei Championships, unica e inimitabile, ha sempre gradito le sorprese, soprattutto nei primi turni, ma il tabellone sembra aver apparecchiato la tavola per la finale più intrigante, Serbia contro Scozia, Nole contro Muzza. Prepariamoci ai fuochi d’artificio. Come da tradizione, il numero uno arriverà a Church Road senza aver giocato neppure un match sull’erba, una scelta che lo accompagna ormai dal 2011 e che in fondo ricorda la programmazione di Borg, capace di vincere 5 volte a Wimbledon senza mai essere sceso in campo in nessun altro torneo sui prati: «Non vedo perché cambiare — ha sempre detto il Djoker — visto che così sono riuscito a vincere per tre volte». Soprattutto, approda ai Championships senza più la scimmia sulle spalle di Parigi, e si tratterà di capire se la maledizione sfatata lo avrà svuotato o se invece gli fornirà ulteriore propellente, visto che gli mancano 14 partite per completare un’impresa che va ben oltre il tennis. Per uno con la sua forza mentale, però, la prima opzione sicuramente non esiste, e sarà la solita furia: «Quando ho cominciato a palleggiare contro un muro, sognavo il numero uno e di vincere Wimbledon«. Ci è riuscito, e intanto potrebbe raggiungere Laver a quota 4. La minaccia, come in tutta la stagione, avrà i riccioli e le gambe di caucciù di Andy Murray, l’amico-nemico fin da ragazzino. Questa volta con un po’ di pepe in più: non è mai accaduto, infatti, che i due si sfidassero con Becker e Lendl presenti all’angolo come coach. 1l ritorno di Ivan sembra aver elettrizzato Muzza, che con il vincitore di otto Slam ha senza dubbio ottenuto i risultati migliori in carriera: «Queste settimane con lui sono state fantastiche, può davvero aiutarmi e ha di nuovo voglia di farlo. E io sono estremamente motivato e molto fiducioso, perché la nostra prima collaborazione, fino al 2014, mi ha portato molti successi. Credo di poter fare un eccellente cammino qui». Nonostante le sconfitte in finale in Australia e a Parigi, o forse proprio per quello: «Novak è un avversario terribile, non ha debolezze, ha una consistenza incredibile, non scende mai di livello. Il tennis è uno sport individuale, ci sono volte che ti alzi al mattino e vorresti continuare a dormire, ti senti malissimo e finisci per perdere. Ecco, a lui non succede da più di un anno. Impressionante». La parola giusta.

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Ritorna Fognini; dopo le nozze trova Delbonis (Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport – Inserto)

Come tradizione, sarà il campione in carica Novak Djokovic ad aprire domani sul Centre Court la 130′ edizione dei Championships. La corsa di Nole al poker di Wimbledon inizierà contro il britannico Ward e proseguirà contro Edmund o Mannarino, poi il bombardiere Querrey al terzo turno, ottavi con Kohlschreiber e quarti con il più pericoloso degli outsider, il canadese Raonic. Dalla stessa parte di Djokovic anche Roger Federer. Il 7 volte campione inizierà il suo 18° Wimbledon contro l’argentino Pella; poi Berankis, al terzo turno Dolgopolov, agli ottavi uno tra Simon o Dimitrov e ai quarti Nishikori o Karlovic o Cilic. Più complicato il percorso di Andy Murray, testa di serie numero 2. Lo scozzese inizierà dall’inglese Broady, poi Lu o Kudryavtsev, Millman o Paire al terzo, Kyrgios o Lopez agli ottavi, Isner, Gasquet o Tsonga ai quarti. L’ultimo spicchio di tabellone invece è presieduto da Stan Wawrinka che ha pescato la promessa Fritz, poi Del Potro, al terzo Young o Leo Mayer, agli ottavi Tomic o Verdasco, ai quarti Thiem, Berdych o Zverev. Guardando il tabellone femminile, Serena Williams inizia l’assalto al settimo titolo contro la svizzera Sadikovic, poi McHale, al terzo Mladenovic o Watson, agli ottavi una tra Stephens o Kuznetsova, ai quarti Vinci, Vandeweghe o Bacsinszky, in semifinale Kvitova, Radwanska o Bencic. Garbine Muguruza (n. 2) parte con Camila Giorgi, poi Cepelova o Duque-Marino, Safarova o Mattek-Sands al terzo, Lisicki o Stosur agli ottavi, Venus Williams ai quarti, Kerber, Halep o Keys in semifnale. Guardando in casa nostra, sono solo 8 gli italiani al via, come non accadeva dal 2001: 3 uomini e 5 donne (per trovarne meno bisogna risalire al 2000). Andreas Seppi, il nostro miglior erbivoro, ha pescato lo spagnolo Garcia-Lopez (n. 58), che ha superato 5 volte su 6; poi probabile disco rosso con Raonic. Paolo Lorenzi (48) ha lo slovacco Lacko (124) con cui ha perso l’unico precedente a Auckland nel 2013: in caso di successo poi un croato tra Karlovic o Coric. Anteprima di Coppa Davis invece per Fabio Fognini (35) al rientro dopo il matrimonio con la Pennetta: affronta l’argentino Delbonis (37). Testa di serie da vertigini per Roberta Vinci, numero 6 dopo il ritiro di Azarenka. E’ nel quarto di Serena Williams: esordio con Alison Riske ( 80). Sara Errani (22) aprirà con la rumena Tig (100); la Giorgi invece ha pescato subito Muguruza. Karin Knapp (90) ha la croata Konjuh (107) per poi finire contro Agnieszka Radwanska; la Schiavone, al 16° Wimbledon consecutivo, è stata sorteggiata contro la lettone Sevastova (67).

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Strapotere Djokovic. Murray può fermare lo Slam (Stefano Semeraro, La Stampa)

Ivan Lendl, come al solito, non ha usato giri di parole. «Io e Andy Murray possiamo rovinare il Grand Slam a Novak Djokovic». Lui, il numero uno del mondo che ha vinto gli ultimi quattro Slam filati, i primi due dell’anno, e che vuole prendersi tutto quello che resta di questa stagione: Wimbledon, Us Open, Olimpiadi e Coppa Davis – e a quel punto non sapremmo che aggettivo mettere davanti alla parola Slam -, mica si è offeso. Anzi, l’ha presa come un segno di rispetto. «Lendl è uno dei colossi della storia del tennis, fra l’altro un grande rivale del mio coach Boris Becker: con McEnroe che adesso allena Milos Raonic forse a Wimbledon quest’anno avranno bisogno di allargare gli spogliatoi. So che si parla tanto di una finale fra me e Andy, ma è molto presto per dire come andrà. E poi bisogna portare rispetto agli altri giocatori in tabellone». A partire da un certo signor Federer, che a quasi 35 anni punta a vincere l’ottavo titolo nel suo ex giardino. Inizia Wimbledon, e non si scherza. La Gran Bretagna è terremotata dall’uscita dalla Ue e dal crollo della sterlina, l’indipendentista scozzese Murray spera di rientrare nella storia (del tennis) e questo è il luogo giusto per provarci. Su questi prati Murray ha vinto prima l’oro olimpico – nel 2012, contro Federer – poi i Championships, nel 2013 proprio in finale contro il serbo. Sa come si batte Djokovic in uno Slam, del resto ci era riuscito anche nel 2012 agli Us Open. Negli ultimi due-tre anni, fra operazione alla schiena, matrimonio e paternità, Andy aveva però smarrito la strada dell’eccellenza assoluta. Novak, nel frattempo, ha iniziato a divorarsi il tennis. Il 2016 per ora ci ha spiegato che comunque è fra loro due, nati a una settimana di distanza, che si giocano le mani che contano. In Australia e a Madrid il piatto è andato a Djokovic, a Roma contro un Nole affaticato l’ha spuntata Murray; al Roland Garros il numero 1 ha rimesso le cose a posto battendo lo scozzese. Sui prati di Church Road si ritrovano ai due capi del tabellone, favoritissimi dai bookmaker. Djokovic ha nella sua metà Raonic, Nishikori e Federer; a Murray è capitato Wawrinka; dovessero incontrarsi di nuovo in finale sarebbe una battaglia tecnica fra i due rovesci bimani e le due risposte migliori del pianeta. Fra due menti differentemente feroci. Becker, Lendl e McEnroe coach «Non è solo una questione psicologica», precisa Andy. «Djokovic sta semplicemente giocando alla grande. Ma dai nostri ultimi match ho imparato molte cose, sento che gli sono vicino, e Lendl può aiutarmi molto». È stato sotto la guida dell’uomo di Ostrava che fra 2012 e 2013 Murray ha vissuto i momenti migliori della sua carriera, con Ivan il terribile a fianco si sente di nuovo da corsa. Anche contro un avversario apparentemente senza punti deboli come Nole che a Wimbledon ha vinto le ultime due edizioni e punta al quarto successo in totale. «Non potrei mai allenare Murray, siamo troppo simili», ha ammesso McEnroe. Lendl, con il suo carisma ferrigno e il suo humour glaciale, è l’unico capace di governare le derive mentali dello scozzese che, guarda caso, con Ivan reinstallato di fresco nel suo box ha appena rivinto per la quinta volta (record) al Queen’s. Poi ci sono gli altri. Dominic Thiem, Nick Kyrgios e Alexander Zverev sono gli outsider più credibili fra i giovani; con Nadal in infermeria e il resto della vecchia guardia in calando, Federer resta, mal di schiena permettendo, l’alternativa più fascinosa sul verde. L’unico a vincere uno Slam (anzi tre) dopo i 35 anni in epoca moderna è stato Ken Rosewall, ma erano comunque altri tempi, un altro tennis. «Io gioco perché mi diverto ancora tanto», ha precisato il Genio acciaccato, che proprio da Wimbledon 2012 è fermo a quota 17 Slam e che i 35 anni li compirà ad agosto durante le Olimpiadi di Rio. «Una finale o una vittoria Slam in più o in meno non mi cambia la vita». Gli cambierebbe però il morale, esattamente come alla sua coetanea Serena Williams, che dopo la grande delusione del Grande Slam sfumato nel 2015 per mano di Roberta Vinci non ha più gioito. A Wimbledon Serena proverà di nuovo a pareggiare i record di 22 Slam di Steffi Graf, che annusa giusto da un anno, domando la composita banda delle sue incostanti inseguitrici guidata da Garbine Muguruza. Il resto da domani sarà silenzio e fragole con la panna.

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Muguruza: “Ora so come si fa” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport – Inserto)

E’ proprio su questi prati che è sbocciata, e il primo ad accorgersene fu il primo coach Alejo Mancisidor, quando le mise in mano una racchetta a Barcellona, dove era arrivata a sei anni dopo l’infanzia nel Venezuela della madre. Ma stavolta Garbine Muguruza si presenta a Wimbledon non da finalista sconfitta (da Serena Williams) nel 2015, ma soprattutto con la corona di regina del Roland Garros, quando si è presa la rivincita più dolce sulla numero uno del mondo. Quindi, anche se il pronostico è giusto che penda (per poco) verso Serena, che ai Championships ha già vinto sei volte e nell’avvicinamento all’edizione di quest’anno ha scelto il silenzio e l’allenamento (non gioca appunto dalla finale persa a Parigi) per metabolizzare le sconfitte nei primi due Slam dell’anno e presentarsi sicuramente con gli occhi da tigre, la spagnola non è semplicemente la seconda favorita, ma probabilmente la prima bis. Anche perché le luci parigine, con tutto il loro portato di stress, emozioni e pressioni, ora sono alle spalle e paradossalmente è stato più facile gestire una vittoria così grande rispetto alla finale inattesa dell’anno scorso a Wimbledon, cui infatti seguì qualche ombra di troppo: «Dopo Parigi, ho giocato a Maiorca e anche se sono uscita al primo turno, ho potuto stare con la mia famiglia e ritrovare la tranquillità. Ora sono davvero calma e rilassata, anche se il passaggio dalla terra all’erba è sempre complicato». Nata sulla terra, ma a suo agio sui campi veloci grazie alla potenza e alla profondità dei colpi, Garbine ci ha messo un paio d’anni ad adattarsi all’erba, ma adesso tutto è cambiato. In meglio: «Su questa superficie ora mi trovo davvero bene, riesco a preparare bene i colpi, posso essere subito aggressiva e cercare le righe. Certo, l’altezza non sarà mai un vantaggio, a volte per me è difficile correre con profitto e poi non puoi scivolare». L’ultimo anno, però, ha dimostrato che i vaticini su Immacolata (il significato del suo nome in basco) non avevano esagerato nel dipingerla come probabile dominatrice una volta sceso il sipario sull’era di Serena Williams: «Arrivare a Londra da campionessa di Parigi non cambia nulla. Bisogna guardare avanti, mai indietro. Ma ora so che per vincere uno Slam non serve un miracolo, ma rimanere concentrata partita dopo partita. Si riparte da zero, come sempre. Ma adesso ho molta più fiducia in me stessa». E una campionessa con le sue doti al top dell’autostima può diventare un muro invalicabile per tutte. Anche se la Kerber, vincitrice in Australia prima di una piccola eclisse da sbornia di successo, ha rivelato di essere pronta «undici in una scala da zero a dieci» ed è sempre pericolosissima con quegli angoli mancini; anche se la Kvitova, nonostante il rendimento continuamente in altalena cui dovremmo ormai abituarci, su questi prati ha giocato il miglior tennis della sua vita nel 2011 e nel 2014, gli anni dei due trionfi; anche se la Radwanska, finalista 2012, potrebbe finalmente trovare il centesimo per fare una lira anche negli Slam. Ma il futuro, è chiaro, parlerà la lingua di Garbine.

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Djokovic da solo in prima fila, Kyrgios farà il guastafeste (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport – Inserto)

Da quest’anno la stagione sull’erba ha visto ampliare il calendario e l’avvicinamento a Wimbledon ha permesso un numero superiore di verifiche. Resta comunque complicata la gestione del trasferimento dalla terra e per cercare di ottenere il massimo rendimento nella prova più importante i giocatori sono costretti ad adottare alcuni indispensabili accorgimenti tecnici. Sono abolite, per esempio nella fase di preparazione al colpo, le aperture ampie e i movimenti vengono sensibilmente accorciati. I tagli slice assumono il comando delle operazioni e per avere maggior stabilità sul terreno il compasso delle gambe perde in ampiezza. Anche se varia il contesto, il pronostico rimane bloccato sui soliti nomi e a livello maschile Nole Djokovic parte solitario in prima fila. I suoi schemi e la sua risposta, che è la migliore del circuito, ben coadiuvati dalle fenomenali doti di recupero insieme ai preziosi miglioramenti nei pressi della rete, gli garantiscono un buon vantaggio. Il più vicino degli inseguitori non può che essere Andy Murray. Il padrone di casa non aveva mai avuto un avvicinamento così esaltante e il ritorno, al suo fianco, di Lendl non può che giovargli. L’erba la conosce come le sue tasche e l’aggressività unita alla consistenza del diritto potrebbero rivelarsi un’arma preziosa in suo possesso. Roger Federer, vista l’assenza di Nadal, resta il solo della vecchia guardia in grado di incutere timore e rispetto negli avversari. Imbattibile nel disegnare il campo, unico nel creare emozioni, sarà però ostaggio della schiena e delle poche partite disputate. Tra le possibili sorprese sono da inserire Raonic, Thiem e Kyrgios. Il primo, con l’inserimento nel team di McEnroe, dovrà mettere in campo una superiore personalità e quegli aggiustamenti tecnici necessari per incrementare le soluzioni. Il secondo, pur appesantito da una programmazione senza soste, si è dimostrato competitivo anche sull’erba. Certo ci sono da limare le preparazioni dei colpi e la posizione sul terreno va rivista, ma i due fondamentali sono armi micidiali che lasciano a bocca aperta. Il terzo è quello con maggior destrezza ma anche il meno continuo. Nelle giornate di grazia può ribaltare qualsiasi pronostico. Non correrà per la vittoria, ma Zverev possiede tutte le carte per portare a casa scalpi importanti. Nel tabellone femminile, anche se in maniera meno dominante rispetto al passato, Serena Williams resta l’indiscussa favorita. La percentuale per una sua vittoria è scesa ma il fisico, la personalità e le soluzioni tecniche le lasciano un certo vantaggio. La Muguruza ha dimostrato di avere i mezzi per centrare l’obiettivo ma deve risolvere il problema della riconferma. La Kvitova e la Kerber, in attesa di un nome nuovo, sembrano le sole vere alternative.

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