Dopo il primato anche il torneo Bercy a Murray la festa è doppia (Clerici), Murray fa festa Vittoria a Bercy e i tweet dei Reali (Crivelli), Murray il n. 1 trionfa a Parigi-Bercy (Azzolini), Parigi è per numeri uno (Mancuso)

Rassegna stampa

Dopo il primato anche il torneo Bercy a Murray la festa è doppia (Clerici), Murray fa festa Vittoria a Bercy e i tweet dei Reali (Crivelli), Murray il n. 1 trionfa a Parigi-Bercy (Azzolini), Parigi è per numeri uno (Mancuso)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Dopo il primato anche il torneo Bercy a Murray la festa è doppia

 

Gianni Clerici, la repubblica del 7.11.2016

 

Murray in corso d’opera. Da grande appassionato di teatro, posso garantirvi che succede. Un deuteragonista non è sempre pronto a divenire protagonista, soprattutto se la decisione del regista, o di un medico, gli giunge inattesa. Non diversamente poteva accadere a un tennista che da anni tentava di togliersi il complesso di Mamma, e che era pervenuto al successo assoluto con la involontaria partecipazione del Grande Attore Djokovic, superato ieri. Così Il Nuovo Numero Uno non è riuscito a fallire, almeno per un giorno, grazie alla collaborazione finale di-quella sorta di comparsa che è John Isner. Un attore tanto alto, che è quindi in grado di rappresentare personaggi caratteristici, quelli che vincono solo grazie al serve and volley. Oggi, di serve and volley, mentreAndy si perdeva in auto-dialoghi isterici, John Isner è dapprima vissuto, trascinando il protagonista a una prova mediocre. Ma, di serve and volley, è anche stato vittima, nel break decisivo in cui ha servito un doppio errore e quattro seconde. Bisogna vedere nel prossimo futuro se Murray riuscirà a rappresentare un Vero Numero Uno, o se gli andava meglio il ruolo di un Numero Due che Insidia il Numero Uno. Lo capiremo nel Master di Londra.

 

Murray fa festa Vittoria a Bercy e i tweet dei Reali

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 7.11.2016

 

La festa appena cominciata mica poteva già finire. E così Andy Murray accompagna il fresco numero uno in classifica con l’ottavo torneo stagionale, record personale,e soprattutto con la prima perla a Bercy, il 14 Master 1000 in carriera: adesso, ne ha vinti 7 dei 9 che sono tradizionalmente in calendario e solo a Montecarlo non ha mai raggiunto la finale (l’altro che manca è Indian Wells). Insomma, i numeri e il palmarès di Muzza (43′ vittoria Atp, quarta negli ultimi quattro tornei, 20 partite senza sconfitte di fila dopo il ko agli Us Open e nel primo singolare di Davis) cominciano ad avvicinarsi a quelli di un prim’attore, come gli riconoscerà lo sconfitto John Isner a fine match: «Se lo è meritato, quello che ha fatto negli ultimi mesi è semplicemente sensazionale». LA FINALE L’americano merita applausi per una finale giocata ad altissimo livello, soprattutto nel secondo set (21 vincenti e 16 punti su 22 a rete), e conclusa con 18 ace che portano il suo totale stagionale e a 1159, miglior bombardiere del circuito alla battuta per la quinta volta in carriera. Mai come ieri, Isner è andato vicino a sfatare il tabù Andy. con cui adesso è 0-8 nei confronti diretti: semplicemente, il numero uno ha giocato da numero uno nei momenti chiave, come le due palle del controbreak annullate sul 4-2 del primo set ovvero l’unica palla break del terzo, coincisa con il primo (e decisivo) match point Eppure, con la pancia piena da primato e il telefonino carico fino a esplodere di tweet di complimenti, non era facile mantenere la testa sul match: gli hanno scritto, tra gli altri, i Coldplay (lui non fa fatica a procurarsi i biglietti, diciamo), i Duchi di Kensington William e Kate dal loro profilo ufficiale, la premier scozzese Sturgeon (lui appoggiò il referendum per l’indipendenza dal Regno Unito) e decine di colleghi, guidati dal quel solito gentleman di Federer («Abbiamo un nuovo re in città, congratulazioni Sir Andy Murray»). Muzza incassa soddisfatto, ma riconosce priorità e affetti: «Grazie al mio team e alla mia famiglia, è stato un incredibile viaggio per me arrivare al top della classifica e non ci sarei riuscito senza di loro. Ero un po’ nervoso prima di entrare in campo, quando hai ottenuto qualcosa di grande può capitare che ci si senta un po’ svuotati l’indomani. Ma pochi scambi e mi sono reso conto che non era questo il caso, sentivo che il serbatoio aveva conservato ancora qualche energia». Come cambia, il mondo, da numero uno: ci sono stati anni in cui Andy ha vissuto il Masters di fine annata come un’inutile complicazione verso le vacanze, anche se si gioca a Londra e in molti cornpravano il biglietto solo per lui. Adesso ci arriverà da dominatore di un cospicuo spicchio di stagione e con Djokovic lancia in resta per sottrargli il fresco primato. Ci sarà da divertirsi.

 

Murray il n. 1 trionfa a Parigi-Bercy

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 7.11.2016

 

Mamma per un giorno di due numeri uno. Andy e Jamie, uno in singolare, l’altro in doppio. Così ieri, oggi chissà, Jamie scenderà di un gradino o due, ma il tennis è complicato a fame una questione puramente aritmetica, e la signora Judy, spalle larghe e grinta scozzese, è donna che punta al sodo. Oggi la sua casa di Dunblane è la Club House del tennis mondiale, l’obiettivo è raggiunto, la missione è compiuta e lei certo non si formalizza se Andy, alla fine, abbia preferito la guida di Lendl a quella della Mauresmo che lei aveva scelto e sostenuto, nel nome di un primato femminile da sempre rivendicato. Ma va capita, la mummy, ammesso che non abbia ragione: ha tirato su due figli da primato e ha rischiato di perderli quando la loro scuola subi l’assalto di uno sconsiderato con la pistola in pugno. Ora che è anche nonna li trova collocati al vertice dell’azienda tennis. E potrà occuparsi di Sophia, mesi dieci. C’è tempo, ma la signora Judy ha un piano anche per lei. Così, se la voce di Andy si incrina quando passa in rassegna i nomi del suo team, dei suoi familiari, e li ringrazia «perché tutto quello che sta avvenendo prende forma dai vostri consigli e dal vostro sostegno», mamma Judy dalla tribuna gli fa segno di andare avanti, e di non perdere tempo. C’è tanto da fare, inutile cincischiare. C’è questa prima settimana da numero uno che dovrà servire a preparare bene le Finali ATP alla 02 Arena di Londra, perché lì scatterà la prima trappola. Djokovic potrebbe recuperare e ricondurlo al numero due. Oppure no, ma solo se Murray comincerà a pensare da numero uno, che è l’attività più stancante. «E una condizione nuova per me, dovrò prenderne atto, abituarmici». Dovrà imparare a sentirsi primo. A non avere indugi. E cambiare qualche atteggiamento da cocco di mamma, che i numeri uno non possono permettersi. Loro vanno avanti a mascella spianata, sicuri, poco interessati se producono macerie tutt’intorno. Ne sarà capace Andy? «Ivan mi ha sempre dato fiducia, ed è stata importante, indispensabile». La fiducia era l’ingrediente che mancava. Una password per raggiungere vittorie tutt’altro che scontate. Ieri gli è servita, a Bercy, perché Isner a botte di ace aveva rimesso la finale in parità («Ma Andy è Andy Murray in perfetta posa da “numero 1” uno dei giocatori più difficili nei set finali delle partite», gli ha reso omaggio l’americano). Terza vittoria nei Masters 1000 in stagione (con Roma e Shanghai), e sono 13 in totale. Più Wimbledon (terzo Slam), più i Giochi (secondo oro), più otto titoli (43 in totale dal 2006). «E una stagione da numero uno? Be’, sì. Comunque è la mia stagione migliore». Ora ha 405 punti in più di Djokovic, che ne aveva quasi 8000 di vantaggio dopo il Roland Garros. Le Finals ne mettono in palio 1300 per il vincitore. Male che vada Murray chiuderà la stagione con due settimane di primato, come Moya e più di Rafter. Ma se saprà essere da subito un vero numero uno potrà presentarsi a Melbourne come favorito. Già sembra di sentirla mamma Judy mentre spiega come raggiungere il prossimo obiettivo.

 

Parigi è per numeri uno

 

Angelo Mancuso, il messaggero del 7.11.2016

 

Meglio tardi che mai. Andy Murray ha impiegato una carriera per diventare n.1 del mondo. Ha avuto la sventura di misurarsi con tre mostri come Federer, Nadal e Djokovic: era il quarto dei Fab Four. O meglio il più bravo degli esseri umani. Ieri il 29enne scozzese è per la prima volta entrato su un campo da tennis con il nuovo status di re del circuito. Davanti, nella finale del Masters 1000 di Parigi-Bercy, c’era il gigante americano John Isner. Ha esordito con un doppio fallo, seguito da un ace. Il “pivot” a stelle e strisce le ha provate tutte: 18 ace, ha forzato con il diritto oltre il suo limite, tanto da far ricorso al fisioterapista nel terzo e decisivo parziale. Andy si è distratto nel secondo set, ma alla fine l’ha spuntata con il punteggio di 6-3 6-7 (4) 6-4 portando a 20 la striscia di incontri vinti consecutivamente. Per lui è l’ottavo titolo di un 2016 fantastico nella seconda metà, in cui può vantare le perle di Wimbledon e dell’oro olimpico a Rio. DATA STORICA Tutti ricorderanno il 7 novembre, il lunedì che detronizza ufficialmente Djokovic e incorona Murray 26esimo n.1 della storia dell’ATP. Un traguardo doppiamente meritato perché sono trascorsi 7 anni da quando il campione di Dunblane aveva raggiunto per la prima volta la seconda posizione. Da allora in totale 76 settimane da n.2, un’operazione alla schiena e l’amara sensazione di essere sempre un passo dietro i tre super eroi. Vero che Federer ha 6 primavere in più, ma Nole è suo coetaneo e Nadal è più grande di soli 12 mesi. C’era di che scoraggiarsi. Il 15 maggio, giorno della finale di Roma vinta da Murray su Djokovic, il serbo aveva 9.025 punti di vantaggio. Un abisso. Andy in meno di 6 mesi li ha rosicchiati tutti per poi sorpassarlo. «Il percorso è stato molto lungo – ha sottolineato – non era nei programmi per questa stagione, visto quanto ero lontano da Nole in primavera. Ma nello sport le cose cambiano rapidamente». Grazie al successo a Bercy si presenterà al Masters di Londra con 405 punti da difendere: un buon bottino, anche se Djokovic può sperare nel controsorpasso. Se Marat Safin e Dinara Safina sono stati n.1 ATP e WTA, Serena e Venus Williams entrambe n.1 WTA, i fratelli Murray potranno dire di essere stati in cima al mondo: Andy in singolare, Jamie in doppio. LA PERSEVERANZA E’ stato il principale merito del britannico. Non ha mai mollato e ha costantemente alzato il livello del suo tennis: il servizio è migliorato, cosi come il controllo di diritto. Lo scozzese deve ringraziare chi gli è stato vicino, dall’onnipresente mamma Judy alla moglie Kim Sears: lo aveva lasciato perché perdeva troppo tempo alla play station come un ragazzino, si sono rimessi insieme, sposati e lo scorso febbraio è nata Sophia Olivia. Ma non c’è dubbio che la svolta l’ha data Ivan Lendl, tornato a seguirlo lo scorso giugno dopo la parentesi Mauresmo. Guarda caso l’ex n.1 che lo aveva portato alla conquista di due titoli Slam (US Open 2012 e Wimbledon 2013) e dell’oro ai Giochi di Londra 2012. Lendl è l’unico dello staff dello scozzese a dirgli quel che pensa a brutto muso. Prima Andy si rifugiava in sceneggiate, urlava, imprecava. Non era un esempio di eleganza, ora ha un atteggiamento più maturo e costruttivo. Lo si intuisce dalle sue parole: «Per me è stato tutto incredibilmente difficile, ma ce l’ho fatta. Adesso devo trovare nuovi stimoli che mi spingano fare ancora meglio». II primo ce l’avrà fra pochi giorni nella sua Londra: le ATP World Tour Finals che cominciano domenica. E a metà gennaio ci sono gli Australian Open, Slam in cui ha perso 5 finali. Trovare le giuste motivazioni non sarà difficile.

 

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