Murray, l’ultimo Fab Four. Sette anni per la vetta (Crivelli/Marianantoni). Il lungo viaggio di Andy. A 29 anni è il nuovo n. 1 (Clerici). Murray, il n. 1 chiude il cerchio (Semeraro). Andy, non è mai troppo tardi (Mancuso). The Genius è ritornato (Campione)

Rassegna stampa

Murray, l’ultimo Fab Four. Sette anni per la vetta (Crivelli/Marianantoni). Il lungo viaggio di Andy. A 29 anni è il nuovo n. 1 (Clerici). Murray, il n. 1 chiude il cerchio (Semeraro). Andy, non è mai troppo tardi (Mancuso). The Genius è ritornato (Campione)

John McEnroe, atteso a Bari per la Grande Sfida del 19 e 20 novembre, si confessa a “La Gazzetta del Mezzogiorno”. “Non gioco mai per perdere, neanche adesso. Tra gli italiani del passato scelgo Panatta”

Pubblicato

il

 

Murray, l’ultimo Fab Four. Sette anni per la vetta (Crivelli/Marianantoni)

Com’è dolce Parigi. Dopo una stagione che dalla primavera romana, con il primo successo di sempre sulla terra, è stata abbagliante, fino a diventare stellare da giugno grazie al secondo matrimonio con Lendl, il Baronetto Murray può fregiarsi della corona più prestigiosa: quella di numero uno del mondo, il 26° della storia nell’era del computer, a ottant’anni esatti dal primato di Fred Perry, che la stampa specializzata di allora considerò il miglior giocatore del 1936. Andy approdava per la prima volta al numero due del mondo il 17 agosto 2009, quando la diarchia Federer-Nadal sembrava inscalfibile: sette anni e due mesi dopo, il più lungo intervallo di sempre tra seconda e prima posizione nel ranking, finalmente guarda tutti dall’alto. Ironia della sorte, l’ultimo gradino viene percorso senza giocare, a causa dell’infortunio di Raonic (lesione di primo grado al quadricipite della gamba destra, a rischio il Masters di Londra) un’ora prima della semifinale di Bercy. Per Andy è la 19′ vittoria consecutiva dall’eliminazione agli Us Open, che gli consente di scavalcare Djokovic, in testa da 122 settimane consecutive, per solo 5 punti, che potrebbero diventare a 405 se oggi, in finale, batterà Isner. E’ in ogni caso il secondo più vecchio numero uno, 29 anni e 5 mesi, dopo John Newcombe, che raggiunse il top a 30 anni e 11 mesi: «E’ incredibile, mai avrei pensato di poter conquistare un risultato del genere, ho avuto davanti a me tre dei più forti giocatori di sempre. E’ un po’ strano il modo in cui è accaduto il sorpasso e naturalmente mi spiace per Milos. Per arrivare a un traguardo come questo sono necessari quasi 12 mesi di tornei, gli ultimi sono stati i migliori della mia carriera e sono davvero molto orgoglioso di poter vivere un momento come questo. All’inizio della mia carriera ho sempre voluto vincere uno Slam, ma con il passare degli anni diventare il numero uno del mondo era qualcosa che inseguivo. Avevo bisogno di migliorare come solidità, e nelle ultime due stagioni ci sono riuscito. Sono felice». Il 15 maggio, giorno della finale di Roma vinta su Djokovic, lo scozzese aveva 9.025 punti di ritardo. In meno di 6 mesi ne ha recuperati 9.030, con i complimenti del re scalzato Nole: «Si merita il primo posto e si merita tutto il mio rispetto, ciò che ha fatto quest’anno, il livello che ha raggiunto, è qualcosa di eccezionale». Il serbo, tuttavia, può ancora chiudere l’anno al vertice se vincerà tutte le partite del Masters. Il numero uno di Andy parte da lontano, dalle sfide contro il muro con il fratello Jamie sotto gli occhi di mamma Judy, prima allenatrice e ancora oggi la consigliera più ascoltata, da una tragedia sfiorata, la strage del 1996 alla scuola di Dunblane, il paese natale, evitata solo perché quel pomeriggio era già tornato a casa. Murray in pratica si è fatto da solo, scegliendo di trasferirsi a Barcellona da adolescente unicamente con il sostegno di mamma, a un certo punto ha perfino smesso per provare con il calcio. Soprattutto, sono sempre esistiti due Murray: quello fuori dal campo, ironico, spiritoso, pronto alla battuta, senza vizi e innamorato da sempre di Kim Sears, oggi sua moglie e seconda donna più importante della sua vita; e quello in campo, enormemente talentuoso ma tante volte irascibile e spesso in conflitto con se stesso. Per domarlo, ci voleva la scorza dura di Lendl: Ivan c’era alla prima esplosione, nel biennio 2012-2013 e c’è adesso, nella consacrazione definitiva: da quando è tornato, l’allievo ha un bilancio di 47-3. Non andranno spesso a cena insieme, però che coppia.

Il lungo viaggio di Andy. A 29 anni è il nuovo n. 1 (Gianni Clerici, La Repubblica)

Andy Murray è diventato n.1 al posto di Djokovic, che retrocede al n. 2, dopo 28 mesi di supremazia. Se guardiamo i risultati, veniamo a sapere che la seconda delle possibilità immaginate dal computer si è verificata. La prima era che Andy vincesse Parigi Bercy con Nole fuori dalla finale. La seconda che Murray raggiungesse la finale con Nole battuto nei quarti. E’ accaduto che Djokovic sia stato battuto da Cilic (n.10) 6-4, 7-6 e che Murray sia giunto in finale contro Isner per un prudente ritiro di Raonic, che ha un gambone deboluccio. Parigi Bercy è stato, sino ad oggi, un torneo in cui si manifestava un vivo interesse per il settimo o l’ottavo posto, per riuscire a raggiungere il punteggio necessario a qualificarsi per il Master. Ma non era stato mai decisivo, per quanto riguardava il comando della classifica Atp, computerizzata dal 1973. Mentre i colleghi britannici stanno cadendo in un’orgia entusiastica, perché un primato britannico nel ranking non accadeva dai tempi di Fred Perry (1935), mi domando se qualcuno ricorda che Andy aveva votato per l’indipendenza della Scozia dalla Gran Bretagna, e che cosa accadrà se e quando la Scozia uscisse dal Regno Unito. In che squadra di Davis giocherà Andy? Si chiamerà ancora Gran Bretagna? Nessuna di simili domande, certo giudicate maliziose e contrarie all’entusiasmo di un giorno, si leggerà certo, né si ascolterà alla BBC. Rimane da chiedersi come mai un tipo come Nole Djokovic, cioè il n. 1 del mondo, non sia più tale. La risposta potrebbe concentrarsi sulla dubbia condizione fisica di chi, fino alle Olimpiadi, era parso l’atleta in grado di dominare gli avversari, se il tennis fosse stato soltanto una specialità atletica, e non atletica con racchetta. Sui maledetti campi in cemento Nole era – forse è ancora – capace di scivolate proibite a chiunque dei suoi avversari. Il dolore, o forse la dolenzia, che più l’hanno disturbato di recente, è giunto però a visitargli un gomito. A parte ciò, devo riferire, perché conosco la persona, e non il personaggio, che c’era forse qualcosa di vero, nella vicenda che aveva fatto la gioia dei cronisti da tabloid, una vicenda intima, tra la moglie forse tradita e il campione, che ha intriso la cartaccia dei quotidiani dediti al pettegolezzo, e peggio. In confronto a simile reo di disinvoltura matrimoniale, Murray si andava dimostrando un bravissimo neo papà, e l’equilibrio matrimoniale pareva riflettersi su un gioco in continuo miglioramento. Un gioco che, a differenza degli scorsi anni, si era solidificato, come dimostrano le percentuali dei suoi errori in continuo ribasso, un gioco intriso della regolarità di chi ha abbandonato, ragazzo, i campi verdi dell’Isola per apprendere il tennis regolarissimo dei catalani. Ripeto che, in questa vicenda, ha forse influito di più il confronto tra le recenti avventure umane che quelle tennistiche. Ma, al contempo, confesso che potrei sbagliare, per una conoscenza dell’uomo Djokovic molto superficiale, e insufficiente dell’uomo Murray. Ora quella gara in perpetuo ribasso che era il Masters subirà di certo un’impennata: se a vincere fosse Djokovic, tornerà n. 1, anche con Murray eventualmente battuto in finale. Un n. 1 come io continuo a ritenere Djokovic, non esistesse la macchina detta computer.

————————————————–

Murray, il n. 1 chiude il cerchio (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

«Bel tocco, #AndyMurray». Il tweet è di mamma Judy, postato ieri mentre il suo secondogenito stava giocando un imprevisto tie-break con i raccattapalle sul centrale di Parigi-Bercy, ma la prima mamma del tennis british da qualche ora ha almeno una ragione ben più importante per essere orgogliosa. Il ritiro di Milos Raonic, infortunato a un quadricipite e impossibilitato a scendere in campo per la semifinale, ha infatti regalato gratis ad Andy il numero 1 del ranking. Il secondo in famiglia, che si aggiunge a quello raggiunto in doppio da Jamie, il fratello maggiore. Dopo l’ennesimo scivolone di Djokovic nei quarti dell’ultimo Masters 1000 della stagione, e il suo successo su Tomas Berdych, allo scozzese bastava una vittoria per sorpassare il coetaneo serbo. L’ha ottenuta con una scorciatoia, ma va benissimo così. Anche perché Murray, vincitore quest’anno di 6 tomei (Roma compresa), del suo secondo oro olimpico e del suo secondo Wimbledon, finalista agli Australian Open e al Roland Garros, in striscia positiva da 19 match, il trono se lo è meritato, eccome, con un 2016 da favola. «Il numero 1 non è questione di un giorno – ha precisato – ma di 12 mesi di tornei che mi hanno portato fin qua. Gli ultimi mesi in particolare sono stati i migliori della mia carriera, e ora sono molto orgoglioso di essere diventato numero 1, perché nelle ultime stagioni era quello il mio obiettivo». I britannici sono stati lungamente orfani di campionissimi. Dopo Fred Perry nei ruggenti anni ’30 nessun british, compreso il magnifico perdente Tim Henman, era riuscito a vincere qualcosa di grosso. Andy nel giro di cinque anni ha riempito il vuoto. Primo centro ai Giochi e primo Slam (agli Us Open) nel 2012, primo Wimbledon nel 2013, nel 2015 la Coppa Davis riportata in patria dopo 79 anni. Ora è come se un cerchio si fosse chiuso. Il discorso per il primato di fine stagione è ancora in sospeso, anche perché resta ancora da giocare il Masters dal 13 al 20 novembre alla 02Arena di Londra, e Djokovic può risorgere. Al momento però, visto lo stato di prostrazione psico-fisica post Roland Garros del Joker, a cui neppure le massime del santone iberico Pepe Imaz sono state di giovamento, Murray è di fatto il n. 1 più credibile. Il 26° n.1 nell’era del computer (1973-oggi). Andy è il secondo n. 1 più anziano della storia dopo Newcombe, ed è anche il tennista che ha impiegato più tempo, ben 7 anni, per compiere l’ultimo passo, visto che al numero 2 era approdato già nel 2009. II tennis per spaccare chiunque l’ha sempre avuto. Gli mancava convinzione, continuità, solidità mentale. L’ha trovata per la seconda volta in carriera a fianco di Ivan Lendl, un guru autentico, tornato al suo fianco dopo la parentesi con Amelie Mauresmo, oltre che nel matrimonio con Kim Sears e nella paternità (Sophie Olivia, nata a febbraio). In campo borbotta sempre e non ha perso il gusto di pronunciarsi sulla realtà fuori dal tennis (sì all’indipendenza scozzese, no alla Brexit), ma si è scolpito un fisico perfetto e ha ridotto le giornate storte, e il calo netto degli altri tre Fab Four certo lo ha favorito. Ora deve dimostrare di essere all’altezza dei suoi illustri predecessori.

————————————————–

Andy, non è mai troppo tardi (Angelo Mancuso, Il Messaggero)

II sorpasso. Non stiamo parlando del capolavoro di Dino Risi. Questa volta si parla di tennis e i due protagonisti sono Murray e Djokovic, coetanei (hanno entrambi 29 anni) separati da un paio di settimane. Lo scozzese è il nuovo n.1 e non ha avuto neppure bisogno di giocare la semifinale di Parigi-Bercy. Qualche minuto dopo la conclusione della sfida tra giganti vinta da Isner su Cilic per 6-4 6-3, gli organizzatori hanno comunicato a Andy che Raonic, il suo avversario, non poteva scendere in campo per un infortunio muscolare alla gamba destra. Complice l’uscita di scena nei quarti di Nole, a Murray bastava raggiungere la finale per mettere la freccia e superare di 5 punti (10.785 contro 10.780) il rivale in attesa di provare oggi a conquistare l’ottavo titolo stagionale e allungare ulteriormente alla vigilia del Masters di Londra (13-20 novembre). Il campione di Dunblane raccoglie i frutti di un 2016 da protagonista con le perle di Wimbledon e dell’oro a Rio (oltre alla vittoria di Roma). Sorpassare Djokovic sembrava impossibile. Invece la vetta della classifica mondiale cambia padrone dopo 2 anni e 4 mesi, all’indomani del secondo successo a Wimbledon del serbo. Ora è il turno di Murray, reduce da 76 settimane consecutive al n.2. E’ i1 26esimo n.1 nella storia dell’Atp e il più anziano a raggiungere il vertice dai tempi di Newcombe, che nel 1974 ne aveva già compiuti 30. E’ pure il tennista ad aver impiegato più tempo a passare da n.2 a n.1: oltre 7 anni. Avrebbe preferito festeggiare l’evento in campo, ma i numeri sono dalla sua parte: 45 match vinti sugli ultimi 48 disputati, 18 consecutivi con la serie tuttora aperta. «E’ un po’ strano il modo in cui c’è stato il sorpasso – ha sottolineato – e mi spiace per Raonic. Per arrivare a questo traguardo sono stati necessari quasi 12 mesi di tornei, gli ultimi sono stati i migliori della mia carriera. Da ragazzino sognavo di vincere uno Slam, ma con il passare degli anni diventare il n.1 era un obiettivo che inseguivo. Dovevo migliorare nella solidità e ci sono riuscito». Merito di Ivan Lendl, tornato a seguire Murray lo scorso giugno dopo la parentesi Mauresmo. Guarda caso l’ex n.1 che aveva portato lo scozzese alla conquista di due Slam (US Open 2012 e Wimbledon 2013) e dell’oro ai Giochi di Londra 2012. Da quando nel giugno scorso ha trionfato al Roland Garros, unico Major che mancava alla sua collezione, Djokovic non è più lo stesso. Negli ultimi 2 anni aveva tenuto una marcia tale da farlo sembrare disumano. Invece il fortino si è sbriciolato apparentemente senza un vero perché. Falloso, lento, senza quel sacro furore che prima di Wimbledon aveva reso credibile l’impresa Grande Slam. Djokovic si è spento di colpo: l’imbattibile è diventato vulnerabile. E confuso: si è presentato a Parigi, per un appuntamento così importante, senza il fido Vajda, coach storico, e senza Becker. La collaborazione con il tedesco è al capolinea, ma è quanto meno bizzarro affidarsi all’eccentrico Pepe Imaz, spagnolo n. 146 Atp nel 1998, che predica una filosofia denominata “Amor y Paz” (Amore e Pace). Anche se Nole si arrabbia se lo definiscono un guru.

————————————————–

The Genius è ritornato (Gaetano Campione, La Gazzetta del Mezzogiorno)

Intervista a John McEnroe in occasione della presentazione de “La Grande Sfida”, che si terrà a Bari il 19 e 20 novembre e che vedrà protagonisti anche Guy Forget, Henry Leconte e Thomas Muster.

Com’è cambiato il tennis da ieri a oggi?

Ci sono 3 differenze principali dai miei tempi. Gli attrezzi sono cambiati in maniera notevole, siamo passati da racchette di legno a attrezzi leggeri ultramoderni e più facili da usare; la differenza tra le superfici è oramai persa, visto che la velocità è più o meno la stessa dappertutto; oggi è possibile vincere facilmente il Roland Garros e Wimbledon nella stessa stagione, mentre in quei giorni era quasi impossibile. Ai miei tempi solo Borg l’ha fatto. Infine, il progresso medico ha permesso di prevenire infortuni e recuperare più velocemente.

Quando gioca lei si diverte ancora?

Un paio di anni fa non mi sentivo abbastanza competitivo per il Champions tour e ho addirittura pensato di smettere. Però io vedo che posso ancora dire la mia, quindi per ora continuerò. Quando vinci, il divertimento viene da solo. Per esempio, l’anno scorso mi sono divertito molto alla Great Challenge di Verona e Modena.

Cosa è la Champion tour, una esibizione o una partita vera? Nessuno gioca per perdere, quindi giochiamo tutti per vincere. Ovviamente, noi teniamo conto dell’audience e proviamo a farli divertire con un paio di gag, oppure effetti speciali nel gioco. Ammetto che a volte i miei “You can not be serious” non erano poi così spontanei. Ma le partite sono vere.

Il tennista più ammirato?

Tutti sanno che anche se c’era una grande rivalità, io ammiravo Bjorn Borg particolarmente. Quando lui si è ritirato a soli 26 anni è stato un colpo per me. Mi manca la scintilla delle nostre partite. Mentre, se dovessi scegliere un giocatore di oggi, come potrei non menzionare Roger Federer?

Un grande giocatore può essere anche un grande coach?

Credo di aver fatto un buon lavoro, quando ho allenato Milos Raonic, lui ha raggiunto la finale a Wimbledon. Noi ci siamo fermati solo perché non potevo dedicare a lui tutto il tempo che si meritava. La risposta quindi è sì, perché un ex campione sa quello che passa per la mente di un giocatore quando, per esempio, deve affrontare un break point in un momento importante nel match. Edberg, Becker, Ivanisevic e Chang lo hanno dimostrato.

Più forte Connors o Borg?

Non ho dubbi: Borg. E non solo perché ha vinto di più.

Lei è stato esuberante, ribelle e litigioso. Un giocatore dalla spiccata personalità. Rifarebbe tutto quello che ha fatto?

Forse non tutto, ma non potrei mai tradire la mia natura. A volte, ho esagerato e lo ammetto senza problemi Ma io non userei la parola rimpianto.

Cosa le è rimasto di quel famoso tie-break di Wimbledon quando annullò sette match point a Borg?

Il problema è che ho perso quella partita. Quel tie-break diventò un’icona, però rimane una memoria molto amara. Io ricordo con piacere la finale dell’armo dopo quando ho vinto e stavo per inginocchiarmi dopo il match point. Ma poi, mi sono ricordato che Bjorn aveva fatto la stessa cosa, quindi mi sono fermato in tempo. Sapevi che l’anno prossimo uscirà un film sulla nostra rivalità?

Il tennista italiano che ricorda con più simpatia?

Non ho alcun dubbio Adriano Panatta. Era molto forte.

Il tennis le ha dato di più o lei ha dato di più al tennis? Difficile da rispondere. Penso che il mio arrivo sia stata una fortuna per il gioco, ma non posso negare che mi ha aperto strade che non avrei mai potuto immaginare. Direi 50 e 50

Un consiglio a chi si avvicina a questo sport?

Scegliete un bravo insegnante: è essenziale. Poi devi sviluppare la passione: solo la passione porta a divertirsi sul campo da tennis. E se siete abbastanza fortunati da diventare forti, inevitabilmente il tennis diventerà una routine a tempo pieno. Ma conservate sempre il lato divertente. È importante costruirlo quando si è giovani, a prescindere dai risultati, e poi si custodirà gelosamente per tutta la vita.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement