"Io che ho battuto Re Federer" (Massetani)

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“Io che ho battuto Re Federer” (Massetani)

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Argentina-Italia 1-2, ora tocca a Lorenzi (Mario Viggiani, Corriere dello Sport)

Ahi, que dolor! Niente di compromesso per l’Italtennis, ma la Davis è la Davis, e non si sa mai come va a finire… L’ideale sarebbe stato archiviare ieri la pratica Argentina, negli ottavi di esordio dell’edizione 2017 della Coppa, però è andata diversamente, dopo un doppio da montagne russe, e quindi tutto ancora in sospeso fino a oggi, nello splendido Parque Sarmiento di Buenos Aires dove è stato approntato un campo di gioco non proprio inappuntabile. Dopo la giornata perfetta di venerdi, con l’uno-due micidiale messo a segno da Paolo Lorenzi e Andreas Seppi, rispettivamente contro Guido Pella e Carlos Berlocq, ieri il capitano Corrado Barazzutti ha dato fiducia agli Slam winner Simone Bolelli e Fabio Fognini. Il problema è che Bolelli era addirittura al primo match dopo il lungo stop dal giugno 2016 per i problemi al ginocchio sinistro. Fognini era stato invece recuperato al volo dopo l’attacco di gastroenterite che l’aveva colpito giovedì notte e gli aveva impedito di scendere in campo venerdì contro Berlocq. Non proprio le premesse giuste per un match che poteva essere già decisivo, peraltro contro una coppia avversaria affidabile, con Leonardo Mayer schierato a fianco di Berlocq. E infatti la partita è stata tutta in salita, con Fabio che ha faticato a dare man forte a Simone nei set iniziali: doppio 6-3 per i padroni di casa, campioni uscenti va ricordato, e ognuno durato 42′! A quel punto però c’è stata la reazione dei nostri, in particolare di Fognini, finalmente diventato protagonista dopo che da principio s’era distinto soprattutto per gli errori da fondo campo, accompagnati da un certo nervosismo manifestatosi con un bel “vaffa” dopo aver sprecato due palle-break sul 3 pari nel set di apertura. E la reazione ha portato a un bel 6-4 6-2 di grande auspicio per il parziale decisivo. Tuttavia anche il set conclusivo ha costretto gli azzurri a una nuova rimonta, dopo essere stati subito breakkati per il 2-0 degli argentini. Tornati in cattedra, Simone e Fabio si sono guadagnati il tie-break annullando un primo match-point agli avversari sul 30-40 del dodicesimo game. Ma anche nel tie-break, il copione non è cambiato, con Bolelli e Fognini andati prima 1-5 e poi 2-6. Sono stati fantastici nell’infilare cinque punti di fila, fino a guadagnarsi un match-point sul 7-6 arrivato su una volée di Fabio. Il ligure ha però steccato un dritto e al successivo match- point, il settimo della partita per gli argentini, Mayer ha chiuso la partita con un dritto incrociato, per la gioia di Berlocq che così ha festeggiato al meglio il 34° compleanno. «Abbiamo giocato due partite in una e alla fine nel quinto set poteva succedere di tutto», il commento di Fognini. «Peccato per il match-point, mi consolo per non aver provato alcun dolore al ginocchio», quello di Bolelli. «Una partita tutta in rincorsa, dopo aver regalato due set», ha chiosato Barazzutti. Il boccino a questo punto è nelle mani del nostro attuale n.1 Lorenzi, che dovrebbe vedersela con Berlocq, il quale ha giocato 7h06′ in due giorni ma è il combattente vero tra i padroni di casa, piuttosto che Diego Schwartzman, il migliore del quartetto per classifica ma anche il più acciaccato. Nel caso, il quinto match dovrebbe essere quello tra Seppi, piuttosto che Fognini, e Pella.

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Fognini e Bolelli, rimonta e rabbia. L’Argentina resiste (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Festa rimandata, e oggi bisognerà soffrire ancora. Bolelli-Fognini, il doppio azzurro che è riuscito a vincere l’Australian Open due anni fa, ieri è stato a un soffio dal centrare il punto decisivo, che ci avrebbe mandato diretti ai quarti Davis contro una tra Belgio e Germania. E invece no, a Buenos Aires, Simone e Fabio hanno sprecato tanto contro Mayer e Berlocq. Bolelli rientrava da un lungo stop per infortunio al ginocchio sinistro operato. Il bolognese scendeva in campo dopo quasi sette mesi, e in doppio con Fabio non giocava da circa un anno. Anche Fognini non era al top, fermato nella prima giornata da un virus intestinale. In tribuna il tifo è assordante, ma non c’è il capo ultras Maradona che venerdì aveva portato il nipotino Benjamin Aguero ad assistere a due sconfitte. Pare poi che l’eccessiva passione del Pibe abbia dato fastidio a Carlos Berlocq e alla panchina albiceleste, e forse anche per questo Diego non si è visto. L’Italia comincia bene, con una palla break in apertura che fa sperare in una rapida risoluzione del problema. E invece i due non riescono a prendere il ritmo, in compenso gli argentini sono sostenuti da pubblico e servizio. Fabio e Simone vengono risucchiati dai padroni di casa che conquistano il primo set in appena 42 minuti. Praticamente inerti anche nel secondo set, gli azzurri danno segni di ripresa nel terzo parziale. Mayer litiga con la battuta e fa due doppi falli consecutivi ma l’Argentina arriva sul 4-3. Lì Bolelli tiene il servizio e nel game successivo i nostri riescono a brekkare per la prima volta gli argentini chiudendo 6-4. Lo si vede dai volti, dalla voglia di Fognini di battibeccare col pubblico dispettoso che lo disturba al servizio: l’Italia prende fiducia e il quarto set scivola via 6-2 per noi. Al quinto è tutto da rifare, ma l’abbrivio è degli azzurri. E invece è l’Argentina ad andare subito 2-0. Fabio e Simone recuperano fino al 2-2. E’ tutta una rincorsa, fino al tie break. Berlocq e Mayer, sempre Decisivi al servizio, scappano fino al 6-2, ma ancora una volta il cuore azzurro fa la differenza. Bolelli e Fognini rimontano fino a conquistare un match point sul 7-6 ma Fabio stecca il dritto. Gli argentini nella bolgia più totale prendono coraggio e chiudono la partita, mantenendo in vita l’Albiceleste. Oggi c’è subito un match point con Paolo Lorenzi contro Charly Berlocq che sta assumendo i caratteri dell’eroe del Parco Sarmiento. Lui che non doveva neanche essere in squadra e invece è stato chiamato da Orsanic per sostituire l’infortunato Zeballos. «Abbiamo giocato due partite in una — è il commento di Fognini, che all’occorrenza dovrebbe giocare il secondo singolare oggi — al quinto set poi può sempre succedere di tutto». I padroni di casa hanno preso coraggio e sperano nella rimonta: «L’Italia sta giocando meglio fino a ora — sottolinea il capitano Orsanic — ma noi abbiamo tutta questa gente e tanto orgoglio. Non è finita». Purtroppo, non ancora.

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Italia, è un doppio a metà. Oggi non si può scherzare (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Carlos Berlocq è al centro del campo e tenta di strapparsi la maglietta. Il gesto è da Incredibile Hulk, e lui un po’ lo è stato. Ha soccorso l’amico Mayer per tutto il match e ha spinto l’acceleratore fin quanto ha potuto. Ma Carlos non è Incredibile e neanche verdognolo, infatti la maglietta non si strappa. Ci riprova, ma non c’è niente da fare. Lo soccorrono in quattro e alla fine la maglietta cede, dando vita a una scena che rappresenta l’andazzo di un doppio che gli argentini hanno vinto quando hanno rischiato di perderlo e che gli italiani avevano recuperato quando nessuno avrebbe mai pensato che fosse possibile. I primi aiutandosi con grande spirito di patria, noi resistendo oltre ogni logica, visto che la nostra coppia non giocava assieme da più di un anno. Si sa, non è facile affidarsi a un doppio convalescente. Fognini azzerato l’altro ieri da una gastroenterite, e Bolelli operato al ginocchio a luglio e fuori dal circuito ormai da sette mesi. Primo match ufficiale, subito in Davis, come se fosse facile. Ma c’erano molti buoni motivi per affidarsi di nuovo ai due, su tutti quello di non sprecare le energie dei singolaristi, che nel caldo estivo di Buenos Aires non bastano mai, e l’altro, non meno importante, di misurare lo stato di Fognini. Un doppio così aveva bisogno di ritrovare le misure, il colpo d’occhio, gli antichi schemi. Ci hanno messo due set, gli azzurri, e sono stati necessariamente due set consegnati alla concorrenza. Ma alla fine ci sono riusciti, e lì la partita ha smesso di pendere tutta dalla parte degli argentini e ha condotto i nostri alla volata finale. Un due a zero trasformatosi in un due pari che avrebbe messo in ginocchio ben più di una coppia collaudata, tranne quella argentina, sostenuta da un pubblico fra i più rumorosi ed esagitati che vi siano in Coppa Davis. La battaglia vera, quella appassionante, tipica della Coppa, si è avuta tutta nel quinto set. Berlocq e Mayer sono andati avanti 2-0, ma gli azzurri hanno operato il riaggancio, e hanno tenuto duro fino al sei pari, seppure concedendo sul 5-6, 30-40, un primo match point. Altri quattro ne sono venuti nel tie break, all’inizio giocato maluccio dai nostri. Ma non sono bastati nemmeno quelli, perché Fognini e Bolelli si sono ricompattati, trovando le contromisure e annullando il vantaggio. E sul sei pari, sono andati loro a matchpoint. Uno solo, ma sufficiente per chiudere il match se una pallata di Berlocq non avesse pizzicato la riga bianca, schizzando impazzita. Fognini ha cercato di rimediare, ma la palla s’è alzata. Troppo. E la coppia argentina è potuta tornare in possesso del match, per chiuderlo finalmente al sesto match point. Due a uno, dunque. Servirà un punto oggi. Lorenzi contro Berlocq, che sarà ancora caricato a pallettoni. Per il secondo match, o Pella o Mayer, mentre l’Italia potrà schierare Fognini. La notte vedrà i capitani dormire poco. Il match è ancora aperto. Con l’Italia favorita, ma questo si sapeva.

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“Io che ho battuto Re Federer” (Marco Massetani, Corriere Fiorentino)

Ennio Flaiano diceva che i giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto, gli altri fanno volume. Nella vita tennistica di Davide Bramanti — fortemarmino doc oggi 37enne, un elegante passato da junior prima che troppi infortuni lo soffocassero nell’anonimato dei pro — c’è un giorno speciale che da solo basta a garantirgli un’invidiabile celebrità. È il giorno di una primavera fiorentina di venti anni fa, marzo 1997, quando al primo turno del torneo internazionale under 18 delle Cascine, Bramanti affrontò un ragazzo di Basilea che possedeva un talento noto solo agli addetti ai lavori. «Il mio allenatore disse che eravamo stati sfortunati nel sorteggio, che avrei affrontato un avversario fortissimo», ricorda. L’avversario portava un cognome duro come uno schiacciasassi, — Federer: si, proprio lui in carne e ossa —, ma a prevalere in quella sfida fu Davide, l’unico italiano ad aver sconfitto in un singolare del circuito juniores ITF il piccolo Roger, ad aver messo ko il futuro campione mondiale under 18 e il dominatore assoluto del tennis contemporaneo. «A dire il vero quella vittoria non mi portò molta fortuna — puntualizza il tennista del Forte — poco dopo mi infortunai seriamente alla spalla, quindi al polso, e vidi compromessa la carriera. Ma ancora oggi, qualcuno mi domanda come riuscii a battere Federer». A Bramanti furono necessari tre set per dominare il terribile elvetico: 6-4, 3-6, 7-6 lo score. «Federer giocava bene, aveva un dritto che ti lasciava fermo, praticava “serve e volley” sulla seconda di servizio e tuttavia mi aggiudicai il tie-break del terzo set per 7-o, roba da non credere. Roger tirò fuori le ultime palle di un metro o due, se mi ricordo bene un paio di volte scagliò pure la racchetta per terra, forse rimediò anche un warning. Era “fumino” quando giocava, ma al termine del match ripose le racchette nel borsone e si diresse in silenzio verso gli spogliatoi. Io venni acclamato dal pubblico come se avessi vinto il torneo». Da quel punto quasi ideale di equilibrio tecnico, le carriere dei due tennisti finirono per imboccare strade fin troppo divergenti. Dopo poche settimane il giovane Federer si impose nel torneo internazionale di Prato, nel 1998 si riscattò a Firenze vincendo il titolo, poi trionfò a Wimbledon junior, fino all’apoteosi nel mondo ATP. Per Bramanti qualche soddisfazione tra futures e challenger, due titoli assoluti toscani, uno scudetto di serie A con il Forte. E chapeau all’avversario battuto venti anni fa. «Roger è l’unico che sa inventare il tennis, quando gioca lui non c’è una cosa che non sia bella da vedere», conclude Bramanti.

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