Next Gen Finals: alla Fiera di Rho, anche il tennis infine passò

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Next Gen Finals: alla Fiera di Rho, anche il tennis infine passò

Dopo cinque giorni di regole, giocatori next-gen e Fiera Milano vestita a festa per l’evento, è arrivato il momento dei bilanci della prima edizione del torneo giovanile meneghino

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dai nostri inviati a Milano, Luca De Gaspari, Francesca Marino e Riccardo Sozzi

LE REGOLE – Parliamoci chiaro, se questo “masterino” giovanile fosse stato giocato seguendo le regole tradizionali, probabilmente sarebbe stato molto meno interessante per gli spettatori. L’alone di curiosità e anche di mistero suscitato dai cambiamenti sperimentati in questo torneo, è stato uno dei fattori di attrattiva maggiori. Abbiamo chiesto in giro per il padiglione l’opinione del pubblico riguardo a queste modifiche (molti degli intervistati non ci hanno rilasciato il proprio nome, perciò per correttezza non ne verrà menzionato nessuno) e i risultati sono stati in linea con le attese: alcune sono state ampiamente promosse, come lo shot clock apparso ormai inevitabile e  il riscaldamento accorciato. Altre sono state piuttosto divisive come il no-let (che poi in realtà influenza pochissimi punti nell’arco di un match) ma anche il no-ad. In generale bocciato invece il formato dei set ridotti a 4 games, che rischia di livellare troppo i valori e di rendere un solo early-break già decisivo. Grande apprezzamento anche per la novità della chiamata elettronica LIVE anche se questo non è un cambio al regolamento ma semmai un’innovazione tecnologica come lo era stato l’Hawk-Eye originale circa dieci anni fa. Tiepida invece l’accoglienza per il coaching, anche perché qui il pubblico non può ascoltare i dialoghi tra giocatore e allenatore che è esclusivo per la televisione. In generale, l’esperimento è riuscito in pieno, si tratta di vedere quanto poi di questo test del futuro diventerà il futuro, quello vero.

L’INTRATTENIMENTO- A colpo d’occhio il padiglione 1 di Rho Fiera Milano, allestito per l’occasione, ricorda molto la O2 Arena di Londra. Si accede all’impianto attraverso un piccolo tunnel in cui passano dei video degli otto “maestrini” con tanto di applausi del pubblico, dei colpi vincenti dei tennisti e in sottofondo il leitmotiv dell’evento: la simulazione del battito cardiaco, che accompagna i giocatori all’ingresso in campo, fa strada anche al pubblico, rendendo l’ingresso molto suggestivo.  Il colore blu campeggia per tutto l’impianto, l’eleganza del lounge bar spicca grazie al bianco che spezza la moquette. È stato molto apprezzato l’albero luminoso, situato sopra il ristorante chic, al centro della zona dedicata ai giocatori, sponsor e famiglie dei tennisti, che illumina tutta la zona vip. L’intrattenimento non è mancato: giocolieri con palline e racchette, stand sportivi e culinari (non particolarmente economici), giganti palle da tennis in cui tutti i fan hanno l’opportunità di farsi un selfie con il loro tennista preferito proiettato all’intero della pallina. L’aria di Next Gen si respira anche tra gli stand, i quali propongono ai giovanissimi l’esperienza del VR (realtà virtuale) o la possibilità di misurare la potenza dei loro servizi. Lo stadio, allestito in tempi molto ristretti, emerge imperante rivestito dalle gigantografie dei Next Gen. Ma veniamo al clou: all’interno del campo centrale in rilievo appare la riproduzione della Scala di milano, di rosso vestita in pieno contrasto con il terreno di gioco azzurro e blu. Dai balconcini del teatro meneghino si godono lo spettacolo solo alcuni eletti. In contrasto con un tale palcoscenico la presenza del dj proprio ai piedi del finto teatro, che propone musica mainstream ai cambi campo e tra un set e l’altro. Una stonatura, che poteva trasformarsi in un contributo per un’armonica melodia, se al posto dell’house avesse risuonato un brano di musica classica in chiave rock. Un’idea per il prossimo anno.

I GIOCATORI – Molto interessante ai fini del successo o meno della competizione era capire come i giocatori avrebbero reagito a tutte le novità di queste Next Gen Finals. La risposta è stata molto chiara: Per noi si tratta comunque di un torneo prestigioso, ci siamo qualificati, siamo qui e vogliamo giocare seriamente”, ha affermato Karen Khachanov, a sottolineare come non fosse assolutamente nella loro mente l’idea di venire fino a Milano per giocare en passant. La conferma di questa affermazione è stato il gioco espresso in campo, a tratti d’alto livello con tutti i giocatori che hanno lottato su ogni punto, manco fosse uno Slam, pur di portare a casa la vittoria. “Venderò cara la pelle in ogni partita”, aveva detto Gianluigi Quinzi dopo la sconfitta contro Andrey Rublev e così è stato per il marchigiano che ha offerto sempre ottime prestazioni, piegandosi solo alla maggiore qualità e costanza dei propri avversari, anche se va detto che probabilmente Gianluigi se avesse avuto un po’ più di fortuna nel sorteggio del girone almeno la semifinale l’avrebbe raggiunta. Discorso a parte quello riguardante le regole, che hanno diviso non solo gli spettatori ma anche i giocatori. Tra le più osteggiate sicuramente il fatto che il pubblico potesse parlare e muoversi liberamente, “È molto difficile concentrarsi soprattutto all’inizio ho fatto fatica a concentrarmi” sostiene Daniil Medvedev, ma anche l’accorciamento del set Khachanov e Rublev non l’hanno apprezzato, perché troppo limitante quanto a possibilità di recupero, e soprattutto in grado di falsare anche la preparazione di un singolo giocatore. Le altre regole invece sono state molto apprezzate dai giocatori, ma come ha detto Denis Shapovalov: “Non credo vedremo grossi cambiamenti nel circuito, almeno non così presto”.

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