Nadal, Djokovic, Federer, Murray: non ci sono più i Fab 4 di una volta

Editoriali del Direttore

Nadal, Djokovic, Federer, Murray: non ci sono più i Fab 4 di una volta

TENNIS ATP– La vittoria di Stan Wawrinka a Melbourne ha iscritto un nuovo nome nella leggenda degli Slam, ponendo fine temporaneamente al dominio dei Fab four. Che sia l’inizio di una nuova era per il tennis mondiale non è scontato, ma di certo è un punto di rottura nelle convinzioni di addetti ai lavori, appassionati e soprattutto giocatori.

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Settembre 2009. L’ultima volta. Juan Martin Del Potro vinceva l’Us Open e nessuno avrebbe potuto immaginare che per trovare un momento simile a quello, il mondo del tennis avrebbe dovuto attendere quattro anni e mezzo. 

Gennaio 2014. Stanislas Wawrinka alza al cielo australe il suo primo trofeo dello Slam. Ed è il primo, dopo l’acuto di Delpo, a spezzare l’oligarchia dei cosiddetti Fab Four, Federer, Nadal, Djokovic e Murray, che da allora si sono spartiti i major. Forse, il mondo cambia all’improvviso e in tanti lo stanno sottovalutando. Perché se il successo dell’argentino, nel 2009, fu più un fuoco di paglia, adesso rischia di diventare un punto di discontinuità con il recente passato.

Non vogliamo essere fraintesi: nulla da obiettare a Del Potro che, senza problemi fisici, con ogni probabilità avrebbe aggiunto altri Slam sullo scaffale di casa. Ma nel 2009 i Fab Four erano in piena espansione territoriale, con Federer che avrebbe avuto ancora un paio di colpi buoni, Nadal sempre sul pezzo pur con alti e bassi fisici, ci sarebbe stato il super Djokovic del 2011 e Murray stava per diventare finalmente concreto. Insomma, si stava andando  in una direzione precisa e il dominio dei baronetti non aveva ancora raggiunto l’apice dello splendore. Da allora, raramente hanno abbandonato i primi quattro posti del ranking e addirittura le semifinali degli Slam. I primi scricchiolii della fine del “Fabfourismo” si erano manifestati nel corso del 2013. Ferrer in finale a Parigi, Janowicz in semi a Londra, Wawrinka a New York. Federer è stato martellato dal mal di schiena e dal tempo che scorre ineluttabile, Murray dopo aver vinto Wimbledon ha patito a sua volta problemi fisici.

Non siamo così ciechi da pensare che i Fab four non vinceranno più titoli dello Slam. Anzi. Possono vincerli, e quasi lo faranno di certo, tutti e quattro. Non c’è nessuna nuova epoca che possa schiudersi così repentinamente, da un torneo all’altro. Wawrinka ha però abbattuto un muro mentale che reggeva da tanto tempo, con effetti su sé stesso, sui suoi colleghi e su tutti noi appassionati di tennis. Ha dimostrato che il Grande Slam non è più la “Zona proibita” del Pianeta delle scimmie, dove è meglio non provare ad avventurarsi. È un luogo che invece si può esplorare, togliendosi grandi soddisfazioni. Lo svizzero ha vinto meritatamente perché si è migliorato, nei muscoli e nella testa, nel fondo e nell’autostima. La tecnica non l’hai mai abbandonato.

Come lui, altri potrebbero farlo. Berdych, Del Potro, Dimitrov che finalmente è in rampa di lancio. E chissà Janowicz o Nishikori (o altri ancora). Nulla è impossibile, con l’applicazione massima ad alto livello. Wawrinka ha fatto sì che crollasse il muro della “sottomissione” che i colleghi dei Fab Four hanno mostrato sino a ieri, più nella testa che nel braccio. Per anni, sono stati battuti ancora prima di scendere in campo, come se ad accompagnare i Fab Four vi fosse un’aurea regale di scontata invulnerabilità. Non ci credevano più di tanto, i Wawrinka del caso (intesi come avversari potenzialmente vittoriosi). Oggi, e non solo perché i big hanno mollato la presa, pensare a un trionfatore Slam diverso è possibile. Stan lo ha dimostrato, battendo comunque Djokovic e Nadal. Forse non al meglio, è vero, ma li ha battuti con pieno merito.

La classifica Atp dipingeva il tramonto (temporaneo o no) del Fabfourismo già da qualche mese, ma è una logica conseguenza. Più difficile era scrivere un nome alternativo negli albi d’oro dei quattro major. Questa barriera è crollata e certifica il cambio di rotta. Anche noi dovremo tornare a immaginare vincitori diversi da Federer, Nadal, Djokovic e Murray. Diciamo la verità, è quasi più difficile per noi che per i giocatori Atp che questo scenario in fondo lo bramavano da tempo. Per anni abbiamo dato per scontato che gli Slam si sarebbero decisi dalle semifinali in poi. Adesso, forse, non è più così dovuto e si potrà tornare ad ammirare la straordinaria e affascinante incertezza dello sport. Consci che un torneo importante non verrà mai vinto per caso o da una meteora, bensì piuttosto dai Wawrinka, tennisti che sanno giocare bene perlustrando i territori del proprio io ancor prima dei campi.  L’Australian Open lascia nell’aria tale considerazione, e sia chiaro, senza voler celebrare il funerale di quattro campionissimi. È la testa che si libera di una quasi certezza dettata dall’abitudine, con tutte le difficoltà del caso. Ma potrebbe rivelarsi un fattore positivo. Una quindicina di anni fa una campagna pubblicitaria dell’Atp reclamizzava i futuri campioni con lo slogan «New balls, please». Ebbe fortuna e portò una certa dote a parecchi. Chissà che a breve non capiti ancora qualcosa del genere.

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