TENNIS ROLAND GARROS – Dalla crisi del tennis americano, che però ora punta sugli “afro”, alla crisi sentimentale Wozniacki-McIlroy, per finire a Fabio Fognini e Camila Giorgi.
PARIGI – La stampa americana piange sulla crisi del tennis nazionale, con Isner che è il solo ad avere una classifica da…americano d.o.c. (n.11 ) quando il n.2 è n.67 (Johnson, il figlio di John..più anonimo di così…), il n.3 è n.79 (Sock…traduzione calzino) e il n.4 è n.80 (Young che tanto più giovane non è) e due donne di colore uniche superstiti fra le ragazze…che per una volta non sono le Williams ma la Townsend e la Stephens (altri due cognomi banalotti…ma non è colpa loro), però forse è significativo che proprio quando non ci sono più in gara le de Williams – che tutti si attendevano l’un contro l’altra armata al terzo turno – tre dei cinque superstiti made in USA siano afroamericani. Cole Williams sarebbero stati 5 su 7.
Un fenomeno abbastanza inconsueto. Forse il segno di un cambio epocale? Certamente un pochino le due Williams hanno influito, lasciato un segno fra le giovani americane, anche se magari Stephens (che non ha un gran rapporto con Serena) e Townsend che è ancora giovanissima, magari non lo avvertono.
Il New York Times oggi è tornato sulla vicenda della dolorosa (per la Wozniacki) separazione fra il campione di golf McIlroy e la ex n.1 danese a pochi mesi dall’annunciato matrimonio. Ha colpito un po’ tutta l’opinione pubblica il fatto che l’annuncio del break sia arrivato in 3 minuti di telefonata e pochissimi giorni dopo grandi dichiarazioni d’amore. Per la Wozniacki un brutto colpo, non meno doloroso di quello che patì Flavia Pennetta che conviveva da tempo con Carlos Moya e, avendo più o meno le stesse aspettative di Caroline, subì un vero e proprio choc che si tradusse in notti insonni, pianti, perdita consistente di peso e , se non ricordo male, una dozzina abbondante di sconfitte al primo turno.
Auguro sinceramente a Carolina, come augurai a suo tempo a Flavia, di trovare la forza di reagire e magari, dopo un po’ di tempo per riprendere a respirare normalmente, imitare Flavia che un anno e mezzo dopo colse i suoi risultati migliori e raggiunse il suo best ranking. Per Caroline magari raggiungere il best ranking sarà un po’ più difficile: al massimo lo potrà eguagliare. E non è probabile.
Ma che il New York Times sia andato a rispolverare le separazioni illustri di 40 anni fa, Evert e Connors, o di 10 anni fa, Clijsters e Hewitt, intervistando anche Chris (“We both wanted to be no.1 , I had to be married to my tennis“, volevamo entrambi essere n.1 del mondo, io dovevo sposarmi con il mio tennis. Io e Jimmy girammo il mondo per due anni e mezzo ognuno inseguendo i propri obiettivi. Troppe volte io non potevo essere lì per lui, lui non poteva essere qui per me. Le emozioni erano su e giù, magari per me, magari per lui, il focus ne risentiva, non poteva funzionare”) fa capire che in una pagina del primo quotidiano al mondo (come diffusione) per metà dedicata al ko delle Williams e all’exploit della Townsend sulla francesina con il nasino all’insù, Alizee Cornet, l’attenzione ai casi del cuore, più che al gossip o a dei risultati sportivi, resta sempre interesse prioritario. Non solo mediatico. I media offrono al pubblico quel che il pubblico vuole leggere e sapere.
La Serbia, con i soliti tre (più il fortunato Lajovic che ha sfruttato appieno un tabellone favorevole) ha più chances degli Stati Uniti di fare strada nel torneo. Djokovic può addirittura vincerlo, come sappiamo, ma anche la Ivanovic e la Jankovic sono fra quelle che possono sognare ora che Serena e la Li Na sono andate a casa. Il destino della Jankovic potrebbe incrociarsi con quello della nostra Errani, perchè Sara che non ha perso un set stavolta con la Pfizenmayer anche se ha sofferto un po’ nel secondo set, troverà sulla sua strada l’israeliana Glushko, top 100 per un soffio (n.98) e vittoriosa sulla Flipkens.
Guai a credere che Sara la sottovaluti, guai anche ad illudersi che ammetta che trovarsi al terzo turno una Glushko è una bella cosa. Sarà per dimostrarsi politically correct nei confronti dell’avvesaria di turno, oppure perchè proprio non crede mai che una partita possa essere facile (e magari è questa la sua forza), ma Sara gioca con una delle peggior classificate qualificatesi per il terzo turno e insomma non può proprio lamentarsi.
Vincesse ritroverebbe la Jankovic, osso duro ma già…masticato e digerito al Foro Italico. Sara non guarda neppure il tabellone, noi dobbiamo farlo per informare il lettore sui possibili sviluppi e quindi vi dico che battere Glushko ed eventualmente Jankovic (o Cirstea) vorrebbe dire trovarsi nei quarti una di queste quattro: Soler Espinosa, Bertens, Petkovic, Mladenovic. Beh se non è un tabellone da sogno questo! Sara non lo guarda e non sogna, io lo guardo sogno. Pazienza se una delle prossime mattine mi sveglierò deluso.
Restando sul tennis italiano che questo giovedì ha celebrato 3 vittorie senza perdere un set, e 2 sconfitte senza vincerne uno, se mi rallegro per Seppi che arriva al terzo turno senza aver perso un set ma solo 11 games nel primo turno (Giraldo n.34) e 10 nel secondo (Monaco n.54 con un passato da top-ten) pur avendo affrontato due avversari assai tosti sulla terra rossa, mi rattrista il fatto che anche lui – come Bolelli battuto 62 63 62 – debba andare a sbattere nel muro di Valencia, David Ferrer, finalista qui l’anno scorso e probabilissimo semifinalista quest’anno. “Non ho mai fatto più di quattro games nei duelli con lui (e sono stati sei)”. Insomma per vincere dovrebbe sparargli anche se il mio suggerimento “giocargli il rovescio lungolinea” venisse seguito con tanta costanza quanto successo. In effetti Andreas se potesse giocherebbe sempre incrociato. E più si allungasse lo scambio più perderebbe terreno.
Vengo al terzo vincitore di giornata, lasciando l’amaro in fundo.
Anche Fabio Fognini ha vinto la sua seconda partita senza perdere un set. I suoi erano avversari meno difficili, ma come dicono sempre tutti i tennisti – senza tema di poter essere smentiti -tutti gli avversari bisogna batterli. Ha giocato bene Fabio e non ha mai davvero rischiato di perdere il match. Anche nel terzo set, quando è andato al tiebreak, dopo il 2-0 d’abbrivio ha subito senza perdere la calma un net fortunoso del suo avversario ma non si è scomposto come avrebbe fatto in altre occasioni e ha chiuso il tiebreak per 7-2
Riprendo qui quanto ha scritto Roberto Salerno che ha seguito il suo match punto per punto: il buon momento è continuato in conferenza stampa, quando un rilassato Fognini ha ironicamente risposto a chi gli ha chiesto un po’ ingenuamente se pensasse alla semifinale “come no? anche a vincere il torneo, tanto per quello che costano i sogni…”.
Molto concentrato sulla partita di sabato contro Monfils – che spera di giocare sullo Chatrier “un’arena molto importante e dove il pubblico si farà sentire, ma a me il pubblico contro non fa impressione” – ha ricordato i precedenti che sono “un po’ pazzi… ma d’altra parte noi due siamo dei giocatori un po’ pazzi”.
Alla fine Fabio ha tenuto a precisare che il ricordo di Roma fa ancora molto male. “Ho lavorato tanto in questo periodo e sono stati sei mesi duri, in cui ho speso molto. Anche la Coppa Davis ha portato via molta energia. Ci eravamo ripromessi di migliorare sul duro e ci siamo riusciti. Ero arrivato in Europa con buone speranze poi ci sono stati i brutti momenti di Barcellona, Madrid e soprattutto Roma. Mi dispiace quello che è accaduto, ho giocato da schifo (sic!), ma voglio che si sappia che sono il primo ad essere deluso. Giocare così male lì, in quel posto, in un torneo a cui tengo molto… Speravo mi fossero più vicini i tifosi, che mi capissero. Non è che fischiando risolvano granché. Ma la gente nn la puoi cambiare …– ha aggiunto…- Ma è andata così adesso sono contento per come sta andando questo torneo”.
Nel 2010 contro Monfils, un match giocato in due manches per l’oscurità che polarizzò l’attenzione di milioni di francesi in prime-time televisivo, Fognini colse una delle sue più belle vittorie. A Umago ci fu un bis di quel match, e fu anch’esso spettacolare.
Se Fabio riuscisse a superare l’ostacolo francese – Monfils ha sempre giocato bene qui a Parigi, il pubblico lo esalta, ma se ora non è più un top-ten ma n.24 un motivo ci sarà – non dico certo che la strada sarebbe in discesa, però avrebbe un avversario (più Garcia Lopez che Young) addomesticabile per arrivare ai quarti contro la sua vittima di Napoli in Davis, Andy Murray che però sia con Kohlschreiber prima sia con Gasquet o Verdasco dopo non farà certo una passeggiata. Ma, come dice Fognini anche se non è giusto chiedergli e forse parlare di possibile semifinale a uno che ha perso al primo turno a Barcellona, Madrid e Roma (anche se ci ha infilato nel mezzo una finale a Monaco di Baviera).
Mi sono lasciato l’amaro in fundo, anche se Bolelli deve essere già contento di essersi qualificato e di aver passato un turno guadagnando preziosi punticini per risalire.
Capitolo Camila Giorgi: si può diventare top-20, o addirittura top-10, come magari certi suoi colpi lascerebbero pensare, se poi non si ha mai un piano B, si tira sempre e comunque forte anche quando le gambe sono lontane da una palla, si pretende di vincere in una sorta di folle rischiatutto anche contro una tennista che ha vinto due Slam e finalista in un altro, che è stata n.2 del mondo?
Camila, miss Eleganza e Dolcezza, ti risponde sempre alla sua maniera, con il sorriso quasi timido, la voce sommessa, quasi irraggiungibile per timpani inadeguati nonostante il microfono. Provo a sintetizzare con minor dolcezza e brutale sintesi i suoi concetti senza virgolettarli perchè non esattamente espressi così: un punto sullo 0 a 0 o sul 40-30 lo gioco uguale, non c’è differenza. Una superficie o l’altra…è uguale, non c’è differenza, Un’avversaria o l’altra, faccio il mio gioco, non c’è differenza.
E a fine partita se gli chiedi se rimpiange qualcosa per come ha giocato dice, più o meno: “Da fuori e dopo è facile, ma ormai la partita è finita, non la si può rigiocare“. Alla famosa considerazione, spesso sentita e ripetuta…che da una sconfitta si può anche imparare e magari, la volta dopo, si può impostare un match in un modo diverso Camila non pare proprio credere.
Ma è possibile che sia davvero così, che non ci si possa aggiustare un po’ a seconda delle circostanze, di un sole in faccia, di un vento, di un’avversaria che gioca meglio incontrando le palle piatte di quelle liftate (o magari viceversa)? Per carità, Camila è arrivata a ridosso delle prime 50 del mondo – e ci entra fra una settimana – seguendo le proprie idee, e quelle di papà Sergio.
Quindi fin qui ha ragione lei anche se noi potremmo credere – e io lo credo sinceramente – che con un po’ più di acume tattico, di applicazione sulla varietà degli schemi da poter giocare a seconda delle situazioni, Camila, 22 anni, sarebbe almeno fra le prime 30 se non fra le prime 20.
Ma siccome argomentazioni del genere sono state già sollevate e scritte mille volte da più persone, se lei e il suo padre-coach non sono persuasi c’è ben poco da fare e da raccomandarsi.
C’è una cosa però, da ultimo, che non mi convince: perché se lei dice che tutti i punti sono uguali, e intende giocarli in modo uguale, le succede – come oggi a quanto ha detto lei stessa – che “ho perso i punti importanti?“.