TENNIS – A Parigi Maria Sharapova ha dato dimostrazione di cosa significa giocare un punto senza pensare a quello precedente. Lo ha fatto esibendo un tennis che non ha passato né futuro, ma che si gioca solo al presente.
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Non è facile descrivere il personaggio Maria Sharapova. È una formidabile macchina da marketing, certo, e forse la sua fama al di fuori del mondo del tennis è sproporzionata all’impatto che ha effettivamente avuto nel suo sport. Bella, bionda e ricca: un tris letale che non può non corrispondere ad una fama che va ben oltre al tennis. Ma il personaggio Sharapova è molto più sfaccettato del suo tennis monodimensionale a margine zero. Dietro all’avvenenza e alle urla si nasconde una delle più impressionanti agoniste che abbia mai calcato un campo da tennis. La sua carriera da predestinata è diventata quella di una fortissima tennista che si è trovata a combattere su più fronti per potersi affermare. La cosa che più colpisce è che Maria c’è riuscita con un’applicazione che non ha eguali nel circuito.
Se dovessi spiegare la tennista Maria Sharapova a qualcuno che non sa nulla di tennis userei probabilmente l’espressione inglese “Back to square one”: ritorno alla casella numero uno. In senso figurato significa essere costretti a tornare al punto di partenza, come può capitare in un gioco da tavolo. Un punto morto che ti costringe a ricominciare tutto da capo. Quando vedo giocare Sharapova ho l’impressione che nella sua testa lei annulli il punto appena giocato e ricominci ad applicare il piano stabilito come se quello fosse il primo punto. Cioè la casella di partenza. Non c’è passato né futuro nel tennis di Maria. Non si spiega altrimenti il secondo Roland Garros vinto giocando malino, annaspando, sbuffando e portando a casa quattro partite di fila al terzo set. In tre occasioni su quattro ha dovuto rimontare il primo set perso. Nella quarta è arrivata a giocare il set decisivo con meno freschezza della sua avversaria. Ma in tutti i casi Sharapova ha trovato la chiave giusta per vincere il match. Muguruza, Bouchard e Halep hanno avuto la chance di dare la spallata giusta. Eppure hanno fallito, forse per inesperienza, forse per mancanza di tigna. In tutti i casi, Maria non ha mai ceduto di un millimetro. Ha applicato il suo piano in ogni scambio, sempre e comunque, a prescindere dal punteggio. Senza pensare a quello che era accaduto o a quello che sarebbe accaduto. Un tennis al tempo presente indicativo, sempre e comunque. Al passato non è concesso il ritorno.
Questa sua attitudine ad annullare il passato può riassumere anche la sua carriera. Dopo l’operazione alla spalla nel 2008, Sharapova non è cambiata granché come tennista. Ma se fino al 2009 aveva vinto un solo torneo su terra battuta (peraltro su quella verde di Amelie Island), dal 2010 ad oggi ha vinto nove tornei (su dodici totali) sul mattone tritato. Un cambiamento di direzione così deciso da essere quasi inspiegabile se non attraverso la sua capacità di cancellare e ripartire. Click. Via l’infortunio alla spalla, via il servizio che le ha procurato così tante vittorie, via le sicurezze da campionessa affermata. Ma lei, che con tre Slam vinti e un futuro radioso fuori dal suo mondo poteva forse già pensare ad altro, non ha mai avuto intenzione di arretrare di un passo. Galleggiava senza emergere completamente, restava a guardare le altre sollevare i trofei che avrebbe voluto per sé. Intollerabile, per una come lei.
A Parigi Maria ha cancellato ancora una volta il passato. Lo ha fatto più volte in due settimane, anche all’interno della stessa partita. Non si è depressa dopo aver perso i primi set contro Stosur e le giovani rampanti Muguruza e Bouchard. Back to square one, ogni volta. Si è trovata a vincere obbligatoriamente due set senza più poter sbagliare un quindici perché ogni punto poteva essere decisivo. Sia contro Muguruza che contro Halep il quarto game del terzo set è stato il più intenso del match. E lo ha vinto lei. Contro Bouchard ha dovuto arginare un ritorno prepotente dell’avversaria e quando sembrava che la giovane canadese fosse pronta al sorpasso la vecchia tigre ha ristabilito le gerarchie.
Per applicare il suo piano, però, Sharapova ha bisogno di una calma assoluta. Ecco spiegate le enormi, quasi intollerabili pause che Maria si prende prima di servire. Ogni singolo secondo è fondamentale per raccogliere la concentrazione necessaria. Mentre il pubblico la fischia e l’arbitro è indeciso se comminare o meno uno warning, lei si astrae dal campo. E ogni volta torna alla casella numero uno. C’è chi l’accusa di antisportività. È fin troppo facile, del resto. Il personaggio Sharapova non è granché amato nel mondo fin troppo perbenista del tennista: le urla che accompagnano tutti i suoi colpi, i pugnetti sugli errori dell’avversaria – l’abbiamo vista perfino esultare su una prima di servizio sbagliata -, i c’mon esasperati, i lentissimi rimbalzi pre-servizio eseguiti come se facessero effettivamente del colpo. E l’impressione è che quei rimbalzi facciano parte del servizio. Che siano fondamentali nell’economia mentale del punto che Maria sta per giocare.
Il tennista che più si avvicina a questa concezione del punto come casella uno è forse Rafael Nadal. E non è un caso che lui e Maria siano tra i tennisti che più spesso ricevano delle penalità per time violation. Sono accomunati dalle fissazioni, dai rituali pre-servizio, da quella fame agonistica che sembra non finire mai e che sembra necessitare di ogni secondo utile per rigenerarsi ogni volta. Una fame agonistica che ricomincia ad ogni punto.
Per dare un’idea di cosa significa il personaggio Sharapova a livello mediatico basta dare un occhio alle foto in cui sfila, meravigliosa e algida quanto inavvicinabile e divina, sul Trocadéro il giorno dopo il secondo trionfo parigino. Ma tutta la bellezza del personaggio Sharapova era emersa il giorno prima: con un tennis poco scintillante, sporco di terra e di sudore e con una grinta che un occhio poco attento potrebbe definire ossimorica ed incoerente rispetto alla perfezione di quelle foto. E viene da pensare che Parigi sia la città perfetta per la consacrazione della nuova Sharapova: la città delle luci, della moda, della bellezza. Ma anche sede dello Slam più crudo e polveroso. Maria Sharapova è tutto questo.