Djokovic, è la tua ora. La caduta di Nadal (Martucci). Nadal, finita l’era. Djokovic prenota il suo Slam rosso (Clerici). Djokovic, rivoluzione francese. A Parigi finisce l’era di Nadal (Semeraro). Nole il dominatore, Rafa il fantasma: da oggi il tennis non è più lo stesso (Giua)

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Djokovic, è la tua ora. La caduta di Nadal (Martucci). Nadal, finita l’era. Djokovic prenota il suo Slam rosso (Clerici). Djokovic, rivoluzione francese. A Parigi finisce l’era di Nadal (Semeraro). Nole il dominatore, Rafa il fantasma: da oggi il tennis non è più lo stesso (Giua)

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Djokovic, è la tua ora. La caduta di Nadal (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport)

Gliele ha proprio suonate. In attesa di esprimersi meglio col sassofono («Non sono male, fra due anni sentirete»), Novak Djokovic le suona tennisticamente a Rafa Nadal. E sicuramente sente una musica dolcissima che gli arriva al cuore mentre riscatta gli ultimi quattro schiaffi negli Slam e i sei su sei qui a Parigi (gli ultimi tre di fila: finale 2012, semifinale 2013, finale 2014), butta giù dal trono il re del Roland Garros, gli infligge la prima sconfitta dopo 39 puntate consecutive, la seconda in undici anni, addirittura la prima in assoluto in tre set, sulla superficie preferita del più forte di sempre sulla terra rossa.

Che, nel giorno del compleanno, capitola, emblematicamente, col doppio fallo, dopo 2 ore e 26 minuti di un quarto di finale sempre alla ruota del campione elastico di Serbia, proprio come, viceversa, dodici mesi fa, sullo stesso Philippe Chatrier, aveva gettato la spugna Djoker. Queste sono le cicatrici che striano l’orgoglio del formidabile mancino di Maiorca, ancor più dell’aritmetica retrocessione in classifica di lunedì quando, se domani Tsonga batterà Wawrinka ed andrà in finale, uscirà dai «top ten», dopo 528 settimane consecutive. Mentre la Spagna vive il suo mercoledì nero con la caduta anche di David Ferrer, la prima in cinque duelli contro Andy Murray, lo scozzese che solo quest’anno ha scoperto di poter vincere anche sul rosso, aggiudicandosi tutti i 15 match, e quindi i tornei di Monaco e Madrid.

La sfida numero 44 fra Nole e Rafa — la più frequentata di sempre fra gli dei della racchetta — in realtà non c’è. Non tennisticamente. «Novak è stato in controllo la maggior parte del tempo, è stato migliore di me. Mi congratulo con lui. E non è una gran sorpresa, dopo un anno senza vincere tanto prima di qui, sono contento di come ho recuperato nell’ultimo mese, ma non è stato abbastanza per batterlo», sentenzia Nadal che, da combattente nato, recupera da 4-0 sotto, ma riesce solo ad allungare la sua agonia. Anche se è esaltante, per lo sport e per il pubblico, vederlo lottare su ogni palla come un disperato, mentre si spolvera di dosso i proiettili che gli scaglia Djokovic, nemmeno fosse «Capitan America». Sul 4-5, Rafa salva un primo set point col dritto, ed altri due con la smorzata di rovescio. Sul 5-6, annulla un quarto set point con l’aiutino del net, e un quinto col servizio a 203 all’ora. Sul sesto nulla può, a rete, ed incassa il sanguinoso 7-5, poi, tiene duro fino al 3-4, sempre tentennando sotto le bordate da fondo del serbo, sempre in difficoltà, tradito soprattutto dal leggendario dritto ad uncino e dalle gambe che non gli fanno più spingere una palla profonda e pesante di top spin di là dal net.

«In realtà, il primo set è stato la chiave». In realtà, lo spagnolo è sempre sotto schiaffo, subisce lo scambio, non lo comanda, soffre troppo al servizio e alla fine capitola. Anche se lo fa a modo suo, a testa alta, salvando tre set point, ma poi svirgolando un rovescio da fondo per il 6-3 che ammazza la partita. «Il primo break del terzo set è stato molto doloroso, ho fatto un brutto errore e, dopo, tutto è stato troppo veloce ed è andato dalla parte sua. Peccato, dopo aver lottato tanto nei primi due set contro un giocatore che sta attraversando il miglior momento della carriera. Che succede ora? Tornerò al Roland Garros e spero che rivincerò, farò di tutto per riuscirci. Lotterò, come sempre, nel 2009 ho perso e non è stata la fine, nel 2015 ho perso e non è la fine».

Novak, che si fa il segno della croce e poi bacia anche il crocifisso al petto sul 3-0 del terzo set, tira un bel sospiro di sollievo dopo aver allungato la striscia vincente a 27 match: «Ricorderò questa vittoria per un bel pezzo. Non è facile mettere in pratica il piano, soprattutto contro Rafa, al Roland Garros. E’ stata una cosa speciale, un match speciale». E’ stato anche importante superare la crisetta dal 4-0 al 4-4 iniziale: «Succede, contro Rafa, di avere dei su e giù. Ero partito in modo perfetto e, per un paio di errori miei qua e là, lui è rientrato nel match. Sai com’è, ti aspetti sempre che rimandi una palla in più di chiunque altro, perciò non è facile continuare a giocare sempre così e metter giù vincenti. Era la mia tattica: comandare io, variare, andare a rete, non dargli spazio per dettare lo scambio, giocargli veloce sul dritto, muoverlo tanto perché non era poi così a suo agio negli spostamenti. La morale è che Rafa è umano: è normale avere stagioni così, a 29 anni ha ancora degli anni davanti, sono sicuro che reagirà e tornerà molto forte (…)

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Nadal, finita l’era. Djokovic prenota il suo Slam rosso (Gianni Clerici, La Repubblica)

CARE nipotine Anita e Lea, quest’anno 2015, al Roland Garros ritornava un tennista che qui aveva sempre vinto, dal primo giorno che ci aveva messo piede, fuorché una volta contro un certo Robin Soderling, una controfigura come quelle del cinema, un bel giovanotto svedese un po’ presuntuoso, che si era sin lì segnalato soltanto per un servizio con un lancio di palla alto come i fanali dei lampioni. Mi pare proprio che quella volta si trattasse dei 2009, ma scuserete vostro nonno, al quale un giornale francese ricordava oggi che era stato qui per la prima volta nel 1948, insieme ad un certo Gardini, del quale un giovane cronista nato un po’ dopo raccontava la storia, piena di errori. A vincere su questo campo di terra rossa Nadal, il primo tennista di un’isola che si chiama Maiorca, aveva cominciato nel 2005, quando voi ancora non eravate nate, ed era poi andato avanti fino a oggi, naturalmente con l’eccezione di quella partita, della quale vi ricordo il punteggio 6-2, 6-7, 6-4, 7-6.

Un mio amico che si chiama Luca, bravissimo a fare i conti anche senza macchinetta, mi ha assicurato che non c’era stato mai nessuno che avesse vinto qui nove volte, mentre nella storia antica c’ era stata una donna, una mia amica, Margaret Court, che aveva vinto undici volte i tornei di casa sua, che si chiama Australia, e vedete dal mappamondo com’è lontana, e non ci andava nessuno se non aveva la nave. Guarda caso, anche Rafael Nadal, che da piccolo quando ancora non sapeva parlare bene diceva Rafa, viene da un’isola, più piccola e del nostro mare vicino, il Mediterraneo. Forse chi vive vicino al mare è abituato a vedere grandi orizzonti e magari, come il Nadal, ha la pazienza dei pescatori. Insomma, il Nadal qui a Parigi vinceva sempre, anche perché aveva inventato un modo di far roteare la palla come prima di lui non era riuscito a nessuno, e poi anche perché si serviva del braccio sinistro, era mancino, e le palle che atterravano vicino all’avversario saltavano diversamente da quelle tirate da un destro, e dovete sapere che i destri sono la maggioranza in questo mondo, nove ogni dieci.

Questo Nadal, a furia di correre, quest’anno si era un po’ stancato, e anche si era fatto la bua a un ginocchio, all’osso che sta sotto il ginocchio, e un po’ anche a un gomito. Insomma era stanco, e questa stanchezza faceva in modo che tirasse racchettate più adagio e, nei primi tornei dell’ anno, aveva già perso nove partite, e nella classifica che fanno i maestri, come a solo-la danno i voti, era diventato il sesto e non il primo. Ma questo era il suo posto preferito, e forse pensava ancora di vincere il premio, se non ci fosse stato un certo Nole Djokovic, uno che, secondo i suoi amici e tanta gente che gli vuole bene, ha un nome in cui addirittura figura, all’inizio, la parola Dio, di certo un Dio del Tennis. Questo Nole sembrava pronto a prendere il giocattolo solito di Rafa, che non era più giudicato il primo del mondo, ma solo il sesto. Ma non era facile crederci, nemmeno per Note, che all’inizio della partita era emozionatissimo, ancora più di Rafa, e giocava meno bene degli altri giorni. Però, dopo che Nole riusciva a vincere per 7 games a 5, la partita era come finita, e non c’erano proprio più dubbi sul destino di Re Rafa (…)

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Djokovic, rivoluzione francese. A Parigi finisce l’era di Nadal (Stefano Semeraro, La Stampa)

Le cinque della sera sono già passate ma l’ovazione, che monta sonora e poi rimbalza sulle tribune del Centrale, suona quasi come un lamento. Un compianto fragoroso per il matador matato che Parigi per anni ha guardato con dispetto, a volte con ostilità, e che ora sembra l’ultimo guardiano di un’epoca – splendida – che non c’è più. Rafa Nadal se ne va, battuto per la 2ª volta in 11 anni di Roland Garros, ma nel 2009 contro Soderling negli ottavi si era trattato di un inciampo, una giornata sbagliata; stavolta, in un quarto truccato da finale, la caduta contro Djokovic (7-5 6-3 6-1) – specie con quell’ultimo set ceduto quasi senza combattere e chiuso da un doppio fallo zuppo di malinconia – è di quelle che bruciano l’anima e la storia. Adios Decima al Roland Garros, campeon, bye bye riscatto. Nel giorno del suo 29º compleanno per Rafa è arrivato il regalo più amaro. Martedì aveva già fatto le valigie Federer e forse per la prima volta il tennis rabbrividisce pensando che il Genio e il Cannibale potrebbero non vincere più. Quasi fuori da top ten Se oggi Tsonga strapperà a Wawrinka il biglietto per la finale, Nadal da lunedì, dopo 11 anni e 528 settimane filate, scivolerà fuori dai primi 10 del mondo. L’onore e la gloria sono del re-sacerdote Djokovic, che mulina rovesci come in batta- glia e quando capisce che l’impresa è compiuta si fa il segno della croce e bacia il Cristo appeso sotto maglietta. Il Roland Garros è l’ultima cripta che gli resiste: contro Nadal qui aveva perso 6 volte su 6, comprese 2 finali, l’ultima nel 2014.

Ora gli bastano due vittorie per mettersi in tasca mezzo Slam, a cominciare dalla semifinale con l’amicone Murray, ma il tennis assomiglia già a una teocrazia: la sua. Sconfitta annunciata La partita vera è durata un set, il primo. Novak è scattato sul 4-0, Nadal ha reagito d’orgoglio, pareggiando il conto, ha resistito a un’altra spallata nel 10º game, si è arreso al 13º, steccando sul 30-15 anche uno smash facile facile. Per sradicare Djokovic dalla linea di fondo aveva scommesso sul dritto in lungolinea, ma troppe volte il gancio mancino gli è scivolato via. È stata, anche, la cronaca di una sconfitta molto annunciata, considerato lo stato di grazia di Djokovic e la stagione magra di Nadal, capace di vincere, dopo il 9º trionfo a Parigi di 12 mesi fa, solo un torneo di seconda categoria a Buenos Aires nello scorso febbraio. «Quando l’altro gioca meglio ed è più in forma di te finisce che perdi», dice il Niño, gli occhi ridotti a due fessurine liquide e buie. «Specie se l’altro è Djokovic. Se dubito di me? Sono 11 anni che lo faccio. Non sono contento di come ho giocato, ma la vita continua. Se sono sceso a numero 10 del mondo è perché non ho giocato per 6 mesi (per l’infortunio al polso, ndr) e per altri tre e mezzo ho giocato male (…)

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Nole il dominatore, Rafa il fantasma: da oggi il tennis non è più lo stesso (Claudio Giua, repubblica.it)

Almeno nel secondo set, il prologo in rosa – il colore scelto dalla Nike per entrambe le giocatrici – non è il solito scempio, con Serena Williams che fa quel che le pare sul servizio di Sara e, quando va lei a battere, piazza un paio di ace (oggi 10 in 16 game), un lungolinea o un passante stretto. Stop. E’ accaduto altre nove volte in otto anni, con minime variazioni di copione. L’italiana gioca bene, usando la testa e le gambe, cerca di alzare il più possibile i rimbalzi, incappa in pochissimi errori (in tutto, 7 contro i 23 di Serena), prova a costringere la numero 1 al mondo a spostarsi di lato e a perdere gli appoggi che le consentono di calibrare volée imprendibili e incrociati che sfilano a tre metri dall’avversaria, azzarda con successo qualche drop shot. Ma anche così per Errani c’è poco da fare. Tenta inutilmente il capolavoro nel nono game del secondo set quando rincorre sul 3-5 e annulla tre match point all’americana, poi cede di fronte alla strapotenza della giocatrice che tremare il mondo fa, in tabellone per la quattordicesima volta a Parigi dove tuttavia ha vinto solo nel 2002 e nel 2013. Il quarto di finale finisce sul 6-1 6-3 dopo 65 minuti. Se solo Sara migliorasse del trenta per cento l’efficienza del suo servizio e Serena perdesse il dieci per cento della propria, l’equilibrio sarebbe assicurato: la romagnola ci riuscirà prima o poi, dalla sua ha l’età, 28 anni contro 34.

L’evento che tutti attendono è programmato dopo venti minuti nel certificato decrepito stadio Philippe Chatrier, sul cui rettangolo rosso la numero 1 italiana è stata appena sconfitta. Nell’attesa, val la pena fare un salto sul campo 1. Lì Flavia Pennetta e la nuova compagna di doppio Su-Wei Hsieh contendono l’accesso alla semifinale alla collaudata coppia ceca composta da Lucie Hradecka e Andrea Hlavackova. Perso 7-5 il primo set per colpa di un break sul filo di lana, l’italiana e la taiwanese combattono con accanimento e anche parecchia allegria. Ho il tempo per vedere le due, opportunamente abbigliate in bianco e giallo, ottenere il break al settimo game, grazie soprattutto alle qualità di rifinitrice sotto rete di Flavia. Poi viene l’ora del Grande Match, il quarto di finale che tutti aspettano a Parigi e in giro per il mondo: Rafael Nadal, nove volte vincitore qui, contro Novak Djokovic, indiscusso numero 1 della classifica mondiale che al Roland Garros non ha invece mai sollevato la coppa più pesante. Degli sviluppi del match di Flavia leggerò sull’app del torneo.

Se il Philippe Chatrier è il Louvre del tennis, nei quattro game iniziali Rafa è il suo fantasma. Il maiorchino ripete gesti e ritmi ammirati e vincenti qui per un decennio, con l’incidentale interruzione nel 2009, quando Federer battè in finale Robin Soderling: è però un’illusione come quella di un fantasma, appunto. Djokovic prende il comando con mano sicura, le sue velocità ed efficienza sembrano di un altro mondo, sul 4-0 il destino di Nadal, che s’affanna inutilmente a rincorrere palle che non gli competono più, è -penso – quello dell’agnello sacrificale.

Invece tutt’a un tratto il momentum s’inverte e Nadal ritorna a macinare chilometri e punti. Nole scuote il capo, gioca di rimessa e si fa regolarmente infilare. Perde quattro game di fila, poi si riprende. Il serbo ha tre set point sul 5-4 e non li trasforma. Ha di nuovo l’occasione di chiudere, plurima, quand’è avanti per 6-5 e stavolta non sbaglia. Ma il set dura più di un’ora e costa a entrambi energie preziose. Più a Nadal, scopriremo.

(Intanto sul campo 1 Pennetta e Hsieh non impongono la loro classe superiore. Pur chiudendo sul 3-6 a loro favore il secondo set, si fanno rimontare da 0-3 nel terzo, vanno sotto 5-4, annullano due match point e si riportano pari, ma le ceche accelerano fino al 7-5 e passano il turno. Tra i ventiquattro giocatori in campo nelle otto semifinali che contano – i tornei di singolare e doppio maschili e femminili – i soli italiani saranno Fabio Fognini e Simone Bolelli, in campo domattina contro i gemelli Bryan).

Sul Chatrier il secondo set (6-3) e ancor più il terzo (6-1) sono le repliche prolungate dei primi quattro game. In campo vedo un dominatore e un fantasma. Il padrone del tennis e l’ex padrone sfrattato a maleparole da quella che, a pieno diritto, considera casa sua. Djokovic fa sfoggio del proprio controllo totale del campo, colpendo da tutte le posizioni nel silenzio del pubblico che vorrebbe volentieri che Nadal si prendesse il decimo titolo, record impossibile da replicare per generazioni. Invece con la sconfitta di oggi in due ore e 26 minuti – la sua seconda a Parigi dal 2005, l’altra fu nel 2009 al quarto turno per mano di Soderling (6-2 6-7 6-4 7-6) – lo spagnolo precipita nel ranking ATP al decimo posto, con il rischio di scivolare ancora più giù nel caso Jo-Wilfried Tsonga approdi alla finale battendo venerdì Stan Wawrinka.

L’altra semifinale vedrà di fronte Djokovic e Murray, che oggi ha faticato a non farsi irretire fino allo sfinimento da David Ferrer, con il quale non aveva mai vinto sulla terra rossa. I risultati dei quattro set (7-6 6-2 5-7 6-1 in tre ore e 22 minuti) fanno intuire i litri di sudore versati dal gelido scozzese. Che è l’unico in grado di fermare la corsa di Nole verso il Grande Slam. Solo lui dispone del gioco e delle motivazioni che servono per ottenere la sorpresa che potrebbe cambiare segno a una stagione che, altrimenti, diventerà quella dei primati del numero 1.

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