Che spavento Serena: un pomeriggio da SOS con l’ex barista Timea (Clerici). Murray, beato tra le donne. Un team per fermare Djokovic (Martucci). Serena batte anche la febbre (Clemente).

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Che spavento Serena: un pomeriggio da SOS con l’ex barista Timea (Clerici). Murray, beato tra le donne. Un team per fermare Djokovic (Martucci). Serena batte anche la febbre (Clemente).

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Che spavento Serena: un pomeriggio da SOS con l’ex barista Timea (Gianni Clerici, La Repubblica).

“Ma perché non vi attrezzate e non portate un lettino?” ho domandato a quello che mi pareva il capo del gruppo incaricato di tirare il tappeto. “Non ce l’avevano detto”, ha risposto gentilmente il capo, conscio della mia esperienza. “Noi facciamo solo quello che ci dice Monsieur Yserne, Monsieur le Directeur”. In realtà, in giornate come quella d’oggi, svanita l’emozione per la scomparsa di una divinità ctonica quale Rafa, sarebbe piaciuto a me e ai colleghi sapere qualcosa di più di quanto le pazienti hanno confidato nelle conferenze stampa. Perché, per esempio, Lucie Safarova non sia divenuta qualche anno fa la campionessa che i suoi colpi le avrebbero consentito di essere, simile – l’ha appena paragonata un collega dello sci – ad una che, agli ultimi paletti, ne salta sempre uno e fa una pelle di leone. Ho vanamente cercato in questi giorni di definire la boema vittima del complesso di Svejk, (Hasek, Il Buon Soldato) anche se un collega di Prosteyov, dove sorge la scuola del tennis boemo, abbia accennato ad un lunghissimo vano fidanzamento con quell’altro caso di Thomas Berdych. Ma l’altra storia, quella della svizzera (in realtà transilvana naturalizzata) Timea Bacsinszky, non la sapevo. Timea appartiene infatti alla schiera delle vittime di padri padroni ma, a differenza di altre campionesse, si è liberata ed è fuggita da simile carceriere offrendosi una modesta attività di barista in un Hotel di Villars, nel suo nuovo paese. Dopo due anni di bicchieri lavati e sorrisi ai signori clienti, si è sentita, un giorno, improvvisamente guarita e, presa l’auto, ha raggiunto in cinque ore di guida il Roland Garros, che le è parso famigliare quanto il bancone del bar. Quanto a Serenona, è anche lei afflitta da una sindrome, che alcuni da queste parti si spingono a definire Sindrome di Mouratoglou, il suo nuovo allenatore intimo. In realtà la vicenda non dovrebbe essere tanto semplice, perché Serenona stava male contro la Stephens, benissimo contro la povera Errani, e oggi di nuovo sembrava vittima di vertigini, crampi mentali, immobilità discontinue, e chissà che altro. Ha vinto lo stesso, ma che pena! Nello scusarmi con il lettore, ricordo quanto sia difficile scrivere benino di un simile pomeriggio più adatto a un pronto soccorso che a un torneo di tennis.

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Murray, beato tra le donne. Un team per fermare Djokovic (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport).

Non solo la mamma, la neo sposa, la coach Amélie Mauresmo (in dolce attesa con la sua compagna): Andy Murray è pieno di donne, all’angolo, ma anche dietro le quinte. Sono le maestre di Pilates e Gyrotonic, che si prendono cura del fisico dello scozzese, dal crack alla schiena del 2013. Sono le amiche più fidate di Andy. “Per me è sempre stato più facile comunicare con le donne, ho avuto un bellissimo rapporto con le mie nonne, ovviamente con mamma e, con Kim, stiamo assieme sin da ragazzi. Amélie ha una grande importanza sulle mie prestazioni. Sono sempre stato molto vicino alle donne della mia vita, hanno avuto un grande impatto su di me, ci passo un bel po’ di tempo. Se devo parlare delle mie emozioni, di quel che sento, è più facile con Amélie, così come con mamma, da ragazzo. Mi trovo meglio con le donne”. Mamma non le ha mai mandate a dire, s’è separata prestissimo dal signor Murray e non ha nascosto la passioncella per il collega del figlio, Feliciano Lopez. “Mamma ha sempre avuto a cuore l’idea che le ragazze giocassero a tennis. E ho capito tutto quando ho preso Amélie come coach, ho visto la reazione della gente e tutte quelle questioni che non ci sarebbero mai state se avessi assoldato un coach uomo campione di due Slam ed ex numero 1 del mondo”. Sia chiaro: “Le tenniste meritano rispetto e premi uguali agli uomini, il tennis dovrebbe essere fiero di essere l’unico sport con queste regole”. E basta stereotipi: “Le donne sono più emotive? La Sharapova è incredibilmente forte mentalmente. Anch’io, anche Djokovic, anche tanti altri siamo molto emotivi. In campo, siamo esseri umani che mostrano come sono davvero, dentro. Questo è anche il bello del tennis e del tennis femminile». A proposito di Djokovic, il numero 1 del mondo, l’amico del cuore, lontano solo una settimana all’anagrafe, che Andy voleva abbracciare sotto la stessa bandiera quando la Serbia non gli dava alcun aiuto. Nole è legatissimo a mamma Dijana, è stato scoperto da un allenatore donna, Jelena Gencic, ed ha appena sposato la sua Jelena, da cui ha avuto il piccolo Stefan. Insomma, anche la vita dell’uomo forte, in corsa per il Grande Slam, è nel segno delle donne. Donna, come la madre terra, superficie tabù per Amélie: la coach di Murray, bloccata, da francese, dal fattore-Roland Garros, ma regina due volte a Roma in cinque finali. Terra dove Andy, dopo aver abbattuto il muro Ferrer (dopo 4 sconfitte su 4), sta imparando la lezione: “Nelle ultime settimane ci gioco molto meglio, capisco meglio l’approccio tattico a questa superficie”. Quindici vittorie consecutive sul rosso con i successi di Monaco e Madrid, 17 Slam di fila che tocca almeno i quarti: “Non penso che siano in tanti ad avere risultati così, sfortunatamente gioco contro gente per cui sono la regola. Gente fortissima. Perciò, a confronto, quello che faccio io sembra niente, invece conta e ne vado molto fiero”. Battuto due volte su due sulla terra, può Murray stoppare Djokovic proprio nella corsa al primo Roland Garros, subito dopo aver abbattuto il totem Nadal? “Dovrò essere pronto fisicamente e mentalmente, non sarà una passeggiata. L’ultima volta, a Roma, ho servito per il match, giocando un buon tennis, e ultimamente riesco a mettere in pratica il piano che abbiamo studiato a tavolino”. La fiducia è con lui. La dea bendata, altra donna famosa, come si schiererà oggi?

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Serena batte anche la febbre (Valentina Clemente, Corriere dello Sport).

Non è stata la più bella vittoria di Serena Williams, ma probabilmente una delle più sofferte in carriera, non tanto per la sua avversaria (che l’ha comunque impegnata molto), ma per quel senso di spossatezza che l’aveva accompagnata sin dalla sveglia. L’allarme era infatti suonato ben prima dell’inizio della partita contro Tïmea Bacsinszky (terminata 4-6 6-3 6-0) , visto che l’allenamento mattutino era durato solamente 40 minuti e sapientemente il suo allenatore, Patrick Mouratoglou, aveva diramato la notizia tramite Eurosport, allertando su una possibile sconfitta della sua assistita. Gli ingredienti per l’imprevisto c’erano tutti e soprattutto i primi istanti di Serena sul campo andavano confermando quelle che erano le teorie che circolavano ai piani alti durante il primo pomeriggio. Stanca, svogliata, la Williams sembrava dovesse arrendersi alla sua avversaria a ogni cambio di campo e, dopo aver perso il primo set ed essere andata sotto di un break nel secondo, i social media avevano oramai lanciato l’allarme rosso. Quasi però in un copione già scritto, come era già successo nel percorso parigino, se si eccettua la vittoria in due set contro Sara Errani, la statunitense ha ritrovato le forze proprio nel momento in cui sembrava dover abbandonare. La Williams dopo il controbreak nel secondo set è apparsa trasformata e il contraccolpo ha creato un senso di smarrimento nella giocatrice elvetica incapace di reagire nei giochi successivi, tanto da incamerare un 6-0 nella partita finale. Lo stato di debolezza della numero 1 del mondo è stato confermato poi da un comunicato stampa: “Non mi sento bene da diversi giorni e il match complicato contro Timea mi ha debilitato ancora di più. Dovrò vedere ora il medico del torneo, ma sono orgogliosa d’essere tornata in finale al Roland Garros, in una città che conta davvero tanto per me. Farò di tutto per essere al 100% sabato”. Emozioni anche nell’altra semifinale, che ha avuto protagoniste Ana Ivanovic e Lucie Safarova, e che ha visto la ceca uscire vincitrice dello scontro dopo due set serrati (7-5 7-5), simbolo di un lavoro tennistico e mentale non da poco. Per la numero 13 del ranking mondiale è la prima finale Slam in carriera, un risultato venuto fuori con l’impegno speso nel corso degli anni. “Non me ne rendo ancora conto – ha ammesso la Safarova – devo innanzitutto ringraziare il mio allenatore per questa vittoria, il suo apporto è stato fondamentale. Non ho iniziato il match con la giusta carica, ma scambio dopo scambio sono salita di livello. Sul 5-4 nel secondo set, quando mi son resa conto che stavo servendo per il match, le gambe hanno tremato ma per fortuna ho ritrovato la giusta aggressività per chiudere il match”. Una vittoria che ha fatto piacere a tutto il circuito femminile, che su Twitter non ha mancato di inviare i propri auguri. “Ho ancora una giornata per pensare alla finale – ha proseguito – e vedrò con il mio coach come pianificare il lavoro, perché per me è tutto nuovo”. Una giornata che non sarà però di riposo visto che Lucie sarà impegnata nella semifinale di doppio con la statunitense Bethanie Mattek Sands. L’unico precedente su terra tra la Safarova e la Williams risale al 2012 su quella verde a Charleston, dove Serena le aveva inflitto un pesante 6-1 6-0, ma da quel periodo molte cose sono cambiate per la ceca e a dimostrarlo sono stati i suoi risultati sul campo.

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