ATP Montreal interviste, Djokovic: “Becker mi ha aiutato soprattutto sotto l’aspetto mentale”

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ATP Montreal interviste, Djokovic: “Becker mi ha aiutato soprattutto sotto l’aspetto mentale”

ATP Montreal, secondo turno: N. Djokovic b. T. Bellucci 6-3 7-6(4). L’intervista del dopo partita a Novak Djokovic

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Lavori con Boris da diversi mesi ormai. Puoi elencarci i tre aspetti che pensi lui abbia portato al tuo gioco?
Ormai è un anno e mezzo che lavoriamo assieme, è stato un processo di conoscenza reciproca. All’inizio era importante trovare l’alchimia giusta e capire come lavoravamo, come pensavamo e come ci approcciavamo al tennis e alla vita in generale perché questa è la formula del successo tra un giocatore e il suo coach, il rapporto non solo in campo ma anche fuori. Gli allenatori sono molto importanti per i giocatori, sono dei mentori, persone che li consigliano e che dovrebbero essere loro amici, per poterci contare quando sei sul tour. C’è voluto un po’ di tempo per entrare in sintonia con Boris, ma dalla stagione sul rosso del 2014 è stata una scalata per noi. Un paio di Slam vinti, il n°1 era il nostro obiettivo. Per questo ha accettato di lavorare con me, per essere al top, per sapere che avevo certe ambizioni. Sono contento che sia al mio fianco da quasi due anni, è una leggenda di questo sport e conosce le sfide che devo affrontare dentro e fuori dal campo. Credo che abbia contribuito al mio successo soprattutto per l’aspetto mentale.

Che match ti aspettavi oggi? Sei soddisfatto di come hai iniziato la partita?
Le condizioni erano pesanti e lente a causa della pioggia, il che si adattava bene a Bellucci. Devo dargli credito per aver giocato un tennis molto solido, senza mai mollare, servendo bene. La partita sarebbe potuta andare diversamente, specialmente nel secondo set. Al tiebreak sono stati freddo e concentrato nei momenti giusti. Questo è quello che porto a casa da questa partita, la capacità di giocare il mio tennis migliore e stare calmo nei momenti decisivi. È la mia prima partita sul duro da Miami, ci vuole un po’ di tempo per entrare in ritmo, credo che il match di doppio di domani mi aiuterà in questo.

Un paio di giorni fa hai detto che questo è il tuo miglior anno dal 2011. Pensi di essere un giocatore migliore di allora? Se sì, sotto quali aspetti?
Non mi piace paragonare le stagioni, ogni anno è diverso. Cresci, evolvi come persona e come giocatore. Non posso essere lo stesso giocatore del 2011 perché la mia vita è cambiata. Il 2014 è il mio anno preferito per quanto riguarda la vita fuori dal campo, col matrimonio e il figlio. E quest’anno credo che in termini di risultati per ora sia il migliore dopo il 2011.

Entri mai in momenti in cui ti senti invincibile? Quanto sei vicino a uno di quei momenti?
Nessuno è invincibile. Non credo esista nessuno così. Naturalmente cerchi sempre di migliorare e raggiungere la perfezione e il più alto livello possibile.

Hai parlato molto del fantastico impatto che ha avuto sulla tua vita professionale e personale la nascita di tuo figlio. Ne hai parlato con Andy Murray da quando ha annunciato la paternità?
Auguro buona fortuna a lui e a sua moglie. Sarà un’esperienza fantastica per loro. Dal mio punto di vista e da quello di mia moglie è la migliore esperienza che possa accadere ad un essere umano, quindi gli auguro il meglio.

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