Belgio-Gran Bretagna, la finale di Davis nelle mani dei Murray (Semeraro). Belgio o Gran Bretagna. Ma è una Davis tradita (Clerici). Murray: “Da due mesi lavoro per la finale” (Marcotti). Famiglia Murray contro il Belgio; in palio la Davis (Crivelli).

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Belgio-Gran Bretagna, la finale di Davis nelle mani dei Murray (Semeraro). Belgio o Gran Bretagna. Ma è una Davis tradita (Clerici). Murray: “Da due mesi lavoro per la finale” (Marcotti). Famiglia Murray contro il Belgio; in palio la Davis (Crivelli).

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Belgio-Gran Bretagna, la finale di Davis nelle mani dei Murray (Stefano Semeraro, La Stampa)

Il grande giorno è arrivato. La finale di Davis tra Belgio e Gran Bretagna si gioca a Gand, 57 km da Bruxelles, la città più blindata d’Europa per questioni di terrorismo. La squadra britannica, con il n. 2 del mondo Andy Murray in testa, è arrivata in Belgio con un giorno di ritardo per ridurre al minimo i rischi, gli incontri si svolgeranno da oggi a domenica dentro uno stadio blindato: niente zaini né borse in tribuna, niente cibo né bevande nel palazzetto, poliziotti e militari in ogni angolo. Gli oltre 13 mila spettatori che affolleranno il Flanders Expo dovranno armarsi di pazienza, visto che sono previste lunghe code agli ingressi e controlli triplicati. «Prima di partire eravamo preoccupati – ha spiegato Murray -, ma ora ci siamo tranquillizzati. Il problema più grave mi sembra il freddo…». In mezzo, il tennis. Il Belgio è arrivato in finale di Davis una sola volta, nel 1904, battuto dalla Gran Bretagna, che anche allora schierava due fratelli: Reggie e Laurie Doherty che danno il nome ai cancelli di Wimbledon. Ora tocca ai Murray: il più famoso Andy e il maggiore Jamie, ottimo doppista (n. 7 nella specialità) che al Masters ha battuto i nostri Fognini e Bolelli in coppia con l’australiano Peers. A Gand giocherà a fianco di Andy nel match che come da tradizione in Davis dovrebbe risultare decisivo. Più che la Gran Bretagna, quindi, è la Scozia che può mettere le mani sull’insalatiera che manca al di là della Manica dal 1936. L’ultima finale i britannici (8 volte vincitori in Davis) la persero nel 1978 contro gli Usa, nel bilancio con il Belgio sono avanti 7-4 ma hanno perso l’ultimo confronto nel 2006 a Glasgow. Non c’era però Murray, che dopo Wimbledon e le Olimpiadi può completare il suo percorso di eroe britannico conquistando la Coppa. Da lui ci si aspettano i 3 punti necessari (in squadra ci sono anche Kyle Edmund, n. 100, e James Ward, n. 156), i suoi avversari sono il n. 16 del mondo David Goffin, Steve Darcis (84), Ruben Bemelmans (108) e Kimmer Coppejans (128). «Per noi sarebbe una vittoria enorme», dice Murray. Per lo sport sarà comunque una prova di coraggio.

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 Belgio o Gran Bretagna. Ma è una Davis tradita (Gianni Clerici, La Repubblica)

“Il tennis ormai è una macchina per produrre soldi”, mi diceva l’altra sera un addetto ai lavori, uno di quelli che ci vive (benissimo…). “L’Atp, al Master, dedotte le spese ha portato a casa 19 milioni di dollari”. Questa premessa serve a spiegare alcune cose. Primo, perché tra i finalisti di Gran Bretagna-Belgio che si gioca da oggi a Gand, ci siano dei tennisti degni al massimo di un torneo Challenger come l’inglese Kyle Edmunds, n.100 del mondo, o il belga Ruben Bebelmans, n.108. Secondo, perché i campioni veri, Federer che non ha giocato per la decima volta le eliminatorie, Wawrinka che con lui l’aveva vinta l’anno scorso, Djokovic anche lui impegnato con la produzione di dollari, e altri tra i primi del mondo, si siano astenuti, mentre ora giocano o giocheranno un carnevalesco torneo calcio-tennistico tra le capitali orientali, tanto per non stancarsi. Terzo, perché il nuovo Presidente della Federazione Internazionale, che si difende da una futura resa alla Atp con la proprietà dei Grand Slam, Haggerthy, abbia dichiarato che sono necessarie modifiche, timidamente suggerendo che la nazione vincitrice potrebbe saltare il primo turno l’anno seguente. Mentre una volta giocava solo la finale, tipo America’s Cup di vela. Insomma, in questa Davis che ormai vale poco si incontrano Gran Bretagna e Belgio, il primo paese di lingua non inglese che vi fu ammesso nel 1904. I tennisti accettabili sono lo scozzese Murray, n.2 del mondo, e il belga Goffin, n. 16, e gli altri sono giocatorini come il fratello di Andy, che farà il doppio, e Darcis, il n.84 che il capitano belga Van Herck tiene addirittura nella culla per non stancarlo, lasciandolo in campo forse per il doppio, match forse decisivo, o per l’ultimo singolo nel caso si sia 2 pari. Mr. Davis si rivolta nella tomba, e forse pensa di aver dato il nome a una gara che ormai non lo vale.

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Murray: “Da due mesi lavoro per la finale” (Gabriele Marcotti, Corriere dello Sport)

Vietato sbagliare. Lo fa capire Andy Murray, che ha sacrificato l’ultima parte della stagione per l’appuntamento di Gand. La Gran Bretagna torna in finale dopo 37 anni, dopo quella persa contro gli Stati Uniti di John McEnroe. E lo scozzese è il primo a sapere che un’occasione simile, contro una nazionale (almeno sulla carta) così inferiore, potrebbe non capitare più. Soprattutto se si pensa che nel 2010 la Gran Bretagna ospitava a Eastboume la Turchia per evitare la retrocessione nel gruppo 4. «E’ un appuntamento molto importante per tutti noi – le parole di Andy – Solo cinque anni fa eravamo lontanissimi da questo punto. Penso che sia stato il punto più basso in cui si sia trovata la Gran Bretagna. Ma ci deve essere di stimolo, perché trovarci ora a giocare la finale è una chance unica, che ci deve responsabilizzare». Una coincidenza strappa il sorriso ad Andy: due anni fa, vincendo Wimbledon, diventava il primo tennista britannico a trionfare ai Championships dopo 77 anni di digiuno. L’ultimo campione di casa era stato Fred Perry, nel 1936. Guarda caso lo stesso anno dell’ultima vittoria britannica in Coppa Davis. «Spero che una nostra eventuale vittoria possa attrarre nuovi tifosi. Il tennis in Davis è diverso, da sport individuale diventa di squadra. In questo modo è più facile anche per i tifosi identificarsi con una squadra e fare il tifo». Per David Goffin decisivo potrebbe essere il fattore campo: i tredicimila della Flanders Expo Arena, ma soprattutto la superficie scelta (terra rossa). «Sara difficile per i britannici adattarsi in pochi giorni a questa superficie che noi viceversa conosciamo molto bene. Loro preferiscono l’erba o comunque le superfici veloci». Un alibi che Murray non vuole neppure prendere in considerazione. Lo scozzese, dal canto suo, non smette di ripetere l’importanza, per se stesso ma non solo, di questo appuntamento con la storia. «Da quando abbiamo raggiunto la finale ho riorganizzato gli ultimi due mesi della stagione per giocare di meno. Volevo arrivare a questi match al meglio della forma e ci sono riuscito. Ho buone sensazioni, siamo tutti fiduciosi»

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Famiglia Murray contro il Belgio; in palio la Davis (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Una famiglia contro una nazione, due fratelli che cercano di scrivere un nuovo capitolo di storia e soprattutto di ritrovare la normalità in un settimana che definire travagliata è dir poco. I Murray contro il Belgio: la sintesi della finale di Coppa Davis dell’anno 2015 che si sta per concludere. Ci sarebbero da raccontare tante storie e coincidenze su questo confronto in finale, dall’altro precedente che ha visto le due squadre fronteggiarsi in finale nel 1904 (vinsero le Isole Britanniche), al fatto che anche allora gli inglesi schieravano due fratelli, Reggie e Laurie Doherty, e che pure nel 1978, ultima apparizione della Gran Bretagna in una sfida per il titolo, erano in campo due giocatori con lo stesso sangue, John e David Lloyd. Ma gli ultimi sette giorni vissuti in un incubo che ha fatto di Bruxelles e del Belgio una città e un paese chiusi, conferiscono alla Davis un significato ben più carico di quello agonistico: lo sport può vincere. Le misure di sicurezza a Gand, 55 km dalla capitale, sono elevatissime: incrementato il numero dei poliziotti, divieto assoluto di introdurre al Flanders Expo qualsiasi tipo di borsa o zaino, filtro prima dell’accesso e allontanamento di chiunque si presenti senza biglietto. Tre giorni caldi, ma dentro il palazzetto si finirà ben presto per essere travolti dalle emozioni e dalle mille suggestioni della più antica gara a squadre dello sport. Il Belgio, che sogna una fantastica première («Il cuore della nazione è qui, vinciamo per tutti noi, facciamo la storia», ha detto il capitano Van Herck), ha sempre giocato in casa quest’anno, magie del sorteggio. Per scardinare il fattore campo, servirà appunto l’apoteosi della saga familiare dei Murray, che giocheranno insieme il doppio, al solito cruciale. Sarebbe paradossale, però, negare che tutto il peso della trasferta gravi sulle spalle di Andy, il numero due del mondo cui si chiedono tre vittorie, autore di una stagione di Coppa favolosa sulle orme di Nadal, Djokovic e Federer, gli altri Fab Four che prima di lui hanno alzato l’insalatiera. Murray nel 2015 di Davis è imbattuto in singolare (6 successi) e in doppio (2) e se vincerà anche gli ultimi due singolari, eguaglierà a 8-0 il McEnroe del 1982 e il Wilander del 1983, non a caso trionfatori in quelle edizioni. Vincere in pratica la Davis da solo. «Sono nervoso, ed è un buon segno — dice Murray — anche se non gioco su terra indoor da 10 anni. La questione è semplice: se vinco i miei tre match, conquistiamo la Coppa». Come da tradizione, carte mescolate da subito: il c.t. britannico Smith sceglie Edmund, che diventa il primo dal 2003 a esordire in Davis in finale, mentre il Belgio risparmia l’acciaccato Darcis per il doppio e l’eventuale 5° match.

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