Le supersfide di Ubitennis, "Genio e sregolatezza": Paire vs Dolgopolov

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Le supersfide di Ubitennis, “Genio e sregolatezza”: Paire vs Dolgopolov

Nuove puntata delle nostre supersfide. Scendono in campo due tennisti che per talento e spettacolarità non hanno nulla da invidiare ai top10, anche se sul piano della continuità lasciano molto a desiderare… di fronte oggi Benoit Paire e Alexandr Dolgopolov

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Per la supersfida di oggi abbiamo scelto due tennisti che sicuramente avranno conquistato il cuore di più di un tifoso, giocatori dal talento cristallino, che nella giornata giusta sono capace di far vedere i sorci verdi anche ai big del circuito. Due tennisti dei quali ci si innamora facilmente, forse per quel fascino da eterno incompiuto, quello che può perdere al primo turno contro un qualificato ma che allo stesso tempo può creare la sorpresa del torneo: in campo per noi oggi Benoit Paire e Alexandr Dolgopolov.

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Benoit Paire (di Laura Guidobaldi)

“Un diamante allo stato grezzo”. Non ci può essere definizione migliore – coniata dal grande e compianto Patrice Dominguez – per definire l’estro magico e un po’ pazzo di Benoît Paire. E del resto, chi se non uno come Paire avrebbe mai potuto realizzare quello che, non solo è il punto più spettacolare di tutto il 2015 ma, certamente anche uno dei più raffinati della storia del tennis. Ormai celeberrima la sua fulgida e complicatissima volée bassa di rovescio tagliata e in scivolata che prima si impenna a mezz’aria per poi ricadere quasi per magia dall’altra parte della rete con un effetto all’indietro. E, come un segno del destino, il “gioiello” di Benoît nasce proprio in terra di Francia, nella nuova e scintillante Accor Hotels Arena di Parigi-Bercy, nel match contro il connazionale Gilles Simon. L’imprevedibile Benoît lascia a bocca aperta tutto il mondo del tennis e non, compreso il Maestro Roger Federer che ne ammira il misto di “genio e follia”.

Sì, imprevedibile Benoît, da sempre. Quest’anno più che mai. Il 26enne francesino di Avignone è davvero capace di tutto; basti pensare che, esattamente un anno fa, era n. 149 del ranking e, il 16 novembre, si issa niente di meno che alla posizione n. 19 ATP. Un salto strepitoso, degno di un tennista dotato di un potenziale immenso ma troppo spesso oscurato da un atteggiamento indisciplinato e da uno stile di vita non proprio ad hoc.

Una stagione 2015 alquanto luminosa per Paire che conquista il suo primo trofeo in carriera in quel di Båstad. In finale ha la meglio su Tommy Robredo, uno il cui tennis più che genio è invece tanta “regolatezza”. Insomma, Paire, se in giornata, ha tutte le carte in regola per dare del filo da torcere anche ai più ostici. Per lui arriva, inoltre, il migliore piazzamento in un major, issandosi agli ottavi di finale allo US Open. A Tokyo assapora la vittoria contro un top 10, grazie allo splendido exploit in semifinale contro il n. 6 del mondo Kei Nishikori, per poi inchinarsi in finale al grande amico Stan Wawrinka. Nel palmares di Paire ci sono altre due finali (Belgrado 2012 e Montpellier 2013). Per quanto riguarda i Masters 1000, il francese vanta una semifinale a Roma nel 2013.

Atleta dal fisico alquanto filiforme e snello Benoît, dall’alto dei suoi 196 centimetri, riesce ad servire con potenza, grazie anche all’ottima coordinazione. Dotato di un rovescio bimane pesante e piatto, è in grado di sorprendere l’avversario con accelerazioni fulminee e cambi di direzione inaspettati. Ma non solo. Paire è abilissimo a giocare di fioretto e quindi a maneggiare ottimamente la racchetta su qualsiasi colpo e in qualsiasi posizione.

Quest’anno, al Roland Garros, nel match di secondo turno opposto a Fabio Fognini, Benoît ha  “ubriacato” l’avversario, peraltro vittima di disturbi gastrointestinali, con tanto di smorzate e discese a rete, senza remore e senza pietà, sfoderando un savoir faire da far invidia ai tennisti più “navigati” e serafici. Tuttavia, da buon genio e sregolatezza, il transalpino è troppo spesso vittima di un temperamento alquanto fumantino e refrattario alla disciplina. Tante, troppe, ormai le sfuriate in campo, e il suo rendimento ha fin troppo risentito di uno stile di vita non proprio adatto ad un tennista professionista. Ci auguriamo che gli exploit del 2015 lo possano definitivamente indirizzare verso la “retta via” e chissà che l’enfant terrible non stia diventando uomo per far brillare il futuro campione…

Alexandr Dolgopolov (di Riccardo Urbani)

Il genio e la sregolatezza, al di là degli abusi letterari di locuzioni così impegnative, dovrebbero definire quegli individui, sportivi e non, che pur investiti di immenso talento nella loro arte, non riescono tuttavia ad esprimerlo con efficacia o costanza. Limitandoci al nostro gioco, non vi è dubbio che Alexandr Dolgopolov rappresenti il paradigma dell’atleta baciato dalla grazia del Dio del Tennis, ma dannatamente instabile nei risultati e nella prestazione. Capace di squillanti acuti, ma anche di deludenti cadute. Nel panorama odierno saturo di corridori e pesi massimi, forse solo Benoit Paire può essere avvicinato al geniaccio ucraino in questa angusta quanto ammirevole categoria. Ma se si scende nel particolare e si va oltre la fuggevole apparenza, si scopre che in realtà non c’è partita e il nostro Alexandr è il Signore indiscusso della fantasia applicata al tennis, oltre che della dissipazione di tutta questa meraviglia.

Perché un confronto fra i due abbia una logica è necessario definire cosa sia il talento nel nostro sport. Esso ha a che fare con la percezione di colpire la palla senza apparente fatica, con il senso dell’anticipo, con il rubare il tempo, sempre dentro al campo, senza arretrare. Ebbene, su questo terreno la superiorità di Dolgopolov non può essere messa in discussione: certo, anche Paire è capace di colpi da lasciarti a bocca aperta, ma sono acuti in uno spartito più tradizionale, attimi di eccellenza in un copione consueto, ben lontani dal tennis estremo del mago Alexandr. Il francese gioca più lontano dalla riga di fondo, ha aperture più ampie, frequenta meno il controbalzo. Può stupire con qualche taglio o voleè ad effetto, ma quello che per lui è una sublime eccezione in Dolgopolov pare essere la regola a cui il suo estro lo condanna. La velocità del braccio è un altro punto a favore del bizzoso ucraino: spalla e avambraccio mulinano con rapidità sconcertante, qui davvero Paire non può competere. Emblematica a tal proposito è l’esecuzione del servizio, con un movimento tanto repentino che spesso diventa illeggibile. Prova ne sia il povero Nadal, non certo uno sprovveduto in risposta, che candidamente maledice quella battuta, non riuscendo spesso a leggerne la traiettoria. Il campionario fatto di dritti lungolinea fulminei, in controbalzo, rovesci con tagli assurdi, smorzate con effetti a uscire, è di livello superiore. A volte quei colpi così estremi, privi di mediazione, fanno pensare al pingpong più che al tennis. Il povero Benoit non arriva mai a questi livelli, anche perché limitato da un dritto davvero modesto che stride al confronto dei fondamentali che invece incantano nel talento ucraino.

Quando il genio si accende, i pianeti sono allineati e gli dei lo benedicono dall’alto, il suo tennis diventa a tratti ingiocabile, come sa bene Djokovic, preso a pallate per oltre un’ora quest’anno a Cincinnati prima di riuscire a venirne a capo. E più in generale, analizzando le partite con i migliori sette del mondo, si scopre che Alexandr ha fatto fuori Nadal, Wawrinka e Ferrer ben due volte a testa, ma può vantare anche lo scalpo di Tomas Berdych. Il genio, nelle giornate ispirate, è capace di battere chiunque e di lasciare alle sue spalle solo ammirazione. Paire frequenta molto meno i terreni dorati dell’ispirazione, tanto che si conta una sola vittoria contro i più forti, vittima Stan Wawrinka. Si potrebbe obiettare che il francese lo sopravanza in classifica e che nell’unico confronto diretto ha avuto la meglio con apparente facilità. Argomento debole. È in realtà la conferma che l’estro bizzoso di Dolgopolov lo sovrasta in tutto, anche nella sregolatezza.

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