Fognini svela il segreto: “La mia forza è Flavia” (Mancuso). Flavia, ragazza italiana nel mondo (Ferrero)

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Fognini svela il segreto: “La mia forza è Flavia” (Mancuso). Flavia, ragazza italiana nel mondo (Ferrero)

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Fognini svela il segreto: “La mia forza è Flavia” (Angelo Mancuso, Il Messaggero)

«Chi temo di più? Me stesso». A Fabio Fognini vincere facile non è mai piaciuto, una specie di Dottor Jekyll e Mister Hyde del tennis, capace di battere Nadal agli US Open rimontandogli due set e di gettare al vento partite contro avversari di gran lunga inferiori. Da quando è innamorato sta lavorando su un carattere che talvolta lo tradisce. «Sono un istintivo, quando non sono soddisfatto del mio tennis mi arrabbio. So che è sbagliato discutere, protestare e, anche se ho ragione, passo dalla parte del torto perché protesto nel modo sbagliato. Due anni fa a Wimbledon ho pagato tante di quelle multe che praticamente ho giocato gratis». Sta cambiando e il merito è anche di Flavia Pennetta: la prossima estate si sposeranno, eppure continuano a essere evasivi sulla data precisa. «Come mi vedo nei panni di marito? Prima dovrà abituarsi lei a fare la donna di casa… Scherzo, con Flavia sono felice e sereno. A volte mi fa dei cazziatoni… E’ più grande di me, è una donna, ha più esperienza del sottoscritto. Mi ha sempre dato dei consigli, anche quando eravamo solo amici. Vivendo il suo trionfo a New York ho visto con i miei occhi che i sogni si possono realizzare, che il lavoro duro, la capacità di non mollare mai, ti porta a risultati inimmaginabili». Da Fabio tutti si aspettano tanto. Ha chiuso il 2015 al n.21 (ed ha avuto nel 2013 un best ranking al n. 13), ma con il suo talento il ligure di Arma di Taggia tra i primi 10 dovrebbe starci da un pezzo. A 28 anni di tempo e occasioni ce ne saranno ancora, ma non bisogna più lasciarsele sfuggire. Il suo 2016 comincerà in Nuova Zelanda, ad Auckland, l’11 gennaio. Quindi gli Australian Open a Melbourne. «Non voglio fissarmi traguardi precisi. Star bene fisicamente, non aver infortuni è l’aspetto più importante. Dico solo che nel 2015 ho sconfitto tre volte Nadal, il prossimo anno devo battere anche gli altri top ten».

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Flavia, ragazza italiana nel mondo (Federico Ferrero, L’Unità)

Sei anni prima di quel settembre memorabile per lo sport italiano, quando abbiamo cominciato a dire, per la prima di tante volte, le parole “prima” e “donna”, lei era già stata un passo avanti a tutte. Correva l’estate del 2009, in un torneo lontano dall’Italia e tutto sommato sconosciuto ai non appassionati, quando dall’ufficio statistico della Wta, l’associazione delle giocatrici, arrivò la conferma: Flavia Pennetta era diventata la prima signora italiana del tennis a conquistare la posizione numero 10 nella classifica mondiale. Un riconoscimento già sfiorato da Silvia Farina, anni prima accarezzato da Raffaella Reggi, ma infine toccato in sorte a un’altra donna, una ragazza di Brindisi che aveva avuto il coraggio di rendere casa sua non più la provincia, ma il mondo. Prima negli inverni rigidi di Milano, allenata da Barbara Rossi; poi al sole mite di Barcellona, dove trovò anche un amore da gossip, quello con l’ex numero uno del mondo Carlos Moya, consumato poi dalla fama di lui. L’ingresso nella top-ten era valso a Flavia qualche ospitata televisiva in cui l’interesse, a dire il vero, verteva più sul lato sentimentale che su quello più squisitamente tecnico; dopo questo momento sotto i riflettori, i successivi risultati di Flavia sono tornati ad essere confinati al solo mondo degli appassionati di tennis. Compreso il successo a Indian Wells nel 2014 contra Agnieszka Radwanska, un torneo il cui peso è noto sì, ma a quella minoranza di seguaci della racchetta. Ci voleva altro, insomma, per rendere la Pennetta una vera primadonna, un unicum. Onestamente, non sembrava essere nelle cose. Anzi, non doveva esserlo. A 33 anni, con una storia chirurgica che si faceva preoccupante, con un polso che faceva i capricci, c’era solo da ringraziare Flavia per non aver abbandonato anzitempo l’attività, dopo tanti successi, anche in doppio, e pazienza se il gioiello di uno Slam continuava ad appartenere a un’altra avventura, quella della straordinaria Francesca Schiavone nel magico Roland Garros 2010. Resterà difficile spiegare cosa possa aver travolto l’ordine naturale degli eventi, in quelle due settimane di New York che sembravano aver già scritto l’epilogo della stagione con il nome dell’unica dominatrice, quella Serena Williams pronta a scrivere il suo nome sotto le parole Grande Slam. Nel torneo che non poteva essere suo, Flavia si è fatta regina della sua sorte; ha, certo, colto il vantaggio sensazionale della caduta di Serena per mano dell’amica Roberta Vinci, ma si è scritta da sé l’addio che ogni persona di sport sogna perché sa di non poterselo permettere, salvo miracoli. Campionessa degli Us Open da dieci minuti, la Pennetta si è mostrata geniale anche nel cogliere l’attimo: nell’annunciare al mondo – ancora scosso da una finale made in Italy – che quello era il momento giusto per dire basta e dire, più che un addio, quasi un “arrivederci” gioioso, con il sorriso che rende quel momento incancellabile per sé e per chiunque ne è stato testimone. Il privilegio di essere regina in una storia come quella di Flavia Pennetta è la cifra della grandezza di una ragazza che da un circolo di tennis pugliese ha abbracciato il mondo con una naturalezza disarmante; prima donna nella storia italiana.

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