Vorrei dirti parole nuove ma... (con l'introduzione di Ubaldo)

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Vorrei dirti parole nuove ma… (con l’introduzione di Ubaldo)

Parentesi semi-seria che segna il ritorno tra le nostre pagine di Marcos, che i più affezionati tra voi ricorderanno spietato critico televisivo. Roba che Beniamino Placido e Aldo Grasso erano considerati mammolette dei tempi belli

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A seguito del caso Maria Sharapova e delle accuse a Rafa Nadal, l’aria si è fatta pesante e allora uno dei primissimi miei collaboratori, addirittura all’epoca del mio blog Servizi Vincenti, Marcos …(qualcuno lo ricorderà critico “buonista” TV: mai data un’insufficienza! Ed io non avevo nemmeno voluto conoscerne la vera identità perché da “ex telecronista Tele+ e Sky” non ritenevo deontologicamente appropriato interferire minimamente su voti a colleghi… magari a me sarebbe potuta scappare qualche insufficienza e qualcuno avrebbe potuto interpretarla come frutto di gelosia id invidia) …ha pensato di renderla più leggera.
Per me è un piacere ospitare nuovamente un suo articolo, ironico e dissacrante, anche se taluni lo considereranno forse off-topic. Ma questo suo “saggio” mi ha fatto sorridere e spero faccia sorridere anche voi… pur se le ultime esternazioni di Maria Sharapova “Ho preferito parlare piuttosto che smettere di giocare per fingere un infortunio” – questo il succo di un’accusa piuttosto pesante, quasi intimidatoria a mio avviso di Maria nei confronti dell’ITF che aveva categoricamente appena escluso ogni caso di “silent-ban” (dimenticando caso Cilic…) e che dovrebbe decidere a breve se e come sanzionare la Sharapova – possono far pensare che potrebbero emergere anche clamorose novità se l’ITF decidesse, sollecitata dalla WADA, a usare il pugno duro. I legali di Maria potrebbero reagire con altrettanta virulenza.
Ma adesso dimentichiamo per un po’ tutto questo polverone e sorridiamo insieme con Marcos.  (ubs)

 

Non s’è parlato d’altro per diverse settimane. Spinti dalla sovraesposizione gentilmente offerta dai canali televisivi, dalle radio, dai social, dal web, dagli strilloni e persino da qualche parroco di provincia… in casa, in ufficio, al circolo, in parrocchia, in carcere, in ospedale, allo stadio, al mercato, in fabbrica, in orbita e nei sogni ci siamo tutti interrogati sull’opportunità di inserire il termine “petaloso” nei nostri prossimi vocabolari.
L’Accademia della Crusca, l’Istituto nazionale per la salvaguardia e lo studio della lingua italiana, ci ricorda giustamente che non sono gli studiosi ad imporre agli editori l’inserimento nel vocabolario di nuove parole; è solamente l’uso comune di queste a promuoverle ufficialmente. Una parola entra nel vocabolario se tante persone la usano e la capiscono.
A prescindere dalla mia innata avversione per la sovraesposizione di chicchessia o di qualunque cosa (aborro i bombardamenti di qualsiasi natura), quando ho letto che una parola entra nel vocabolario non solo se tante persone la usano (e, qui, il bombardamento può giocare a favore – dopo mesi in cui te ne parla anche la tua coscienza, alla fine, sotto stretto assedio, vieni sopraffatto anche se di stirpe eroica), ma anche se tante persone la capiscono, mi sono venuti in mente un po’ di termini che la gente usa comunemente, che capisce perfettamente e che non sono contenuti nei vocabolari.
“Petaloso”, invece, è un termine che può tradire. Sui prossimi vocabolari, infatti, potrebbero trovarsi definizioni discordanti:

Novissimo vocabolario TreCani

Petaloso:
a) Un fiore con tanti petali;
b) fig. Profumato, gradevole, raffinato.

Novissimo vocabolario Cinghiarelli

Petaloso:
a) Una persona anziana di sesso maschile con acclarati problemi di meteorismo, flatulenza ed aerofagia;
b) fig. Puzzone, sgradevole, rustico.

Naturalmente, ben conoscendo i benéfici effetti della crusca sulle persone afflitte dallo spiacevole inconveniente, si potrebbe pensare che la seconda definizione sia più confacente o, comunque, sia più preparata ad entrare tra le pagine dei nuovi vocabolari. Per chiudere con petaloso, quindi, direi che il suo più grosso problema è quello di indicare simultaneamente un essere che può emanare un cattivo odore e/o un essere che può allietarci l’olfatto. È chiaro che aggettivi come “profuzzone” o “puzzamato” sarebbero più calzanti.

Altri termini, invece, di uso molto comune e di facile, collettiva ed univoca comprensione, sono ingiustamente abbandonati alle piazze, senza trovare il giusto e nobile spazio tra le pagine dei vocabolari. Sono parole che quotidianamente usano i giovani sui social, ma anche a tavola. Le usa pure qualche vecchietto che si sente giovane. Parole che si utilizzano comunemente in ambiti specifici, ma conosciute anche da coloro che non frequentano quegli ambiti. Insomma, parole che sentiamo o diciamo tutti i giorni e che ben comprendiamo. Segue una breve lista, che chiunque può allungare:

Friendzonato:
Colui che s’innamora di una ragazza che lo considera solo un amico.

Veneziano:
Il calciatore che non passa la palla nemmeno se il suo compagno è a un metro dalla linea di porta, pronto per segnare, col portiere momentaneamente alla toletta.

Topic:
Settore specifico di un blog nel quale scrivere le proprie idee su un preciso argomento.

Off Topic:
È la condizione di colui che sul Topic relativo ai grandi tennisti italiani di tutti i tempi, invece di commentare le gesta di Panatta, scrive la ricetta della Tarte Tatin.

Porcodiaz:
Esclamazione d’antico conio, rivalutata e resa internazionale dal più forte attuale tennista italiano e comunemente adottata per esprimere stupore, rabbia, gioia irrefrenabile e seri dubbi sull’occhio di falco.

Pallettaro:
Il tennista, che, all’occhio di colui che regolarmente viene da questi sconfitto, pare in grado non di giocare al tennis, bensì di limitarsi a rimandare di là la pallina, come fosse mozzarella stantìa, straccio umido, testa di polpo frollata, uovo non del tutto sodo o pugno di sabbia bagnata, con traiettorie siderali che sfiorano l’intradosso del verde pallone d’inverno e sfidano la troposfera d’estate.

La vita del pallettaro, incompreso e da tutti canzonato come capitò al buon Frank Drummer di Edgar Lee Masters, è passata tra stenti e sacrifici, tra continue rincorse e imprecazioni, tra vittorie considerate di basso profilo e sconfitte giuste per i più, col miraggio irraggiungibile del tabellone di terza del torneo agostano di Spoon River, unico e vero paradiso per il pallettaro, che sogna di accedervi con l’ultimo pallonetto della sua vita.
Come si può negare l’accoglimento nelle pagine di tutti i vocabolari alla definizione di un tennista così ostinato, un uomo così provato, colmo d’umile dignità e fieramente conscio dei suoi limiti? Chiedo formalmente all’Accademia della Crusca di assumere ogni iniziativa, al fine di trovare per il pallettaro il posto che gli spetta nella storia della nostra antica e nobile lingua.

marcos

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