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La Piccola Biblioteca di Ubitennis. Le più belle battute del mondo: Andy Roddick, Roger Federer (e Gianluca Pozzi)
Appuntamento con i venerdì letterari di Ubitennis. Recensiamo per “la piccola biblioteca” un libro che ricostruisce la carriera e la personalità di Andy Roddick. Un’occasione per rivivere la genesi della Golden Age, quando il futuro non era ancora scritto

Di Nardo M., Bella Battuta. Servizi devastanti e frasi memorabili. Quando il tennis di Andy Roddick dava spettacolo, Absoluty Free Editore, Roma, 2015.
Credo sia una questione di meccanismi mentali. Uno psicotac nel cervello e scatta un’immedesimazione mistica con uno degli uomini luminosi con la racchetta. In realtà succede anche con i film o con le fiction o in quei racconti greci vecchi più di duemila anni fatti di Dei, guerrieri e tradimenti. Si chiama proiezione dell’Io o processo d’identificazione libidico. In genere capita con l’eroe, poco importa se si chiama Marlon Brando, Achille o Roger Federer. Ma non sempre. I nostri meccanismi mentali sono complessi e perversi. Io per un periodo della vita sono diventato Gianluca Pozzi. I suoi gesti erano ai miei occhi più importanti di quelli di presidenti e capi di stato. Mi vergogno a dirlo ma le gioie più grosse della mia vita me le hanno date le volée di Gianluca Pozzi. E non l’ho nemmeno visto giocare molte volte, ma in quelle spalle alte, in quell’avvicinarsi alla rete gatton gattoni, in quel dritto anchilosato e soprattutto in quelle verticalizzazioni assassine vedevo la mia vita. O quella che avrei voluto vivere: un ragazzo che a tempo ormai scaduto se ne va in giro per il mondo a far vedere una bellezza tanto fragile quanto disarmate, armato solo di una maglietta bianca senza sponsor, chiusure a rete contro tempo e soprattutto fuori dal tempo.
Con le dovute proporzioni credo che a Marco di Nardo sia successa la stessa cosa con Andy Roddick. Il suo libro Bella battuta è un accuratissimo racconto della parabola tennistica ed esistenziale del Kid di Nebraska, il ragazzo biondo che ha aperto la porta al tennis del futuro per poi venirne travolto spietatamente. Perché se la vita è crudele il tennis lo è molto di più. Non credo che Marco di Nardo sia stato l’unico a identificarsi con Roddick. Nato nella terra che ha dato i natali a Marlon Brando, Malcom X e Fred Astaire, Roddick sembrava l’incarnazione del sogno americano: un ragazzo di provincia che arriva in cima al mondo a furia di servizi, dritti fotonici e diritto divino. Troppo antipatici Mac e Jimbo, troppo anonimo Sampras, troppo tormentato Agassi, Andy sembrava la faccia bella dell’America, uno uscito da Smallville e invece rappresentò il luminoso declino della superpotenza americana affondata dai colpi globali dei Fantastici quattro. Dopo lui il nulla.
La sua carriera viene descritta con una perizia da Grande Fratello. L’adolescenza all’ombra del fratello, i primi successi, l’arrivo del marziano svizzero e un declino luminoso colmo di dignità sul campo e d’ironia davanti ai microfoni. Di ogni anno, viene descritto ogni torneo, ogni colpo, ogni sconfitta e ogni (piccolo) record. A rendere drammaturgico il racconto è l’avvento di Federer che proprio sulla pelle di Roddick costruì la sua pista di decollo. Accanto ai tornei dei normali cresce il circuito parallelo e irraggiungibile del marziano svizzero. Leggere il libro è vivere quegli anni dal di dentro. Anni fatti di Federer e Nadal ma anche di Melzer, Corretja, Ferrero, Blake, Davydenko, Gonzales, Safin e Hewitt. Giocatori non letti nel loro peso storico ma in quello sincronico. Affrontare Hewitt nel 2003, ad esempio, non era certo uno scherzo. In poche parole il futuro era aperto, la Golden Age doveva ancora essere scritta.
Parallela alla carriera agonistica è descritta quella mediatica. Lontano anni luce dai monologhi politicamente corretti dei colleghi, Roddick riusciva a trasformare ogni conferenza stampa in uno strano show fatto di acutezza e disarmate sincerità. La Bella Battuta del titolo fa riferimento anche a quest’aspetto. All’ennesima finale con Federer un giornalista ha chiesto a Roddick “si può cominciare a parlare di rivalità?” “Se comincio a vincere qualche partita sì” è stata la risposta al fulmicotone. C’è tutto il suo campionario di battute sugli arbitri “continuate con gli studi ragazzi, o potreste finire per diventare un giudice di sedia” e su se stesso “il miglior giocatore scarso di tutti i tempi”.
Forse, adesso che il marziano svizzero sta facendo gli ultimi giri su un circuito dominato da un Djokovic (col quale venne quasi alle mani negli spogliatoi) indietro cinque a quattro negli head to head con Andy, è giunto il momento di rileggere in prospettiva una carriera fatta di tante luci e due sole grandi ombre: Roger Federer e Wimbledon. Avessi scritto io il libro, ma lo avrei scritto su Gianluca Pozzi, lo avrei intitolato così: Belle Battute e… pessima volée, Mr Roddick.
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Premio “Gianni Mura”: vince Giorgia Mecca con “Serena e Venus Williams, nel nome del padre” come miglior libro sul tennis
Il libro sulle sorelle Williams si aggiudica, alla prima edizione, il premio “Gianni Mura” a Palazzo Madama e riceve la menzione speciale della giuria

Sabato 12 novembre, una settimana prima che anche il direttore Ubaldo Scanagatta varcasse la soglia di Palazzo a Madama per chiudere la rassegna stampa di 8 giorni di ATP Finals, prendeva vita la prima edizione del premio Gianni Mura. Un premio intitolato a uno dei più illustri giornalisti sportivi italiani, storica firma del giornale Repubblica, scomparso a Senigallia nel marzo del 2020.
Giorgia Mecca, nata a Torino nel 1989, scrive per il quotidiano “Il Foglio”, per l’edizione torinese del “Corriere della Sera” e con il suo libro “Serena e Venus Williams, nel nome del padre” edito da 66thand2nd si è aggiudicata il premio con la menzione speciale della giuria come miglior libro sul tennis. Un libro che racconta la storia di due giovani tenniste di colore e del sogno di loro padre: farle diventare le più grandi.
Diciassette capitoli racchiudono in questo libro la forza, la paura, la tenacia e anche la vergogna di credere in un sogno. Un sogno che il padre di Serena e Venus aveva già in serbo per loro ancor prima che nascessero e che ha ispirato la giovane giornalista torinese a farne un libro di successo. Giorgia Mecca nei suoi capitoli ci racconta come queste due tenniste un giorno abbiano dovuto smettere di essere sorelle e siano dovute diventare avversarie. Ripercorre numerose sfide, la prima di tante nel capitolo intitolato “18 gennaio 1998 – Venus 7-6 6-1” dove racconta il giorno in cui Venus e Serena, al secondo turno degli Australian Open, hanno iniziato a giocare una contro l’altra. Ma ripercorre anche un’infanzia a tratti molto difficile e una storia di famiglia, più unica che rara. Questa la citazione più celebre del libro premiato: “Sono state nere in un mondo di bianchi, potenti in uno sport elegante, urlanti in un campo che richiede silenzio. Sempre dalla parte sbagliata. Per provocazione (loro), e per pregiudizio (altrui). Nel nome del padre due figlie sono state le prime afroamericane con la racchetta in mano, per non essere le ultime”.
Dopo aver elogiato il famoso giornalista sportivo Gianni Mura, la giornalista torinese, commossa e felice, ha chiuso così il discorso di ringraziamenti per aver ricevuto il premio: “Se anche loro si sono concesse di cadere qualche volta, forse dovremmo imparare a concedercelo tutti ogni tanto”.
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Esce oggi “Il Grande Libro di Roger Federer”, 542 pagine con il racconto (e i dati) dei giorni più memorabili del fenomeno svizzero
Stagione per stagione l’autore Remo Borgatti ripercorre tutta la sua straordinaria carriera. Tutti i suoi incontri, curiosità e statistiche, anche in rapporto alle caratteristiche tecniche degli avversari, da Nadal a Djokovic, Murray e Wawrinka, a seconda delle superfici

IL GRANDE LIBRO DI ROGER FEDERER
AUTORE: REMO BORGATTI
PAGINE: 542
EURO: 24,00
EDITORE: ULTRA SPORT

Autore del libro è Remo Borgatti, uno dei primissimi collaboratori di Ubitennis. Suo è il racconto ‘Uno contro tutti’ che ripercorre l’avvicendarsi di tutti i numeri 1 della storia del tennis, pubblicato a puntate su Ubitennis. Lo potete trovare a questo link.
Tra le sue rubriche c’è anche ‘Mercoledì da Leoni’, racconti di imprese più o meno grandi compiute da tennisti non particolarmente noti al grande pubblico. La serie la potete trovare a questo link.
Di Roger Federer, nel corso della sua lunga e meravigliosa carriera, si è detto e scritto di tutto. Il ritiro ufficiale, avvenuto durante lo svolgimento della Laver Cup di Londra, ha soltanto messo la parola fine a una vicenda umana e agonistica che ha cambiato per sempre la storia del tennis e più in generale dello sport. Nel volume dal titolo “IL GRANDE LIBRO DI ROGER FEDERER” (Ultra Edizioni, 542 pagine, 24 Euro), Remo Borgatti ha raccolto ed elaborato tutti i risultati e i numeri fatti registrare dal campione elvetico. Il libro è sostanzialmente diviso in due parti. Nella prima, ricca di testo, viene passata in rassegna tutta la carriera di Federer stagione per stagione e nei suoi 150 giorni più significativi. Nella seconda, vengono elencati in ordine cronologico tutti gli incontri disputati nel circuito e negli slam, con tanto di statistiche e percentuali, oltre a una serie di tabelle analitiche che vanno a sviscerare anche gli aspetti più curiosi ed inediti, come ad esempio il bilancio vinte-perse in base alla superficie e alla categoria del torneo, o in base al seeded-player degli avversari o dello stesso Federer, o ancora in base alla mano (destro o mancino) e al rovescio (una o due mani) degli avversari. Poi c’è altro, molto altro. Probabilmente c’è tutto quello che un tifoso o un appassionato vorrebbe sapere su “King Roger” e che forse nemmeno Federer conosce così bene. Certo, nell’era di internet e del web molti di questi dati (ma non tutti) si trovano anche in rete e vien da chiedersi quale sia lo scopo di un lavoro del genere. Ma pensiamo che la risposta sia semplice e venga dalla passione e dalla volontà da parte dell’autore di analizzare e svelare il fenomeno-Federer mediante le sue cifre, data l’evidente impossibilità di spiegarlo attraverso i numeri che ha fatto sui campi di tennis di tutto il mondo.
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John Lloyd, intervistato da Scanagatta, presenta l’autobiografia “Dear John” [ESCLUSIVA]
Intervistato in esclusiva per Ubitennis, l’ex-tennista britannico Lloyd si racconta tra aneddoti e ricordi. “Avrei dovuto vincere quel match” a proposito della finale all’Australian Open con Gerulaitis

L’ex tennista britannico John Lloyd, presentando la sua autobiografia “Dear John”, viene intervistato in esclusiva dal direttore Ubaldo Scanagatta e racconta tanti aneddoti relativi alla sua carriera, inclusi i faccia a faccia con l’Italia in Coppa Davis. Le principali fortune di Lloyd arrivarono in Australia dove raggiunse la finale dello Slam nel 1977: “All’epoca era un grande torneo ma non come adesso” ricorda il 67enne Lloyd. “Mancavano molti tennisti perché si disputava a dicembre attorno a Natale, ma ad ogni modo sono arrivato in finale. Avrei dovuto vincerlo quel match” – ammette con franchezza e una punta di rammarico – “ho perso in cinque set dal mio amico Vitas (Gerulaitis). Fu una grande delusione ma se dovevo perdere da qualcuno, lui era quello giusto. Era una persona fantastica”.
Respirando aria di Wimbledon, era impossibile tralasciare l’argomento. Lo Slam di casa fu tuttavia quello che diede meno soddisfazioni a Lloyd, infatti il miglior risultato è il terzo turno raggiunto tre volte. “Sentivo la pressione ma era davvero auto inflitta, da me stesso, perché giocavo bene in Davis e lì la pressione è la stessa che giocare per il tuo paese” ha spiegato l’ex marito di Chris Evert. “Ho vinto in doppio misto (con Wendy Turnbull, nel biennio ’83-’84) ed è fantastico ma sono sempre rimasto deluso dalle mie prestazioni lì. Ho ottenuto qualche bella vittoria: battei Roscoe Tunner (nel 1977) quando era testa di serie n.4 e tutti si aspettavano che avrebbe vinto il torneo. Giocammo sul campo 1. Ma era una caratteristica tipica delle mie prestazioni a Wimbledon, fare un grande exlpoit e poi perdere il giorno dopo. In quell’occasione persi contro un tennista tedesco, Karl Meiler”. In quel match di secondo turno tra i due, Lloyd si trovò due set a zero prima di perdere 2-6 3-6 6-2 6-4 9-7. Insomma cambieranno anche le tecnologie, gli stili di gioco, i nomi dei protagonisti… ma certe dinamiche nel tennis non cambieranno mai.