Come stanno andando gli under 21? Parte I

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Come stanno andando gli under 21? Parte I

Primo di una serie di appuntamenti per monitorare i progressi dei vari Nick Kyrgios, Borna Coric, Alexander Zverev, Taylor Fritz, Thanasi Kokkinakis, Andrey Rublev e, con un po’ di patriottismo, pure Matteo Donati e Gianluigi Quinzi

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Il punto di fine stagione sugli interessantissimi teenager presenti attualmente nel circuito ATP aveva riscosso un buon successo di critica e, quindi, riproporremo la panoramica in più episodi, per essere, speriamo, più accurati. Quello che vi apprestate a leggere è il primo episodio. Il secondo verrà pubblicato dopo Wimbledon; il terzo dopo gli US Open; e il quarto al termine della stagione.

Ci sono due motivi che ci inducono ad alzare l’asticella dell’età e coprire tutti coloro che non superano i 21 anni (in parole povere dalla classe 1995 in giù). In primo luogo per includere forse l’unico astro nascente già in grado di portare a casa risultati davvero pesanti anche negli Slam, ovvero Nick Kyrgios. In secondo luogo per ragioni sciovinistiche, visto che il piemontese Matteo Donati, più concreta speranza del tennis italiano, viste le difficoltà di Gianluigi Quinzi nel passaggio al tennis professionistico, è nato proprio nel 1995. L’ordine di apparizione dei giocatori è legato al ranking, salvo qualche eccezione.

Nick Kyrgios

Strano, parliamo di Kyrgios. Il 20enne di Canberra ha dato fuoco alle polveri trionfando in Hopman Cup insieme alla connazionale Gavrilova, vincendo tutti i suoi incontri e travolgendo persino Murray nel Round Robin. I fanatics si aspettavano di vederlo protagonista a Melbourne e invece l’avventura di Kyrgios si è interrotta al terzo turno contro Berdych, in un match che ha messo in luce ancora una volta il suo deficit di concentrazione. Causa un infortunio al gomito, per rivederlo in azione c’è stato bisogno di un mese. Il ritorno è però coinciso con il suo primo titolo ATP a Marsiglia, dove ha lasciato le briciole ad avversari di spessore come Gasquet, Berdych e Cilic, e l’ottima semifinale a Dubai. Un Kyrgios in forma smagliante avrebbe dato il suo contributo in Davis nella prima di capitan Hewitt in casa contro gli USA. Tuttavia un virus lo ha costretto ad alzare bandiera bianca e lo ha reso vittima dell’inopportuno sfogo del compagno e amico Bernard Tomic. Ancora debilitato e scioccato dalla polemica, Nick ha rimediato una figuraccia contro l’ostico Ramos ad Indian Wells. Ma si è riscattato alla grande a Miami, raggiungendo la prima semifinale in un Masters 1000 che gli è valsa l’ingresso in Top 20.
Insomma quando l’australiano sta bene fisicamente e psicologicamente è capace di arrivare in fondo a qualunque torneo e di battere anche i primi della classe. Peccato non capiti ancora con regolarità. E che le intemperanze proseguano…

Borna Coric

Borna, miglior teen-ager in classifica alla fine del 2015 (n.44), ha iniziato la stagione con una buona finale a Chennai, ottenuta però superando avversari tutt’altro che trascendentali. Poi per il croato sono arrivate tre pessime sconfitte al primi turno a Sydney (contro Muller), agli Australian Open (contro Ramos) e, soprattutto, a Montpellier (contro Berrer). Poco, ma molto poco, meglio è andata a Rotterdam e a Dubai. Il 19enne di Zagabria si è rifatto nella trasferta di Davis in Belgio dove, prima ha trascinato al quinto Goffin e, poi, ha portato il punto decisivo per la sua Croazia contro Coppejans. Sull’onda dell’entusiasmo ha passato un paio di turni a Indian Wells perdendo da Berdych ma poi è uscito sconfitto per crampi dalla maratona contro Istomin al primo turno a Miami. Insomma la cura MacLagan non sembra dare i frutti sperati e Borna ha perso posizioni invece che guadagnarne (ora è n.48). Un dato spiega pregi e difetti di Coric più di mille parole: ben 7 partite al set decisivo su 18, con 5 vittorie e 2 sconfitte. Il ragazzo ha un carattere da gladiatore ma se devi sempre lottare così tanto significa che ti mancano le armi per chiuderle più in fretta. E ciò è molto preoccupante se hai 19 anni. Si prospettano tempi duri per Borna, soprattutto sulla terra dove la sua carenza di “punch” potrebbe costargli ancora più cara.

Alexander Zverev

Una volée di dritto sul match point a favore agli ottavi di finale di Indian Wells contro Nadal poteva trasformare l’avvio di 2015 di Sasha da ottimo a straordinario. Errori di gioventù e lui, con i suoi 18 anni, è ancora tanto giovane. Dopo il riscaldamento in Hopman Cup con Lisicki, Zverev ha beccato Murray a Melbourne, prendendo una severa bastonata. Poi però è arrivata la terza semifinale a livello ATP a Montpellier, i quarti a Rotterdam e appunto gli ottavi in California prima dell’eliminazione al secondo turno a Miami per mano di Johnson. In mezzo c’è stata anche una batosta da Rosol nell’incontro decisivo del tie di Davis della sua Germania contro la Repubblica Ceca. Fa crescere pure quella. Intanto il tedesco ha scalato quasi 30 posizioni (da n.83 a 54) ma, soprattutto, fatto innamorare della sua perfezione tecnica e  stilistica tutti gli appassionati di questo sport, compreso il nostro Luca Baldissera. Deve fare ancora però qualche passo in avanti mentalmente. Spesso e volentieri sembra, come chi sa di essere forte, pretendere fin troppo dal suo tennis, finendo per innervosirsi quando commette alcuni errori. Ma, tornando al discorso precedente, se sei un giovane talento quello che conta è il potenziale e il margine di crescita; sulla testa c’è sempre tempo per lavorare.

Hyeon Chung

Il “secchione” sudcoreano, reduce da un 2015 sul circuito Challenger ricco di soddisfazioni, in questo primo scorcio di 2016 sta sperimentando quanto sia più alto il livello al piano superiore. Al momento si contano solo 5 vittorie su 12 incontri, due delle quali arrivate in Davis contro la Nuova Zelanda. Praticamente Chung ha battuto solamente Groth a Brisbane, Garcia-Lopez a Rotterdam e Seppi a Dubai. È vero che le sconfitte sono giunte contro avversari sempre meglio classificati di lui. Ma d’altronde questo è il circuito maggiore. Conseguentemente a questi scarsi risultati, nel ranking Hyeon ha perso esattamente 20 posizioni, dalla 51 alla 71. Ma forse il peggio deve ancora venire visto che il sudcoreano non si potrà esimere dal mettere piede sulla terra rossa, una superficie che ha visto solo con il binocolo finora. Sicuramente la ragione di queste difficoltà risiede nella mancanza di un colpo risolutivo nel suo arsenale. Chung colpisce bene sia il dritto che il rovescio ma non sfonda con nessuno dei due e la sua seconda servizio viaggia decisamente troppo lenta per gli standard. L’ammirabile intelligenza tattica e l’eccellente gioco d’anticipo al momento non bastano a compensare questi limiti di potenza.

Taylor Fritz

Nell’episodio precedente il nome di Taylor Fritz, vincitore degli scorsi US Open juniores e finalista a Parigi, figurava nel mucchio dei teen-ager americani di belle speranze. Grazie ai fenomenali exploit di inizio stagione si è conquistato ampiamente il suo spazio. Il californiano figlio d’arte ha iniziato l’anno come aveva chiuso il precedente, ovvero da protagonista nei Challenger, con la vittoria ad Happy Valley su Sela. Agli Australian Open ha superato brillantemente le qualificazioni per poi impegnare fino al quinto set il connazionale Sock. Ma a Memphis c’è stata la svolta. Buttato nella mischia come Wild Card, Taylor si è clamorosamente issato fino alla finale persa contro Nishikori, entrando nel libro dei record di precocità e nella Top100 (ora è n.79). Sconfitto a Delray Beach da Smyczek ha poi ottenuto i quarti ad Acapulco. Le cose sono andate un po’ peggio nei due Masters 1000 statunitensi: sconfitto ad Indian Wells dall’altro baby prodigio made in USA Tiafoe e da Ferrer al secondo turno a Miami, tenendo alla grande il campo nel primo set per poi crollare nel secondo. Fritz abbina ad un servizio molto efficace un dritto letteralmente devastante, nella migliore tradizione dei giocatori americani del recente passato. Notevole anche la maturità mentale considerati i suoi 18 anni. Le premesse per una grande carriera ci sono tutte con quei tratti che vagamente ricordano Sampras.

Oltre a Kyrgios: Kyle Edmund e Yoshihito Nishioka

L’annata 1995 ha regalato al tennis Nick Kyrgios. Potrebbe sembrare sufficiente in tutti i sensi ma invece no. Due coetanei dell’australiano meritano di entrare in questa rassegna: il britannico Kyle Edmund e il nipponico Yoshihito Nishioka. Il primo, dopo aver messo paura a Goffin nella finale di Davis, ha disputato fin qui un buon 2016: quarti di finale a Doha partendo dalle qualificazioni, finale al Challenger di Lahania, vittoria al Challenger di Dallas, secondo turno a Dubai e una bella maratona vinta contro Vesely a Miami dopo averne persa un’altra ad Indian Wells contro Pella. A dimostrazione del fatto che Kyle è un fighter. E ora per il biondissimo n.92 del ranking arriva prima la terra battuta, che, sorprendentemente per un ragazzo dal passaporto britannico e nato a Johannesburg, è la superficie sulla quale si esprime al meglio, e successivamente, l’erba di casa. Più indietro, alla posizione n.113, si trova il giapponesino Nishioka. Il 20enne di Mie ha messo a segno un paio di buone settimane a Memphis, dove ha raggiunto i quarti di finale, e a Miami, dove, partendo dalle qualificazioni, ha giocato il terzo turno sorprendendo Feliciano Lopez. Buon potenziale nonostante un fisico minuto (misura solo 1 metro e 70 di altezza). Ma con Nishikori condivide solo la parte iniziale del cognome.

I russi: Andrey Rublev e Karen Khachanov

Alla fine del 2015, avevamo lodato il genio e la sregolatezza del russo Andrey Rublev. In questo avvio di stagione si è vista tanta sregolatezza e poco genio. Anzi solo un lampo in mezzo a tante brutte sconfitte (l’ultima a Miami al primo turno contro lo spagnolo Cervantes) nel prestigioso Challenger di Qumiper in Francia, dove ha alzato il suo primo titolo di questa categoria partendo dalle qualificazioni e stendendo Stakhovsky e Mathieu per strada. Come a dire: vedete che quando voglio li batto tutti? Ma la continuità è ancora un’utopia per il talentuoso moscovita che è fermo alla posizione n.158. L’exploit che gli fa fare la svolta potrebbe essere sempre dietro l’angolo anche se la terra non è forse la superficie ideale per lui. Poco più avanti di Rublev c’è ancora alla 135, praticamente stazionario, il connazionale classe 1996 Karen Khachanov che continua però ad orbitare nel circuito Challenger con discrete fortune.

Elias Ymer

Nessun segnale di progresso nemmeno dallo svedese di origini etiopi Elias Ymer il quale ormai da mesi orbita attorno alla 150esima posizione. Anzi Ymer sembra entrato in una vera e propria spirale negativa. Il suo 2015 è cominciato con una pessima sconfitta al primo turno delle qualificazioni del torneo di Chennai, in cui era il primo favorito del seeding, contro il croato Ante Pavic, n.449 del ranking ATP. Ma questa non è stata la debacle più clamorosa di Ymer, che, nel Challenger di Jinkoping, nella sua Svezia, è stato estromesso dal torneo al terzo turno dal n.824, tale Matwe Middelkopp, olandese. Avanti così ed Elias non rischia di non comparire nel prossimo episodio.

Thanasi Kokkinakis

Dopo una stagione di assestamento nel circuito maggiore, il 2016 doveva essere l’anno della consacrazione per Thanasi. E invece il 19enne di Adelaide è stato costretto ad operarsi per un infortunio alla spalla e non ha ancora disputato un singolo match. Pare anche che il recupero proceda a rilento. Get well soon Kokk!

Gli altri americani: Jared Donaldson, Frances Tiafoe, Noah Rubin, Tommy Paul e Michael Mmoh 

Ci sono svariati altri teen-ager statunitensi che, a contrario di Fritz, non meritano (ancora) un loro spazio personale. Il meglio piazzato in classifica, n.142, è il classe 1996 Jared Donaldson che dà prova di una buona continuità nei Challenger ma non sembra avere il tennis per fare il salto di qualità. Il miglior risultato del ragazzo del Rhode Island è la semifinale ad Irving persa con Bedene. Una trentina (n.174) di posizioni più indietro troviamo quello che viene descritto come il vero futuro crack del tennis statunitense: Frances Tiafoe. Prima parte di stagione convincente per il 18enne originario della Sierra Leone che ha eliminato al primo turno dal Challenger di Dallas Groth e si è aggiudicato il derby dell’avvenire con Fritz ad Indian Wells. Il tennis fluido e la grande esplosività lo aiutano certamente ad essere già competitivo con professionisti ben più scafati di lui. Ha tutte le carte in regola per entrare presto nei primi 100 e sentiremo parlare ancora molto di lui. Ai confini della top 200 (n.190 per l’esattezza) recuperiamo il newyorkese classe 1996 Noah Rubin, vincitore di Wimbledon junior nel 2014, il quale, dopo aver raggiunto la finale del campionato NCAA per Wake Forest, ha deciso di passare professionista la scorsa estate. Inserito tramite Wild Card agli Australian Open, Rubin ha estromesso dal torneo niente di meno che Benoit Paire, testa di serie n.17. Da segnalare anche una bella vittoria al primo turno di Delray Beach su Groth, annullando 3 match point. È ancora fuori dai top 200 invece Tommy Paul, campione in carica del Roland Garros junior, anche perché sta giocando prevalentemente a livello collegiale, con l’Università della Georgia. Tuttavia a Memphis, a Delray Beach e ad Indian Wells gli sono state concesse Wild Card. Risultato? 3 sconfitte al terzo set, con avversari non irresistibili. Ma il potenziale c’è. Molto più lontano è il classe 1998 di origini nigeriane ma nato in Arabia Saudita Michael Mmoh che ad Indian Wells ha costretto ad un doppio tiebreak uno svogliato Zverev. Gran fisico e bel dritto. Sul resto c’è tanto da lavorare.

Quentin Halys

Ci eravamo dimenticati erroneamente del transalpino Quentin Halys alla fine dell’anno scorso. E, impermalosito, Quentin ce lo ha fatto notare superando Dodig al primo turno degli Australian Open per poi prendersi i complimenti del n.1 del mondo Djokovic al secondo turno. Non è cosa da tutti i giorni. Tennis pulito (come tutti i giocatori della scuola d’oltralpe) e potente il suo. Per adesso però continua a navigare nei Challenger ed è scivolato oltre la 200esima posizione con una brutta sconfitta  al primo turno la scorsa settimana. Magari riceverà Wild Card in qualche torneo francese sul rosso. Vedremo come se la caverà.

Gli italiani: Matteo Donati e Gianluigi Quinzi

Veniamo alle nostre giovani leve. E le notizie non sono molto positive. Matteo Donati che veniva da un notevole 2015 in cui aveva scalato oltre 200 posizioni, non ha avuto un inizio di stagione affatto positivo, soprattutto a causa di un fastidio alla schiena che continua a tormentarlo. Il piemontese classe 1995 non è mai andato oltre il secondo turno dei 6 tornei Challenger ai quali ha preso parte tra Australia e America, venendo eliminato spesso da tennisti classificati peggio di lui. Inevitabile è stata la discesa dalla posizione n.180 di gennaio alla 193 attuale. Complessivamente deludente finora anche il 2016 di Gianluigi Quinzi, che ha interrotto il secondo capitolo della collaborazione con il coach Eduardo Medica, colui che l’aveva assistito in quella magica cavalcata ai Championships nel 2013. Il marchigiano classe 1996 ricopre purtroppo la posizione n.445 del ranking ATP e gravita ancora tra qualificazioni dei Challenger e Future. Quinzi però in Israele ha mostrato timidi segnali di risveglio, battendo il suo primo Top 100 in carriera. A 20 anni si deve ancora dargli credito e fiducia nonostante le tante difficoltà e traversie.

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