Parigi, la festa blindata del Roland Garros tra pioggia e controlli (Clerici), Wawrinka da bis? «Favoriti i soliti tre Io sono pericoloso» (Crivelli), Kyrgios, il bad boy non si smentisce (Clemente), «Voglio l'Occhio di Falco!» Kyrgios attacca (Azzolini), Roland Garros a caccia di outsider (Mancuso)

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Parigi, la festa blindata del Roland Garros tra pioggia e controlli (Clerici), Wawrinka da bis? «Favoriti i soliti tre Io sono pericoloso» (Crivelli), Kyrgios, il bad boy non si smentisce (Clemente), «Voglio l’Occhio di Falco!» Kyrgios attacca (Azzolini), Roland Garros a caccia di outsider (Mancuso)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Parigi, la festa blindata del Roland Garros tra pioggia e controlli

 

Gianni Clerici, la repubblica del 23.05.2016

 

Non hanno il tetto, come a Roma, nemmeno a Parigi. Per costruirlo, grazie a un mio amico di origine italiana, l’architetto Lovera, avevano previstodi invadere il Giardino Botanico, di fianco al Roland Garros, lo stadio. Sin qui, le opposizioni hanno sventato la soppressione dei fiori, ancorché un grande saggista, il mio amico Denis Grozdanovich, sia stato pregato di non farsi più vedere, nei dintorni, per aver deriso la cementificazione. Ma il mondo è cattivo, anche il Presidente del tennis, il piccolo Gachassin, è indagato per la generosità nella vendita di biglietti, come accadde anni fa anche al direttore del Foro Italico. Poiché la presenza di spettatori italiani è aumentata, non solo a Roma, non solo tra i lettori, mi par utile informare che ho impiegato oggi più di due ore per raggiungere lo stadio, causa i controlli polizieschi, che permettevano l’entrata soltanto tennisti e coach, figurarsi ai temibili giornalisti. Quando, dopo un’ora di vana passività, ho creduto di far notare che mai un viso pallido come me si era dedicato ad esplosioni, ho rischiato l’arresto da parte di due poliziotti, per poi convenire, di fronte al loro capo, che avevo pronunziato una frase da quel provocatore razzista che non pensavo di diventare. Piove, dunque, e io mi conforto con la lettura di un bel libro sul tennis, dal titolo esplosivo di “Smash”, scritto tra l’altro da qualche amico tennista, a conferma che il nostro è un gioco per intellettuali, un gioco iniziato nel 1500. Tra una doccia e l’altra, ho avutola fortuna di assistere a due partite e mezza, se pub essere definita tale quella di un Bolelli al rientro, per di più contro Nishikori, privato di un filo della finale romana. Simile incontro è stato due volte interrotto per la pioggia, e ci ha mostrato un Bolelli in via di guarigione tennistica. L’altra partita di interesse patriottico è dovuta a Cecchinato, un giovanotto che non ricorda come mai i suoi bisnonni abbiano seguito la strada inversa a quella di Rocco e i suoi fratelli, trasferendosi dal Veneto in Sicilia. Cecchinato è andato per tre volte abbastanza vicino ad ogni set contro Kyrgios, l’australiano che è già diventato noto prima che famoso, per certe sue affermazioni audaci, e per gli attriti con gli arbitri, che anche oggi non sono mancati . E. questo discendente di etnie venete, il secondo giocatore mai uscito dalla Sicilia, dopo il dimenticato Di Mauro, primi 70, mentre l’umile obiettivo di Cecchinato è il 50. Oltre ad un possibile membro della squadra che affronterà l’Argentina in Davis, si è fatta notare la semisconosciuta Danka Kovinic, originaria, come la Regina Elena di Savoia memoria, del Montenegro, e cioè di quella etnia detta jugoslava che ha prodotto il maggior numero di campioni del tennis contemporaneo. Contro una presunta campionessa quale Petra Kvitova, ora 12, nel recente passato 6 e 4, l’attuale 57 del mondo ha sbagliato, a due punti dal match, un diritto che anch’io non sarei riuscito a fallire. Ha detto, la piccola, a un mio amico suo paesano: .Si aspettavano tutte che facessi scene in spogliatoio, che spaccassi racchette o piangessi. Invece sono contenta, ho dimostrato anche a me stessa di poter battere una delle prime.. Una volèe di Cecchinato durante il match perso Contro Kyrgios

 

Wawrinka da bis? «Favoriti i soliti tre Io sono pericoloso»

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 23.05.2016

 

Tutti a parlare di Federer, lo svizzero che non c’è. Un’attenzione indiretta che tuttavia non deve dispiacere allo svizzero che invece c’è, Stan Wawrinka: «Non accadeva da tanto tempo, quando manca Roger tutto il tennis ne risente». I fiumi d’inchiostro sull’assenza illustre, alla fine, tolgono pressione a The Man, che oggi sul Centrale contro Rosol può cominciare la difesa del titolo — già, forse qualcuno dimentica che è campione in carica — con la tranquillità di chi non è investito dalla luce dei pronostici. Stan, come sono cambiate le cose rispetto a un anno fa? «Molte cose sono diverse, la vittoria del 2015 mi ha fatto capire che posso essere capace di tutto. Questo torneo per me è speciale, lo guardavo in tv da piccolo quando tornavo da scuola e poi è stato l’unico Slam che ho giocato da junior e l’ho pure vinto. le cose non possono essere come un anno fa». Eppure, prima di Parigi, lei aveva vinto uno Slam in Australia. «Infatti, se devo essere sincero, probabilmente quella vittoria è stata più determinante sulla mia carriera. Però l’anno scorso ho avuto la sensazione di aver realizzato qualcosa di grande e di irripetibile, per due settimane ho avuto il controllo delle emozioni, sapevo sempre esattamente cosa fare. Ho trovato il massimo da me stesso, è stato il momento più bello della mia vita e la finale è stata il match più bello della mia vita». Ha più riguardato quella partita contro Djokovic? «Per intero, mai. Ho rivisto solo qualche highlight, però me la ricordo bene e con grande piacere». Perché Stan Wawrinka è maturato tardi? «E’ difficile trovare il motivo specifico. Comunque fino al 2012 ero stato quattro anni di fila tra i primi 20, avevo conosciuto la top ten, ma il salto di qualità è avvenuto quando tutti i pezzi del puzzle sono andati al loro posto: fisico, mente, tecnica, resistenza alla pressione, gestione dei nervi. E ho cominciato a vincere partite contro i più forti, che prima perdevo. E’ successo a 29 anni perché fino a quel momento non ero pronto. Perciò non ho rimpianti». Lei ha appena vinto a Ginevra il primo torneo sulla terra dal trionfo di 12 mesi fa a Parigi: un buon modo per avvicinare il Roland Gams… «Sicuramente mi ha dato fiducia, perché adesso sono contento del livello del mio gioco. E poi giocare in casa, con il pubblico tutto per te, ti dà adrenalina in più. Sognavo di poter finalmente vincere un torneo in Svizzera».  Però ha giocato la finale di sabato, è arrivato domenica e oggi scende già in campo per il primo turno. «E’ la prima volta che arrivo a Parigi così tardi. Effettivamente, sarebbe meglio essere qui qualche giorno prima, per allenarsi e provare i campi, entrare nell’ordine mentale di dover affrontare uno Slam. Ma ho cambiato la mia agenda e ho deciso di giocare a Ginevra. Una buona scelta, perché il successo mi ha dato fiducia. Mi aiuta il fatto che non ho bisogno di tennis, perché ultimamente ho disputato molte partite. Quindi si tratta soltanto di riposare bene e di mangiare bene prima di scendere in campo, anche se ammetto di non essere ancora concentrato sul torneo al cento per cento». Tra l’altro Rosol, l’avversario di oggi, Io ha appena affrontato e battuto a Ginevra. «E’ un giocatore imprevedibile, con il talento per giocare colpi incredibili. So che è una risposta che non vi piace, ma io devo pensare a un match dopo l’altro se voglio andare lontano. Quindi adesso la cosa più importante è concentrarmi sulla partita contro Rosol». Da due mesi lei è su Snapchat: non teme che in un appuntamento così importante dedicarsi al rapporto con i tifosi possa togliere concentrazione? «E’ un mezzo di comunicazione simpatico per tenersi in contatto con i fan. E’ facile da usare e si possono dare tante notizie e tante curiosità senza svelare troppo di se stessi». Stan, lei si considera davvero ancora favorito per rivincere il Roland Garros? «Il grande favorito è Djokovic, poi vengono Nadal e Murray. lo mi considero un passo indietro, ma mettete un asterisco vicino al mio nome: tennista pericoloso. Soprattutto se passerò senza problemi la prima settimana».

 

Kyrgios, il bad boy non si smentisce

 

Valentina Clemente, il corriere dello sport del 23.05.2016

 

C’è chi lo descrive come la nuova rockstar del tennis e lui, Nick Kyrgios, non fa decisamente nulla per scrollarsi l’etichetta del ribelle. Anzi, tra uno scambio e l’altro le sue prodezze fanno spesso rima con intemperanze, fuori e dentro il campo. Ventun anni e ricco di qualità per eccellere (al numero 19 della classifica mondiale), l’australiano ha già fatto sapere che sarà necessario un miracolo per vederlo ancora con la racchetta in mano dopo i 30 anni, anche perché a differenza di molti, parole sue, l’amore perla pallina gialla non è mai veramente sbocciato. «A 14 anni – ha raccontato qualche glomo fa al Times – mi son trovato a dover fare una scelta e i miei mi hanno spinto verso il tennis, perché pensavano fosse più facile arrivare ad alti livelli. Io avrei preferito il basket, ma i risultati non sono stati incoraggianti e Già numero 1 nel circuito junior; Kyrgios ha ovviamente l’obiettivo di raggiungere lo stesso risultato anche tra i grandi, anche perché dalla sua prospettiva limitarsi ad entrare nella Top 20 «non sarebbe un gran risultato». Ieri sui campi del Roland Garros, in uno dei pochi match completati in una giornata dominata dalla pioggia, l’australiano ha dovuto domare prima i suoi sensi e poi i bei colpi del nostro Marco Cecchinato, per venire a capo di un match piuttosto serrato (7-6 7-6 6-4) e non privo di momenti di tensione, che si sono concretizzati poi in un warning da parte dell’arbitro, dopo i toni sgradevoli utilizzati dal giocatore contro un raccattapalle. L’australiano ha ovviamente chiesto scusa, anche se poi in con-ferenza stampa non è mancata anche una frecciatina, trasversale, a Novak Djokovic e al suo incidente con l’arbitro nella finale di Roma. «E stato un momento delicato quello del warning – ha ammesso il giocatore – ma non posso farci nulla. Le cose sono andate così.. Ma per esempio, se io mi fossi comportato come Novak a Roma, contro l’arbitro, sappiamo tutti che sarebbe scoppiato il finimondo. Invece a lui non sono stati fatti troppi problemi e questo dimostra quale sia la situazione attuale». Ieri la frustrazione in certi passaggi del match era evidente, grazie anche alla buona prestazione di Cecchinato, e sicuramente l’australiano dovrà lavorare ancora su determinati dettagli per portare a casa successi più importanti e solidi, soprattutto se si guarda poi a quello che ha raggiunto fin’ora in carriera Nel 2014, nel tempio sacro di Wimbledon, mise alle corde prima Richard Gasquet in quello che, per il grande pubblico, è stato il suo match rivelazione, per poi combattere ad anni pari con Rafael Nadal e costringerlo all’uscita di scena. L’altro lato della medaglia presenta però eccessi nel comportamento di non poco conto: f a tutti lo scorso anno a Montreal si fece notare per lo scontro a muso duro con Stan Wawrinka, in cui aveva tirato in mezzo anche l’attuale compagna dello svizzero, Donna Vekic, anche lei giocatrice rea, secondo l’australiano, di aver ceduto alle avance del suo connazionale Thanasi Koklcinakis. Rabbia, arroganza e spirito combattivo: non tutti vedono gli atteggiamenti di Kyrgios dalla stessa prospettiva e proprio Cecchinato, a margine della partita, ha cosl commentato il comportamento del suo avversario: « vero, Nick ha l’aria arrogante, ma per me il termine in questo caso non deve avere per forza un’accezione negativa, anzi….

 

«Voglio l’Occhio di Falco!» Kyrgios attacca

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 23.05.2016

 

Gioca su un equivoco, il giovane Kyrgios: si può recitare da numero uno anche senza esserlo nei fatti, senza averne i numeri. II tennis lo consente, anche se, conoscendolo, è assai probabile che un tipo del genere il permesso se lo sarebbe concesso da solo. Conta la faccia che ci metti, evidentemente. Conta la spocchia? Lui, Nick, ne ha in quantità industriale. Un giovane Taras Bulba con la cresta zazzeruta al posto della pelata di Yul Brynner: se l’avesse conosciuto Gogol, se ne sarebbe invaghito. Più o meno come fa lui, inguaribile romantico, che s’innamora delle colleghe allo stesso ritmo con cui twitta spensierato dal suo smartphone, rivolgendo alle trepidanti zuccherosi cinguettii, mille miglia lontani dalle assonanze guerresche che evoca sul campo, capace di incitare la folla a schierarsi dalla sua già due anni fa, quando appena diciottenne fece lo sgambetto a Nadal sul Centrale di Wimbledon. E chissà che Nick non sappia di Gogol e dei suoi scritti romantici ben più di quanto il suo tennis non faccia supporre: viene da famiglia di comoda borghesia australiana, buoni studi, fratelli avvocati già ben introdotti (e spesso al suo seguito per tenerlo a freno), cittadini del mondo per nascita, mamma malese, padre greco e l’Australia come terra promessa. Altri prima di lui? Su tutti, Goran Ivanisevic, che non fu mai numero uno (ma due sì!) eppure affrontava i più forti a mascella spianata, certo gli riconoscessero un ruolo da primo fra i pari. Anche nel gioco Kyrgios lo ricorda, e non solo per il servizio che registra velocità da formula uno (225 come niente, Bad boy ad honorem Nick si tiene stretta la nomea del cattivo ragazza: lo rende un personaggio 230 con un po’ di gas in più), quanto perla convinzione – a volte ostentata – che sia lui a dover “fare il match”. Come Goran, Nick va dove lo porta il tennis, fa ciò che gli passa per la capa, non rinuncia a nulla. Nemmeno alla più tremenda delle cappellate. Eppure, i grandi lo temono, non lo hanno ancora capito. E badate, non c’è giovane della sua età che abbia racimolato così confortevoli verdetti negli Slam: due quarti di finale, un ottavo, due terzi turni. Dominic Thiem, un anno in più e già a ridosso dei primi dieci (15 ), rispetto a Nick (19 ) è ancora allo stato di pupa. Ora, il problema di Kyrgios è che lo hanno eletto “bad boy” ad honorem, e lui la veste la sente stretta. L’uscita di un anno fa con Wawrinka fece scalpore (gli recapitò al cambio di campo un altarino fra la fidanzata e il suo amico di tennis Kokkinakis) e da quel giorno Nick è marcato stretto dai fratelli avvocati. Anche ieri, contro il buon Cecchinato (tre set, ma combattuti e da parte dell’italiano giocati con intelligenza, seppure con il freno di un tennis mai troppo aggressivo), Kyrgios si è beccato un richiamo, ma in conferenza, dopo aver raffreddato i bollenti spiriti, si è lasciato andare ad analisi fataliste sull’accaduto, riconoscendo alla classe arbitrale di svolgere «un buon lavoro». Ciò nonostante, un graffio l’ha voluto lasciare, chiedendosi a voce alta perché «sul rosso non venga utilizzato l’occhio di falco», fingendo di dimenticare come – per convenzione – si preferisca così, sull’unica superficie dove il segno della palla sia visibile, per non scoprire che anche l’occhio di falco sbaglia. E non di poco.«L’italiano mi ha fatto giocare molti colpi», dice, evidentemente non venendogli alla mente il nome di Cecchinato. «Meglio così, mi sono calato subito nel torneo».

 

Roland Garros a caccia di outsider

 

Angelo Mancuso, il messaggero del 23.05.2016

 

Partenza bagnata al Roland Garros. Tra un temporale e l’altro Marco Cecchinato, primo degli 11 italiani in gara a scendere in campo, non ha ribaltato il pronostico che lo vedeva nettamente sfavorito contro Nick Kyrgios: 7-6 (6) 7-6 (6) 6-4 per l’australiano. E’ stata invece rinviata a oggi la sfida tra Simone Bolelli, al rientro dopo uno stop di un mese e mezzo per un infortunio al ginocchio sinistro, e Kei Nishikori: il giapponese, quinta testa di serie, conduce 6-17-5 2-1. TEMPO DI PRONOSTICI In attesa che il tempo migliori (anche per oggi il meteo annuncia pioggia), ci si sbizzarrisce nei pronostici sul vincitore del torneo orfano di Federer. Djokovic conquisterà l’unico Slam che manca alla sua collezione? E Nadal centrerà un’impresa mai riuscita nella storia del tennis? Lo spagnolo punta al decimo titolo al Roland Garros: nessuno è mai riuscito ad andare in doppia cifra in una singola prova del Grande Slam. E Murray, reduce dal trionfo a Roma, saprà recitare da terzo incomodo? Tutto parte da queste domande e se il vincitore non dovesse essere uno di questi tre, sarebbe una grossa sorpresa. Certo, c’è Wawrinka campione uscente: quest’anno, però, non brilla per continuità e di miracoli ne ha già fatti un paio. Rispetto a 12 mesi fa Djokovic è sbarcato in Francia con qualche certezza in meno. Ha vinto a Madrid, ma ha giocato male a Monte Carlo ed è stato dominato da Murray in finale a Roma. Sulla terra non sembra il marziano che siamo abituati ad ammirare sul cemento. Nonostante ciò è di gran lunga il favorito: i bookmakers pagano un suo successo a 1.80. «Tra Madrid e Roma ho giocato 10 match in 2 settimane. Perfetto per arrivare al top qui a Parigi». Parola di Nole.

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