«Onore orgoglio e un oro» (Semeraro), LeBron, Raonic e i golfisti a casa, e se la Zika fosse una scusa? (Oriani)

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«Onore orgoglio e un oro» (Semeraro), LeBron, Raonic e i golfisti a casa, e se la Zika fosse una scusa? (Oriani)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

«Onore orgoglio e un oro»

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 2.08.2016

 

Novak Djokovic l’aveva detto a gennaio, in tempi non sospetti: «Le Olimpiadi sono in cima ai miei obiettivi per il 2016». Prima di togliersi finalmente dalla spalla la scimmia del Roland Garros, l’unico “major” che gli mancava, e prima di uscire malamente a Wimbledon, abbattuto dagli ace di Sam Querry, e dare così l’addio al sogno di Grande Slam. Le Olimpiadi in realtà con il tennis hanno un rapporto tormentato. Ci sono campioni che le snobbano e altri che ne sono stati conquistati. Novak Djokovic è in tutto e per tutto un nipotino di De Coubertin: le ama, le brama, al punto che scambierebbe un oro con la coppa di uno Slam. Anche perché di Slam ne ha vinti già 12, di ori olimpici nemmeno uno. Solo un bronzo, nel 2008, quando perse da Nadal e poi sconfisse nella finalina James Blake, più un legno nel 2012, scivolando fuori dal podio contro Del Potro dopo essersi fatto superare dall’amicone Murray in semi. Il 2016, con Federer fuori dai Giochi e Nadal che rischia di esserci solo in doppio dopo l’infortunio che lo ha costretto al ritiro a Parigi e a saltare Wimbledon («mi allenerò qui a Rio e poi deciderò cosa fare», ha detto “el ninjo” appena sbarcato in Brasile), può essere il suo anno. Nel giro di quindici giorni ad agosto fra l’altro Il Numero 1 del mondo avrà l’occasione di completare una bacheca più unica che rara: a Rio può prendere l’oro, la settimana successiva a Cincinnati mettersi in tasca l’unico dei 9 Masters 1000 che non ha mai vinto (e nel quale ha perso 5 volte in finale). Un en-plein che nessun altro dei Fab Four pub vantare. «Rappresentare il mio Paese alle Olimpiadi è già stata un’esperienza unica e indimenticabile. Ho gareggiato due volte, a Pechino e a Londra dove ho fatto anche il portabandiera, e visto come sono andate le ultime due stagioni per me Rio può essere l’occasione di fare veramente bene. Gareggerò sia in singolare sia in doppio (con Nenad zimonjic, ndr): l’obiettivo minimo è una medaglia». CANNIBALE. Un suo oro in singolare varrebbe più che… oro per la Serbia, che nel mirino non ha tantissimi podi e a cui Novak nel 2010 ha già regalato una Coppa Davis impensabile fino a pochi anni fa. E vero che quest’anno solo a tratti, nonostante i due Slam vinti, il Joker ha dato l’impressione di essere il Cannibale imbattibile della scorsa stagione. Dopo la delusione londinese, il successo di Toronto contro Nishikori gli ha pero restituito smalto, lo spirito olimpico e una settimana di allenamenti a Rio dovrebbe fare il resto. Murray permettendo. «Si gioca sul cemento e le condizioni saranno difficili per tutti in termini di caldo e umidità – dice -. I fo deciso di andare a Rio in anticipo proprio per acclimatarmi e poter dare il meglio di me stesso. Non vedo l’ora di partecipare alla cerimonia di inaugurazione al fianco dei migliori atleti del mondo. Le Olimpiadi hanno una dimensione in più rispetto ai tornei, che è fatta di orgoglio e onore. Io voglio immergermi in quella energia, assorbirla e restituirla». CRITICO. Nei giorni scorsi non se l’è presa nemmeno troppo velatamente con gli atleti, tennisti e no, che hanno deciso di “disertare” Rio: «Dietro la giustificazione della paura per Zika credo si nascondano altre motivazioni. Non voglio dire di più, ma mi sono informato e la situazione sanitaria non è grave come qualcuno vuol fare sembrare». Poi, vuoi mettere la possibilità di bere un cafezinho con Bolt al villaggio? «Mi piacerebbe molto, perché non ho mai incontrato Usain. Ma non gli offrirei un caffè, piuttosto un infuso di mema e zenzero: ottimo per depurare il fegato».

 

LeBron, Raonic e i golfisti a casa, e se la Zika fosse una scusa?

 

Massimo Oriani, la gazzetta dello sport del 2.08.2016

 

Ero rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette!». Ridiamoci su, citando la storica trafila di scuse che John Belushi rifila alla sua ex ragazza in Blues Brothers. In cima alla lista non le cavallette ma un altro insetto, la zanzara tigre, che potrebbe trasmettere il virus Zika, pericoloso soprattutto per le donne incinta e gli uomini che intendono avere figli a breve. Rischio davvero minimo visto che a Rio siamo in inverno e di zanzare se ne vedono pochissime, non trovandosi oltretutto in Amazzonia. Tantissimi però i golfisti che hanno indicato la Zika come ragione della rinuncia. La lista è impressionante: all’Olimpiade mancheranno sei dei primi dieci del ranking Pga: Jason Day (1), Dustin Johnson (2), Jordan Spieth (3), Rory Mcllroy (4), Adam Scott (8) e Branden Grace (10). Celebreranno invece il ritorno della disciplina ai Giochi dopo 112 anni Henrik Stenson (5), Bubba Watson (6), Ricky Fowler (7) e Danny Willett (9). Tra i nomi show anche Oosthuizen, Matsuyama, Schwartzel, McDowell, Jimenez e Singh, oltre al nostro Francesco Molinari. In campo femminile presenti invece 9 delle top 10 dell’Lpga, ma solo perché la Sud Corea, che ne ha 5, non può portarne più di 4. NICKLAUS Uno dei primi a scatenare la polemica sulle assenze nobili è stato il più grande di sempre dello sport, Jack Nicklaus. Il 18 volte vincitore di Major (primo davanti a Tiger Woods con 14), che aveva accusato i golfisti di snobbare i cinque cerchi per motivi economici, centrando in pieno il problema. Salvo poi fare marcia indietro: «Più ci penso e più mi rendo conto che forse non avrei dovuto dire quelle parole – ha spiegato il 76enne statunitense – Ai golfisti attuali interessa giocare, non far crescere il loro sport. Se dovessero ammalarsi come farebbero poi a campare. Molti sono giovani e sui campi ci potrebbero essere molte zanzare». Sbagliato. Ci aveva azzeccato la prima volta. DM Simile sorte è toccata al tennis, che ha perso pezzi da novanta col passare dei giorni. Se Roger Federer a 34 anni e con la voglia di giocare ancora a lungo può essere perdonato, così come Victoria Azarenka, bronzo a Londra e incinta, non altrettanto si può dire per 8 dei primi 25 del ranking Atp che hanno preferito evitare Rio: Raonic (7), Berdÿch (8), Thiem (10), Isner (17), Kyrgios (18), Lopez (19), Tomic (20) e Zverev (24), quasi tutti usando la Zika (presente in Florida molto più che in Brasile…) come scusa. Ci saranno però le due superstar, Djokovic e Nadal. «E’ il più grande evento nella storia dello sport e farne parte è un grande privilegio ed onore – ha detto Nole – che conserverò nel cuore per sempre come è stato per Pechino e Londra». «Sono entusiasta di poter competere in questi Giochi – ha spiegato Rafa all’arrivo a Rio – Purtroppo non sarò al meglio. Mi allenerò e deciderò cosa fare». Tra le donne, niente Brasile solo per Simona Halep (3) e Karolina Pliskova (17). Nel basket gli Usa saranno privi di LeBron James, Steph Curry, Russell Westbrook, James Harden, Chris Paul, Blake Griffin, Anthony Davis, LaMarcus Aldirdge, John Wall, Damian Lillard, Gordon Hayward e Kawhi Leonard. Qualcuno è infortunato, altri vogliono solo riposare dopo la lunga stagione Nba. La morale sembra essere la stessa: l’oro olimpico ha un valore molto diverso per chi vive costantemente sotto la luce dei riflettori o guadagna milioni con la sua disciplina. Non ditelo però a Leander Paes. Quella di Rio per il doppista indiano sarà la settima Olimpiade, primato assoluto per un tennista. Altro che Zika, cavallette o terremoto.

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