In una lunga intervista al “The Guardian” Roger Federer si racconta a 360 gradi. I suoi inizi di carriera, l’importanza della relazione con Mirka, il suo rapporto con il tennis a 34 anni. Anche Nadal, Djokovic, e quello che in campo non sopporta
Roger Federer sta vivendo una delle stagioni più difficili della sua carriera. Ha giocato poco e vinto ancor meno: quella tenuta atletica che sembrava inscalfibile l’ha tradito alla vigilia del Roland Garros interrompendo una striscia di 65 partecipazioni consecutive negli Slam che durava dal lontano 2000. Proprio quella fu l’ultima stagione prima di questo 2016 in cui Federer, neanche 19enne, giunse a Wimbledon senza aver vinto alcun torneo.
Lo svizzero nel frattempo è tornato a calcare la sua amata erba sui campi di Stoccarda e Halle, perdendo dai campioni del futuro Thiem (che forse lo sta già diventando) e Zverev. Wimbledon però è alle porte. Del suo rapporto con lo Slam londinese e di tanto altro ha parlato in una lunga intervista al “The Guardian”.
Interpellato a proposito del suo inizio di carriera e delle sue intemperanze caratteriali ha rettificato: “Non mi arrabbiavo in campo, ero solo deluso e triste. Le racchette le lanciavo sulla rete per non romperle, così non ero costretto a chiedere soldi ai miei genitori per ricomprarle”. L’elvetico ha poi imparato a domare i suoi scatti d’ira, diventando un campione di equilibrio sul rettangolo di gioco. “Continuando a comportarmi in quel modo forse sarei diventato lo stesso un campione, ma non avrei vinto mai così tanto. Forse sarei rimasto in top 10 un po’ di tempo e avrei vinto qualche Slam”.
La sua carriera è decollata nel 2003 con la prima affermazione a Wimbledon ma due anni prima Roger aveva già battuto Sampras sui prati londinesi imponendosi al mondo come un talento cristallino, salvo deludere le aspettative con la sconfitta al primo turno ai Championships del 2002. “La gente ne parlava e io avevo davvero paura di aver perso il mio talento. Per fortuna la mia famiglia e Mirka hanno avuto grande fiducia in me”. Per sua moglie Mirka ci sono soltanto parole al miele: “Quando l’ho incontrata non avevo vinto nessun titolo, oggi sono a quota 88. È stata al mio fianco lungo tutto il cammino. Quando l’ho baciata la prima volta io avevo 18 anni e lei 21. Mi disse che ero troppo giovane”. L’importanza della figura di Mirka non è limitata però alla sfera affettiva perché l’elvetico rivela di aver imparato da lei, ex tennista ritiratasi a soli 24 anni per un infortunio al piede, il rigore dell’allenamento e la disciplina: “Quando l’ho conosciuta si allenava cinque, sei ore al giorno. La guardavo e pensavo che non avrei mai potuto riuscirci, sembrava troppo noioso. Poi è stata lei a insegnarmi come lavorare duramente”.
Federer ha ovviamente parlato delle sue grandi vittorie e dei suoi principali avversari. “Nadal è stato il giocatore più difficile da affrontare, più di Djokovic. Il suo essere mancino, tutto quel topspin, ho dovuto cambiare parecchio per essere alla pari con lui. Però con Rafa siamo grandi amici”. Nella lista dei giocatori con cui Roger ammette di parlare più volentieri figurano anche Wawrinka, Murray e Monfils. Manca, com’era prevedibile, Novak Djokovic: i due non si amano e questo non è certo un mistero. Del serbo però non può negare l’attuale superiorità anche se non crede sia davvero imbattibile: “Novak ora è il più forte di tutti e merita al 100% i suoi successi. Se è battibile? Io l’anno scorso ci sono riuscito tre volte…”.
“Cosa compro con i miei soldi? Orologi e soprattutto auto: ne ho sei” ammette un Federer temporaneamente risucchiato da argomenti meno tennistici. Tornando a racchette e palline, Roger svela che sul campo ci sono cose che non gli vanno a genio. La prima è il “grunting”, letteralmente “grugnito”, che fa riferimento alla pratica di accompagnare i colpi con sonorità poco affini all’eleganza del gesto. “Io non potrei mai farlo, ho sempre pensato che mi concentrerei su quello e non sull’esecuzione del colpo. Alcuni miei colleghi invece lo fanno molto spesso e questo va bene fino a un certo punto: se esagerano o lo fanno nei momenti decisivi per me è antisportivo”. La seconda riguarda i tic e le relative perdite di tempo. “Rafa è quello che lo fa più spesso. Quando sta servendo devi essere concentrato su te stesso e non su quello lui che sta facendo. Mi infastidisce quando i miei avversari vanno oltre il limite consentito: non vorrei che si perdano dei tifosi perché giochiamo due punti ogni due minuti. C’è questo pericolo”.
Prima di ritornare al tennis giocato c’è tempo per un breve excursus sui cantori di questo sport, coloro che con iperboli e racconti estatici hanno provato a immortalare il modo unico che ha Roger di rappresentare l’arte della racchetta. Lo svizzero si è visto più volte inserito in accorate manifestazioni di affetto sportivo, più spesso simili a litanie religiose che a semplici espressioni di tifo. Capostipite di questa frangia è indubbiamente David Foster Wallace, autore (per l’appunto) di “Roger Federer come esperienza religiosa” a cui è stato anche concesso un faccia a faccia con il campione svizzero. Roger ne ha parlato come di un’esperienza bizzarra, dopo aver ammesso di non amare particolarmente l’hobby della lettura: “L’incontro fu molto strano. Non sapevo se ne sarebbe nato un pezzo geniale o il peggiore di tutti i tempi. Poi ha avuto grande successo, la gente pensa che sia un grande pezzo”. E lui invece cosa ne pensa? “Penso che abbia trovato il modo di raccontare quest’esperienza religiosa in modo che la gente possa comprendere. Nello sport tutto è superlativo. Sono bravo, ma forse non fino a quel punto. Non sono molto a mio agio con queste cose”.
Dove invece il basilese appare sempre a suo agio è sui sacri prati di Church Road. “Wimbledon è il torneo che vorrei vincere ancora una volta. È dove hanno trionfato i miei idoli Becker, Edberg e Sampras, dove ho vinto da junior nel 1998 e poi il mio primo Major tra i grandi. Ho vinto tante partite incredibili, Wimbledon per me è il Santo Graal”.
La chiusura è per il suo rapporto con il tennis, in particolare adesso che l’età ha iniziato a far sentire il suo peso. “Quando gioco io devo far uscire le mie emozioni. Ho dovuto trovare un equilibrio ma ho sempre bisogno di sentire il fuoco, l’entusiasmo, la passione, come sulle montagne russe”. E di ritiro neanche a parlarne: “Lo scrivono da quando ho vinto il Roland Garros nel 2009, si domandano ‘ma perché continua ancora?’. Non capiscono che per me giocare a tennis è un divertimento, non ho bisogno di vincere 3 Slam per sentirmi appagato. Se il mio corpo non volesse più, se la mia mente non volesse più, se mia moglie o i miei figli non volessero più smetterei anche domani. Nessun problema. Ma amo il tennis così tanto che non mi interessa se non vinco più come prima”.
Federer quindi rinnova i voti del suo matrimonio con il tennis e lo svincola dai risultati sul campo ma ovviamente i suoi sostenitori continueranno a sperare nell’ultima zampata prima di un ritiro di cui proprio nessuno, tifosi e giornalisti inclusi, vuole ancora sentir parlare.