Comanda Murray: “E’ la volta buona” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Una figlia e un titolo di Baronetto dopo, Andy Murray si presenta allo Slam che lo ha respinto all’epilogo per ben cinque (finali perse nel 2010, 2011, 2013, 2015 e 2016) con il dolce peso del primato sulle spalle. Numero uno del mondo al culmine di sei mesi indescrivibili per continuità, qualità di gioco ed emozioni, un cammino di gloria che a questo punto necessiterebbe di un successo per la sublimazione perfetta. Lo scozzese approda a Melbourne dopo la sconfitta in finale a Doha contro Djokovic che ha interrotto una serie di 28 vittorie consecutive da settembre, una pausa tutto sommato indolore in attesa dell’obiettivo più grande. E che non turba affatto l’ineffabile Andy: «A essere onesto, non vedo nessuna differenza rispetto a quando ero numero due. Mi sono allenato bene a Miami, anche se mi sarebbe piaciuto prolungare le vacanze di un paio di settimane. Ma mi prenderò uno stop anche a febbraio». Quando arrivi a un passo dalla meta, la vedi vicina ma non arrivi a prenderla, è sempre una questione di dettagli, quelli che Murray pensa di poter risolvere per abbracciare finalmente il primo Slam dell’anno: «A Doha non sono stato incisivo come volevo sulle palle break che mi sono procurato, ne ho convertite poche rispetto alla media e ovviamente in un torneo di due settimane molto equilibrato devi saper sfruttare al massimo ogni opportunità. E poi avrò bisogno di muovermi al meglio e di alzare la velocità sul campo. Però il modo in cui ho concluso la stagione mi ha dato un’enorme fiducia, qui ho sempre giocato bene anche se non mi è mai riuscito l’ultimo passo. Ma stavolta credo di essermi costruito l’occasione giusta: sto giocando bene, la salute è con me, gli allenamenti sono stati intensi e tutto questo mi spinge all’ottimismo». Federer e Djokovic, quando raggiunsero il numero uno del mondo, ammisero che per rimanere in quella posizione occorreva poi sacrificarsi il doppio di prima, un mantra che Andy si sta ripetendo da novembre, quando gli riuscì il sorpasso sul serbo (e per mantenere il primato dovrà almeno arrivare in semifinale a prescindere dal risultato di Nole): «Il fatto è che nel tennis tutto è in movimento, io sono più vecchio di un anno, i giovani continuano a migliorare e i fenomeni della mia generazione, penso a Rafa, Roger e Novak, restano al top. Quindi bisogna lavorare duro, non necessariamente di più: è una questione mentale, devo concentrarmi sulle mie debolezze per superarle. Per questo sono fortunato ad avere Lendl al mio fianco, perché lui si è già trovato in questa posizione e saprà darmi i consigli che mi servono». Certo, dovrà fargli un certo effetto, all’ingresso in campo, sentire il suo nome preceduto dal titolo di Sir: «A dire il vero, non ci ho mai pensato. Come non ho mai pensato che gli avversari ti guardino in modo diverso quando sei numero uno, anche perché è successo da poco. Io, comunque, resto l’Andy di sempre». Con uno Slam in più, però, tutto sarebbe più bello.
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Federer re prima del debutto (Vanni Gibertini, La Nazione)
È vero, Andy Murray ha dominato la seconda parte del 2017, ha detronizzato Novak Djokovic (che si è rifatto sotto in quel di Doha), potrebbe vincere il suo primo Australian Open dopo aver perso 5 finali, oppure potrebbe vincerlo per la sesta volta Djokovic, un record. Però all’Open d’Australia 2017 tutti gli occhi sembrano puntati sul ritorno del Re, su quel Roger Federer che perfino lì dov’è nato Rod Laver, unico tennista capace di conquistare due Grandi Slam, molti considerano il GOAT, the Greatest Of All Time. Fra i tanti lo stesso Rod Laver che ebbe a incoronarlo a Melbourne Park nel 2006, uno dei quattro trionfi di Roger qui. Lo svizzero non seppe trattenere le lacrime: lui è il solo dei top-players attuali ad avere cultura tennistica, a conoscere la storia dei grandi “Aussies”, Hoad, Rosewall, Laver, Emerson, Newcombe e Roche. Ad avere alimentato il mito del GOAT — falso per un confronto fra campioni di epoche racchette, palle, superfici diverse — è un dato: Roger ha vinto più Slam di tutti, 17, 3 più di Nadal, 5 più di Djokovic, 6 più di…Laver, 13 più di Murray. Poteva accadere che la sorte mettesse di fronte Federer, sceso a n. 17 del mondo – visto che il suo ultimo match ufficiale risale alla semi di Wimbledon persa con Raonic – e Nadal, n.9, già nella prima settimana, dopo mille finali. Non è stato così. Roger ha un inizio morbido, due qualificati, prima di arrivare eventualmente a Berdych e poi forse a Nishikori. «Bello giocare senza essere favorito! E’ bello tornare ad allacciarsi le scarpe prima di scendere in campo». Mentre Djokovic già rischia al primo turno: con Verdasco ha salvato 5 matchpoint a Doha due settimane fa. Per il tennis italiano la notizia di giornata è buona: Vanni e Fabbiano hanno passato le forche caudine delle qualificazioni e così abbiamo 10 azzurri in tabellone, 5 per sesso. La notizia meno buona è che il più giovane degli azzurri, Fabbiano, ha già 28 anni.
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Tutto gira intorno alla Williams (Mario Viggiani, Corriere dello Sport)
Angie Kerber è un tipino brillante, oltre che tosta. La battuta più bella, nell’imminenza del sorteggio degli Australian Open 2017, è stata sicuramente la sua: «Bé, almeno questa volta so già da quale parte di tabellone starò…». E sì, perché la tedesca si ripresenta a Melbourne da numero 1 del mondo, dopo averci vinto lo scorso anno il suo primo Slam e successivamente aver trionfato agli US Open, ma alla fine della fiera tutti o quasi stanno (stiamo) intorno a Serena Williams, che per la classifica non è più la più forte del reame ma nonostante ciò continua a catalizzare attenzione e curiosità. E non solo perché da poco è promessa sposa di Alexis Ohanian, il fondatore del social network Reddit. Quanto perché c’è sempre da migliorare quel 22 segnato nella casella degli Slam conquistati in carriera, così da distanziare Steffi Graf e provare ad avvicinare Margaret Court, primatista a quota 24. Serenona nel 2016 ha vinto solo Roma e Wimbledon ma soprattutto ha disputato appena otto tornei. I suoi 35 anni si fanno sentire, ma nonostante tutto è ancora lei la favorita dei bookmaker, di poco davanti alla Kerber, visti i risultati non proprio brillanti della tedesca nei tornei di preparazione allo Slam. Karolina Pliskova, Gabrine Muguruza e Simona Halep sono considerate le alternative principali, più di Johanna Konta, Agnieszka Radwanska e Dominika Cibulkova. La spedizione italiana si affida ancora gli Over 30 e dintorni. Tra gli uomini, da segnalare la prima qualificazione per un tabellone principale di Slam per 3lenne toscano Luca Vanni (subito in campo contro Tomas Berdych) e il 27enne pugliese Thomas Fabbiano (abbinato a Donald Young). Tra le donne, oltre a quella della Schiavone, dovrebbe esserci l’ultima partecipazione di Roberta Vinci, che è ancora 18 in classifica. Sara Errani sta combattendo con problemi alla coscia sinistra. Lo Slam sarà un’immediata controprova per Camila Giorgi, semifinalista a Shenzhen nel primo torneo dell’anno. Karin Knapp sarà invece al rientro, precipitata al n. 144 dopo 4 mesi abbondanti di inattività.
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Lorenzi: “Migliore d’Italia? Una responsabilità. Gioco fino al 2020” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Umiltà e voglia di migliorare sempre. Con queste doti Paolo Lorenzi ha scalato le classifiche, è diventato il più vecchio tennista di sempre a vincere per la prima volta un torneo Atp (l’anno scorso a Kitzbuehel) e si presenta a Melbourne da miglior italiano in classifica, numero 41.
Paolo, è il primo Slam da numero uno d’Italia.
E’ vero, ma non è che le cose siano cambiate molto rispetto a prima… Io penso sempre a fare del mio meglio, ad andare avanti di un altro passetto e Elisa, mia moglie, continua a sopportarmi.
Matrimonio a parte, come è stata la preparazione invernale?
Ho lavorato molto sul servizio e soprattutto sull’adattabilità alle superfici veloci. Il finale della scorsa stagione mi ha dimostrato che posso essere competitivo anche li, perciò con coach Galoppini mi sono concentrato a tenere più corti gli scambi e ad essere meno attendista.
Una rivoluzione per allungare la carriera?
No, per avere più soluzioni e su più superfici diverse, con l’obiettivo prima di tutto di disputare un buon Australian Open, perché gli Slam sono sempre difficili per me, la mia storia lo dimostra. E poi per mantenere la classifica e migliorarla, quando sei 40 al mondo devi meritartelo e rimanerci non è facile, più che del primato in Italia io sento la responsabilità di un ranking di questo livello.
Se le dico testa di serie al Roland Garres, cioè un posto tra i primi 32 a Parigi, qual è la prima reazione?
Una controproposta: il sogno è quello di essere testa di serie a Wimbledon, per il prestigio ma soprattutto per cambiare finalmente spogliatoio. Vorrei provare l’ebbrezza di quello dei big.
Concentrarsi sul veloce significa che dopo l’Australia rinuncerà al tradizionale tour sul rosso sudamericano?
Purtroppo sì, giocherò solo ad Acapulco che è sul cemento e poi a Rotterdam. Voglio dare retta al mio coach e cambiare fa bene.
E la Davis?
Spero di essere convocato, ovviamente. Trasferta dura, l’Argentina anche senza Del Potro è tosta, ma noi andiamo là per vincere.
Fino a quando ammireremo l’eterna giovinezza di Lorenzi?
Ho sempre detto che il mio sogno è di chiudere la carriera all’Olimpiade di Tokyo nel 2020. Non mi spaventano i sacrifici, ma gli infortuni.
E poi la vedremo allenatore?
E’ un’idea che mi attira. Ma con un approccio nuovo. Nei mesi scorsi ho conosciuto Campagna, il c.t. della pallanuoto e sarei stato ore ad ascoltarlo. Ecco, mi piacerebbe fare il coach mettendo in comune le esperienze di sport diversi.
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La Kerber torna sul luogo del delitto, Serena è pronta (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
Le osservate speciali sono sempre loro: Kerber e Serena. Alla vigilia del primo Slam del 2017 il dualismo si rinnova. Angelique, che l’anno scorso proprio all’Australian Open, centrò il primo Major battendo in finale Serena e stroncando sul nascere le ambizioni di Grande Slam dell’allora numero 1, sarà chiamata a confermarsi e allungare il distacco. Ma quella dello scorso anno era una Williams reduce da una lunga crisi. Oggi tutto è cambiato, perché è la pupilla di Steffi Graf la donna da battere, è lei la numero 1 del mondo e la pressione è tutta sulle sue robuste spalle. Un 2016 straordinario quello di Angelique, cominciato e finito con uno Slam, e condito dalla finale a Wimbledon e l’argento di Rio oltre ovviamente alla conquista del trono mondiale. Il 2017 della mancina tedesca non è però iniziato nel migliore dei modi: una sola vittoria con la numero 272 del ranking mondiale e due sconfitte, a Brisbane contro la Svitolina e a Sydney contro la giovane russa Kasatkina. Non ha mostrato preoccupazione Angelique: «I primi match dell’anno non sono mai semplici — ha detto dopo aver perso dalla Kasatkina —. Ho fatto troppi errori, non sono riuscita a prendere il ritmo. Non posso pretendere troppo dai primi due tornei della stagione, c’è ancora molta strada davanti a me». Strada che a Melbourne partirà da Lesia Tsurenko che però si era fermata a Hobart, in semifinale, dando forfeit per un problema fisico. Il secondo turno potrebbe essere con Krystina Pliskova, la gemella di Karolina. Un match che non presenterebbe grossissime insidie per la numero 1 al mondo, a parte per il servizio di Krystina che, sulla superficie particolarmente veloce di quest’anno, potrebbe dare parecchio fastidio. Più avanti, forse, la Begu e poi, ce lo auguriamo per l’azzurra, un ottavo con la Vinci. E Serena? Di certo, dopo un 2016 con un solo Slam in curriculum e il capitombolo giù dalla vetta del ranking, si presenterà più che mai affamata di rivincita. L’anello di fidanzamento ricevuto romanticamente a Roma dal promesso sposo Alexis Ohanian non le darà alcun problema di concentrazione. L’obiettivo è finalmente superare i 22 Slam della Graf: «Non credo che penserò molto al fidanzamento — ha detto la numero 2 per la gioia del compagno —, magari dopo l’Australia… diciamo che la questione per me al momento non è in primo piano, sono troppo concentrata sull’allenamento in campo e in palestra. Lo sapete, per me gli Slam contano davvero molto». Capito Alexis? Gli Slam sono i migliori amici di Serena, non i diamanti.
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Murray cerca l’incantesimo (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)
Come è allegra Melbourne, soltanto un anno dopo. Dodici mesi fa Andy Murray se ne andò con il cuore appesantito dalla quinta sconfitta su cinque finali giocate agli Australian Open, la quarta in sei anni incassata da Novak Djokovic; ora ritorna da trionfatore. Nel frattempo, sono cambiate parecchie cose: lo scozzese ha vinto il suo secondo Wimbledon, il suo secondo oro olimpico, il suo primo Masters, è diventato numero 1 del mondo, padre di Sophia Olivia, e la Regina Elisabetta lo ha nominato cavaliere. Cosa può volere di più dalla vita? Semplice: vincere finalmente gli Australian Open. Rompere il tabù e prendersi uno dei due Slam che mancano alla sua collezione. «E’ un torneo che mi piace molto», dice. «Qui ho sempre giocato bene, ma non mi è mai riuscito di superare l’ultimo ostacolo. Ma considerata come è finita la scorsa stagione, direi che stavolta ho una discreta possibilità di farcela. Sarebbe bello, dopo tante occasioni sfuggite di poco». Al primo turno sir Andy incontra Illya Marchenko, 29enne ucraino n. 93 del mondo. Non dovrebbe essere un test durissimo, per l’uomo che prima della sconfitta a Doha contro Djokovic aveva vinto 28 match filati. Tutti in realtà già pensano al teorico quarto di finale contro Federer, il n. 1 emerito del tennis (e 17 attuale), che alla vigilia lo ha stuzzicato ricordandogli che arrivare in cima al ranking è dura, ma restarci ancora di più. «Credo sia tutta una questione di mentalità», gli ha risposto Murray. «So che devo continuare ad allenarmi duramente, a migliorarmi, perché nello sport funziona così. Tutto cambia, tu diventi più vecchio e i giovani si fanno avanti. Senza dimenticare che ci sono Djokovic, Federer, Nadal e Wawrinka che hanno una gran voglia di prendermi il posto. Sono fortunato ad avere al mio fianco uno come Ivan Lendl, che si è trovato in questa situazione e sa consigliarmi. Se la gente mi tratta diversamente da quando sono numero 1? Non credo, e comunque non me ne sono accorto. Lo sono diventato a fine stagione e quindi non ho avuto modo di farci caso». Il suo esempio di sicuro ha cambiato qualcosa nel tennis britannico. Sulla sua scia sono arrivati i progressi di Kyle Edmund, oggi uno dei giovani più promettenti, il ritorno ad alto livello di Dan Evans (fresco finalista a Sydney), e soprattutto l’esplosione di johanna Konta (che a Sydney ha addirittura vinto, battendo in finale Agnieszka Radwanska), capace di riportare il Regno Unito in Top Ten anche fra le ragazze. Il 15 maggio fra l’altro Murray compirà 30 anni, un’età che suggerisce primi bilanci sportivi e aiuta a immaginarsi un futuro. Nello sport, ma non solo nel tennis. «Ho molto a cuore il tennis britannico, una volta smesso con i tornei potrei anche seguire un giocatore come coach, però a fine carriera mi piacerebbe fare qualcosa nel calcio: non faccio che guardare partite…». L’importante, nella vita, è saper cambiare. In meglio, naturalmente.