Rafa è tornato Re della terra, a Montercarlo arriva la decima vittoria (Valenti, Clerici, Semeraro, Scanagatta). Sharapova, riecco la guerriera che tra polemiche e soldi ha già vinto (Azzolini, Piccardi)

Rassegna stampa

Rafa è tornato Re della terra, a Montercarlo arriva la decima vittoria (Valenti, Clerici, Semeraro, Scanagatta). Sharapova, riecco la guerriera che tra polemiche e soldi ha già vinto (Azzolini, Piccardi)

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Rassegna stampa a cura di Daniele Flavi

 

 

La Decima di Rafael Nadal a Montecarlo

 

Gianni Valenti, la gazzetta dello sport del 24.04.2017

 

La Decima di Rafael Nadal a Montecarlo è il segnale che il Re indiscusso della terra rossa è sempre lui e non ha nessuna intenzione di abdicare. Da qui al prossimo mese con il trittico Barcellona, Madrid e Roma lo spagnolo rischia di fare incetta di titoli irrobustendo ancor di più la pagina dei suoi record personali. Quindi al Roland Garros ci sarà il nuovo incrocio con Roger Federer, un appuntamento che già tutti gli appassionati di tennis attendono. A Parigi Rafa partirà da favorito perché la terra è senza ombra di dubbio la sua superficie, quella dove sotto l’occhio vigile e inflessibile dello zio Toni ha mosso i primi passi da tennista e ha sviluppato poi la sua incredibile carriera; quella dove il suo gioco fatto di rotazioni potenti e grande agonismo ha maggiore efficacia. La finale di ieri contro Ramos-Viñolas è stata poco più che una formalità. Ma la cosa significativa è che il Nadal visto a Montecarlo è ancora un giocatore affamato di successi che non pone limiti al futuro. Lo si nota dalla grinta che ci mette, da quei vamos che sottolineano ogni punto importante incutendo timore nell’avversario di turno. Certo, durante la partita a volte i colpi non sono profondi e incisivi come un tempo. Magari soffre di alcuni passaggi a vuoto che lo costringono ad allungare match che un tempo sarebbero stati archiviati più velocemente. Quando è necessario, però, ha ancora la capacità di accelerare mettendo in difficoltà qualsiasi avversario e imponendosi alla distanza. Il successo nel Principato è importante perché, oltre a regalargli la targa di unico tennista dell’era Open ad aver vinto lo stesso torneo per ben dieci volte, rompe un digiuno che nei ‘Masters 1000» durava ormai da un anno esatto. Lo spagnolo riparte da qui per un’altra campagna primaverile che a quasi trentun’anni potrebbe rivelarsi un nuovo trampolino di lancio. Perché se è vero che la distanza tra gli storici big del ranking e gli avversari si è accorciata per naturali ragioni anagrafiche o fisiche, è indubbio che lo spagnolo, quando gode di buona salute, sulla terra rossa può permettersi di non temere nessuno. Nella testa di Rafa c’è sicuramente un obiettivo ben preciso: quello di riprendersi un giorno il primato della classifica mondiale che ha lasciato nel luglio dei 2014. Il derby a distanza con il nuovo Roger è più che mai vivo. Ci sarà da divertirsi.

 

Dieci volte Nadal a Montecarlo il torneo dei record

 

Gianni Clerici, la repubblica del 24.04.2017

 

Era stato troppo facile scriverlo ieri, anche se ammetto con il Signor Giorgio Bottero di Imperia che, nel suggerigli un pronostico, stamattina, mi sono dapprima schermito, e poi sbagliato di un game: gli ho detto un 6/2 6/3 senza riflettere, mentre Rafael Nadal ha concesso un game in meno al suo volonteroso avversario, il barcellonese Albert Ramos-Viñolas. Più che una partita è stata una vicenda che chiamerei esibizione agonistica, termine che suggerii al più grande organizzatore di tennis che abbia conosciuto, Carlo Levi Della Vida, figlio del Grande orientalista Giorgio, che il fascismo riuscì ad allontanare dall’Italia. Fossi diventato un vero giornalista, avrei dovuto iniziare scrivendo che nessuno, come Nadal, era riuscito mai, ma forse nemmeno aveva pensato, a vincere questo torneo dieci volte. Va bene che Nadal è nato sul rosso, va bene che Nadal è stato impostato mancino dal geniale zio Toni, va bene che il suo colpo emblematico sia stato qualcosa di nuovo, il lift di diritto da destra, colpo inesistente sinchè non giunse dall’isola di Maiorca, dove mai era nato un tennista conosciuto, tanto che lo scriba conosceva i luoghi solo grazie al poeta Robert Graves. Battere oggi un comprimario occasionale, quale Albert Ramos-Viñolas, non è stata certo un’impresa da paragonare ad altre 67 alle quali ho assistito, che ho commentato, ho scritto e non mi spiacerebbe ritrovare nella collezione di Repubblica con riflessione certo maggiore. Così di fretta, con un treno in partenza, ricordo il suo primo successo con l’argentino Coria, pur aiutato dal doping, che mi suggerì il nome di Nandrolino e la tentata aggressione dei suoi scherani. Dopo il primo successo ne venne un secondo con un giovane Federer, che si trasformò addirittura in tripletta, nel 2006-07-08, con lo svizzero disperato per la regolarità di Rafa, e soprattutto per quel suo colpo mancino, l’arrotata come io lo definisco, dall’angolo destro o dal centro, contro il quale nessuno, dico nessuno, nemmeno il sublime svizzero, ha trovato una difesa, un contro-colpo. Alle tre mortificaficazioni di Federer sarebbe seguita, nel 2009, quella di Djokovic affermatosi con un 3 posto mondiale nell’anno. eppure incapace di contenere, nel 3 set di Monaco, la terrificante aggressione di Rafa. Seguono due simil-allenamenti con i connazionali Verdasco e Ferrer, nel 2010 e 11, eppoi altre due lezioni di tennis sul rosso, certo insolite per un Djokovic altrimenti lanciatissimo, con qualcosa come 4 Slam vinti in quei due anni. La strada inizia a farsi in salita nel nel 2013, con Djokovic capace di contenere alfine l’esplosione del diritto di Rafa. E diviene incredibilmente impraticabile nel 2014, che sottolinea la sua cattiva condizione di salute, ancor prima che di gioco, contro il suo amico pelotaro Ferrer. Il ritorno dell’anno passato, è insieme indicatore di un istante di buona salute, e della casuale presenza di un tipo irregolarissimo, quale Monfils. In toto – come mi ricorda Elena Pero di Sky – ripescando un inizio di Nadal piccolo contro un Nandrolino non ancora scoperto nel 2003, il record di Rafa è di 63 partite vinte e 4 perdute nelle sue presenze primaverili a Monaco. Vittorie che gli consentono di superare il record sin qui appartenente a Vilas, con i suoi 49 titoli sul rosso, beninteso nel Tennis Open. Una vita, quella del Fenomeno, iniziata, il 3 giugno 1986, a Manacor, nell’isola di Maiorca dove, al tennis, giocavano solo alcuni villeggianti inglesi, beninteso in abiti bianchi.

 

Nadal suona la decima e non solo

 

Stefano Semeraro, la stampa del 24.04.2017

 

Vince ancora a Montecarlo Record: 50 tornei sulla terra dl Stefano Semeraro sommare le mele con le «Oggi non c’era nulla da fare. Rafa sta giocando benissimo, forse come ai tempi migliori». Si può pensare che AIbert Ramos sia stato il finalista per caso di questa ilia edizione del torneo di Montecarlo, ma non che parli a caso. II Nadal contro cui è andato a sbattere ieri pomeriggio nel quarto derby spagnolo della storia nel Principato (Nadal è 15-0 in carriera nelle finali contro i connazionali), e che lo ha sgretolato 6-16-3 in un’ora e 16 minuti, forse non sarà il Cannibale di quattro-cinque anni fa, ma è tomato un signor Nadal. Comunque il più grande tennista dell’era Open (dal 1968) sulla terra rossa, come da ieri certificano ormai tutte le statistiche, compresa quella nuda e cruda dei tornei vinti: Rafa è arrivato a quota 50, staccando Guillermo Vilas a 49. Terzo Thomas Muster a 40, mentre il grande Bjom Borg, che peraltro si ritirò a 26 anni (Rafa ne compirà 31 a giugno) ne vinse 30. I titoli vanno però anche pesati, quindi è giusto mettere Borg e i suoi 6 Roland Garros appena dietro lo spagnolo. Per chi ama le questioni storiche si può aggiungere che in una classifica che non fa distinzioni fra era dilettantistica ed era Open il primo è Jaroslav Drobny, a quota 92 e Nadal solo decimo, dietro anche all’altro grande di Spagna Santana, ma è un po’ come pere. E poi Rafa vive nel presente. Il decimo titolo a Montecarlo su 11 finali – nessuno mai dopo il’68 aveva mai vinto tante volte uno stesso torneo – lo piazza anche al secondo posto della Race, la classifica che tiene conto solo dei punti accumulati dall’inizio del 2017, alle spalle di Roger Federer. Sembra un ranking di dieci-dodici anni fa, invece è la conferma della qualità superiore, anzi, surreale, dei due fenomeni Roger e Rafa, che nella classifica mondiale basata sulle 52 settimane da oggi sono rispettivamente quarto e quinto. «E incredibile», ammette Nadal. «Vincere dieci volte un torneo come Montecarlo è un’emozione difficile da descrivere, farlo anche a Parigi mi piacerebbe molto, ma per ora non ci penso, l’importante è che mi sento ad un buon livello. Questa è davvero una data importante nella mia carriera». Perché, considerato che Federer potrebbe non giocare neanche a Parigi, e che la concorrenza più o meno illustre latita, segna una ripartenza di lusso verso l’ermesima – e un anno fa insperata – stagione da dominatore sul rosso. Nel mirino del virtuoso che dal 2001 sulla terra ha perso appena 34 partite (e vinte 369) ci sono la Decima anche a Barcellona – dove gli hanno intitolato il Centrale – l’Ottava a Roma, la Quarta a Madrid (versione terra). Che musica, Maestro!

 

Rafa fa cifra tonda come il suo Real. Sulla terra rossa il 50^ successo

 

Ubaldo Scanagatta, il quotidiano nazionale del 24.04.2017

 

Dieci. Dieci come i trionfi del “suo” adorato Real Madrid in Champions per Rafa Nadal nel Principato di Monaco, un record incredibile «che non avrei mai neppur sognato di raggiungere, e certo non quando 14 anni fa, passando dalle qualificazioni, raggiunsi il terzo turno qui». La finale tutta spagnola con l’altro mancino, il ventinovenne Ramos Vinolas che oggi salirà a n. 19 del mondo e che gli aveva tolto di mezzo il n. 1 Murray e – già che c’era – pure Cilic e Pouille, è stata quella che tutti avevano facilmente pronosticato. NO MATCH. 6-1, 6-3 in un’ora e 16 minuti con lo sfidante che dopo lo 0-15 e il 15-30 del primissimo game con Nadal al servizio, non è mai più stato in vantaggio. Troppo simile il loro gioco ma, come ha efficacemente spiegato il timido, introverso Ramos Vinolas: «Rafa è stato migliore di me e in tutto, contro di lui è impossibile competere se non sei al meglio». Si riferiva alle tre battaglie di tre set ingaggiate per arrivare in finale e ad una probabile stanchezza. Rafa ha ceduto appena 9 punti in 8 turni di servizio, 6 nel primo set e 3 nel secondo. Mai Ramos Vinolas è arrivato a 40 in quei game. Però ci sono stati anche scambi prolungati e bellissimi. Solo che alla fine il punto lo faceva quasi sempre Rafa, formidabile anche in certi recuperi da ragazzino, lui che il 3 giugno compierà 31 anni e che adesso va a giocare instancabilmente un torneo dopo l’altro, Barcellona, Madrid, Roma, Roland Garros da grande favorito. «C’è tempo per gioire dopo vittorie come queste, ma non per celebrare… » (tutte le dichiarazioni del vincitore su Ubitennis.com). A Barcellona giocherà su un campo intitolato a lui, “Pista Rafa Nadal”. Così come non era mai successo prima che un giocatore vincesse 10 volte lo stesso torneo, che vincesse 50 tornei sui campi rossi (Guillermo Vilas si era fermato a 49), Rafa sarà anche il primo tennista attivo a godere di tale onore. I campi battezzati Pietrangeli, Laver, Court, Rafter, Kuerten, King, Ashe non li hanno mai visti esibirsi quando erano campioni in attività. Rafa aveva perso tre finali quest’anno, due con Federer e una con Querrey, ma quando parte la stagione sulla terra rossa il maiorchino si trasforma. E tutti, anche il campione in carica del Roland Garros Nole Djokovic, il dominatore dei primi tre mesi del 2017 Roger Federer, dovranno fare i conti con lui.

 

 

Sharapova riecco la guerriera

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 24.04.2017

 

Solo poche ore e Maria Sharapova tornerà a recitare nei panni che predilige. Sarà di nuovo la tennista più amata dagli sponsor e la più odiata dai colleghi di lavoro. Quindici mesi di fermo amministrativo non hanno scalfito il suo portafoglio, sempre rigonfio dei sedici milioni di dollari che la classifica di Forbes le assegna Sono mancati i premi dei tornei ma non ha dimenticato di concordare altri benefits. Il primo sarà incassato mercoledì a Stoccarda, giorno del rientro. La bionda testimonial della Porsche, guarda caso, riparte dal torneo che innalza i colori della casa tedesca. Non per vincere la Carrera in palio (ne ha giàtre, in garage, e altre ne ha regalate), ma per santificare il rientro in una sorta di cerimonia un po’ pagana, nella quale l’avvio di una nuova carriera – a trent’anni e dopo La rabbia Maria ha fretta: «Ho pagato e non ero nemmeno colpevole. Mi riprendo la mia vitale quindici mesi di squalifica per doping – equivale a una rinascita e l’accoglienza danarosa dello sponsor. Vocazione Nata manager. E intenzionata a recuperare in classifica quei punti che la vicenda doping le ha sottratto. Ma per Maria il tennis è solo un mezzo, non è mai stato altro che questo, sin dalla prima vittoria Slam a Wimbledon (era 112004) quando finse una telefonata alla mamma con il cellulare in pieno Centre Court, e poi la Motorola ci fece i manifesti. Quello che va cercando è la vera beatitudine di un manager. Il rientro stesso è stato calcolato in nanosecondi. La squalifica scade a mezzanotte di martedì 25 aprile. Fino a quel momento, Maria non potrà mettere piede in alcuna “halle” del tennis. Ma un minuto dopo, dal 26, tutto sarà diverso. E lei ha studiato bene le tempistiche. Ha chiesto una wild card, le hanno risposto che non avrebbero potuto aspettarla fino a mercoledì, perché a certi tornei non è consentito. Vero, ha risposto Maria, ma non quando il torneo è successivo alla settimana di Fed Cup. Sono andati a controllare, il regolamento le dà ragione. E allora, dai, facciamolo? Prima avversaria, Roberta Vinci, che ne avrebbe fatto volentieri a meno. Quesitl «Ma è giusto offrire una wild card a una tennista squalificata per doping?». Domanda sacrosanta, che si pongono i suoi detrattori. Maria s’è preparata alla pugna. Si sono fatte sentire Agnieszka Radwanska e Caroline Wozniacki, poi la Kerber, la Mladenovic, la Stosur e la Cibulkova. Anche Francesca Schiavone: «Roma darà una wild card alla Sharapova, non ame. Si vede che non conto un cappero», ma la parola non era quella Maria le ha fatte sfogare, poi ha dato una risposta cumulativa. E ha scelto il New York Times, non proprio l’ultimo dei media. In sintesi: «Ho pagato e non ero nemmeno colpevole. Ho il diritto di riprendermi la vita. Sappiano che sono una guerrigliera, non solo nel tennis». Sul campo, non appena potrà, gliela farà pagare. La colpa Ma la parola chiave è lei a pronunciarla Colpevole. Lo è davvero, Maria? E quanto? L’annuncio fu lei a darlo, e già questo passò come una concessione alla sua notorietà. «Mi hanno trovato positiva al meldonium, una molecola contenuta in un farmaco che assumo da oltre dieci anni». Il medicinale è il mildronate e fino alla fine del 2015 non era nella lista nera dei farmaci dopant Maria non aveva mai fatto mistero di usarlo, «me lo aveva consigliato il medico», un certo Anatoly Skalny. Lo usavano lei e una miriade di atleti dell’Est, ma dalle farmacie occidentali il mildronate era stato bandito. Poi era giunta la lettera della Wada, l’antidoping. «Stop a partire dal 2016». Lei dice di non averla letta, e fa I NUMERI DELLA RUSSA Ma nume per la prima volta, il 2005, regnando però s per 17 settimane in tutto a raggiunto il tennis femminile, o del anno un torto alla sua intelligenza, alle sue doti manageriali. Ha uno staff intorno, possibile che nessuno l’abbia avvertita? «Colpa mia», spiegò Max Eisenbud, il manager della bellissima. «Mi stavo separando da mia moglie e lasciai un bel po’ di lavoro in arretrato». Anche quella lettera, che non pensava così importante. Sbagliato. Lo era su due fronti, quello dell’accusa, e quello della difesa, dato che lo scritto metteva a nudo le storture del sistema antidoping. La più evidente, il ritardo con cui si è giunti a stabilire le qualità dopanti del prodotto. Dieci anni. E questa l’unità di misura che corre fra la scienza (maligna, ma da laboratorio) del doping e il carrozzone tutto burocrazia dell’antidoping? Significa che qualsiasi prodotto da bancone potrebbe procurarci un’accusa di doping. Fra due lustri. Il processo si è svolto su questi presupposti. Maria ha scelto una linea di difesa non troppo granitica: colpevole sì, ma perdisattenzione. La Wada ha chiesto il massimo, ma la condanna La della Australian Open 20 finale, battuta 6-4 6-1 da Williams al momento mo torneo, rti di erena mont anni di carriera. Mana 19 aprile 2001 gnati con i i in quindici dal ha riconosciuto la mancanza di dolo. Due anni di stop. Poi diventati 15 mesi. La fretta Ora lei ha fretta. Tutti i manager ce l’hanno. Miss Sugarpova ha bisogno del tennis per riattivare i contatti. Ha trascorso quindici mesi con un fotografo al seguito, è finita sui siti e sui giornali più delle sue colleghe tenniste, è stata ad Harvard per un Master, l’hanno invitata agli Oscar come celebrità, ha curato la sua azienda di bonbon che vale da sola più dei cinque Slam che ha vinto. Si è dedicata al gossip. L’ultimo è di pochi giorni fa: l’hanno vista a Berlino con un ammirato sconosciuto (che nel genere è un classico, come la Uno Bianca nei delitti), cenavano, e brindavano, ma lei solo con acqua minerale. Sarà mica incinta? La domanda posta dal giornalista e immediatamente divulgata dai siti. Il giorno dopo Serena Williams ha reso nota la prossima maternità. Se Maria gliel’ha fatto apposta, per oscurarla, non d sarebbero parole. Un genio della perfidia. Ma un genio

 

Polemiche, veleni e dollari. Il ritorno di Maria è già un successo

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 24.04.2017

 

Sharapova vs Vinci La russa, che si allena a Stoccarda in segreto, scontata la squalifica debutta mercoledì sera Chi riparte La corsa all’intervista dell’anno è stata vinta a mani basse da Vanity Fair, versione spagnola. Bella forza: regista, fotografo, trucco, parrucco, cinque cambi d’abito, una produzione da film volata a Los Angeles per agguantare l’esclusiva. «Se avessi paura dei giudizi e delle mie avversarie, me ne sarei rimasta a casa…» sono state le prime parole della divina squalificata per doping. Il ritorno dell’anno. Sopravvissuta (brillantemente) al meldonium, riecco Maria Sharapova. Appuntamento a Stoccarda, mercoledì sera. Il primo turno del torneo che Maria ha già vinto tre volte, e che grazie agli euro dello sponsor Porsche si è assicurato la tennista più ambita, segnerà l’inizio di una nuova vita a poche ore dalla scadenza del bando: Sharapova-Vinci, 455 giorni dopo il quarto di finale dell’Australian Open 2016 con Serena Williams, ultimo match giocato. Roberta, che è sotto 2-0 nei precedenti, si troverà di fronte una femmina scatenata, che non vede l’ora di riprendersi — con gli interessi — i tornei e gli scalpi che ritiene le siano stati ingiustamente sottratti. Pensi di essere stata usata come capro espiatorio e caso esemplare? «È difficile non pensarlo: la mail della Wada che comunicava l’aggiornamento della lista di sostanze vietate era assolutamente inadeguata. Quando l’hanno vista i giudici del Tas che mi hanno ridotto la squalifica, hanno riso». Ridono poco, invece, le altre. Serenona, l’eterna rivale che ha fatto a Maria lo sgarbo di annunciare al mondo la gravidanza proprio la mattina del 3oesimo compleanno della russa (che casualità), è in tutt’altre faccende affaccendata, ma dall’altra parte della rete è pronto il plotone d’esecuzione. Muguruza («Nessuna di noi sentiva il bisogno che lei tornasse a giocare»), Wozniacki («Invitarla a Stoccarda è irrispettoso: chi è fuori per doping dovrebbe ripartire da zero»), Radwanska («Il Roland Garros non dovrebbe offrirle la wild card»), Kerber («Scontare la squalifica mercoledì e scendere in campo mercoled’i… Tutto un po’ strano») sono state zittite in malo modo da Max Eisenbud, il manager storico che avrebbe dovuto avvertire Maria delle novità della Wada ma aveva appena divorziato dalla moglie e in quei giorni era un po’ turbato: «Tutte queste operaie della racchetta che non hanno mai conquistato uno Slam in vita loro e sono state sorpassate dalla nuova generazione pensano di essere furbe: senza Maria hanno avuto l’ultima chance di vincere qualcosa…». In un ambiente incandescente, insomma, la Sharapova torna per restare. «Vergognarmi? Di cosa? Ho avuto un problema. L’ho risolto. Non mi interessa diventare amica delle altre. Se mi criticano perché non chiacchiero nella doccia, facciano pure». Alla faccia del fuggi fuggi degli sponsor, a Stoccarda (dove è atterrata venerd’i e si allena lontano dalla Porsche Arena, che fino a mercoled’i le è interdetta), si ripresenta con Nike, Head e Evian, i marchi che contribuiscono a un patrimonio stimato in 300 milioni di dollari. Niente è lasciato al caso: il vestitino per il match con la Vinci, nome in codice «Special Comeback», color ortensia, è pronto da mesi. Ed è facile prevedere che la biografia «Unstoppable, my life so far», in uscita il 12 settembre, sarà un boom. Piaccia o no, la popstar del tennis è questa russa sbarcata negli Usa dodicenne con 700 dollari in tasca, senza parlare una parola di inglese. Oggi che è milionaria, gli uomini scappano (l’ultimo, il modello spagnolo Andres Velenoso, è durato poco): 0E colpa mia, li intimidisco». Mica solo loro, Maria.

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