Becker va in bancarotta: "Avrei potuto pagare in un mese"

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Becker va in bancarotta: “Avrei potuto pagare in un mese”

Problemi di pecunia per l’ex allenatore di Djokovic. Il tedesco non avrebbe onorato un debito di svariati milioni con una banca privata: “È chiaro che ho i soldi per pagare. Sono deluso”

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Pare proprio che la separazione di Becker e Djokovic non sia andata a beneficio di nessuno dei due. Se l’ex n.1 serbo dal divorzio di fine 2016 ne ha azzeccate davvero poche sui campi da tennis, vincendo soltanto a Doha e poi collezionando appena una finale (Roma) e una serie di delusioni più o meno grandi, neanche Boris Becker sta vivendo i suoi giorni più felici. Dopo aver rivolto qualche sguardo di tenue gelosia alle prime apparizioni pubbliche della nuova coppia Djokovic-Agassi, l’ex tennista tedesco è finito in tribunale. Ce l’ha trascinato un istituto bancario privato londinese, l’Arbuthnot Lathamtesta e gambe nella City di Londra e status di appartenenza alla Accepting House, macro-istituzione britannica che veglia sulle grosse transazioni finanziarie. Arbuthnot Latham è una di quelle banche d’affari in cui gente dal portafoglio gonfio entra per lasciarsi gestire il patrimonio, e ogni tanto magari chiede un prestito una sommetta da investire. Consulenze, direttive su come non sperperare e magari far crescere un patrimonio.

Qualcosa però non è andato per il verso giusto perché i bancheri della Arbuthnot Latham contestano a Becker un debito piuttosto datato, sul quale la cancelliera della corte Christine Derrat ha deliberato dichiarando l’insolvenza del tedesco e quindi la sua bancarotta. Si tratterebbe di una storia vecchia di quasi due anni, risalente all’ottobre 2015, di fronte alla quale Becker avrebbe – parole della stessa giudice – “nascosto la testa sotto la sabbia“. “Con dispiacere – ricordo Boris giocare sul centrale di Wimbledon, e questo dice molto della mia età! – devo ammettere che mancano gli elementi per immaginare che il debito possa essere ripagato di qui a breve“; di qui la decisione di negare un periodo di 28 giorni a Becker per rimettere a posto le cose e l’accoglimento della richiesta dei banchieri privati: la dichiarazione di fallimento. Neanche i “sentimentalismi” della giudice hanno potuto salvare Boris.

La linea di difesa degli avvocati di Becker è incentrata sulla possibilità, considerata ovvia, di reperire in breve tempo la liquidità necessaria per ripagare il debito. Non si conosce l’ammontare esatto del debito ma l’avvocato John Briggs assicura che un accordo di rifinanziamento legato alla vendita di una proprietà immobiliare di Maiorca, dal valore di circa 6 milioni di euro, consentirebbe di saldarlo immediatamente. Si immagina quindi che si tratti di alcuni milioni, ma verosimilmente meno di 6. La proroga però non è stata concessa al tedesco, che stando alle parole di Briggs avrebbe concluso l’affare del rifinanziamento in circa un mese grazie a un accordo con una banca spagnola. L’avvocato ha poi lamentato un danno di immagine per il suo cliente, ora che la notizia della sua bancarotta è stata divulgata.

La risposta del diretto interessato non si è fatta attendere troppo ed è arrivata sul canale che attualmente predilige: Twitter. Sul social dei cinguettii Becker condivide ogni tipo di riflessione, a volte quasi in modo compulsivo, ed era difficile immaginare che potesse tacere proprio questa volta. E infatti sono arrivate sette tweet in fila, per aggirare il fastidioso limite dei 140 caratteri e raccontare la propria versione dei fatti. “Sono sorpreso che Arbuthnot Latham abbia scelto di procedere contro di me. La questione riguarda un prestito che avrei potuto saldare pienamente in un mese. È disdicevole che la mia richiesta di proroga sia stata rifiutata. I miei guadagni sono ben pubblicizzati ed è chiaro che ho i mezzi per ripagare il debito. Il valore del bene in questione (la casa di Maiorca, ndA) eccede ampiamente la cifra del debito. Ho intenzione di presentare immediatamente domanda per disporre di questa possibilità“. Dopo Boris si sgancia dalla questione e afferma che si concentrerà sui suoi impegni con la BBC per Wimbledon, ringraziando tutti per il supporto ricevuto.

L’ultimo tweet merita però di essere proposto integralmente:

Nel tennis non sono tantissimi come forse in altri sport i casi di guai finanziari e/o con il fisco. C’è il precedente del bizzoso Roscoe Tanner, un Australian Open all’attivo, che finì in prigione (la seconda volta) per una storia di assegni a vuoto e fu costretto a dare lezioni di tennis per evitare la bancarotta. Nel 1997 fu pizzicato per evasione fiscale Peter Graff, papà di Steffi, ma fu presto chiarita l’estraneità ai fatti dell’ex tennista tedesca. Nel 2014 toccava a Juan Martin del Potro essere indagato per lo stesso motivo, ma Palito e il suo staff si affrettavano a dichiarare la questione bella che conclusa con la cifra erogata nel febbraio dello stesso anno. Nel 2015 “stessa spiaggia stesso mare” per Marat Safin, le cui accuse di aver evaso il fisico venivano collegate ad alcuni conti sospetti in banche svizzere. Nessun ulteriore aggiornamento sulla vicenda, ma meno di un mese fa Marat si è dimesso dal ruolo che occupava da sei anni nel parlamento russo. Ufficialmente per “conflitti” con i suoi incarichi di rappresentanza nel mondo sportivo.

Al momento però “l’azienda Boris Becker”, con i 6 Slam al seguito, è stata dichiarata fallita. Stando alla sicumera di Bum Bum nel dichiarare di poter tranquillamente ripagare il debito la questione potrebbe risolversi senza troppi sconvolgimenti, al netto di qualche strascico da imputarsi alla più severa legislazione britannica. La macchia però rimarrà. Mentre il suo ex pupillo Djokovic, se nel campo non brilla più, fuori spende e spande come se facesse ancora incetta di Slam e relativi montepremi da capogiro. Forse a Boris converrebbe chiedergli una consulenza finanziaria…

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