A Basilea c'è un Federer da 10, suo il titolo N. 103

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A Basilea c’è un Federer da 10, suo il titolo N. 103

Altra performance spaziale del basilese davanti al suo pubblico: de Minaur raccoglie appena giochi giochi in 68 minuti. Per Roger è il decimo titolo a casa sua

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Roger Federer - Basilea 2019 (foto via Twitter, @atptour)
 

[1] R. Federer b. [WC] A. de Minaur 6-2 6-2 (da Basilea, il nostro inviato)

10 e lode. Così recitava un vecchio spot di Chiquita, notissima marca di banane il cui logo quest’anno campeggia sui teloni della St. Jakobshalle. 10 e lode, come il voto che si può dare a Roger Federer per la prestazione odierna nella finale di Basilea e per l’intero torneo. Contro Alex De Minaur, lo svizzero ha sfoderato l’ennesima prova superba, andandosi a prendere di forza il decimo titolo nel torneo di casa. Federer era riuscito già un’altra volta a collezionare dieci trofei nel medesimo evento, qualche mese fa ad Halle, ma qui tra le mura amiche e in mezzo al calore della sua gente il sapore è ovviamente molto più dolce.

In totale diventano 103 i titoli conquistati in carriera, solo sei in meno di Jimmy Connors detentore del record. I numeri però rendono solo in parte l’idea di quello che è successo oggi sul campo, mentre molto più significative sono le parole dello sconfitto De Minaur: “Oggi Roger è stato semplicemente incredibile. Non ci avevo mai giocato contro e non ci eravamo mai allenati insieme, quindi non sapevo bene cosa aspettarmi. La cosa più incredibile è come si muove e come riesca a girarsi sempre per tirare il dritto“.

A 38 anni suonati in effetti Federer volteggia ancora per il campo come un ragazzino, lasciando intravedere ben poche differenze con la rapidità di De Minaur, che pure è uno dei giocatori più rapidi del circuito. Le uniche esitazioni dello svizzero arrivano nel primo gioco dell’incontro, quando, rimontato dal 40-0, riesce a tenere il servizio solo dopo cinque minuti di battaglia. Per un attimo si ha l’impressione che potesse esserci una partita e che i controattacchi di De Minaur possano mettere in crisi il padrone di casa.

Da lì in poi però non c’è più storia. Federer infatti prende il timone degli scambi, aumentando e abbassando il ritmo a piacimento. In particolar modo con il rovescio tagliato invita spesso e volentieri De Minaur a prendere l’iniziativa, portandolo in un terreno un po’ inedito. L’australiano è infatti bravissimo ad appoggiarsi sulla palla dell’avversario e a sfruttare a proprio vantaggio la potenza dei colpi, mentre va un po’ in difficoltà quando è lui a dover spingere. La tattica porta i suoi frutti e in 34 minuti il primo set si conclude col punteggio di 6-2.

Il secondo parziale è pura bellezza perfettamente applicata all’obiettivo. Federer chiama a rete De Minaur e lo infila, guadagnandosi subito un vantaggio di 3-0. Senza mai perdere di vista la vittoria finale, Federer si concede al suo pubblico con giocate strepitose. In particolare fa sussultare l’arena con un passante anomalo di dritto colpito indietreggiando, quando la pallina aveva appena rimbalzato sul manto di gioco. Quasi una volèe da fondocampo che fulmina un demoralizzato De Minaur.

L’australiano strappa qualche applauso con un paio di dritti in corsa vincenti, ma l’impressione generale è che non possa più dire granché in una partita che gli sta scivolando rapidamente via dalle mani. Alex salva una palla del 5-1, ritardando così una sconfitta che pare inevitabile, e ha ancora la forza di trascinare Federer ai vantaggi nel game successivo. Lo svizzero però si cava d’impiccio con due prime vincenti e a sua volta strappa il servizio all’avversario con tre accelerazioni che baciano la riga. L’ultimo dritto di De Minaur atterra ben oltre la linea di fondo e fa esplodere di gioia la St. Jakobshalle.

Durante la premiazione, De Minaur accoglie con simpatia la sconfitta e si lascia andare a del sano umorismo: “Roger, si vedeva che avevi una voglia matta di vincere qui. Non mi hai lasciato una chance!“. Viene poi il turno di Federer, a cui gli organizzatori consegnano anche un grottesco trofeo a forma di mano per celebrare il suo decimo titolo nella città natia. Il discorso di ringraziamento è molto accorato e i maxischermi dello stadio immortalano le lacrime di commozione del campionissimo svizzero, che a 38 anni è ancora in grado di emozionarsi e emozionare. Chapeau.

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