Berrettini vince e "punta" Djokovic ai quarti (Scanagatta). Robe da Matteo (Cocchi). Matteo da battimani (Mastroluca). Quando la palla è un problema (Azzolini). I campioni come Serena si caricano sotto stress (Mouratoglou)

Rassegna stampa

Berrettini vince e “punta” Djokovic ai quarti (Scanagatta). Robe da Matteo (Cocchi). Matteo da battimani (Mastroluca). Quando la palla è un problema (Azzolini). I campioni come Serena si caricano sotto stress (Mouratoglou)

La rassegna stampa di mercoledì 30 settembre 2020

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Berrettini vince e “punta” Djokovic ai quarti (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

La pioggia e il maltempo imperversano su Parigi quasi quanto il Covid – 16.000 contagi in un giorno ultimamente – ma di sicuro il tennis italiano non sembra risentirne. Anzi, il cielo sarà grigio plumbeo, ma al Roland Garros non è mai apparso così azzurro. Matteo Berrettini, favorito n.7 del torneo, ha dominato (63 61 63) il canadese Pospisil, n.76 ATP, e giocherà da favorito sia contro il sudafricano Harris che poi – eventualmente – con il vincente di Struff-Altmaier, nonché in ottavi contro chi emergerà dal trio Bautista Agut, Pella, Carreno Busta. Insomma il traguardo dei quarti, per uno scontro forse letale con Djokovic, facile vincitore ieri (60 62 63) dello svedese di colore Ymer, non appare per nulla improbabile. Ha perso ieri un match interrotto per pioggia due volte e giocato sotto le insistenti goccioline un Mager (n.88 Atp) insolitamente nervoso con il serbo Lajovic, n.24. Ma gli azzurri al secondo turno sono 6 e aggiunti alle 3 ragazze è un record. Il mondo del tennis si chiede il perché di questa invasione azzurra sempre più costante sia nei top 100 (otto) sia negli Slam – qui la pattuglia azzurra era di 14 “soldatini”, 10 uomini e 4 donne – e le risposte ormai più volte ricordate sono legate all’apporto dei team privati, non più in conflitto con la federtennis, e alla seria fedeltà decennale dei giovani tennisti ai loro coach, Berrettini con Santopadre, Sinner con Piatti, Sonego con Arbino, etcetera. E poi alla proliferazione dei challenger in Italia. Aiutano a viaggiare di meno, a fare punti e classifica in casa. Costano di meno. Oltre a Berrettini hanno grandi chances di fare strada soprattutto Sinner, superfavorito oggi con il qualificato francese Bonzi e successivamente anche con Paire o Coria per arrivare agli ottavi contro Zverev. Cecchinato gioca un match alla pari con l’argentino Londero, Sonego e Travaglia non sono chiusi contro – rispettivamente – il kazako “matto” Bublik e il “Giap” Nishikori che sui terreni pesanti potrebbe soffrire la sua insostenibiole leggerezza, nel fisico e nei colpi.

Robe da Matteo (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Matteo ama il silenzio, preferisce che sia il campo a parlare. Come ieri, quando ha strapazzato in tre set il canadese Vasek Pospisil, concedendogli appena 7 game e regalando all’Italia il primato di sei azzurri al 2° turno del Roland Garros, mai accaduto nell’Era Open. Il prossimo impegno sarà contro Lloyd Harris, battuto da Lorenzo Musetti pochi giorni fa. Il martello del romano picchia duro, pronto a sbriciolare i dubbi che lo accompagnano come un rumore di fondo dal nuovo inizio della stagione. Lo scorso anno a Parigi si era fermato al secondo turno contro Casper Ruud, lo stesso che lo ha dolorosamente castigato agli Internazionali.

Matteo, l’inizio migliore per cancellare un po’ quel rumore di fondo sugli ultimi risultati.

Non sarei sincero se dicessi che non ho sentito questo “rumore”. Lo avverto, un po’ naturalmente mi dispiace, ma l’unica cosa che posso fare e andare avanti sulla mia strada, che so essere quella giusta. Contro Pospisil mi sono sentito molto bene in campo, mi sono mosso bene, ho dato più peso ai colpi. Per ora non sento nessuna pressione. Sarebbe bello poter far capire a tutti che non è stato facile raggiungere gli ottavi a New York e i quarti a Roma. Ho lottato a ogni match, ho affrontato e superato momenti difficili. Non è che i risultati piovano dal nulla. […] Ora sono concentrato e sereno. Continuo ad avere un confronto costante con il mio mental coach Stefano Massari. Il tema è non farmi trascinare dalle aspettative altrui. Se lavoro e mi impegno per raggiungere un risultato è perché lo voglio io, perché così sono più felice, non di certo perché temo di deludere gli altri.

Quest’anno guidava un gruppo nutrito. Dieci italiani nel tabellone maschile. L’ultimo a essersi fatto notare è stato Lorenzo Musetti. Ottavi a Roma e primo Challenger conquistato. Come lo vede?

Lorenzo lo conosco abbastanza bene e mi piace molto. Ha un tennis bello da vedere, è umile, un grande lavoratore, molto focalizzato sul tennis. Condividiamo Umberto Rianna come tecnico e lui già da qualche tempo mi diceva che questo ragazzo ci farà divertire. Però bisogna lasciarlo crescere con calma e sbagliare. Jannik invece è certamente più avanti al momento, ma a quest’età è difficile stabilire quanto futuro possa avere un giocatore. Se quando avevo 18 o 19 anni avessero detto che sarei diventato un top 10 non penso che nessuno ci avrebbe creduto. Sinner sta migliorando in fretta, lo abbiamo visto anche qui a Parigi.

Che consiglio si sentirebbe di dare a queste nuove leve?

Di non avere fretta di bruciare le tappe. Di vivere ogni vittoria, sconfitta, viaggi, difficoltà e trarne un insegnamento. Da fuori sembra tutto facile, ma arrivare sul circuito maggiore può essere un piccolo shock. Quindi più esperienze vivi, più puoi crescere. […]

L’organizzazione a Parigi è diversa da quella di New York?

No è molto simile. Dobbiamo fare tamponi ogni due giorni e possiamo uscire soltanto per andare ad allenarci o a giocare. Può essere alienante. Mi accorgo di essere a Parigi perché se guardo dalla finestra dell’albergo la Tour Eiffel è così vicina che la posso toccare.

Come si è trovato con le condizioni del campo?

Tutto molto diverso da come siamo abituati di solito. Fa freddo, soprattutto se si arriva dai 35 gradi degli Internazionali a Roma. Il campo è lento e io non nego che prediligo le situazioni in cui la palla viaggia un po’ di più. Però tutti noi dobbiamo fare i conti con questa situazione, non è solo un problema mio.

Tra condizioni meteo e palline nuove si dice che Rafa non sia così favorito per il 13 titolo del Roland Garros.

Beh, non mettere tra i favoriti uno che ha vinto già 12 volte mi sembra un po’ azzardato. Alla prima uscita non è parso in difficoltà… È vero però che Djokovic sembra ritemprato dopo i fatti di New York, e arriva con un pieno di fiducia grazie alla vittoria di Roma. Ma non dimentichiamoci Thiem, la terra è il suo pane, e magari uno Slam tira l’altro.

Matteo da battimani (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Matteo Berrettini si muove come a casa sul Suzanne Lenglen, il secondo campo per importanza del Roland Garros.Il suo esordio in questa edizione fredda e piovosa, senza punti di riferimento, è solido, efficiente, sicuro. Berrettini lascia sette game, e appena sette punti con la seconda di servizio, al canadese Vasek Pospisil. Il 6-3 6-1 6-3 finale, in un’ora e 48 minuti di gioco, dà la misura di una partita mai davvero in discussione. «Non penso che lui abbia giocato male, io però ho servito e risposto bene, gli ho messo molta pressione. Mettevo più peso sulla palla e vedevo che faticava a vincere gli scambi» ha detto il numero 1 azzurro dopo il match. Rispetto alle condizioni abituali al Roland Garros, quest’anno le palline si appesantiscono più facilmente e rimbalzano più basse. In questo modo sono emerse con ancora maggiore evidenza le difficoltà sulla terra battuta di Pospisil. ll canadese ha giocato appena venti partire in carriera su questa superficie nel circuito maggiore, e ha perso tutte le ultime 19. Fin dall’inizio del match, i colpi potenti di Berrettini hanno messo in evidente difficoltà il canadese, più leggero da fondo. Mentre la pioggia inizia a cadere leggera rendendo il campo più scivoloso, Pospisil nel secondo set prova ad accorciare gli scambi e a scendere di più a rete. Ma la fretta non è una buona consigliera e dopo un’ora, per la gioia del capitano di Coppa Davis Corrado Barazzutti, è già avanti due set a zero. Nel terzo, Berrettini non spreca più energie del necessario. «Mi concentravo sui miei turni di battuta e aspettavo l’occasione per fare un break. Ero fiducioso, ma dovevo rimanere presente e concentrato perché tutto avrebbe potuto cambiare da un momento all’altro». […] Il suo Roland Garros proseguirà contro Lloyd Harris, sudafricano numero 90 del mondo che la settimana scorsa si è ritirato contro Lorenzo Musetti in semifinale al Challenger di Forlì. […]

Quando la palla è un problema (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Non è un tennis per giovani, forse. Ma nemmeno per attempati tennisti che sul Tour ne hanno viste di tutti i colori. Non basta la vivacità dei venti anni e non è risolutiva l’esperienza di chi ha giocato in tutte le condizioni possibili. La prima edizione autunnale del Roland Garros ha le sue esigenze, e propone sfide ai limiti del tennis conosciuto. È un tennis per adulti, quello che si richiede a 128 rimasti in gara, 64 per parte, un tennis che va studiato e capito, rabbonito con molti accorgimenti particolari, ma sempre con le dovute buone maniere. In molti non l’hanno capito, o non ci stanno, e smoccolano come camalli quando in porto si presentano troppe navi insieme, tutte da scaricare. Ce l’hanno con le palle, quasi tutti. Il Roland Garros le ha cambiate e quelle che sono state scelte dopo i primi tre colpi diventano arruffate come gatti e ingrassano a vista d’occhio, fino a diventare obese. «Non vanno bene nemmeno per i nostri cani», la sentenza di Dan Evans, numero 34 del ranking e primo fra i britannici, in attesa che Murray si rifaccia vivo. «A Roma e Amburgo abbiamo giocato con altre palline, qui è tutto differente. Quel che è peggio è che non abbiamo avuto il tempo per abituarci». […] Anche Rafa Nadal va per le spicce. «Non è il solito Roland Garros, e sarà ancora più difficile arrivare fino in fondo. Il gioco è lento, troppo lento, le palle si spingono a fatica. Difficile dire se possono favorire qualcuno, la gran parte dei tennisti ormai gioca da fondo campo, ma colpendo con forza e sfruttando la velocità della palla. Con queste non ci si riesce. Cambiare non è stata una scelta opportuna, e non doveva essere fatta. Queste palle con cui giochiamo non sono adatte alla terra rossa, forse vanno bene per i terreni più rapidi, ma non su questa superficie». L’altro aspetto che poco funziona è che molto fa rabbia viene dalla scivolosità dei campi. «Quella mi preoccupa non poco», dice Berrettini, «io ho sempre avuto problemi alle caviglie. È una questione di grip… Nelle zone più umide il piede slitta sotto il peso del corpo. Il rischio di farsi male è serio».

I campioni come Serena si caricano sotto stress (Patrick Mouratoglou, La Gazzetta dello Sport)

Oggi Serena Williams torna in campo per il 2° turno contro la bielorussa Pironkova. All’esordio contro la connazionale Kristie Ahn ci sono stati due match in uno da parte della Williams, come si evince dal risultato 7-6 6-0. Un primo set molto combattuto, e un secondo nel quale si è distaccata dall’avversaria fin dai primi game. Dopo il match Serena ha ammesso di risentire molto dello stress di inizio partita, collegato al suo perfezionismo. Ha anche spiegato che mano a mano che la partita va avanti, riesce a sentirsi meglio e giocare il suo miglior tennis, e il risultato finale lo dimostra. È evidente che per tutti i giocatori, l’ansia di ritornare in campo in una competizione importante come Roland Garros, e la mancanza di partite giocate dopo tanti mesi di fermo, occupa un ruolo predominante che si ripercuote sulla qualità del gioco della maggior parte dei partecipanti allo Slam parigino. Sono convinto che molti degli spettatori stenteranno a credere che una giocatrice come Serena Williams, vincitrice di 39 tornei del Grande Slam, (considerando singolare, doppio e doppio misto), che non deve provare più nulla, possa ancora risentire dello stress da primo turno in un Torneo del Grande Slam come Parigi, ma è così. Serena ha bisogno di essere coinvolta al 100% tanto emotivamente quanto fisicamente e visto che il risultato finale è per lei importantissimo, di qualsiasi match si tratti, questo le genera ansia. Quest’ansia per lei è indispensabile e positiva. Mi spiego: per essere performante al massimo, Serena deve sentire questo stress, grazie al quale lei riesce a dare il massimo, a elevare il suo livello di gioco al limite. Durante una partita bisogna battere l’avversario, ma c’è una battaglia da vincere anche con se stessi, il tennis è uno sport individuale e tu sei solo davanti al rivale. Serena deve lottare e “addomesticare” il suo stress, trasformandolo in una forza positiva che la faccia sentire migliore tennisticamente e mentalmente.

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