Nadal-Djokovic, è il giorno della finale (Scanagatta, Crivelli, Mastroluca). Iga, la nuova regina o un'altra meteora? (Azzolini). Swiatek, che dominio (Crivelli)

Rassegna stampa

Nadal-Djokovic, è il giorno della finale (Scanagatta, Crivelli, Mastroluca). Iga, la nuova regina o un’altra meteora? (Azzolini). Swiatek, che dominio (Crivelli)

La rassegna stampa di domenica 11 ottobre 2020

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Parigi, teatro degli invincibili. Rafa sfida Nole e insegue Roger (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

Non aveva ancora mai vinto un torneo Wta ed era la finalista a Parigi con la peggior classifica in 43 anni, n.54. Ma era nell’aria il trionfo di questa ragazzina polacca, Iga Swiatek, 19 anni, gran bel fisico, 1m76cm, figlia di un canottiere che partecipò alle Olimpiadi di Seul (1988). Aveva dato severe lezioni a tutte le sue avversarie, ivi inclusa la favorita n.1 Simona Halep, rimandata in Romania con un pesante 62 61. 23 game ceduti in 12 set. Non poteva essere un caso. Anche all’americana Sonia Kenin, 21 anni e regina in Australia, la Swiatek ha riservato identico trattamento: 64 61. Iga ha le idee chiare. Da due anni si affida a una mental coach. Domani sarà già n.17. L’ingresso fra le top-ten è scontato. Iga ha tutto, un dritto pesantissimo, un rovescio bimane lungolinea alla Djokovic, un eccellente tocco di palle per le smorzate, è brava anche nel gioco al volo. E’ la prima tennista polacca di sempre a conquistare uno Slam. Oggi la sfida più attesa fra i due “mostri” Djokovic e Nadal. Nadal mira al 13° Roland Garros e al 20mo Slam per eguagliare i 20 di Federer. Djokovic, imbattuto in tutto il 2020, spera nel n.18. Un euro lo punto su Djokovic, ma solo 51% a 49%. […]

Caccia al 20 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Sentimento. Una parola dolce, avvolgente, romantica. Chi la usa, vive un amore profondo. Quello che lega Nadal al tennis. Quando gli parli del suo sport, a Rafa brillano ancora gli occhi: «Io ci ho sempre messo sentimento. E continuo a farlo». Ecco il segreto. Semplice. Quasi ingenuo nella sua purezza. Quando un bambino varca l’ingresso dell’Accademia che porta il nome del campione a Manacor e chiede quale sia il primo passo da fare per iscriversi, la risposta che riceve è sempre la stessa: «Divertiti. Il tennis e lo sport devono essere un piacere, non un dovere». Nadal quel suggerimento lo ha stampato nel cuore come un motto indelebile fin da quando, a tre anni, ha preso in mano una racchetta. Quelle parole lo hanno accompagnato nella gioia e nel dolore e in fondo spiegano meglio di mille analisi tecniche perché, oggi pomeriggio, il maiorchino giocherà la 13^ finale al Roland Garros, quindici anni dopo la prima del 2005. Le altre, le ha vinte tutte. Un’impresa che nella storia dello sport probabilmente non ha eguali. Nessun giocatore, donne comprese, ha mai vinto un torneo più di 12 volte (con lui c’è la Navratilova con il Wta di Chicago, ma ammetterete che è un’altra cosa), riuscirci in un Major è una prestazione atletica e temperamentale che esce dai canoni della comprensione umana. E c’è di più: sollevando la Coppa dei Moschettieri anche quest’anno, completerebbe l’inseguimento a Federer, raggiungendolo sul podio più alto dei plurivincitori di Slam con 20. Il degno coronamento di una rivalità che segnerà l’eternità e non soltanto un’epoca. Ma sui numeri, Nadal ha un’opinione molto netta: «Io sono sempre andato per la mia strada, non ho mai guardato alle vittorie degli altri. Il primato negli Slam non è mai stato un’ossessione, alla fine della carriera la mia felicità non dipenderà dal fatto che ne abbia vinti più di Roger oppure no. E poi c’è anche Novak, non dimentichiamolo». Djokovic, appunto. Che è a 17 ed è l’oppositore di oggi sulla strada verso il titolo, l’avversario mai troppo amato con il quale ha giocato più partite (sarà il 56° confronto diretto): «Nole è un ostacolo enorme, se non esprimerò il livello più alto del mio gioco avrò poche chance». I cinque mesi di isolamento, per Rafa, sono stati un macigno: «Lo ammetto, in quei momenti ho pensato poco al tennis, c’era preoccupazione per i miei genitori, per la mia famiglia, per i miei amici. Il mondo è cambiato drasticamente, c’è voluto un po’ di tempo per recuperare la testa, cioè le giuste sensazioni». Nadal è approdato in finale senza perdere neppure un set ed è giusto ricordare che l’unico ad averlo messo in difficoltà è stato Sinner: «Jannik mi piace. Perché è un ragazzo umile che si impegna ogni giorno per migliorare. E l’umiltà è la dote dei campioni. Ci sono tanti giovani che giocano benissimo, credo che ormai sia improprio chiedersi quando prenderanno il nostro posto. Sono già qua». Però nel tempio del rosso il tempo si è di nuovo fermato riportando al centro del villaggio il numero uno e il numero due del mondo. Ma cosa accadrà se Rafa dovesse perdere la finale parigina per la prima volta? «Assolutamente nulla. Con la sconfitta ho sempre avuto un rapporto sereno. Perdere spiace sempre, ma tutte le volte che è accaduto ho sempre avuto una sensazione di tranquillità perché sono uscito dal campo consapevole di aver dato tutto». Lo spirito che a 34 anni compiuti continua ad ispirarlo: «Il ritiro? Non è un pensiero che mi sfiora. Quando arriverà il momento di dire basta, quando succederà che il tennis non sarà più in cima ai miei pensieri, lo saprò». Intanto, c’è un altro record da inseguire. Per la leggenda, il biglietto lo ha già acquistato da tempo.

Djokovic-Nadal per la leggenda (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Comunque vada, sarà leggenda. Novak Djokovic contro Rafa Nadal, numero 1 contro numero 2 del mondo, per scrivere un altro capitolo di una storia che sembra non avere fine. Nel 56° scontro diretto, entrambi guardano più in là del Roland Garros 2020. Nole punta al 18° Slam. Vincendo, diventerebbe il primo nell’era Open a conquistare tutti i quattro Slam almeno due volte. Rafa otterrebbe il ventesimo Slam, eguaglierebbe il record di Federer e sarebbe il primo dal 1968 (uomo o donna) a vincere uno stesso torneo 13 volte. «Vincere il titolo sarebbe la ciliegina sulla torta» ha detto Djokovic dopo la vittoria in semifinale. «Contro Nadal dovrò giocare il tennis migliore, è quello che serve per avere la chance di alzare il trofeo. Sono in finale, contro il più grande rivale, di fronte alla sfida più grande che ci sia. Si riduce tutto a questo. Io ci sono già passato, so cosa devo fare». […] Il maiorchino, che potrebbe raggiungere le cento vittorie al Roland Garros, non dà nulla per scontato. «Contro uno come lui, se non gioco al meglio, la situazione diventa molto difficile. Sapere di avere un record molto positivo qui aiuta, ma anche lui è quasi sempre arrivato in fondo. Giocare qui mi piace ma devo ancora alzare il mio livello di gioco per la finale» […]

Iga, la nuova regina o un’altra meteora? (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Iga veste a strati, sembra una cipolla al Polo Nord. Ha due zigomi rossi che spuntano da una felpa bianca a maniche lunghe, dalla quale s’intravede una maglietta più leggera. Pantaloni lunghi stretch e gonnellino sopra. A 13 gradi, e con una brezza di traverso che tutto fa tranne che riscaldare i cuori, pare un tennis da pinguini. Lei, Iga Swiatek da Varsavia, non si pone il problema. E’ la seconda nata nel terzo millennio che vince uno Slam, dopo Bianca Andreescu che si prese gli US Open un anno fa e poi è sparita. Bianca ha 20 anni, Iga 19. E prima del Roland Garros non aveva vinto niente, ma non è la prima a farsi largo nella classifica delle imprese smodate, c’era riuscita la Ostapenko a Parigi 3 anni fa. Una vittoria dal nulla, di quelle che ti fanno stare benissimo e possono fare malissimo. Dopo Aljona è rientrata subito nei ranghi. Sta ritrovando se stessa dopo una lunga immersione nella malinconia, che le ha fatto visita appena finiti i brindisi parigini. Iga sembra più attrezzata, ha da qualche anno una psicologa dello sport, Daria Abramowicz. «Mi fa stare con i piedi per terra», dice. «Mi chiedo se sono una buona allieva. Faccio visualizzazione e meditazione ma non sono continua. Meditare con continuità ti fa scoppiare la testa, come il tennis». Dice cose buffe, Iga. E sul tennis femminile ha un’idea più precisa, «Non abbiamo la costanza di Nadal, per questo vi sono spesso vincitrici nuove nello Slam. Ora tocca a me provarci. Vinto uno, ora la sfida è la costanza». Sofia Kenin, americana di Pembroke Pines, Florida, ha vinto gli Open d’Australia sotto i 40 gradi di Melbourne, e ha avuto l’opportunità di ottenere il secondo Slam in una stagione frantumata dall’emergenza sanitaria. Ci teneva, ha resistito fino al 4-4 del 1°set, poi Iga le è sfuggita. All’inizio del 2° si è fatta fasciare la gamba e non ha più vinto un game: 6-4 6-1 Iga ha un tennis di alto livello, naturale, vario nelle soluzioni, coraggioso nello sfruttare tutto il campo. Questo strambo Roland Garros lo ha dominato. Non ha perso un set, e ha lasciato 25 game in 7 incontri. Neanche il suo idolo, Nadal, avrebbe potuto fare meglio. «Sono la sua prima tifosa», dice Iga. […]

Swiatek, che dominio. Magia Alvisi e Pigato, regine del doppio jr (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Iga ha una passione innata per i numeri. Tanto da scombussolare l’aritmetica del Roland Garros. La Swiatek è la nuova campionessa di Parigi, portando per la prima volta la Polonia sulla vetta di uno Slam (uomini compresi): un’impresa compiuta a 19 anni, da numero 54 del mondo (ma da domani sarà 17) e senza aver mai vinto un torneo prima, come accadde già alla Ostapenko nel 2017. Saranno i posteri a maturare la sentenza sul valore della ragazza di Varsavia: una meteora come la lettone o la futura dominatrice del circuito? Dalle premesse, Iga sembra fare sul serio, visto che ha alzato il trofeo senza perdere un set (non accadeva dalla Henin 2007), concedendo appena 28 game in 7 partite. Contro la Kenin, regina in Australia, parte forte (3-0), si incarta, torna sopra e regala di nuovo il game in cul serve per il primo set (sul 5-3) ma è meno tremebonda nei momenti decisivi. Non si scompone nemmeno per il break d’acchito del secondo set, perché da quel momento infila 6 game consecutivi all’americana, menomata alla gamba sinistra: «Sono orgogliosa di me stessa. Ho fatto un gran lavoro nelle ultime due settimane. È un’esperienza che ti cambia la vita, mi sento come una che in qualche modo ha fatto la storia. Sapevo che molto probabilmente né io né lei avremmo giocato il nostro tennis migliore: io ho solo cercato di rimanere concentrata. E il lavoro con la psicologa che faccio da un paio di stagioni mi ha aiutato». Sotto il cielo di Parigi c’è posto anche per due splendidi sorrisi azzurri, quelli di Lisa Pigato ed Eleonora Alvisi, entrambe classe 2003, vincitrici del doppio juniores. Non dovevano neppure giocare, visto che si erano iscritte in singolare sperando che qualcuna rinunciasse (non avevano classifica adeguata): prima di tornare a casa, hanno deciso di provarci in doppio. Regalandosi un sogno.

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