Quanto conta il servizio: oggi la partita si gioca sulla seconda. Soprattutto tra top 10

Flash

Quanto conta il servizio: oggi la partita si gioca sulla seconda. Soprattutto tra top 10

Abbiamo svolto una analisi comparata per periodi di tempo, superfici e classifica dei giocatori. Ne viene fuori che il servizio continua a essere un colpo determinante. Ma tra top 10 serve altro

Pubblicato

il

 

Spesso ci si interroga sull’evoluzione nello stile di gioco nel corso degli anni, e le decadi. È relativamente semplice individuare un punto di snodo nell’introduzione di nuovi materiali, che hanno progressivamente portato all’obsolescenza delle racchette di legno a partire dagli anni ’80 del secolo scorso.

Si può dire che il canto del cigno delle vecchie racchette in legno si sia avuto con la vittoria a Indian Wells di Miroslav Mecir nel 1989 (giocatore tanto talentuoso quanto, forse a torto, un po’ dimenticato). Da quel momento in poi, tutti i tornei maggiori sono stati vinti brandendo una racchetta più moderna, con uno sweet spot, ovvero un punto d’impatto a massima efficacia, molto più largo, e che comprende praticamente l’intero piatto corde.

Da quel momento in poi, lo stile tennistico, perlomeno ai massimi livelli, e in particolare al maschile, caratterizzato da una maggiore velocità dei colpi, si è modificato, ad esempio privilegiando, seguendo soprattutto le orme di Borg, il gioco da fondo rispetto alle discese a rete (data la maggiore efficacia dei colpi di sbarramento che, complice la tecnologia, possono risultare vincenti anche da posizioni complicate).

Gli anni ’90 sono caratterizzati soprattutto dal dualismo Sampras-Agassi, ovvero dalla sfida tra uno straordinario battitore e un eccezionale ribattitore. Passato un breve periodo di interregno, si affacciano sulla scena, a partire dai primi anni del nuovo millennio, prima Federer, poi Nadal, poi Djokovic: i tre giocatori che, al momento, vantano il maggior numero di tornei del Grande Slam vinti in carriera.

Se gettiamo lo sguardo al di là di questi tre fenomeni (difficilmente riconducibili a una qualunque classificazione), distinguiamo però, appena alle loro spalle, nello stesso periodo, giocatori come Murray, Roddick, Del Potro, Wawrinka: tutti dotati di una prima di servizio davvero pesante. E poi, già: poi? Da diversi anni si attende la fantomatica Next Gen, capace di spodestare i soliti noti dal proprio trono. Per ora, vista anche la marcia trionfale di Djokovic a Melbourne (e la notevole performance di Nadal, sconfitto solo da uno straordinario Tsitsipas al quinto), sembra ci sia ancora da aspettare. Tuttavia, praticamente tutti i pretendenti fanno del servizio un elemento cardine del proprio gioco: pensiamo ad esempio a Medvedev, Sascha Zverev, Tsistipas o Thiem.

Il servizio si fa dunque sempre più determinante, una decade alla volta? I dati messi a disposizione da ATP sul proprio sito web, che comprendono statistiche piuttosto dettagliate su tutti i match svolti dal 1991 al 2017, ci permettono di mettere alla prova questa ipotesi in modo più sistematico. A tal fine, distingueremo tre periodi all’interno della nostra analisi: 1991-1999, 2000-2009 e 2010-2017, confrontandoli in termini statistici e data-driven, con uno sguardo particolarmente attento sul ruolo del servizio.

Ace

  Figura 1. Differenza media in termini di ace tra vincitore e sconfitto

In primo luogo possiamo verificare se, e in che misura, il vincitore dei match è anche, di solito, il giocatore che totalizza più ace: è effettivamente così, in tutti e tre i periodi considerati, ma in diversa misura. Negli anni ’90 infatti la differenza media tra vincitore è sconfitto, in termini di ace, è di 1,44, mentre raggiunge 1,64 nei primi dieci anni del nuovo millennio (segnando una forte crescita, +13,8%) e raggiungendo 1,71 nell’ultimo periodo considerato, ovvero dal 2010 al 2017. Si sarebbe tentati quindi di concludere che il servizio, già nella sua manifestazione più diretta di efficacia (l’ace) abbia acquisito un peso crescente, nel determinare il vincitore di un match di alto livello.

Cosa succede però se restringiamo l’analisi ai tornei del Grande Slam, che rappresentano i momenti più importanti della stagione, con tutti i big in campo (salvo infortuni)? In questo caso, il risultato è diametralmente opposto: la differenza misurata negli anni ’90 è di 2,35, e decresce a 2,29 nei primi anni duemila, per attestarsi, mediamente, a 2,15 nell’ultimo periodo considerato.

Ci torna in mente però a questo punto una riflessione attribuita ad Agassi, che spesso si trovava a ricevere commenti legati alla non eccezionale efficacia del proprio servizio, se paragonato al suo livello di gioco. Il tennista americano osservava, acutamente, che molto spesso, e in particolare nei casi in cui riusciva a mettere in campo la prima, pur non ottenendo il punto diretto, si metteva in condizione di giocare un colpo agevole in uscita dal servizio. Considerando l’efficacia dei suoi colpi di rimbalzo, ciò risultava più che sufficiente a rendere arduo il break all’avversario, mettendolo sotto pressione.

Anche su questa base, proviamo ad approfondire la nostra indagine concentrandoci su un’altra statistica, più rappresentativa del rendimento al servizio in termini complessivi, e non soltanto a livello di punti diretti: la percentuale di punti vinti con la prima palla.

Percentuale di punti vinti sulla prima

Figura 2. Differenza media in termini di percentuale di punti vinti sulla prima, tra vincitore e sconfitto

Ripetendo l’analisi e applicandola a questa nuova statistica, otteniamo in effetti un risultato concorde, sia considerando la totalità dei tornei svolti, sia focalizzandoci sui quattro principali appuntamenti della stagione.

Negli anni ’90, mediamente, considerando tutti i tornei, il vincitore del match ottiene una percentuale di punti sulla prima che supera del 10,8% quella del giocatore perdente. Nei primi anni 2000 il divario sale a 11,1%, raggiungendo l’11,5% nel terzo periodo considerato (2011-2017). Concentrandoci sui tornei del Grande Slam, l’andamento rimane analogo in termini relativi, anche se a partire da una base leggermente più bassa: partiamo da una differenza media di 10,4% negli anni ’90, che cresce poi a 10,7% e infine a 11,2% nei due successivi periodi considerati.

Sembra di poter concludere quindi, confortati dai dati, che, in termini medi, il giocatore che porta a casa il match è, sempre più, colui che riesce a ottenere punti dalla propria prima di servizio, così imponendo il proprio gioco all’avversario. Ancora una volta però, proviamo a rileggere il dato in filigrana, memori di un’altra osservazione di un grande tennista, ex numero tre del mondo e ora coach di Roger Federer: Ivan Ljubičić. Durante un’intervista, gli si chiedeva di paragonare il servizio di Federer a quello di altri giocatori, tra cui veniva citato anche Stan Wawrinka.

A questo proposito, Ljubo ricordava come, anche se Wawrinka era probabilmente in grado, sulla prima palla, di sviluppare velocità superiori, Federer era dotato di un servizio più completo e imprevedibile. Ma non soltanto. Uno dei punti di forza del servizio di Federer, maggiormente distintivo rispetto ad altri giocatori, è la seconda palla. “Sulla seconda palla di Roger” concludeva il coach croato, “può essere relativamente semplice rispondere, ma è comunque molto complicato attaccare”.

In questo senso, ci ritroviamo a osservare il servizio anche sotto un’altra luce: non soltanto come colpo definitivo (ace) o comunque aggressivo (prima palla), ma anche come uno strumento per non essere vittima della risposta aggressiva dell’avversario: in un certo senso, come colpo di manovra, se non addirittura difensivo. Proviamo allora a domandarci se, specialmente ad alti livelli, questo aspetto del gioco risulti determinante, e quale peso si trovi ad assumere con il passare del tempo.

Percentuale di punti vinti sulla seconda

Figura 3. Differenza media in termini di percentuale di punti vinti sulla seconda, tra vincitore e sconfitto

Per esaminare in termini più quantitativi anche tale aspetto, ci concentreremo su una diversa statistica: la percentuale di punti vinti con la seconda. Anche in questo caso, valuteremo prima la totalità dei tornei, per poi concentrarci su Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open.

Considerando tutti i tornei, individuiamo un deciso passo in avanti tra gli anni ’90 e i primi anni duemila, con la differenza in termini di percentuale di punti vinti sulla seconda che passa, mediamente, da 10% a 11%. Nel corso degli anni successivi, fino al 2017, si registra ancora una leggera crescita, che porta a un divario medio dell’11,1%.

Focalizzandoci sui tornei del Grande Slam, registriamo una dinamica analoga ma, in questo caso, a partire da una base più elevata: passiamo da un divario medio di 11% (anni ’90) a 11,8% (primi duemila), per raggiungere una differenza media di 12% sui punti vinti con la seconda nel periodo 2010-2017.

Ripensando anche a quanto osservato a livello di percentuale di punti vinti sulla prima, siamo portati a concludere che, in un torneo a tre set su cinque, specie nelle fasi avanzate del match, entrambi i giocatori perdano di brillantezza e di precisione. Non stupisce quindi che a determinare in misura maggiore l’esito dell’incontro sia uno sbilanciamento negli scambi più “giocati”, che prendono il via cioè da una seconda e non da una prima di servizio.

A partire da una prima osservazione su base intuitiva, quindi, dettata dall’evoluzione nello stile di gioco dei migliori giocatori del mondo, abbiamo raccolto una serie di evidenze che sembrano sostenere, in diversa forma, come il pattern suggerito dall’intuizione (una sempre maggiore importanza del servizio) trovi riscontro nei dati, considerando la totalità dei giocatori del circuito ATP.

Proviamo ora a fare un passo indietro e, forti di questa consapevolezza, chiederci: considerando che sempre più giocatori di vertice puntano sul servizio, questo colpo assume importanza crescente anche nei match tra Top 10 o, in questo caso, assistiamo a un livellamento e quindi, paradossalmente, all’emergere di altre componenti del gioco come più decisive?  

I Top 10

Figura 4. Differenza media in termini di ace (in alto) e percentuale di punti vinti sulla prima e sulla seconda (in basso), tra vincitore e sconfitto, match tra top 10

Esaminando la Figura 4 notiamo come, in effetti, l’evoluzione del ruolo del servizio sembri caratterizzarsi in modo diverso, nelle ultime tre decadi. Per quanto riguarda la differenza misurata in termini di ace tra vincitore e sconfitto, assistiamo a una crescita nei primi anni duemila, seguita però da una decisa decrescita nel periodo 2010-2017.

Degno di nota anche come i valori medi associati a match tra i Top 10 per questa statistica siano notevolmente superiori ai valori medi considerando tutti i match nelle prime due decadi e notevolmente inferiori nella terza. In altre parole: negli anni ’90 e nei primi duemila la differenza in termini di ace tra vincitore e sconfitto in un match tra top 10 era mediamente il doppio della differenza tra ace di un match qualsiasi. Tra il 2011 e il 2017 invece, la differenza per i top 10 è meno della metà di quella associata a un match generico. A confermare l’idea di un livellamento al rialzo da questo punto di vista, con la prima di servizio che diventa quasi un must ad alto livello e, per questa ragione, non può essere anche il colpo che “fa la differenza”, contribuiscono le statistiche relative ai punti vinti sulla prima e sulla seconda, anche in questo caso ricalcolate considerando soltanto gli incontri in cui entrambi i contendenti sono tra i primi dieci giocatori del seeding del torneo considerato.

In termini di percentuale di punti vinti sulla prima, si cresce dall’8.1% degli anni ’90 al 9.0% dei primi duemila, per decrescere poi al 8.5% del periodo 2010-2017. Al contrario, il rendimento sulla seconda di servizio mostra una crescita in entrambe le decadi, con un’accelerazione nell’ultimo periodo considerato. Passiamo infatti, mediamente, da una differenza del 9% negli anni ’90 a un 9.9% tra 2000 e 2009, per raggiungere un 11.8% di differenza tra 2010 e 2017. Saremmo quindi portati a concludere che il servizio sia diventato, sempre più, una sorta di biglietto da visita da presentare all’ingresso del club dei migliori tennisti del mondo: un colpo da cui non si può prescindere ma che, al contempo, sempre più, non è sufficiente a battere uno dei propri pari, e così a conquistare vittorie Slam e il vero e proprio primato.

Proviamo però a mettere, ancora una volta, questa ipotesi alla prova dei dati, e ricalcoliamo nuovamente le statistiche di efficacia al servizio distinguendo anche per superficie. Cerchiamo cioè, in altre parole, di rispondere alla domanda: ciò che abbiamo dedotto vale sia sull’erba, che sul cemento, che sulla terra battuta?

Erba, cemento, terra

Figura 5. Differenza media in termini di ace tra vincitore e sconfitto, distribuzione per superficie

Osservando l’andamento della differenza di ace tra vincitore e sconfitto separatamente per superficie, osserviamo intanto come il divario tra terra e cemento sia grosso modo costante, così come la dinamica lungo le tre decadi considerare. Ciò suggerirebbe, come già altre considerazioni trattate in un passato articolo di Daniele Malafarina, qualche dubbio in più rispetto alla teoria secondo cui le superfici di gioco tendono ad assomigliarsi sempre di più, nel corso degli ultimi anni.

Piuttosto, si riscontra una dinamica dissonante per quanto riguarda l’erba, in controtendenza rispetto alle altre superfici e rispetto alla media globale, discussa nella sezione 2. Si potrebbe, a questo proposito, osservare che sono sempre meno, anche sull’erba, i giocatori di serve & volley. In questo senso quindi, si può immaginare che anche un battitore non eccezionale, sull’erba, cerchi l’ace quando tira la prima, non volendo contare su una chiusura a rete del punto. A confermare questa impressione anche il fatto che, data la sempre minore frequenza delle discese a rete, il quadrato del servizio, specie nelle fasi avanzate dei tornei, tenda a restituire molta più velocità rispetto al fondocampo, zona in cui l’erba è molto più consumata e lenta. Tirare forte la prima, alla ricerca dell’ace, può essere quindi un gioco che vale la candela, per molti. Da osservare inoltre che, comunque, anche nel corso dell’ultimo periodo trattato, la differenza di ace, in termini assoluti, è maggiore sull’erba rispetto al cemento e alla terra, sia pure con una tendenza discendente.

Figura 6. Differenza media in termini di punti vinti sulla prima tra vincitore e sconfitto, distribuzione per superficie

Considerando invece la differenza media, in termini di percentuale di punti vinti sulla prima, distinguendo non soltanto per periodo ma anche per superficie, ci ritroviamo a osservare un andamento diverso. Sull’erba e sulla terra, il divario tende a crescere (in particolare sulla terra, nel passaggio dagli anni ’90 ai primi duemila), mentre per quanto riguarda il cemento la statistica è grosso modo stabile, con una leggera flessione nei primi anni duemila, seguita da una piccola ripresa a partire dal 2010.

Forse è la statistica sulla terra a meritare una riflessione specifica. Cercando di interpretare questa crescita, possiamo riflettere sul fatto che i primi anni duemila hanno segnato, sulla terra, l’affermazione di giocatori (anche al di là di Nadal, monarca assoluto della superficie) che fanno della pesantezza dei propri colpi una carta vincente. Il terraiolo, quindi, non è più un Sergi Bruguera o un Thomas Muster, regolaristi puri, ma piuttosto un attaccante da fondo: basti ricordare, da questo punto di vista, i notevoli risultati di Wawrinka, o anche dello stesso Federer.

In questo senso quindi, si può comprendere come, anche se la superficie tende a ridurre il numero di punti diretti col servizio, tali giocatori (spesso vincenti) finiscano per scavare un solco tra sé e l’avversario in termini di percentuale di punti vinti con la prima in campo.

Figura 7. Differenza media in termini di punti vinti sulla seconda tra vincitore e sconfitto, distribuzione per superficie

La differenza in termini di punti vinti sulla seconda mostra andamenti tutto sommato paragonabili tra le tre superfici. In tutte e tre i periodi considerati, la differenza maggiore si riscontra sulla terra, seguita dal cemento e dall’erba, in tutti e tre i periodi. L’erba vive una significativa crescita (da 9.7% a 11.2%) all’inizio degli anni duemila, forse a causa del fatto che sempre più giocatori, anche sull’erba, rimangono a fondocampo.

In sostanza, si potrebbe forse osservare che, almeno a partire dai primi anni duemila, pur in presenza, date tutte le considerazioni precedenti, di una crescente importanza del colpo di inizio gioco per eccellenza (il servizio), la differenza maggiore tra vincitore e sconfitto si riscontra in termini di percentuale di punti vinti sulla seconda, e non sulla prima, fenomeno ancora più pronunciato nei match fra Top 10. Questo, perlomeno, sembrano raccontarci i dati, che ci sforziamo non di ricevere come una sentenza, ma di interpretare, come una storia. Perché, come ricordava Dostoevskij in “Delitto e castigo”, “i fatti non son tutto; almeno metà della faccenda consiste nel modo in cui li si sappia trattare”.


Genovese, classe 1985, Damiano Verda è ingegnere informatico e data scientist ma anche appassionato di scrittura. “There’s four and twenty million doors on life’s endless corridor” (ci sono milioni di porte lungo l’infinito corridoio della vita), cantavano gli Oasis. Convinto che anche scrivere, divertendosi, possa essere un modo per cercare di socchiudere qualcuna di quelle porte, lungo quel corridoio senza fine. Per leggere i suoi articoli visitate www.damianoverda.it

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement