2021 al gong. Il pagellone (non richiesto) ai Top 100 italiani del ranking ATP

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2021 al gong. Il pagellone (non richiesto) ai Top 100 italiani del ranking ATP

Berrettini, Sinner e Sonego meritano i voti migliori. Musetti rimandato per le insufficienze rimediate in estate e autunno. Malino Cecchinato e Fognini

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Jannik Sinner - Finale Coppa Davis Torino 2021 (Photo by Jose Manuel Alvarez / Quality Sport Images / Kosmos Tennis)
 

Fine d’anno, un anno da record per il tennis tricolore. Otto italiani in Top 100 addirittura; finali a Wimbledon, teenager vincenti e scalpitanti, vecchie lenze ancora intente alla pesca grossa, opinione pubblica rovente e in costante delirio. Fine della seconda stagione pandemica con finestra aperta sulla terza, ormai in procinto di scattare con l’ATP Cup dal primo gennaio a Sydney, e tempo di bilanci, al solito ineludibili. Tempo di pagelloni, anche; tempo di dispensare consuntivi, anche se qualcuno potrebbe obiettare “con quale diritto“? Ma in fondo l’ultimo quadrimestre è andato, e, premesso che le materie potranno essere recuperate l’anno prossimo venturo, chiediamoci quali voti meritano i Top 100 italiani alla fine del 2021: anno di mala grazia, verrebbe da dire, non fosse per lo sport azzurro tutto e per il tennis nello specifico.

Si procederà in ordine crescente, dal più basso nella classifica al più alto: dicono sia utile a creare suspense, vedremo.

8. Marco Cecchinato (100 ATP)

Agli estremi confini della Top 100, per chiudere il cerchio dei magnifici otto, il nostro Marco, autore di un’annata che alla fine non ha riscattato le due precedenti, tristanzuole anzichenò. Il “New Ceck“, quello promesso nel famoso speciale d’inizio anno su Sky Sport a firma Barbara Grassi, si è palesato solo a sprazzi, in verità piuttosto radi. La finale a Parma come highlight, ceduta senza turbare troppo il pronostico al futuribile Seb Korda, e un Rolando discreto concluso con l’eliminazione al terzo turno per mano di Lorenzo Musetti in fondo a un derby pirotecnico. Certo l’eco della trasvolata parigina famosa, quella della semifinale centrata nel 2018 con tanto di scalpo di Nole Djokovic ai quarti, risuona ancora. Purtroppo molto lontano. VOTO 5.

7. Stefano Travaglia (78 ATP)

Annata solida, sulla falsariga delle ultime, forse leggermente sotto le ultime, quella di Stetone. Gli sono mancati guizzi da copertina, ma da copertina è stata la risalita nell’ultimo lustro di chi non veniva considerato pronto, o addirittura adatto, a certi palcoscenici. Un gran avvio, con tanto di finale al Great Ocean Road di Melbourne – prima e unica della carriera nel Tour maggiore – ceduta a Jannik Sinner, poi un onesto resistere nell’ammucchiata di quelli che sgomitano per restare nel tennis che conta, ma il tennis conta tutto, se domandate a noi che ne siamo innamorati. Per il tennista da Ascoli anche due quarti (Antalia e Umago), una vittoria nel Challenger di Sibiu battendo in finale il povero Thanasi Kokkinakis e qualche precoce tonfo di troppo. Per la sufficienza piena sarebbero forse servite un paio di vittorie pesanti in più. VOTO 6-.

6. Gianluca Mager (62 ATP)

L’esempio perfetto del livello riscontrabile a certe latitudini della racchetta internazionale. Quando gli entra l’accelerazione con media continuità, ti chiedi se la sua classifica non sia frutto di un abbaglio collettivo; un errore grave di chi compila il ranking. Eppure. I mostri di pertinacia e feroce raziocinio che popolano la carovana dei primi cento obbligano i novizi a evitare qualsivoglia intermittenza. E novizio Gianluca da Sanremo lo è, se non per anagrafe (siamo a ventisette compiuti) almeno per passaporto tennistico: alla fine del 2018 l’algida classifica recitava 270 ATP. Diciamo che di passi avanti ne sono stati fatti. Il 2021 ha portato, insieme a una certa qual costanza, un titolo Challenger a Marbella soffiato in finale a Jaume Munar, già unto da Nadal, e quattro quarti di finale “maggiori” a Delray Beach, Belgrado, Kitzbuhel e Sofia. Nemmeno malissimo, con la sensazione che il prossimo anno, ancora una volta, possa essere persino migliore. VOTO 6,5.

5. Lorenzo Musetti (59 ATP)

Arduo compito, quello di valutare l’annata di Lorenzo uno, ammesso e non concesso che all’altro Lorenzo, Sonego, sia sensato punzonare il numero due. Una prima metà di stagione sfavillante per il più estroso, demodé, eretico tennista del panorama nazionale, marchiata a fuoco da due eventi: la semifinale di Acapulco ceduta a Tsitsipas nella kermesse tra impressionisti a conclusione di una campagna che, per sorpresa, sbigottì i più, e lo show regalato ai posteri sul palcoscenico più importante del Bois de Boulogne, chiuso agli ottavi da un Novak Djokovic che per due set aveva assistito da Washington General a una performance, pur rivelatasi infine monca, di Muso-Globetrotter: roba che si vede una volta ogni tanto. Il voto finale, che sino a giugno avrebbe teso all’otto e mezzo, andrà obbligatoriamente rimodulato in ragione di una seconda parte di stagione da 6-15 nel bilancio vittorie-sconfitte. Qualche piccolo dramma sentimentale, un po’ di sfiducia, la testa lontana dal campo spesso resa plastica da un atteggiamento di grande perplessità, con l’intero viso intonato alle complicate circostanze. La (breve) vacanza avrà scacciato i cattivi pensieri, se resterà solo il sereno ne vedremo di entusiasmanti. VOTO (complessivo) 6,5.

4. Fabio Fognini (37 ATP)

Poco da dire sull’annata di Fogna, perché dicendo troppo si rischierebbe di trovar poco di buono. Pochissimi acuti e una sensazione di distacco crescente dal mondo del Tour, che si spera ampiamente temporaneo. “Fatico sempre di più a star lontano dalla famiglia“, ha dichiarato il ribelle taggiasco in una recente intervista concessa poco dopo la nascita della terzogenita Flaminia, forse ultima e innocente responsabile del subitaneo disamore. Comprensibile, ci mancherebbe, ma qualche acuto, conoscendo il personaggio ammesso che del personaggio si siano mai potute aver chiare le prospettive, non si può escludere in vista del finale di carriera. Del 2021 restano il quarto nella Montecarlo di cui fu Principe e un buon Australian Open, pepato dalla pubblica baruffa con Salvo Caruso e chiuso in ottavi di finale da un Fognal a senso unico. VOTO 5-.

3. Lorenzo Sonego (27 ATP)

L’altro Lorenzo, quello che, a dispetto della complessione esilina, vorresti avere dalla tua parte se all’orizzonte si profila una zuffa. Tenace, guerriero, indomito e si aggiungano spruzzate retoriche a piacimento, ché tanto la prosopopea epica che sovente viene appiccicata alla sua schiena non distrarrà Sonego dall’obiettivo primario: diventare un giocatore di tennis sempre migliore. La strada è giusta, il suo 2021 lo dimostra. Due finali, una vinta a Cagliari, l’altra persa sull’erba di Eastbourne – di cosa si parla quando si parla di completezza e adattabilità -; un rendimento costante e un picco visibile a occhio nudo per l’allievo di Gipo Arbino, se proprio dobbiamo cercarlo: l’incredibile semifinale di Roma contesa contro ogni logica a Novak Djokovic per ore, che rimarrà impressa a fuoco nella memoria dell’appassionato nei secoli dei secoli. Ha patito un discreto calo nella seconda parte di stagione, Sonego, con la brutta sconfitta subìta in Davis contro Borna Gojo – decisiva per le sorti della Nazionale – come sgradito ammazzacaffè. La tendenza è comunque in rialzo, e le fiches su di lui conviene continuare a puntarle. VOTO 7.

2. Jannik Sinner (10 ATP)

Eccolo qui, il kid di Sesto Pusteria, responsabile della doppietta italiana nella Top 10 ATP di fine anno come mai prima nella storia. Di lui e del capobranco, Matteo Berrettini, si è già scritto e riscritto di tutto, mentre qui si è voluto dar maggior spazio ai gregari, con la massima e imperitura ammirazione che di questi ultimi ha un cultore dei tubolari. Quattro titoli con la perla del 500 a Washington, una finale Mille, prospettive incalcolabili. Il miglior giovanissimo del mondo può aver accusato qualche calo, a vent’anni glielo si potrebbe concedere, e sicuramente dovrà sistemare gioco di volo e seconda di servizio, ma il tempo tendenzialmente dovrebbe essere a favore. La sua massima colpa, secondo molti, quella di mostrare un gioco monocorde. Sarà, ma quel tempo sulla palla ce l’ha lui, e forse altri due o tre praticanti al mondo. VOTO 8.

1. Matteo Berrettini (7 ATP)

Il nostro capoclassifica ha silenziato molti scettici, non tutti solo perché nell’insidioso parterre degli addetti ai lavori più di qualcuno palesa gravi difficoltà al momento di inserire la retromarcia, persino quando il muso della macchina rasenta il muro. Una stagione storica, quella di Matteo, basterebbe la finale a Wimbledon per giustificare l’impegnativo aggettivo. Il titolo al Queen’s la ciliegina sulla torta di un’annata che chissà cosa sarebbe potuta diventare senza il triplice stop imposto da muscoli di cristallo, causa di molteplici pause forzate purtroppo coincise con momenti topici. Prima il niet ai Giochi di Tokyo con conseguente coda di amare polemiche; poi il crack nella drammatica nottata delle Finals al cospetto di Sascha Zverev, quando un italiano, chi l’avrebbe mai pensato, si giocava da padrone di casa la posta massima nel raduno dei maestri, e la successiva rinuncia alla Davis. Si spera che i difetti del motore non siano strutturali; che la manutenzione goduta durante l’off season possa essere viatico a una nuova stagione da trascorrere in piena salute. Se così sarà, non ci peritiamo di pronosticare la terza qualificazione alle Finals di Matteo e chissà, qualche colpo grosso nei torneoni che contano davvero. VOTO 8,5.

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