Pro o contro la nuova regola del super tiebreak finale nei tornei del Grande Slam? Così la pensano i tennisti

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Pro o contro la nuova regola del super tiebreak finale nei tornei del Grande Slam? Così la pensano i tennisti

La ITF ha annunciato che tutti i set decisivi ai major si concluderanno con un tie-break a 10 punti. Finora ogni Slam aveva il proprio approccio alla conclusione delle partite

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Rafael Nadal - Australian Open 2022 (Twitter - Australian Open 2022)
Rafael Nadal - Australian Open 2022 (Twitter - Australian Open 2022)
 

Traduzione integrale dell’articolo di di Joel Drucker pubblicato su tennis.com il 17 marzo 2022

La settimana appena trascorsa ha portato con sè una grande novità nel mondo tennistico; l’ITF ha infatti annunciato che tutti i set decisivi nei major si sarebbero conclusi con un tiebreak a 10, già a partire dal prossimo Roland Garros. Fino ad oggi invece, ciascuno dei tornei dello slam aveva affidato la conclusione dei set definitivi ad una propria e personale regola (in Australia il super tiebreak, in Francia niente tiebreak, a Wimbledon tiebreak sul 12 pari, a New York tiebreak classico). Come ogni cambiamento che si rispetti, anche questo è destinato a suscitare avversione tra i puristi del tennis, tra i tifosi più tradizionalisti. Non si possono però non analizzare con un certo distacco e una punta di razionalità le novità e le conseguenze di questo cambiamento. Taylor Fritz, fresco vincitore del torneo di Indian Wells, durante il suo percorso verso la finale ha vinto ben due partite consecutive al tiebreak decisivo del terzo set. Il giovane americano, che sa bene cosa si prova in queste situazioni, sembra avere una chiara opinione: “Penso che forse per i fan possa essere più emozionante vedere questo tipo di tie-break finale” dice riguardo alla nuova regola che vedrà concludere le partite dei tornei dello slam con un tie-break a 10. “Ma in un certo senso mi mancherà anche guardare quelle partite che vanno avanti fino al 20 pari o al 14 pari. Sono delle vere e proprie battaglie. D’altro canto è davvero terribile per i giocatori, perché se hai giocato una partita di quel genere, sarai del tutto esausto e incapace di giocarti il match successivo. Quindi sì, è la tradizione e mi mancherà vedere quelle battaglie in campo, ma allo stesso tempo penso sia una cosa buona per i fan e soprattutto per i giocatori, per poter andare avanti nel torneo. Se in futuro mi capiterà di trovarmi in una situazione simile, sarò di certo felice di questa nuova regola”.

Sempre durante il torneo di Indian Wells, dopo la vittoria contro Opelka, in due set terminati entrambi al tiebreak, anche Rafa Nadal si sofferma sulla questione. “Beh, in realtà non mi interessa un granché dice il 21 volte campione slam. “Onestamente non ho una chiara opinione al riguardo. Non sono né favorevole né contrario. È così che è stato deciso. Felice o no? Non mi importa. Onestamente non credo che farà una così grande differenza. Non penso che questa regola avrà un grande impatto nel Roland Garros. A mio parere, il più grande impatto lo si avrà a Wimbledon, dove a volte è difficile fare break e le partite possono diventare molto lunghe. Ma non al Roland Garros. Sì, a volte si gioca qualche game in più, ma non è che si arrivi normalmente 22-20. Invece a Wimbledon può capitare”.

Anche Dimitrov ci offre il suo punto di vista, dopo aver sconfitto per 6-3 7-6 (6) John Isner, non proprio un estraneo a interminabili quinti set negli slam. “Penso sia ottimo così. Dà l’opportunità di recuperare più in fretta e c’è più uniformità tra i tornei” “È una buona notizia” dichiara la commentatrice di Tennis Channel Martina Navratilova. “Dicevamo da tempo che si sarebbe dovuto fare. Dovrebbe esserci lo stesso finale per tutti e quattro i tornei”. “È una cosa buona” dice Dean Goldfine, coach di Sebastian Korda. “Prima era abbastanza ingiusto. È bello che si possa scorgere la fine in un match”. Parlare di tiebreak ha naturalmente innescato un’indagine su cosa serve per giocarseli al meglio.

Nadal, dopo aver appena neutralizzato il pericoloso Opelka, ci ha offerto una risposta dalla quale molti giocatori possono imparare qualcosa. “Non ve lo so dire” ha iniziato. “Potrei inventarmi una storia, ma onestamente non ho un segreto o una cosa che sono sicuro possa funzionare. Posso dirvi cosa ho provato a fare e cioè, non farlo giocare da una buona posizione, specialmente sul mio servizio. Ho cercato di giocare con un’alta percentuale di prime, specialmente nei tiebreak, perché se inizi a non mettere la prima, gli apri la possibilità di rispondere forte e il tie ti scivola subito dalle mani”. “Cerchi di rimettere la palla in campo sulla risposta, di trovare il giusto equilibrio tra il non giocare in modo troppo aggressivo, per evitare gli errori, e non giocare troppo in difesa, perché si sa che lui ha un ottimo diritto e che andrebbe subito a cercare il vincente. Giocare contro uno come lui è tutta una questione di trovare il giusto equilibrio tra prendere rischi e giocare abbastanza aggressivo, ma non troppo, e non lasciarlo giocare da posizioni comode”.

Per Fritz è importante prestare attenzione a cosa è successo nei 12 game precedenti. Hai giocato un intero match, e quindi sai cosa ha funzionato per te e hai capito anche cosa ha funzionato per il tuo avversario. Quello che vorrai quindi sarà tenere lontane le cose che hanno funzionato per il tuo avversario e dettare il tuo gioco il più possibile, mettendolo in difficoltà. Una buona parte quindi la fa la gestione del tutto, come continuare a fare il tuo gioco e la tua strategia, gestire le tue cose, ma allo stesso tempo capire cosa sta cercando di fare il tuo avversario”. La flessibilità di pensiero mostrata da Nadal e Fritz in quest’occasione è ben lontana da quello che accadde quando fu introdotto per la prima volta il tiebreak nel 1970. A quel tempo, molti professionisti si mostrarono furiosi per questo nuovo approccio “troncato” del punteggio, soprattutto visto che il tiebreak inaugurale era una sorta di “morte improvvisa”, vedendo vittorioso il giocatore che per primo raggiungeva i 5 punti.

Ma in primis l’obiettivo era quello di creare un’esperienza più piacevole per i tifosi. Infatti, come disse l’allora direttore dello US Open Bill Talbert, “Non sono i giocatori a pagare i biglietti delle partite”.

Traduzione di Claudia Marchese

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