Serena Williams, la fine di un'era e il desiderio della famiglia. Da quella sconfitta con Vinci la lenta discesa

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Serena Williams, la fine di un’era e il desiderio della famiglia. Da quella sconfitta con Vinci la lenta discesa

Il recente annuncio su Vogue della campionessa Serena Williams ha scosso il mondo del tennis, e tutto iniziò in quello US Open 2015

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Serena Williams - Wimbledon 2022, Credit AELTC Jon Super
 

Un’icona, una leggenda, un nome che basta a scatenare caterve di ricordi e record, di braccia al cielo e sorrisi. Un volto, un cognome che sanno di rivalsa e di rivincita, di chi nella vita dal punto più basso è arrivato a danzare con le stelle. In poche parole, Serena Williams, LA tennista del terzo millennio finora, perché la WTA si è sempre identificata in lei, finché il fisico lo ha permesso. Elencare tutti i titoli è un lavoro d’archivio che non potrebbe bastare a ritrarre la grandezza di una donna, prima che una sportiva, che ha sfruttato il suo talento e la sua notorietà per sensibilizzare anche sui problemi razziali, di genere. Eppure, arriva un momento in cui semplicemente non si può più tenere il livello sempre mostrato, in cui ci si guarda indietro e pensando al futuro si capisce che è forse arrivata l’ora di calare il sipario. E così, l’altro giorno, dopo la vittoria contro Parrizas-Dias al primo turno del WTA 1000 di Toronto, su Vogue (magazine di moda dove anche Sharapova, l’unica che può dirsi rivale di Serena, annunciò il suo ritiro) Serena Williams ha detto stop.

Più di 1000 vittorie, 23 Slam, record di settimane consecutive al n.1 (e tanto altro ancora): l’americana ha deciso di lasciarsi alle spalle il tennis dopo il “suo” US Open, per dedicarsi a “quell’altra vita”, che gli sportivi spesso sognano, quella di una famiglia, da vivere a tempo pieno. Su Vogue (come riportato da Gianluca Sartori qualche giorno fa), in conclusione del lungo servizio, Serena lancia due messaggi importanti, sia sull’importanza di suo marito e sua figlia, sia sulla problematica femminista ancora una volta, anche in questo momento di addio (la parola “ritiro” è troppo dura, Serena non la usa mai). Perché abbandonare il campo, l’adrenalina è una cosa, ma pensare che una Donna del genere potrà mai smettere di impegnarsi per i più deboli come fa da una vita intera… è pura follia.

Ma, per quanto la notizia possa scuotere e agitare, sarebbe fuori luogo stupirsene come se fosse inaspettata. Sono anni che Serena non gioca con costanza, in cui non è più quella di una volta, addirittura non vince uno Slam dall’Australian Open del 2017. Eppure, il reale giorno in cui il suo strapotere finì, in cui anche lei tornò a riscoprirsi umana, è ancora più lontano nel tempo: 11 settembre 2015, New York, Flushing Meadows, Arhtur Ashe Stadium, semifinale dello US Open, una delle ore più fulgide del tennis italiano. Serena Williams, a due partite dal Grande Slam, affronta Roberta Vinci, in una partita dall’esito scontato… ma il vento del destino quel giorno spirò diversamente, regalò la vittoria della vita all’azzurra, e fu il primo segnale che le fondamenta di un impero stavano iniziando a cedere, che quelle stelle pian piano si facevano sempre più tenui. Da allora, infatti, Serena ha vinto solo altri due Slam, ha perso il primato, e ha iniziato pian piano il suo declino.

 

Tutto per mano di una pugliese, una ragazza che voleva solo vivere un sogno, e oggi, quasi 7 anni dopo, ricorda quei momenti sulla Gazzetta dello Sport, nel servizio di Paolo Bartezzaghi. “Ero pronta a tornare“, dice Vinci, “il giorno prima della semifinale avevo già chiamato l’agenzia di viaggio per il volo. Serena era numero 1 e giocava a casa sua; è stato un ribaltone incredibile, dopo aver perso il primo set. Non ho mai mollato. Mi ero detta che non avrei dovuto accontentarmi e che mi sarei dovuta godere la prima semifinale in uno Slam, vivendola in modo positivo“. Ai tempi non sembrava così, ma oggi è chiaro che Roberta inflisse un colpo duro da digerire a una delle carriere più ricche della storia dello sport, dando l’inizio ad una lenta fine: “Non ne abbiamo mai parlato, non c’è stata occasione, ma quella sconfitta l’ha segnata tanto. Per un periodo non giocò più, non se l’aspettava. Per una come lei, un conto è perdere con Sharapova o Azarenka, un conto con la Vinci“.

E da quella sconfitta, che la riportò tra i comuni mortali proprio per aver perso contro una giocatrice di un livello decisamente più basso, ad oggi, ne è passata di acqua sotto i ponti. Serena ha 40 anni, è una madre, l’attuale n.1 al mondo sarebbe nata dopo due anni quando lei vinse il suo primo Slam, tante delle giocatrici che l’hanno accompagnata ai suoi successi (venendo spesso sconfitte) si sono ritirate, e probabilmente sua sorella Venus sarà la prossima. Ma una cosa non è cambiata, e mai cambierà: l’amore, il rispetto, l’ammirazione che tutto il mondo, tennistico e non, ha e porterà con sé verso una giocatrice unica, una lottatrice che ha reso il fango diamanti, consapevoli della fortuna di aver potuto assistere direttamente alle imprese di Serena Williams da Saginaw, Michigan.

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WTA Miami, Kvitova dice la sua sulla decisione di Wimbledon: “Capisco la scelta ma avevo apprezzato di più il ban dell’anno scorso”

In finale contro Rybakina Petra si gioca anche la possibilità di tornare in top 10 e dice: “Rispetto a quando ero più giovane, sono più felice quando vinco”

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Petra Kvitova - Miami 2023 (foto Ubitennis)

A 33 anni Petra Kvitova ha ancora tanta voglia di giocare a tennis e vincere. E sebbene durante la sua carriera abbia raccolto diversi risultati prestigiosi, c’è ancora spazio per alcune prime volte. Quella di stasera contro Elena Rybakina sarà infatti la sua prima finale a Miami. Ma soprattutto, dopo qualche anno passato più nell’ombra, ma comunque sempre restando nell’élite del circuito femminile, Petra ha la possibilità di riprovare sensazioni già vissute in passato: in caso di affermazione sulla kazaka tornerebbe infatti tra le prime 10 giocatrici del mondo per la prima volta da settembre 2021 e conquisterebbe nuovamente un titolo 1000 dopo cinque anni. E lei stessa dice che il sapore della vittoria è più gustoso adesso che agli inizi della sua vita tennistica: “Quando ero più giovane, non pensavo così tanto come faccio ora. Non avevo niente da perdere e mi limitavo a colpire da tutte le parti, e a volte entravano in campo. Quindi penso che adesso sia mentalmente un po’ più faticoso, ma d’altro canto, sono più felice quando vinco”.

Oltre a parlare del suo match di semifinale contro Cirstea e della sua prossima avversaria, rispondendo a una domanda sulla decisione di Wimbledon di riammettere i giocatori russi e bielorussi, Petra si è anche esposta su questo tema piuttosto bollente: “Ho sempre espresso la mia posizione contro la guerra. Sicuramente sono più preoccupata per il popolo e i giocatori ucraini. Mi rendo conto che l’anno scorso Wimbledon ha avuto un momento difficile con la rimozione dei punti per via dell’esclusione di russi e bielorussi e russi. Però ho apprezzato molto la scelta dell’anno scorso e penso che non dovrebbero essere ammessi, nemmeno alle Olimpiadi che esistono proprio come simbolo contro la guerra. Su questo sono dalla parte dell’Ucraina”.

Di seguito le altre risposte di Kvitova in sala stampa.

 

D: La partita sembrava stesse andando dalla parte di Cirstea, era in vantaggio 5-2, 0-30  sul tuo servizio, poi 5-4, 40-15. Cos’è successo poi? È stata lei a innervosirsi o sei stata tu a prendere in mano la situazione?

KVITOVA: Probabilmente un po’ entrambe le cose. Sui due set point per lei ho messo in campo due buone risposte. E lei ha sbagliato un po’. Poi ho mantenuto lo slancio e ho servito meglio. Questa è stata sicuramente la chiave, perché lei ha servito molto bene per tutto il match. È stato molto difficile.

D: Non avevi mai superato i quarti di finale qui, cosa c’è di diverso questa volta?

KVITOVA: Credo di aver giocato abbastanza bene già a Indian Wells. Perdere nei quarti di finale lì mi ha fatto male, è stata una partita molto dura contro Maria [Sakkari, ndr]. È stato difficile archiviare la sconfitta. Quando sono arrivata qui stavo un po’ meglio e mi sono sentita subito bene in campo. Naturalmente le condizioni non sono uguali, ma mi piace anche di più qui. Il campo è un po’ più veloce e le palle viaggiano. E il mio servizio sta funzionando molto bene.

D: Hai affrontato Elena [Rybakina, ndr] due volte negli ultimi sei mesi. Una vittoria e una sconfitta. Lei sta giocando molto bene in queste settimane. Come vedi la partita di domani [oggi, ndr]?

KVITOVA: Sì, sta giocando molto bene, ha vinto a Indian Wells ed è arrivata in finale anche qui. Sicuramente è un risultato importante. È una big server e una grande colpitrice. Anche io lo sono quindi dipenderà tutto da come riusciremo a gestire la pressione dell’avversaria.

D: Hai raggiunto la tua prima finale WTA 1000 12 anni fa e ora ci sei tornata. Cosa pensi che dica di te questo e quanto sei orgogliosa di essere stata in grado di raggiungere queste grandi finali, di ottenere questi grandi risultati nell’arco di tutta la tua lunga carriera?

KVITOVA: Beh, credo di non essere mai stata una giocatrice costante, devo dire. Più che altro ho avuto tanti alti e bassi per tutto il tempo. Forse adesso sono più esperta. Sicuramente sono orgogliosa per come ho gestito queste partite qui, soprattutto quando mi sono trovata in svantaggio nei vari set. Questo è davvero importante.

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La rinascita del tennis francese passa anche dal 18enne Luca Van Assche: “Sinner, Alcaraz e Rune sono un riferimento” [ESCLUSIVA]

Il classe 2004 transalpino arriva da 8 vittorie consecutive, in semifinale a Sanremo non ha intenzione di fermarsi: “Voglio arrivare il più in alto possibile”

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Luca Van Assche - ATP Challenger Sanremo 2023 (foto Tullio Bigordi)

Il Challenger 125 di Sanremo ha progressivamente visto diminuire, turno dopo turno, il numero di italiani in gara. Erano ben 15 gli azzurri ai nastri di partenza, con 7 derby che si sono disputati durante il torneo. Sabato però, a partire dalle 13.30, le semifinali vedranno impegnati un francese, un ceco, un peruviano e un belga, visto che nessun rappresentante del Bel Paese è riuscito a spingersi oltre i quarti.

Sia chiaro, non è l’inizio di una barzelletta, bensì la (quasi) fine del torneo sanremese, alla sua seconda edizione consecutiva in cui è passato dalla categoria ’80’ del 2022 – con il grande successo di Holger Rune – alla attuale categoria ‘125’. Ad aprire il programma (alle 11) sarà la finale di doppio, che vedrà opposti Cornea/Skugor e Cacic/Demoliner. A seguire, non prima delle 13, nella prima semifinale di singolare si affronteranno il ceco Vit Kopriva e il talentuoso francese Luca Van Assche, che si è raccontato ai nostri microfoni dopo la vittoria di ieri nei quarti di finale. A ruota anche la seconda semifinale, che vedrà opposti Juan Pablo Varillas, peruviano e prima testa di serie, e il belga Kimmer Coppejans.

“Ieri ho giocato un gran match, sono contento di aver raggiunto la semifinale qui dopo tre buone partite” – ha dichiarato il giovane classe 2004 transalpino, prossimo ormai all’ingresso in top100. Nella classifica live, infatti, Van Assche è n°101 ATP: con una vittoria oggi entrerebbe nell’élite del tennis maschile, salendo al n°97 (arriverebbe al n°89 o n°90 in caso di titolo). “Uno dei grandi obiettivi di questa stagione era vincere nuovamente un challenger ed entrare in top100, ci ha raccontato il francese. “Al momento ne ho vinto uno – la scorsa settimana a Pau, in Francia, battendo tutte le prime 3 teste di serie, ndr – e sono molto vicino ad entrare tra i primi 100. Spero di vincere oggi in modo da riuscirci subito, ma se così non sarà è solo questione di tempo, sono sulla buona strada.

 
Luca Van Assche – ATP Challenger Sanremo 2023 (foto Tullio Bigordi)

Forte anche di una striscia aperta di 8 successi di seguito, a questo punto è probabilmente il caso di ridefinire gli obiettivi stagionali, alzando l’asticella. “Spero di giocare al meglio sulla terra, devo dire che ho iniziato piuttosto bene (sorride, ndr). Per essere il primo torneo stagionale sul rosso non posso lamentarmi, oggi gioco una semifinale importante e sono molto contento del mio percorso. Per il resto della stagione non mi pongo limiti, spero di arrivare più in alto possibile.

A 19 anni da compiere (il prossimo 11 maggio) Luca ha già vinto due challenger, diventando il primo tennista nato nel 2004 a trionfare in questo genere di tornei. Non deve certo essere semplice raccogliere l’eredità di una generazione che ha sfornato diversi top10, tra cui Simon, Tsonga, Gasquet e Monfils. Il transalpino, però, non si pone limiti: “È chiaro che non facile, in Francia sono stati molto criticati nel corso della loro carriera nonostante tutti siano stati top10. Sono delle leggende per il nostro sport, spero vivamente di poter seguire le loro orme”.

La miglior gioventù sta accumulando grandi risultati anche nel gotha del tennis mondiale, come testimoniano i continui record infranti da Carlos Alcaraz o il match straordinario vinto nella notte da Jannik Sinner contro lo spagnolo. Di recente Holger Rune ha dichiarato che gli piacerebbe poter essere un membro dei nuovi big3, insieme proprio a Carlos e Jannik. E chissà che anche Luca non possa inserirsi in questa cerchia ristretta: “Mi piacerebbe molto, anche se al momento Sinner, Alcaraz e Rune sono i migliori giovani in assoluto e il riferimento per tutti noi. Mi auguro che tra qualche tempo potrò giocare e vincere anche contro di loro”.

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ATP Miami, Alcaraz: “Ho perso il numero 1? Ora riesco solo a pensare a come battere Sinner”

“Ho pensato fosse imbattibile” così lo spagnolo ricorda alcuni punti del match, prima di fare mea culpa. “Ho avuto i crampi dall’inizio del terzo set ma non ho perso per questo. La pausa mi ha tolto il ritmo”

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Carlos Alcaraz - Miami 2023 (foto Ubitennis)

Il tennis cercava una rivalità spettacolare? Sinner e Alcaraz hanno risposo ‘presente’ alla chiamata dando vita ad una semifinale spettacolare nel Mastrs 1000 di Miami, vinta dall’italiano in rimonta dopo tre ore. A questo link vi avevamo proposto le risposte (sia alla stampa straniera che a Ubitennis) di Jannik, mentre di seguito vi proponiamo quelle dello spagnolo Carlos Alcaraz, un giovane gentleman sia nella vittoria che nella sconfitta.

D: Un’altra epica battaglia con Jannik. Cosa pensi abbia fatto la differenza alla fine?
CARLOS ALCARAZ: Beh, è ​​stata una partita molto combattuta, credo. Ho avuto le mie occasioni per fare break nel secondo set e servire per il match, ma in realtà contro Sinner è sempre una dura battaglia; è difficile esprimerlo a parole, ma penso che sia stato un grande incontro per entrambi.

Q. Nel terzo set sembrava che avessi dei crampi. Cosa ti passava per la mente? Com’era la tua salute?
CARLOS ALCARAZ: Beh, sono andato in bagno tipo per cinque minuti e sì, tutto è andato un po’ giù per me. Mi sono fermato e comincio ad avere un po’ di crampi. Dopo una partita davvero dura è ​​dura fermarti per cinque minuti. So che sono stato io, ma non è stato un bene per me, ma sì, è stata una partita davvero dura fisicamente. Ho lottato con alcuni problemi nel terzo set. Solo crampi, ma è stata dura (sorride). Ho iniziato ad avere i crampi all’inizio del terzo set, ma non è stato questo il motivo per cui ho perso il match. Ovviamente Jannik è stato migliore di me nel terzo set. Questa è la verità.

 

D: Puoi parlare un po’ di quel punto sul 4-2, 0-15? Punto incredibile, te lo ricordi? Puoi descrivere cosa ti è passato per la mente quando hai visto il suo passante?
CARLOS ALCARAZ: Sì, ricordo quel punto. Era un punto incredibile. Quando ho perso quel punto, la prima cosa che mi è venuta in mente è che fosse imbattibile, questo ragazzo. Sì, ma sai, abbiamo giocato una grande partita, penso che entrambi siamo di grande livello. Gli ho strappato il servizio in quel game, se ricordo bene. Ma ovviamente contro Jannik ci sono sempre grandi punti come questo.

D: Carlos, hai perso il numero 1. Hai perso il titolo. Hai perso il Sunshine Double. Quale di questi significa di più per te che hai perso, o il fatto che tu abbia perso una semifinale è tutto ciò che conta davvero?
CARLOS ALCARAZ: Per me è come se avessi perso la semifinale. Non penso di aver perso il numero 1, ho perso il Sunshine Double. Non ci penso. Certo che è un peccato ma ho avuto l’opportunità di conquistare il Sunshine Double; quello che voglio dire è che pensodi avere altri anni per provare ad ottenerlo. Ma tutto quello a cui riesco a pensare è migliorare il mio livello per battere Jannik. Sì, per me è appena finita una semifinale di un torneo con una sconfitta.

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