Sabalenka, primo trionfo Slam (Crivelli, Bertellino, Martucci). Djokovic o Tsitsipas, si fa la storia (Crivelli, Azzolini, Fiorino, Semeraro)

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Sabalenka, primo trionfo Slam (Crivelli, Bertellino, Martucci). Djokovic o Tsitsipas, si fa la storia (Crivelli, Azzolini, Fiorino, Semeraro)

La rassegna stampa di domenica 29 gennaio 2023

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Il primo trionfo Slam della tigre di Minsk (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La Principessa Guerriera, uno dei suoi soprannomi, finalmente ha trovato il suo trono. Lasciati alle spalle i tormenti che l’avevano accompagnata nei momenti decisivi della carriera, la Sabalenka è campionessa Slam. Più solida e più coraggiosa della Rybakina, regina di Wimbledon, la bielorussa rimonta il set di svantaggio e questa volta non trema di fronte a tre match point non sfruttati, abbandonandosi alle lacrime di liberazione: «Questo è il più bel giorno della mia vita. Sono felice e sono orgogliosa di me stessa L’ultimo game? Sapevo che era difficile, nessuno mi aveva mai detto che sarebbe stato semplice vincere uno Slam, così mi sono detta di lottare, di crederci fino alla fine. Le sconfitte che ho subito in passato sono state dure da digerire, ma mi hanno fatta diventare quella che sono adesso. È stato un percorso complicato che però rende ancora più dolce questa vittoria». Per talento tecnico e atletico, la Sabalenka possiederebbe le stimmate della dominatrice e non della meteora come accaduto a tante, troppe recenti vincitrici Slam, e forse il trionfo a Melbourne potrebbe rappresentare quel clic mentale per diventare il faro del movimento femminile. Un destino già scritto fin da quando, a sei anni, vide dei campi da tennis e convinse papà Sergey, ex hockeista, a portarla a giocare. La prima allenatrice, Elena Vergeenko, si accorse subito che la bambina non si accontentava di arrivare seconda, anche se era indisciplinata, tanto che la cacciò quando aveva 11 anni. Arrivata ai 18 da grande promessa, Sabalenka decide di tatuarsi il volto di una tigre sull’avambraccio sinistro, perché l’animale simboleggia l’anno in cui è nata secondo l’astrologia cinese ma anche il suo spirito combattivo. […] Per salire di livello, ha modificato il servizio con un professore di biomeccanica: «Come festeggerò? Pizza, dolci e champagne». Cin cin Principessa.

Finalmente Aryna ha battuto la paura (Roberto Bertellino, Tuttosport)

 

Il sorriso che libera, dopo il pianto dallo stesso effetto e prima di iniziare a metabolizzare la vittoria più importante di carriera. La conquista al termine di un percorso tecnico, ma soprattutto personale. Così Aryna Sabalenka, 24enne di Minsk senza bandiera perché bielorussa, ha rotto l’incantesimo. E’ lei a succedere nell’albo d’oro del primo Slam di stagione a Ashleigh Barty. Applausi nella Rod Laver Arena che ha saputo apprezzarne la potenza ma anche la delicatezza sbarazzina, stampata in volto e spesso in contrasto con i fendenti scagliati a volte a velocità maschili. Meritata la sua affermazione arrivata dopo 2 ore e 28 minuti contro la campionessa in carica di Wimbledon, Elena Rybakina, 23enne kazaka nata a Mosca. In rimonta al termine di una partita di grande qualità per entrambe. Nel primo set la bielorussa ha dovuto lottare con le tante paure di sempre riuscendo a superarle solo a tratti e cedendo il break poi decisivo poco dopo aver pareggiato i conti (4-4). […] La nuova forza di Aryna è però emersa proprio nelle difficoltà. È ripartita nel secondo set aumentando le percentuali di quel servizio messo a posto anche grazie alla biomeccanica (ben 17 gli ace messi a referto alla fine) e cambiando di più il gioco costringendo a maggiori spostamenti la sua avversaria. Vinta la seconda frazione ha proseguito nella marcia di avvicinamento al titolo e colto il break nel settimo game ha dovuto ancora servire due volte per gioire e al quarto matchpoint ha chiuso. «È il più bel giorno della mia vita e sono orgogliosa di me stessa. Sapevo che l’ultimo game sarebbe stato difficile, ma sapevo che conquistare uno Slam non sarebbe stato agevole. Così mi sono detta di lottare e crederci fino alla fine, mantenendo la calma e gestendo la situazione fino al termine. Le sconfitte subite in passato sono state dure da digerire, ma mi hanno fatto diventare ciò che sono oggi, la nuova Aryna che avete davanti. Un percorso complesso che rende ancora più dolce questa affermazione. Avere visto prima di me Victoria Azarenka raggiungere traguardi così importanti mi ha dato la fiducia per credere nelle mie possibilità». […]

Sabalenka, dalla Bielorussia con furore (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Piangi, Aryna Sabalenka, dai minacciosi muscoli e dal dolce sorriso. Piangi, e trema, continua a tremare, anche dopo aver raccontato in mondovisione quanto sei felice per il primo trionfo Slam, dopo 3 semifinali sfortunate, dopo l’incubo dei doppi falli, i soliti, angosciosi, traditori, doppi falli, conditi dai risolini un po’ ironici e un po’ compassionevoli degli spogliatoi. Piangi, nuova regina degli Australian Open, e intanto ridi, mentre dedichi quest’indimenticabile successo al team: «Abbiamo avuto tanti alti e bassi, abbiamo combattuto tante battaglie, abbiamo atteso talmente tanto che mi sentivo un po’ in colpa perché questo risultato non arrivava. Dopo Dubai, coach Anton (Dubrov) mi ha chiesto se volessi lasciarlo per tentare nuove strade». […] «Provo soprattutto un grande sollievo. Sono super contenta, orgogliosa. E’ il miglior giorno della mia vita». Servizio e rovescio sono il marchio distintivo sia della 24enne bielorussa Sabalenka che gioca senza bandiera e senza inno per le sanzioni contro gli invasori dell’Ucraina («Tanto tutti sanno da dove vengo») che della russa con bandiera kazaka, la 23enne Rybakina, regina di Wimbledon. Aryna è fuoco, emozioni, urlacci, Yelena è ghiaccio, freddezza, silenzi. La possente amazzone di 1.82 di Minsk è più forte da fondo ma dipende da servizio-risposta, la “Bambi” di Mosca di 1.84 è da servizio-rovescio. Il tallone d’Achille di Sabalenka: la seconda di servizio. Quello della Rybakina: i complicati allunghi sul dritto, anche se chissà perché Aryna lo ignora per tutto il primo set. Aryna, enigmatica Aryna, che si fa prendere dalla tensione. Quest’anno è imbattuta in 11 match; 12 mesi fa ad Adelaide ha sommato 21 doppi falli ai 18 del primo match. «Tutto a posto, stai bene?», s’era preoccupata l’arbitro. «Ci sto provando ma non posso servire meglio», aveva piagnucolato “La Tigre” di Minsk, ormai gattino. Che, dopo il ko contro Kanepi agli ottavi di Melbourne, ci scherzò su: «Sono felice, ho fatto solo 15 doppi falli». Aveva accettato il problema, con l’aiuto di un ingegnere biomeccanico «per correggere lancio di palla, sincronia, bilanciamento, equilibri». «Ma i dubbi su me stessa creavano tensione. Mi chiedevo: “Perché mai mi chiedono un autografo? Non ho vinto uno Slam”. Ho imparato a rispettarmi di più, ho capito che se sono qui è perché lavoro duro e sono una buona tennista. E quando sono in difficoltà lo ricordo a me stessa». […] Aryna, dolce Aryna: parlaci del primo doppio fallo sul 4-6 6-3 5-4 di quest’agognata prima finale Slam e dei 4 match point. «Ovviamente ero un po’ nervosa. Mi ripetevo: “Nessuno ti ha detto che sarebbe stato facile, devi lavorare su ogni punto, fino alla fine”. È stato un game duro ma sono super felice di aver gestito tutte le emozioni e vincerlo». Alla fine sono 51 vincenti (17 ace) e 28 errori gratuiti (7 doppi falli). «Tutto quello che ho passato mi rende il successo più piacevole. Avevo bisogno di quelle dure sconfitte per conoscermi meglio: sono stati una preparazione della nuova Aryna». Che piange ancora, ma di gioia.

Per la Storia (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Guerre stellari. L’impero di Djokovic colpirà ancora oppure il risveglio di una giovane forza consegnerà le chiavi dell’universo al nascente cavaliere Tsitsipas? Il tramonto australiano consegnerà il vincitore del duello più atteso direttamente alla storia. Quella di Novak si arricchirebbe di nuovi capitoli, estendendo la magia di un romanzo infinito destinato a lasciare un’impronta incancellabile sul tennis: il titano serbo disputa la decima finale sulla Rod Laver Arena e le altre nove le ha vinte tutte, perciò può diventare il secondo giocatore di sempre ad andare in doppia cifra in uno Slam dopo le 14 perle di Nadal al Roland Garros. Già, Nadal, il vero obiettivo del Djoker, perché salire a quota 22 Major vinti come il satanasso maiorchino, e con la prospettiva di avere in futuro più occasioni dell’eterno rivale per allungare la serie, rappresenterebbe una tappa fondamentale nella corsa al più grande di tutti i tempi. E poi la finale di oggi è pure impreziosita dalla cornice dorata del numero uno, in palio per chi alzerà la Norman Brookes Cup: il più forte si prende tutto. Ma la prima vittoria Slam e il conseguente primato nel ranking rappresentano anche per Tsitsipas, il fiero avversario, un’occasione straordinariamente sostanziosa: comincerebbe a bussare alle porte della leggenda, primo greco a conquistare uno dei quattro tornei principali e a issarsi al numero uno del mondo. Di certo, nonostante le sorprese che gli Australian Open hanno disseminato lungo la strada, all’ultimo atto sono approdati i migliori, ancora imbattuti in stagione (11 successi per Novak, 10 per Tsitsi) e in grado di elevare il livello più le partite aumentavano di intensità e valore. Semmai, sarà interessante capire quale atmosfera si creerà attorno ai duellanti: Djokovic all’arrivo in Australia ha riscoperto la passione della gente nonostante le vicende Covid di un anno fa, ma le fresche polemiche sul padre con i tifosi pro Russia rischiano di alienargli un po’ del patrimonio d’affetto riconquistato, tanto che i giornali locali stanno chiedendo al genitore di non ripresentarsi nemmeno per la finale, dopo la «punizione» in semifinale. Quella di Tsitsipas, invece, è una luna di miele perenne, favorita dagli oltre trecentomila abitanti di Melbourne di origine greca. Il confronto tecnico, tuttavia, indicherebbe una direzione univoca: Nole ha vinto 10 dei 12 confronti diretti e gli ultimi nove. Ritmo da fondo e risposta del serbo sono armi indigeste per il greco, ma tra i grandi ex che si sono avventurati in un pronostico, non tutti sono convinti di un Djoker solo al comando. John McEnroe, ad esempio, concede molto credito a Tsitsi: «Ha soluzioni di gioco che possono mettere in difficoltà il rivale. Novak è favorito, ma non sarei stupito se il greco regalasse una di quelle sorprese che nel torneo non sono mai mancate. Questa è la miglior versione di Stefanos da un po’ di tempo a questa parte, il diritto è letale se lui può girare attorno alla palla. E in Australia si trova sempre bene». […]

The Stef a Melbourne (Daniele Azzolini, Tuttosport)

A volte i grandi tennisti diventano sandwich. O pizze. Ma panini è meglio. Se proprio si avverte il bisogno di fare i conti con l’immortalità, durano più a lungo… Da quaranta e passa anni John McEnroe è per tutti BigMac, la prima pizza tricolore spuntò a Parigi per la vittoria di Adriano Panatta, sui tavoli di Pizza Pino al numero 33 di Avenue des Champs Elysees, e oggi a Melbourne si mangia The Stef, pita e souvlaki, uno spiedino di pollo marinato con verdure grigliate, patate ripassate, pomodori, cipolline e tzatziki, la salsa allo yogurt con i cetrioli, avvolto nella focaccia con la tasca interna. È in onore di Stefanos Tsitsipas, e non deve sorprendere. La Storia ha una risposta a tutto. La grande comunità greca di Melbourne fu la prima a raggiungere lo Stato del Vittoria nell’Ottocento seguendo la rotta tracciata nel 1766 dall’ammiraglio James Cook, un po’ pirata, un po’ gentiluomo, fedelissimo di John Montague, primo lord dell’Ammiragliato britannico, che lo spinse alla conquista delle terre meno note dell’Oceano Pacifico. Montague era il quarto Conte di Sandwich, l’uomo (impegnato al punto da non avere mai il tempo di mettersi a tavola) che dette vita al panino ripieno. Ha un senso parlare di pita, sandwich, souvlaki e tzatziki, mentre Tsitsipas e Novak Djokovic stanno per scendere in campo in una finale degli Open d’Australia che li vedrà per la tredicesima volta di fronte? A suo modo, sì. Tanto più se la comunità greca, come promesso, riuscirà a essere protagonista del match con il suo tifo appassionato, e se la profezia del quotidiano The Age, in un articolo durissimo nei riguardi del padre di Djokovic apparso nell’edizione di ieri a firma Greg Baum, si rivelerà esatta. Papà Djokovic, scrive l’editorialista nelle ultime righe, «ha dato a un considerevole numero di fan australiani che non si sono mai scaldati al nome di Novak, un motivo in più per trattenere ancora una qualsiasi forma di affetto nei suoi confronti». Se davvero l’Australia si schiererà in larga percentuale a favore di Tsitsipas, contro l’uomo dai nove titoli, sarà la cornice di un match che ha di suo innumerevoli incentivi per finire dritto nella storia del tennis. È la seconda finale consecutiva dello Slam che propone un cambio di guardia sulla vetta del nostro sport. Chi vince sarà numero uno, proprio come agli ultimi Us Open, con Carlos Alcaraz che prese il sopravvento su Casper Ruud. […] Tsitsipas sarebbe il numero 29 della serie, il primo greco a farcela, sempre che Atene non voglia naturalizzare il figlio di Sparta Pete Sampras, americano ma di madre nata nella città del Peloponneso. Djokovic invece può ritrovare la vetta dalla quale manca dal 13 giugno scorso e aggiungere nuove settimane al suo record. […] Da Murcia giunge il benestare di Alcaraz. «Chiunque prenderà il mio posto l’avrà meritato più di me». […]

«Tsitsipas attacca o Djokovic ti domina» (Luca Fiorino, Corriere dello Sport)

«Nole è arrivato a questo appuntamento con grande facilità. Stefanos ha confermato di essere un giocatore di livello assoluto. Ci sono tutti i presupposti per assistere a un super match». La finale maschile degli Australian Open si presenta ricca di temi e spunti di interesse. Anche Massimo Sartori è convinto che sarà un grande spettacolo. «La posta in palio è altissima – evidenzia l’ex coach storico di Andreas Seppi, oggi allenatore di Cecchinato e Zeppieri – Entrambi si giocano la prima posizione mondiale e un titolo dello Slam dal significato particolare».

Il greco insegue il primo titolo in un Major, il serbo eguaglierebbe invece Rafael Nadal a quota 22 Slam. Come valuta il percorso dl Djokovic?

Si è visto quanto sia letteralmente dominante. Ha sciorinato un tennis facile che ha reso tanto e gli ha fatto disperdere poche energie. Ha vinto dettando i propri tempi e gestendo al meglio il problema fisico. Per quanto riguarda Tsitsipas, una volta superato Sinner, ho pensato che sarebbe arrivato in finale. Era reduce da un match di quasi tre ore giocato in doppio il giorno prima col fratello Petros, eppure contro Jannik l’ha spuntata lo stesso al quinto set. Uno che vuole vincere uno Slam e fa un numero del genere lo trovi di rado nel circuito.

Ci fa un’analisi tecnico-tattica del match?

Tsitsipas gioca bene di dritto, ma non benissimo. Quando è in ritardo muove spesso il piede indietro prima di colpire e contro tennisti come Nole che giocano veloce concede un vantaggio. Sulla diagonale del rovescio, il serbo prende la palla prima con più anticipo.

Cosa suggerirebbe al greco e come pensa imposterà la partita?

Qualche serve and volley e uno stile molto votato all’attacco. Cercherà di imporre il proprio gioco spingendo più di quanto non faccia abitualmente. Inoltre, dovrà servire con ottime percentuali di rendimento.

Potrebbero sentire la pressione?

Djokovic quando è sotto stress riesce a sfoderare grandi prestazioni. Nei momenti di tensione governa la pressione in un modo diverso da tutti gli altri. Al contrario, Tsitsipas tende ad andare fuori giri.

La finale del Roland Garros potrebbe essergli d’aiuto.

Esatto, ha già avuto la fortuna di vivere una situazione simile. Oggi è un giocatore molto più esperto rispetto a due anni fa. Credo che sia convinto di potercela fare questa volta. Ed è giusto questo atteggiamento.

In conferenza stampa, Nole si è dimenticato di quella sfida.

Che non si ricordasse la vedo dura. Può darsi che ci abbia marciato sopra per creare un po’ di confusione. Non ne ho idea sinceramente.

Tsitsipas ha replicato dicendo anche lui di non ricordarla.

Difficile che si faccia prendere in castagna. In questi casi il suo entourage non smorza mai i toni. Piuttosto gettano ancora più benzina sul fuoco. […]

Djokovic-Tsitsipas, sfida tra generazioni per il trono dei tennis (Stefano Semeraro, La Stampa)

Tutte le finali Slam sono importanti, se c’è in palio il numero 1 lo sono di più. Quella di oggi a Melbourne fra Stefanos Tsitsipas e Novak Djokovic ha contenuti aggiuntivi e un retrogusto epico. Il giovane campione che cerca la consacrazione – sarebbe il primo Number One greco – contro il Patriarca che insegue la Decima vittoria agli Australian Open (su dieci finali) e soprattutto il record di 22 Slam che oggi appartiene in solitaria a Nadal. La nuova generazione che cerca di scalzare definitivamente la vecchia. E poi Atene contro Sparta, perché il multiforme ingegno greco viene dalla capitale, mentre Novak è nato sì a Belgrado ma di Leonida ha tutto tranne che la consapevolezza della sconfitta: resilienza, fame di gloria, mente carnivora in corpo sanissimo. E l’abitudine a vivere nelle Termopili dell’anima, solo contro tutti e al diavolo se il mondo tifa contro. Questo è Djokovic, da qui bisogna passare. È la 13′ volta che i due si incontrano – 10 a 2 per Novak i precedenti – la sesta in una finale, la seconda in una finale Slam. La prima fu a Parigi due anni fa, quando Stefanos dilapidò due set di vantaggio al Roland Garros, prima illuso dal proprio tennis polifonico, arioso, monomane; poi agganciato e triturato dalla mente padrona del Djoker. È una finale che può voltare definitivamente una pagina. Novak sta divorando record dopo record; a Melbourne, dove non perde da 27 partite e finora ha stradominato, ha pagato solo il video in comune con i tifosi pro-Putin di papà Srdjan, che oggi potrebbe ritornare in tribuna ma che qualcuno vorrebbe bandire dal torneo. Di certo Novak parte favorito. «Storicamente serbi e greci vanno d’accordo – ha detto – quindi non dovrebbero esserci problemi (geopolitici, ndr) . Io lo stress lo sento comunque, come tutti, sento l’eccitazione, i nervi tesi perché alla mia età non so quante finali potrò giocare. Ma dal punto di vista del gioco mi sento ancora al massimo, quindi perché pensare a smettere? Voglio fare la storia di questo sport». Stefanos n. 1 lo è stato da junior, «e punto ad esserlo anche da grande. È una strada lunga, ma sento di avere una chance di vincere il torneo, e con i miei successi voglio dare speranza e sostanza al mio Paese». Qualcosa di più, di una semplice finale. 

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Un super coach per Berrettini e Musetti (Bertolucci). Alcaraz l’anti Djokovic (Nizegorodcew). Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! (Azzolini). Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Mecca)

La rassegna stampa di martedì 21 marzo 2023

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Volée di rovescio – Un super coach per Berrettini e Musetti (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Il tennis non si ferma mai. Archiviato il torneo di Indian Wells, il primo Masters 1000 stagionale che ha riproposto il fenomenale Alcaraz ai più alti livelli, restituendogli anche il numero uno del mondo, è già il momento di tuffarsi nel mare di Miami per la tradizionale seconda gamba del Sunshine Double americano. In California, malgrado la sconfitta in semifinale, abbiamo ammirato i progressi di Sinner, la sua evoluzione tecnica verso quella completezza di gioco che lo sta avvicinando al top assoluto, ma è altresì evidente che in questo momento gli appassionati e gli addetti ai lavori si stiano interrogando anche sullo stato di crisi quasi permanente, in questo inizio di stagione, di Berrettini e Musetti. Gli altri due componenti dei potenziali Big Three azzurri sono alle prese con una povertà di risultati che comincia ad allarmare e si stanno incartando mentalmente tra equivoci tecnici e condizione atletica non all’altezza. Entrambi posseggono le potenzialità per riemergere in fretta dai loro tormenti e tornare a veleggiare verso lidi più consoni al loro talento, soprattutto sotto il punto di vista delle prestazioni, ma credo che per ricercare una soluzione efficace ai problemi sia arrivata per tutti e due l’ora di scelte drastiche. E con una parola che non può essere tabù: supercoach. Cioè una figura altamente qualificata che affianchi gli storici tecnici Santopadre e Tartarini e fornisca ai giocatori una prospettiva diversa da cui guardare il proprio tennis e quello degli avversari. Non si tratta di disconoscere il lavoro fatto fin qui, di recidere totalmente le radici originarie (anche se Sinner lo ha fatto), bensì di affidarsi a un pensiero e a un affiato diverso che possa completare e affinare il percorso intrapreso in questi anni. D’altra parte, perfino i Federer, i Djokovic, i Murray a un certo punto della loro carriera hanno avvertito come necessario includere nel team una figura che fornisse nuovi riferimenti: stiamo parlando di due tra i più grandi sportivi […] di ogni epoca e di un campionissimo. II supercoach, intendiamoci, non è un guru chiamato a stravolgere i riferimenti tecnici del giocatore, ma piuttosto un consulente che suggerisca la migliore gestione della partita, dei suoi aspetti tattici e psicologici, prima e dopo. Certo, potrà fornire indicazioni su alcuni dettagli specifici del gioco, però il suo ruolo è quello di chi porta una visione complessiva, un’angolazione differente nell’analisi globale della valutazione dei vari momenti della stagione. Nello specifico, Santopadre per Berrettini e Tartarini per Musetti, cui va certamente riconosciuto II merito di aver condotto gli allievi ai vertici, continuerebbero a occuparsi del lavoro quotidiano, parimenti fondamentale nella definizione di un campione a tutto tondo. E ogni rivoluzione che si rispetti può anche agire più in profondità, magari portando nuove competenze anche nel delicato settore della preparazione atletica.

Alcaraz l’anti Djokovic (Alessandro Nizegorodcew, Il Corriere dello Sport)

 

Carlos Alcaraz, Novak Djokovic e un regno condiviso. Una corona per lo spagnolo, che dopo il successo a Indian Wells è tornato numero 1 del mondo […] e uno scettro per Nole, che si attesta alla seconda piazza del ranking solamente per il computer; non potendo conteggiare i punti conquistati a Wimbledon 2022 […]. L’unico a insinuarsi nel dominio serbo-iberico è Daniil Medvedev, mentre tutti gli altri paiono un gradino sotto. Un mostro di precocità da un lato, un campione assoluto dall’altro. L’unico precedente si è disputato nella semifinale del Masters1000 di Madrid della passata stagione: a imporsi fu Alcaraz per 6-7 7-5 7-6 in 3 ore e 35 minuti. Vi è grande attesa per le prossime sfide, anche perché nei big tournaments conquistati dallo spagnolo, tranne Madrid, Djokovic non è mai stato presente in tabellone. SERVIZIO. Djokovic non ha sempre avuto un buon rapporto con questo fondamentale. Nel 2009 decise di affidarsi all’ex Top5 Todd Martin, che affiancò per alcuni mesi coach Vajda per cambiare e migliorare la battuta del serbo. La scelta fu controproducente e dopo mesi da incubo Djokovic tornò al vecchio movimento. Negli anni ha affinato la tecnica e la solidità del colpo, mai devastante ma quasi sempre inattaccabile. Alcaraz, che ha ancora buoni margini sul fondamentale, impressiona per la facilità con cui riesce a tenere alta la percentuale di prime in campo nei momenti importanti […]. RISPOSTA. In carriera Djokovic ha ottenuto il 32% dei game giocati in risposta […]. Alcaraz che dalla parte del rovescio ogni tanto regala qualcosa, ha dati molti simili. ROVESCIO. È il colpo naturale di Djokovic, che sin da bambino lo ha portato sotto la luce dei riflettori. Probabilmente il miglior rovescio bimane di sempre. Alcaraz alterna grandi soluzioni a qualche errore più banale, soprattutto in risposta. Un colpo che durante i match va ancora un po’ ad alti […] e bassi […]. DRITTO. È il colpo di Carlitos. Lo spagnolo può tirare un vincente di dritto da qualsiasi zona del campo, anche se si trova a 5 metri dalla linea di fondo. Semplicemente straripante. D’altra parte è il fondamentale più costruito del serbo, che ha migliorato il proprio dritto anno dopo anno sino a renderlo efficace in ogni situazione tattica, che sia difensiva od offensiva. GIOCO DI VOLO. Alcaraz sa eseguire il ‘serve and volley’ e a rete dimostra dimestichezza e talento […]. Djokovic, negli anni, ha saputo migliorare la volée in maniera esponenziale, mentre nello smash è spesso titubante e impreciso. FISICO. Il serbo è noto per svolgere, sin da giovanissimo, circa un’ora e mezza di stretching giornaliero. Dal 2015 ha adottato una dieta vegana e dal punto di vista atletico è ai limiti della perfezione. Le storiche sfide, molto complesse nei primi anni, a Nadal e Federer lo hanno costretto a diventare una sorta di indistruttibile uomo di gomma. Gli infortuni seri, in carriera, sono stati pochissimi: quasi 36 anni e non sentirli. A 18 anni Alcaraz era già un atleta maturo e pronto. Qualche problema fisico di troppo è giunto tra 2022 e inizio 2023, ma la sensazione che come il primo Nadal, non riesca a contenere esuberanza e generosità. Negli anni saprà gestirsi sempre meglio. TESTA. Il grande punto di forza di entrambi. La capacità di giocare al meglio i punti importanti […], con coraggio e razionalità, è dote rarissima nel tennis. Il rifiuto della sconfitta è invece un’arte condivisa e in Djokovic si riassume nell’83,5% di vittorie in carriera nel circuito ATP. Il migliore in assoluto nell’era Open […].

Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! – Alcaraz numero 1, forte, fortissimo, quasi un mostro (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Quanti “opposti” convivano sotto la dura scorza dei tennisti che più ammiriamo è domanda vana, se pretendiamo una risposta certificata, e rimarrebbe comunque il dubbio che per alcuni non sia sufficiente indagare sul loro doppio, quanto ampliare la ricerca per estrarre il terzo, forse il quarto abitante di quell’intricata matassa di entità sovrapposte e contraddittorie che si agita nella loro mente. Ad ascoltare i curiosi “non sense” che da bordo campo coach Ferrero detta al suo Carlitos come utili consigli per la sopravvivenza, è d’obbligo chiedersi chi sia il Ferrero che sta parlando, così diverso dal guerriero raziocinante e un po’ imbalsamato che conoscevo sul campo. Ma più difficile rispondere a quale degli Alcaraz che lui conosca si stia rivolgendo, se al ragazzo che tutto cela sotto l’ombra del mono filo delle sopracciglia che oscura gli occhi, o se a un altro Carlitos, preda in quel momento di un potente mix di angosce esistenziali che non trapela dalla corazza. «Guardami Carlos», gli diceva, «Sono qua. Ti piace ancora il tennis? Si? E allora, dai, gioca a tennis». Il siparietto ha preso forma nel corso della semifinale dell’altro ieri con Sinner, dopo il riaggancio dell’italiano sul 4 pari del primo set. Il momento peggiore vissuto da Alcaraz nel corso dell’intero torneo […] concluso domenica notte con una vittoria su Medvedev che può opportunamente pescare la propria definizione in tutta la filiera dei sinonimi della parola “stordente”. Vale a dire sbalordente, disorientante, frastornante, sbigottente, strabiliante… Dunque in grado di inebetire il rivale, perché tanto è apparso il russo che veniva da tre tornei e 19 match vinti consecutivamente. Inebetito. Alcaraz ha fatto ciò che ha voluto, ha intontito Medvedev di pallate tossiche e ha sferzato con gittate violente angoli di campo che Daniil nemmeno pensava esistessero. Ha chiuso senza perdere un set la sua terza finale nei “Mille”, aggiungendo Indian Wells alle conquiste di Miami e Madrid dell’anno scorso e riprendendosi direttamente dalle mani di Djokovic […] quel numero uno che aveva già accarezzato per venti settimane di seguito. Una finale che mi ha obbligato a rivedere il giudizio espresso sul confronto con Sinner e prendere atto dei nuovi valori indicati dal primo Masters stagionale. Jannik, nella nuova nomenclatura di vertice, guadagna posizioni su tutti gli inseguitori, Medvedev compreso, ma Alcaraz appare oggi più distante di quanto fosse apparso già contro l’italiano. La vera sorpresa, se ce n’è una, è lo scatto in avanti operato dal giovane di El Palmar, che comincia a mostrare gli ampi confini entro i quali potrà esercitare il proprio dominio. Talento, sostanza, gioco a tutto campo, possibilità di migliorarsi ancora da definire, ma inevitabilmente estese. E carattere. Cui quel po’ di “non sense”, secondo la ricetta Ferrero, offre nutrimento. Proprio il coach, a seguito della vittoria agli US Open dello scorso settembre, giudicò Carlos «un fenomeno che si esprime al momento solo al 60% delle proprie possibilità». Mi piacerebbe sapere se il giudizio è rimasto inalterato, o se quella placida ma costruttiva arroganza che Alcaraz mostra oggi sul campo, ha innalzato la percentuale. Personalmente, spero Ferrero abbia peccato di vanagloria, insomma, come si dice tra le persone colte, abbia fatto lo sborone, nel giudicare le possibilità future di Carlitos. Altrimenti, se mai Alcaraz dovesse crescere di un ulteriore 40 per cento, i tornei si ridurrebbero a disporsi tutti in fila per ricevere la settimanale dose di ceffoni dalla spagnolo. E non converrebbe a nessuno. «Bello tornare numero uno», dice Carlitos, che alle piccole osservazioni banali ci tiene, «mi aspettavo un match più duro, ma credo anche di essere stato perfetto. Il mio gioco è migliorato, forse, ma meno del mio stato d’animo. Gioco rilassato, mi sento a mio agio, e non ho dubbi sui miei colpi». Certo più rilassato di Medvedev, che richiama l’attenzione sui campi sempre più lenti. Il circuito, a suo dire, rischia di morire di sonno. Si volta pagina. Tutti a Miami. Con Alcaraz che riconsegna i 1.200 punti dell’anno scorso. Resterà numero uno solo vincendo. Possibile una semifinale con Sinner. Berrettini non ha un brutto tabellone. Ma il suo avversario più tosto ce l’ha dentro di sé.

Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Giorgia Mecca, Il Corriere di Torino)

A maggio il tennis sarà ancora di più una questione italiana. Non solo Roma e il Foro Italico, anche Torino sta per tingersi di rosso per ospitare i campioni della terra. Dal 14 al 20 maggio nei campi dello Sporting è in programma il Piemonte Open Intesa Sanpaolo, torneo nuovo di zecca che fa parte del circuito challenger 175, lo stesso tipo di evento appena giocato a Phoenix da Matteo Berrettini. Oltre ai punti messi a disposizione, 175, e al montepremi, oltre duecentomila euro, è la data il punto di forza dl questo torneo. Potranno iscriversi tutti i giocatori sconfitti nei primi turni degli Internazionali, che potranno così provare ad accumulare punti e partite in vista del Roland Garros. Il direttore del torneo Giorgio Di Palermo lo ha definito «un Incastro perfetto» tutto a portata di mano: dal Foro Italico allo Sporting ci sono soltanto quattro ore di Frecciarossa. «Quando ci siamo candidati per ospitare il challenger, qualcuno ha pensato fossimo pazzi», ha detto il direttore del club Piero Garibaldi. «Ci dicevano: ma le Atp Finals non vi bastano?». Evidentemente Torino va bene per ospitare sia i migliori otto giocatori al mondo sia le giovani promesse a caccia di punti nel mondo dei grandi. Dal 23 aprile i torinesi che si stanno affacciando al mondo del professionismo avranno la possibilità di partecipare al torneo di prequalificazioni per cercare di conquistare sul campo un posto sul tabellone principale. Negli ultimi due anni il numero dei tennisti è aumentato esponenzialmente in città. I giocatori che parteciperanno al torneo sono solo la punta di un iceberg che trova la sua base nelle scuole. Sono proprio bambini e ragazzi il pubblico di riferimento del Young Village, un villaggio del tennis che servirà ad avvicinare ancora di più i giovanissimi a questo sport e che ha già avuto oltre duemila adesioni. Il Piemonte Open rinnoverà su terra una tradizione cominciata nel 1961 con la vittoria degli Internazionali di Italia da parte di Nicola Pietrangeli proprio sul campo stadio, appena restaurato e pronto a ricevere i campioni del terzo millennio.

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Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Giammò). Sinner studia, Alcaraz vince (Azzolini). Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Martucci)

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Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Quelle che portano all’eccellenza, disseminate di piccoli dettagli. Sei mesi, tanti ne son passati dall’epico quarto di finale giocato a New York, hanno portato a Jannik Sinner nuovi muscoli e maggiore consapevolezza ma non son bastati per limare quei dettagli e quelle sfumature capaci di fare la differenza in sfide da sempre equilibrate come quelle giocate sin qui contro Carlos Alcaraz. Se agli US Open l’azzurro aveva sciupato un match point, l’altra notte a Indian Wells è invece inciampato su un set point che se trasformato avrebbe portato l’incontro su binari diversi da quelli su cui poi si è avviato. «Ci sono stati dei punti chiave. Alcuni li ha presi lui, altri io», disse lo scorso settembre Sinner al termine di una partita durata più di cinque ore. E onesto è stato ieri il numero uno italiano nell’ammettere di «non essere riuscito a cogliere alcune occasioni, soprattutto nel primo set». A complicargli le cose, va detto, ci si è messa anche un po’ di sfortuna. Il momento, andato in scena in pieno tie-break dopo un’ora di gioco ad altissima intensità, è stato identico a quello ritratto da Woody Allen nel film “Match Point”: una discesa a rete di Sinner; il tentativo di passante dello spagnolo che va a sbattere sul nastro spiazzandolo per poi costringerlo a un goffo recupero su cui Alcaraz non ha avuto difficoltà a chiudere il punto, bissato infine dal servizio e da un tracciante che gli son valsi il primo set. Il contraccolpo c’è stato, e Sinner l’ha scontato poco dopo cedendo subito il servizio in apertura di secondo set senza più riuscire a ribaltare l’inerzia di un match che Alcaraz ha continuato a interpretare a cento all’ora e senza alcuna sbavatura. A parte la sfortuna, «una delle differenze l’ha fatta il servizio, non sono riuscito a servire come potrei. E’ dura vincere una partita così importante senza l’aiuto del servizio», ha riflettuto in conferenza stampa Sinner. Tuttavia, lati positivi con cui salutare il primo Masters 1000 della stagione non sono mancati. Il primo più evidente è un ranking che da domani vedrà Sinner salire in 13^ posizione. Un altro è la condizione fisica: è un Sinner più robusto, più veloce, più strutturato quello visto all’opera in California. In serata la Rybakina, moscovita naturalizzata kazaka, si e aggiudicata il torneo battendo la bielorussa Sabalenka in due set: il primo con un tie break lunghissimo. Per Rybakina è la rivincita dopo la finale dell’Australian Open e il quarto trofeo della carriera.

Sinner studia, Alcaraz vince. La differenza? Nella velocità (Daniele Azzolini, Tuttosport)

 

Un passo avanti, anzi un saltello. Verso una palla che deve ancora arrivare. Non si vedeva da un po’, ma nel tennis di qualche anno fa era un gesto comune e anche una strategia consolidata per chi volesse rispondere al servizio proponendosi subito in una posizione di vantaggio, con i piedi dentro il campo. Federer ne aveva tratto ispirazione per un attacco a rete sul servizio avversario. Lo chiamò Sneak Attack By Roger l’attacco furtivo, Sabr nell’acronimo poi divenuto di uso corrente. Lo preparava senza darlo a vedere; e si slanciava verso la palla, intenzionato a giocarla d’istinto, nell’unico modo possibile gli fosse dato dalla traiettoria della stessa. La sorpresa, e la volée successiva, avrebbero chiuso il cerchio, determinando il punto (quasi sempre) o l’inevitabile figuraccia. Qualcosa di simile ha pensato Carlos Alcaraz, o chi per lui, per sottrarre a Sinner le certezze costruite interno al servizio messo a punto in un anno di studi. Sulla seconda di Jannik l’ordine era di muoversi in avanti, mostrando apertamente le proprie intenzioni, quindi colpire duro e guadagnare preziosi centimetri di campo. Sinner ne sarebbe rimasto confuso, avrebbe tentato una seconda più violenta rischiando il doppio fallo per poi attestarsi su una prima di servizio più contenuta, e meno rischiosa. Così è stato. E intorno a quel piccolo, per quanto subdolo stratagemma tattico, Alcaraz ha costruito la propria vittoria. Lo ammette, Jannik. «La differenza fra me e Carlos, in questo quinto confronto, è tutta nel servizio. Avevo avvertito già nel riscaldamento che non era giornata di grande feeling con questo colpo. In questi casi l’unica soluzione è continuare a lottare con ciò che si ha a disposizione. Ma nel secondo set sono rimasto troppo sotto le percentuali che servono, e lui ne ha approfittato. Alla fine, però, i punti a suo favore sono stati appena quattro (74-70, ndr), dunque la differenza non è stata così clamorosa». È vero, ma almeno un’altra diversità è emersa tra i due, a spiegare come sia stato possibile passare dalle faticose e intricate sfide dell’anno scorso, i 5 set di Wimbledon e degli US Open (qui con un match point a favore di Jannik, prima dei sorpasso di Carlos) a una sfida che non ha mai dato l’impressione di poter essere ribaltata. Alcaraz migliora in modo rapido, efficiente, inserendo con pochi aggiustamenti le novità tecniche e tattiche che coach Ferrero prepara per lui. Le prova, le assimila, le fa proprie in un batter di ciglia, assistito com’è dal suo straordinario talento. […] Sinner è un lavoratore, e ha bisogno di tempi diversi. Deve provare i cambiamenti, sperimentarne i confini, verificarli nelle diverse occasioni. Ha grande forza d’animo, ma un pizzico di talento in meno. Avrebbe potuto vincere più rapidamente, Alcaraz, e a nessuno sarebbe parso strano. Aveva in mano il primo set già dal quinto game, grazie a un break confezionato sui doppi falli di Sinner; ma ha peccato di presunzione e ha dato per scontato che il suo servizio avrebbe retto a qualsiasi assalto. Sinner è rimasto sul pezzo e ha operato l’aggancio (4-4) ripulendo le righe laterali con le proprie traiettorie a uscire. E’ stato il suo momento migliore, però nel tie break non ha saputo dare continuità alle iniziative e ha sbandata sull’efficiente incalzare di Alcaraz, che da lì si è nuovamente distaccato. Addirittura fino al 3-0 del secondo set, che di fatto ha chiuso la disputa. C’è ancora una finale da giocare, tra Alcaraz e Medvedev. Ma Carlos ha ribadito di valere il numero uno, e può riprenderselo vincendo il Masters d’inizio stagione. […]

Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

C’è sconfitta e sconfitta. Quelle di Jannik Sinner e Matteo Berrettini, nella semifinale di Indian Wells in California contro Carlos Alcaraz per il 21enne altoatesino e nei quarti di Phoenix in Arizona contro Alexander Shevchenko per il 26enne romano sono lontanissime. Più dei 400 chilometri fra le due città, più della classifica mondiale dei vincitori (numero 2 e 132 del mondo), più della caratura di un super-Masters 1000 con oltre 8 milioni di dollari di premi rispetto a un Challenger da 175 mila. «La più grande differenza è stato il rendimento del servizio, ma molti dei miei miglioramenti li dovrò proprio ad Alcaraz», ha commentato pur deluso Jannik dopo il 7-6 6-3. «Toglietemi dal campo, vi prego, sono inguardabile», ha urlato invece disperato Matteo al suo clan. Berrettini, che è sempre ripartito alla grande dopo i molti infortuni, dopo il ko all’esordio di Indian Wells contro Taro Daniel, con grande umiltà e volontà, è tornato a Phoenix al Challenger “250” vinto nel 2019. Da numero 23 del mondo, 1 del torneo, ha battuto di misura il lucky loser il 21enne Mattia Bellucci (150 ATP) per 6-4 6-4 e l’australiano Vukic (n.186), preveniente dalla qualificazioni per 7-5 7-6, e ha perso 6-4 3-6 6-3 col russo Shevchenko, n.132, altro qualificato. Senza ritmo ed energia, senza servizio e fiducia, commettendo errori grossolani. Dopo il ko d’acchito agli Australian Open, fallendo il match point della clamorosa rimonta al quinto set contro Murray, Matteo è rientrato in gara ad Acapulco, ma al terzo turno si è ritirato per paura di un nuovo infortunio e in California ha perso al primo turno. Sicuramente non vede i frutti della lunga sosta d’allenamenti, da cui le facili e dolorose provocazioni social. «Non è colpa di Melissa (Satta)», ha protestato. Ma la love story da copertina lo tormenta insieme alle voci dell’innesto di un super-coach accanto a Vincenzo Santopadre. Anche se a Phoenix sono uscite tutte le prime 8 teste di serie, le aspettative dell’ex 6 del mondo sono molto superiori. E da mercoledì gioca a Miami, ancora senza il numero 1 del tennis e dei No Vax, Djokovic, che non può entrare negli Usa. A Indian Wells, Sinner, dopo il successo sul 5 del mondo, il campione uscente Taylor Fritz, sognava la rivincita su Carlos Alcaraz dopo il match point fallito nei quarti degli US Open di settembre. E’ andato sotto 2-4, ha recuperato, s’è caricato ma ha mancato un set point sul 6-5: «Ho sbagliato scelta, dovevo giocare incrociato, sono andato sul lungolinea» E poi, al tie-break, insieme al servizio, ha perso coraggio, fiducia e fantasia, e non s’è più ripreso. «Sono comunque ottimista, mi accorgo di essere molto vicino a Carlos, nonostante mi auguro di spostarmi presto più rapidamente in campo. Negli ultimi mesi sono migliorato molto, fra un anno devo essere un giocatore ancora diverso, ma ho bisogno di 2-3 per arrivare al top fisicamente».

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Rassegna stampa

Berrettini amaro esce di scena anche a Phoenix (Giammò). I ragazzi del futuro sono già il presente (Azzolini)

La rassegna stampa di domenica 19 marzo 2023

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Berrettini amaro esce di scena anche a Phoenix (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

E’ un ritorno in pista che si annuncia lungo, quello di Matteo Berrettini, sconfitto ieri a Phoenix dal n. 132 del mondo, il russo Shevchenko, in tre set (6-4, 3-6, 6-3) . Volato in Arizona con l’obiettivo di disputare quante più partite possibili così da ritrovare una condizione ideale in vista del Masters 1000 di Miami, il n. 23 del mondo non è riuscito a bissare il successo ottenuto a fatica contro Vukic incappando in frequenti errori che hanno finito col vanificare quanto di buono era riuscito a costruirsi durante il match. Perso un primo set in cui non è parso mai infastidire il russo al servizio, Berrettini nel secondo parziale ha continuato a lottare dimostrando orgoglio in occasione delle tre palle break annullate a Schevchenko nel quinto game e per come è riuscito a chiudere a costruirsi e capitalizzare una delle poche occasioni concessegli dal rivale per riportare il match in parità. Lo sforzo è però costato caro all’azzurro nel terzo set. Con il russo divenuto impeccabile nei suoi turni di battuta, a Berrettini non è bastato invece il servizio come alleato, continuando ad annaspare quando chiamato allo scambio per poi finire preda di un istinto che continuava a dettar lui colpi e tempi su cui il suo fisico, ancora in rodaggio, non è riuscito a sintonizzarsi. Primo finalista del Masters 1000 di Indian Wells è il russo Daniil Medvedev che ha sconfitto lo statunitense Tiafoe. Sarà invece tra la bielorussa Aryna Sabalenka e la kazaka – nata a Mosca – Elena Rybakina, la finale del singolare femminile del Wta1000 di Indian Wells. Le due hanno battuto rispettivamente la greca Sakkari e la n.1 del mondo polacca Swiatek e si ritrovano dopo la finale degli Australian Open.

I ragazzi del futuro sono già il presente (Daniele Azzolini, Tuttosport)

 

Non ancora al riparo dagli assalti dell’acne, il diciannovenne Carlos Alcaraz ha fatto sfilare la collezione primavera estate dei suoi colpi nei quarti di IW contro la sua bete noire preferita, Felix Auger-Aliassime, puntando sui colori accesi di una rinvigorita agilità fisica che aggiunge equilibrio alle note più scapestrate del proprio tennis, con sempre maggiore frequenza dirette verso rete. Dove mostra un’abilità di mano superiore a quella di Nadal (e qui è opportuno ricordare come Rafa, nella volée, fosse secondo al solo Federer). Sempre più maturo e sicuro, nei suoi attempati 21 anni, Jannik Sinner ha invece proposto, sullo sfondo del deserto che circonda Indian Wells, una rivisitazione del repertorio classico del tennis fondocampista dedicata all’uomo moderno che vuol essere protagonista della propria vita. Un uomo sempre elegante nelle scelte e attrezzato per essere al centro dell’attenzione. Senza disdegnare il lusso, anzi lasciando che occhieggi brillando tra le conclusioni sempre più potenti e precise con cui ha inchiodato Wawrinka negli ottavi, poi Fritz nei quarti. Dritti e (soprattutto) rovesci che sono sembrati superiori, per incisività, a quelli di Djokovic. Ci ostiniamo a chiamarli i ragazzi del futuro, ma i due stanno costruendo il presente del tennis, allungando un’amichevole rivalità che nel corso della nottata ha prodotto il quinto scontro e promette molto bene per gli anni a venire. Non sono soli, e non è detto che riescano a distaccarsi – come riuscì ai troppo forti Roger, Rafa e Nole – dal gruppo degli altri della Z Gen, che si sta spandendo tra i primi 100 della classifica e promette di apportare modifiche anche al vocabolario del tennis, coni suoi curiosi modi di dire. Un colpo cringe? Davvero imbarazzante. In campo è un trigger… Un avversario che fa incazzare. Oppure, sei un Bufu… Un acronimo (By Us Fuck U) per recapitare – al trigger di cui sopra – la sentenza che, per quanto li riguardi, può andare anche a quel paese. Se il limite è quello dei 22 anni, sono già in 11 tra i Top 100, e tutti entro la cinquantaseiesima poltrona al momento affittata al britannico Jack Draper. Se alziamo l’asticella ai 23 anni, ne vanno aggiunti altri sei. Come dire che già un 20 per cento della zona nobile della classifica appartiene ai Tennisti appena nati. Non è difficile immaginare quanti di essi possano aspirare a un futuro luminoso. Alcaraz (19 anni), Rune (19) e Auger-Aliassime (22) sono già Top Ten, Sinner (21), due volte n. 9, il prossimo a rimettervi piede Musetti (21), Korda (22) Shelton (20), forse Brooksby (22) e Draper (21) quelli che sembrano in grado di tentare l’aggancio. Ma Alcaraz e Sinner hanno qualcosa in più, hanno dato forma a una rivalità che ha colpito l’occhio degli appassionati mentre si stavano chiedendo che cosa fare, e a chi attaccarsi, dopo l’addio di Federer. […]

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