Il primo trionfo Slam della tigre di Minsk (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
La Principessa Guerriera, uno dei suoi soprannomi, finalmente ha trovato il suo trono. Lasciati alle spalle i tormenti che l’avevano accompagnata nei momenti decisivi della carriera, la Sabalenka è campionessa Slam. Più solida e più coraggiosa della Rybakina, regina di Wimbledon, la bielorussa rimonta il set di svantaggio e questa volta non trema di fronte a tre match point non sfruttati, abbandonandosi alle lacrime di liberazione: «Questo è il più bel giorno della mia vita. Sono felice e sono orgogliosa di me stessa L’ultimo game? Sapevo che era difficile, nessuno mi aveva mai detto che sarebbe stato semplice vincere uno Slam, così mi sono detta di lottare, di crederci fino alla fine. Le sconfitte che ho subito in passato sono state dure da digerire, ma mi hanno fatta diventare quella che sono adesso. È stato un percorso complicato che però rende ancora più dolce questa vittoria». Per talento tecnico e atletico, la Sabalenka possiederebbe le stimmate della dominatrice e non della meteora come accaduto a tante, troppe recenti vincitrici Slam, e forse il trionfo a Melbourne potrebbe rappresentare quel clic mentale per diventare il faro del movimento femminile. Un destino già scritto fin da quando, a sei anni, vide dei campi da tennis e convinse papà Sergey, ex hockeista, a portarla a giocare. La prima allenatrice, Elena Vergeenko, si accorse subito che la bambina non si accontentava di arrivare seconda, anche se era indisciplinata, tanto che la cacciò quando aveva 11 anni. Arrivata ai 18 da grande promessa, Sabalenka decide di tatuarsi il volto di una tigre sull’avambraccio sinistro, perché l’animale simboleggia l’anno in cui è nata secondo l’astrologia cinese ma anche il suo spirito combattivo. […] Per salire di livello, ha modificato il servizio con un professore di biomeccanica: «Come festeggerò? Pizza, dolci e champagne». Cin cin Principessa.
Finalmente Aryna ha battuto la paura (Roberto Bertellino, Tuttosport)
Il sorriso che libera, dopo il pianto dallo stesso effetto e prima di iniziare a metabolizzare la vittoria più importante di carriera. La conquista al termine di un percorso tecnico, ma soprattutto personale. Così Aryna Sabalenka, 24enne di Minsk senza bandiera perché bielorussa, ha rotto l’incantesimo. E’ lei a succedere nell’albo d’oro del primo Slam di stagione a Ashleigh Barty. Applausi nella Rod Laver Arena che ha saputo apprezzarne la potenza ma anche la delicatezza sbarazzina, stampata in volto e spesso in contrasto con i fendenti scagliati a volte a velocità maschili. Meritata la sua affermazione arrivata dopo 2 ore e 28 minuti contro la campionessa in carica di Wimbledon, Elena Rybakina, 23enne kazaka nata a Mosca. In rimonta al termine di una partita di grande qualità per entrambe. Nel primo set la bielorussa ha dovuto lottare con le tante paure di sempre riuscendo a superarle solo a tratti e cedendo il break poi decisivo poco dopo aver pareggiato i conti (4-4). […] La nuova forza di Aryna è però emersa proprio nelle difficoltà. È ripartita nel secondo set aumentando le percentuali di quel servizio messo a posto anche grazie alla biomeccanica (ben 17 gli ace messi a referto alla fine) e cambiando di più il gioco costringendo a maggiori spostamenti la sua avversaria. Vinta la seconda frazione ha proseguito nella marcia di avvicinamento al titolo e colto il break nel settimo game ha dovuto ancora servire due volte per gioire e al quarto matchpoint ha chiuso. «È il più bel giorno della mia vita e sono orgogliosa di me stessa. Sapevo che l’ultimo game sarebbe stato difficile, ma sapevo che conquistare uno Slam non sarebbe stato agevole. Così mi sono detta di lottare e crederci fino alla fine, mantenendo la calma e gestendo la situazione fino al termine. Le sconfitte subite in passato sono state dure da digerire, ma mi hanno fatto diventare ciò che sono oggi, la nuova Aryna che avete davanti. Un percorso complesso che rende ancora più dolce questa affermazione. Avere visto prima di me Victoria Azarenka raggiungere traguardi così importanti mi ha dato la fiducia per credere nelle mie possibilità». […]
Sabalenka, dalla Bielorussia con furore (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
Piangi, Aryna Sabalenka, dai minacciosi muscoli e dal dolce sorriso. Piangi, e trema, continua a tremare, anche dopo aver raccontato in mondovisione quanto sei felice per il primo trionfo Slam, dopo 3 semifinali sfortunate, dopo l’incubo dei doppi falli, i soliti, angosciosi, traditori, doppi falli, conditi dai risolini un po’ ironici e un po’ compassionevoli degli spogliatoi. Piangi, nuova regina degli Australian Open, e intanto ridi, mentre dedichi quest’indimenticabile successo al team: «Abbiamo avuto tanti alti e bassi, abbiamo combattuto tante battaglie, abbiamo atteso talmente tanto che mi sentivo un po’ in colpa perché questo risultato non arrivava. Dopo Dubai, coach Anton (Dubrov) mi ha chiesto se volessi lasciarlo per tentare nuove strade». […] «Provo soprattutto un grande sollievo. Sono super contenta, orgogliosa. E’ il miglior giorno della mia vita». Servizio e rovescio sono il marchio distintivo sia della 24enne bielorussa Sabalenka che gioca senza bandiera e senza inno per le sanzioni contro gli invasori dell’Ucraina («Tanto tutti sanno da dove vengo») che della russa con bandiera kazaka, la 23enne Rybakina, regina di Wimbledon. Aryna è fuoco, emozioni, urlacci, Yelena è ghiaccio, freddezza, silenzi. La possente amazzone di 1.82 di Minsk è più forte da fondo ma dipende da servizio-risposta, la “Bambi” di Mosca di 1.84 è da servizio-rovescio. Il tallone d’Achille di Sabalenka: la seconda di servizio. Quello della Rybakina: i complicati allunghi sul dritto, anche se chissà perché Aryna lo ignora per tutto il primo set. Aryna, enigmatica Aryna, che si fa prendere dalla tensione. Quest’anno è imbattuta in 11 match; 12 mesi fa ad Adelaide ha sommato 21 doppi falli ai 18 del primo match. «Tutto a posto, stai bene?», s’era preoccupata l’arbitro. «Ci sto provando ma non posso servire meglio», aveva piagnucolato “La Tigre” di Minsk, ormai gattino. Che, dopo il ko contro Kanepi agli ottavi di Melbourne, ci scherzò su: «Sono felice, ho fatto solo 15 doppi falli». Aveva accettato il problema, con l’aiuto di un ingegnere biomeccanico «per correggere lancio di palla, sincronia, bilanciamento, equilibri». «Ma i dubbi su me stessa creavano tensione. Mi chiedevo: “Perché mai mi chiedono un autografo? Non ho vinto uno Slam”. Ho imparato a rispettarmi di più, ho capito che se sono qui è perché lavoro duro e sono una buona tennista. E quando sono in difficoltà lo ricordo a me stessa». […] Aryna, dolce Aryna: parlaci del primo doppio fallo sul 4-6 6-3 5-4 di quest’agognata prima finale Slam e dei 4 match point. «Ovviamente ero un po’ nervosa. Mi ripetevo: “Nessuno ti ha detto che sarebbe stato facile, devi lavorare su ogni punto, fino alla fine”. È stato un game duro ma sono super felice di aver gestito tutte le emozioni e vincerlo». Alla fine sono 51 vincenti (17 ace) e 28 errori gratuiti (7 doppi falli). «Tutto quello che ho passato mi rende il successo più piacevole. Avevo bisogno di quelle dure sconfitte per conoscermi meglio: sono stati una preparazione della nuova Aryna». Che piange ancora, ma di gioia.
Per la Storia (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Guerre stellari. L’impero di Djokovic colpirà ancora oppure il risveglio di una giovane forza consegnerà le chiavi dell’universo al nascente cavaliere Tsitsipas? Il tramonto australiano consegnerà il vincitore del duello più atteso direttamente alla storia. Quella di Novak si arricchirebbe di nuovi capitoli, estendendo la magia di un romanzo infinito destinato a lasciare un’impronta incancellabile sul tennis: il titano serbo disputa la decima finale sulla Rod Laver Arena e le altre nove le ha vinte tutte, perciò può diventare il secondo giocatore di sempre ad andare in doppia cifra in uno Slam dopo le 14 perle di Nadal al Roland Garros. Già, Nadal, il vero obiettivo del Djoker, perché salire a quota 22 Major vinti come il satanasso maiorchino, e con la prospettiva di avere in futuro più occasioni dell’eterno rivale per allungare la serie, rappresenterebbe una tappa fondamentale nella corsa al più grande di tutti i tempi. E poi la finale di oggi è pure impreziosita dalla cornice dorata del numero uno, in palio per chi alzerà la Norman Brookes Cup: il più forte si prende tutto. Ma la prima vittoria Slam e il conseguente primato nel ranking rappresentano anche per Tsitsipas, il fiero avversario, un’occasione straordinariamente sostanziosa: comincerebbe a bussare alle porte della leggenda, primo greco a conquistare uno dei quattro tornei principali e a issarsi al numero uno del mondo. Di certo, nonostante le sorprese che gli Australian Open hanno disseminato lungo la strada, all’ultimo atto sono approdati i migliori, ancora imbattuti in stagione (11 successi per Novak, 10 per Tsitsi) e in grado di elevare il livello più le partite aumentavano di intensità e valore. Semmai, sarà interessante capire quale atmosfera si creerà attorno ai duellanti: Djokovic all’arrivo in Australia ha riscoperto la passione della gente nonostante le vicende Covid di un anno fa, ma le fresche polemiche sul padre con i tifosi pro Russia rischiano di alienargli un po’ del patrimonio d’affetto riconquistato, tanto che i giornali locali stanno chiedendo al genitore di non ripresentarsi nemmeno per la finale, dopo la «punizione» in semifinale. Quella di Tsitsipas, invece, è una luna di miele perenne, favorita dagli oltre trecentomila abitanti di Melbourne di origine greca. Il confronto tecnico, tuttavia, indicherebbe una direzione univoca: Nole ha vinto 10 dei 12 confronti diretti e gli ultimi nove. Ritmo da fondo e risposta del serbo sono armi indigeste per il greco, ma tra i grandi ex che si sono avventurati in un pronostico, non tutti sono convinti di un Djoker solo al comando. John McEnroe, ad esempio, concede molto credito a Tsitsi: «Ha soluzioni di gioco che possono mettere in difficoltà il rivale. Novak è favorito, ma non sarei stupito se il greco regalasse una di quelle sorprese che nel torneo non sono mai mancate. Questa è la miglior versione di Stefanos da un po’ di tempo a questa parte, il diritto è letale se lui può girare attorno alla palla. E in Australia si trova sempre bene». […]
The Stef a Melbourne (Daniele Azzolini, Tuttosport)
A volte i grandi tennisti diventano sandwich. O pizze. Ma panini è meglio. Se proprio si avverte il bisogno di fare i conti con l’immortalità, durano più a lungo… Da quaranta e passa anni John McEnroe è per tutti BigMac, la prima pizza tricolore spuntò a Parigi per la vittoria di Adriano Panatta, sui tavoli di Pizza Pino al numero 33 di Avenue des Champs Elysees, e oggi a Melbourne si mangia The Stef, pita e souvlaki, uno spiedino di pollo marinato con verdure grigliate, patate ripassate, pomodori, cipolline e tzatziki, la salsa allo yogurt con i cetrioli, avvolto nella focaccia con la tasca interna. È in onore di Stefanos Tsitsipas, e non deve sorprendere. La Storia ha una risposta a tutto. La grande comunità greca di Melbourne fu la prima a raggiungere lo Stato del Vittoria nell’Ottocento seguendo la rotta tracciata nel 1766 dall’ammiraglio James Cook, un po’ pirata, un po’ gentiluomo, fedelissimo di John Montague, primo lord dell’Ammiragliato britannico, che lo spinse alla conquista delle terre meno note dell’Oceano Pacifico. Montague era il quarto Conte di Sandwich, l’uomo (impegnato al punto da non avere mai il tempo di mettersi a tavola) che dette vita al panino ripieno. Ha un senso parlare di pita, sandwich, souvlaki e tzatziki, mentre Tsitsipas e Novak Djokovic stanno per scendere in campo in una finale degli Open d’Australia che li vedrà per la tredicesima volta di fronte? A suo modo, sì. Tanto più se la comunità greca, come promesso, riuscirà a essere protagonista del match con il suo tifo appassionato, e se la profezia del quotidiano The Age, in un articolo durissimo nei riguardi del padre di Djokovic apparso nell’edizione di ieri a firma Greg Baum, si rivelerà esatta. Papà Djokovic, scrive l’editorialista nelle ultime righe, «ha dato a un considerevole numero di fan australiani che non si sono mai scaldati al nome di Novak, un motivo in più per trattenere ancora una qualsiasi forma di affetto nei suoi confronti». Se davvero l’Australia si schiererà in larga percentuale a favore di Tsitsipas, contro l’uomo dai nove titoli, sarà la cornice di un match che ha di suo innumerevoli incentivi per finire dritto nella storia del tennis. È la seconda finale consecutiva dello Slam che propone un cambio di guardia sulla vetta del nostro sport. Chi vince sarà numero uno, proprio come agli ultimi Us Open, con Carlos Alcaraz che prese il sopravvento su Casper Ruud. […] Tsitsipas sarebbe il numero 29 della serie, il primo greco a farcela, sempre che Atene non voglia naturalizzare il figlio di Sparta Pete Sampras, americano ma di madre nata nella città del Peloponneso. Djokovic invece può ritrovare la vetta dalla quale manca dal 13 giugno scorso e aggiungere nuove settimane al suo record. […] Da Murcia giunge il benestare di Alcaraz. «Chiunque prenderà il mio posto l’avrà meritato più di me». […]
«Tsitsipas attacca o Djokovic ti domina» (Luca Fiorino, Corriere dello Sport)
«Nole è arrivato a questo appuntamento con grande facilità. Stefanos ha confermato di essere un giocatore di livello assoluto. Ci sono tutti i presupposti per assistere a un super match». La finale maschile degli Australian Open si presenta ricca di temi e spunti di interesse. Anche Massimo Sartori è convinto che sarà un grande spettacolo. «La posta in palio è altissima – evidenzia l’ex coach storico di Andreas Seppi, oggi allenatore di Cecchinato e Zeppieri – Entrambi si giocano la prima posizione mondiale e un titolo dello Slam dal significato particolare».
Il greco insegue il primo titolo in un Major, il serbo eguaglierebbe invece Rafael Nadal a quota 22 Slam. Come valuta il percorso dl Djokovic?
Si è visto quanto sia letteralmente dominante. Ha sciorinato un tennis facile che ha reso tanto e gli ha fatto disperdere poche energie. Ha vinto dettando i propri tempi e gestendo al meglio il problema fisico. Per quanto riguarda Tsitsipas, una volta superato Sinner, ho pensato che sarebbe arrivato in finale. Era reduce da un match di quasi tre ore giocato in doppio il giorno prima col fratello Petros, eppure contro Jannik l’ha spuntata lo stesso al quinto set. Uno che vuole vincere uno Slam e fa un numero del genere lo trovi di rado nel circuito.
Ci fa un’analisi tecnico-tattica del match?
Tsitsipas gioca bene di dritto, ma non benissimo. Quando è in ritardo muove spesso il piede indietro prima di colpire e contro tennisti come Nole che giocano veloce concede un vantaggio. Sulla diagonale del rovescio, il serbo prende la palla prima con più anticipo.
Cosa suggerirebbe al greco e come pensa imposterà la partita?
Qualche serve and volley e uno stile molto votato all’attacco. Cercherà di imporre il proprio gioco spingendo più di quanto non faccia abitualmente. Inoltre, dovrà servire con ottime percentuali di rendimento.
Potrebbero sentire la pressione?
Djokovic quando è sotto stress riesce a sfoderare grandi prestazioni. Nei momenti di tensione governa la pressione in un modo diverso da tutti gli altri. Al contrario, Tsitsipas tende ad andare fuori giri.
La finale del Roland Garros potrebbe essergli d’aiuto.
Esatto, ha già avuto la fortuna di vivere una situazione simile. Oggi è un giocatore molto più esperto rispetto a due anni fa. Credo che sia convinto di potercela fare questa volta. Ed è giusto questo atteggiamento.
In conferenza stampa, Nole si è dimenticato di quella sfida.
Che non si ricordasse la vedo dura. Può darsi che ci abbia marciato sopra per creare un po’ di confusione. Non ne ho idea sinceramente.
Tsitsipas ha replicato dicendo anche lui di non ricordarla.
Difficile che si faccia prendere in castagna. In questi casi il suo entourage non smorza mai i toni. Piuttosto gettano ancora più benzina sul fuoco. […]
Djokovic-Tsitsipas, sfida tra generazioni per il trono dei tennis (Stefano Semeraro, La Stampa)
Tutte le finali Slam sono importanti, se c’è in palio il numero 1 lo sono di più. Quella di oggi a Melbourne fra Stefanos Tsitsipas e Novak Djokovic ha contenuti aggiuntivi e un retrogusto epico. Il giovane campione che cerca la consacrazione – sarebbe il primo Number One greco – contro il Patriarca che insegue la Decima vittoria agli Australian Open (su dieci finali) e soprattutto il record di 22 Slam che oggi appartiene in solitaria a Nadal. La nuova generazione che cerca di scalzare definitivamente la vecchia. E poi Atene contro Sparta, perché il multiforme ingegno greco viene dalla capitale, mentre Novak è nato sì a Belgrado ma di Leonida ha tutto tranne che la consapevolezza della sconfitta: resilienza, fame di gloria, mente carnivora in corpo sanissimo. E l’abitudine a vivere nelle Termopili dell’anima, solo contro tutti e al diavolo se il mondo tifa contro. Questo è Djokovic, da qui bisogna passare. È la 13′ volta che i due si incontrano – 10 a 2 per Novak i precedenti – la sesta in una finale, la seconda in una finale Slam. La prima fu a Parigi due anni fa, quando Stefanos dilapidò due set di vantaggio al Roland Garros, prima illuso dal proprio tennis polifonico, arioso, monomane; poi agganciato e triturato dalla mente padrona del Djoker. È una finale che può voltare definitivamente una pagina. Novak sta divorando record dopo record; a Melbourne, dove non perde da 27 partite e finora ha stradominato, ha pagato solo il video in comune con i tifosi pro-Putin di papà Srdjan, che oggi potrebbe ritornare in tribuna ma che qualcuno vorrebbe bandire dal torneo. Di certo Novak parte favorito. «Storicamente serbi e greci vanno d’accordo – ha detto – quindi non dovrebbero esserci problemi (geopolitici, ndr) . Io lo stress lo sento comunque, come tutti, sento l’eccitazione, i nervi tesi perché alla mia età non so quante finali potrò giocare. Ma dal punto di vista del gioco mi sento ancora al massimo, quindi perché pensare a smettere? Voglio fare la storia di questo sport». Stefanos n. 1 lo è stato da junior, «e punto ad esserlo anche da grande. È una strada lunga, ma sento di avere una chance di vincere il torneo, e con i miei successi voglio dare speranza e sostanza al mio Paese». Qualcosa di più, di una semplice finale.