Un super coach per Berrettini e Musetti (Bertolucci). Alcaraz l'anti Djokovic (Nizegorodcew). Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! (Azzolini). Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Mecca)

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Un super coach per Berrettini e Musetti (Bertolucci). Alcaraz l’anti Djokovic (Nizegorodcew). Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! (Azzolini). Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Mecca)

La rassegna stampa di martedì 21 marzo 2023

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Volée di rovescio – Un super coach per Berrettini e Musetti (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Il tennis non si ferma mai. Archiviato il torneo di Indian Wells, il primo Masters 1000 stagionale che ha riproposto il fenomenale Alcaraz ai più alti livelli, restituendogli anche il numero uno del mondo, è già il momento di tuffarsi nel mare di Miami per la tradizionale seconda gamba del Sunshine Double americano. In California, malgrado la sconfitta in semifinale, abbiamo ammirato i progressi di Sinner, la sua evoluzione tecnica verso quella completezza di gioco che lo sta avvicinando al top assoluto, ma è altresì evidente che in questo momento gli appassionati e gli addetti ai lavori si stiano interrogando anche sullo stato di crisi quasi permanente, in questo inizio di stagione, di Berrettini e Musetti. Gli altri due componenti dei potenziali Big Three azzurri sono alle prese con una povertà di risultati che comincia ad allarmare e si stanno incartando mentalmente tra equivoci tecnici e condizione atletica non all’altezza. Entrambi posseggono le potenzialità per riemergere in fretta dai loro tormenti e tornare a veleggiare verso lidi più consoni al loro talento, soprattutto sotto il punto di vista delle prestazioni, ma credo che per ricercare una soluzione efficace ai problemi sia arrivata per tutti e due l’ora di scelte drastiche. E con una parola che non può essere tabù: supercoach. Cioè una figura altamente qualificata che affianchi gli storici tecnici Santopadre e Tartarini e fornisca ai giocatori una prospettiva diversa da cui guardare il proprio tennis e quello degli avversari. Non si tratta di disconoscere il lavoro fatto fin qui, di recidere totalmente le radici originarie (anche se Sinner lo ha fatto), bensì di affidarsi a un pensiero e a un affiato diverso che possa completare e affinare il percorso intrapreso in questi anni. D’altra parte, perfino i Federer, i Djokovic, i Murray a un certo punto della loro carriera hanno avvertito come necessario includere nel team una figura che fornisse nuovi riferimenti: stiamo parlando di due tra i più grandi sportivi […] di ogni epoca e di un campionissimo. II supercoach, intendiamoci, non è un guru chiamato a stravolgere i riferimenti tecnici del giocatore, ma piuttosto un consulente che suggerisca la migliore gestione della partita, dei suoi aspetti tattici e psicologici, prima e dopo. Certo, potrà fornire indicazioni su alcuni dettagli specifici del gioco, però il suo ruolo è quello di chi porta una visione complessiva, un’angolazione differente nell’analisi globale della valutazione dei vari momenti della stagione. Nello specifico, Santopadre per Berrettini e Tartarini per Musetti, cui va certamente riconosciuto II merito di aver condotto gli allievi ai vertici, continuerebbero a occuparsi del lavoro quotidiano, parimenti fondamentale nella definizione di un campione a tutto tondo. E ogni rivoluzione che si rispetti può anche agire più in profondità, magari portando nuove competenze anche nel delicato settore della preparazione atletica.

Alcaraz l’anti Djokovic (Alessandro Nizegorodcew, Il Corriere dello Sport)

 

Carlos Alcaraz, Novak Djokovic e un regno condiviso. Una corona per lo spagnolo, che dopo il successo a Indian Wells è tornato numero 1 del mondo […] e uno scettro per Nole, che si attesta alla seconda piazza del ranking solamente per il computer; non potendo conteggiare i punti conquistati a Wimbledon 2022 […]. L’unico a insinuarsi nel dominio serbo-iberico è Daniil Medvedev, mentre tutti gli altri paiono un gradino sotto. Un mostro di precocità da un lato, un campione assoluto dall’altro. L’unico precedente si è disputato nella semifinale del Masters1000 di Madrid della passata stagione: a imporsi fu Alcaraz per 6-7 7-5 7-6 in 3 ore e 35 minuti. Vi è grande attesa per le prossime sfide, anche perché nei big tournaments conquistati dallo spagnolo, tranne Madrid, Djokovic non è mai stato presente in tabellone. SERVIZIO. Djokovic non ha sempre avuto un buon rapporto con questo fondamentale. Nel 2009 decise di affidarsi all’ex Top5 Todd Martin, che affiancò per alcuni mesi coach Vajda per cambiare e migliorare la battuta del serbo. La scelta fu controproducente e dopo mesi da incubo Djokovic tornò al vecchio movimento. Negli anni ha affinato la tecnica e la solidità del colpo, mai devastante ma quasi sempre inattaccabile. Alcaraz, che ha ancora buoni margini sul fondamentale, impressiona per la facilità con cui riesce a tenere alta la percentuale di prime in campo nei momenti importanti […]. RISPOSTA. In carriera Djokovic ha ottenuto il 32% dei game giocati in risposta […]. Alcaraz che dalla parte del rovescio ogni tanto regala qualcosa, ha dati molti simili. ROVESCIO. È il colpo naturale di Djokovic, che sin da bambino lo ha portato sotto la luce dei riflettori. Probabilmente il miglior rovescio bimane di sempre. Alcaraz alterna grandi soluzioni a qualche errore più banale, soprattutto in risposta. Un colpo che durante i match va ancora un po’ ad alti […] e bassi […]. DRITTO. È il colpo di Carlitos. Lo spagnolo può tirare un vincente di dritto da qualsiasi zona del campo, anche se si trova a 5 metri dalla linea di fondo. Semplicemente straripante. D’altra parte è il fondamentale più costruito del serbo, che ha migliorato il proprio dritto anno dopo anno sino a renderlo efficace in ogni situazione tattica, che sia difensiva od offensiva. GIOCO DI VOLO. Alcaraz sa eseguire il ‘serve and volley’ e a rete dimostra dimestichezza e talento […]. Djokovic, negli anni, ha saputo migliorare la volée in maniera esponenziale, mentre nello smash è spesso titubante e impreciso. FISICO. Il serbo è noto per svolgere, sin da giovanissimo, circa un’ora e mezza di stretching giornaliero. Dal 2015 ha adottato una dieta vegana e dal punto di vista atletico è ai limiti della perfezione. Le storiche sfide, molto complesse nei primi anni, a Nadal e Federer lo hanno costretto a diventare una sorta di indistruttibile uomo di gomma. Gli infortuni seri, in carriera, sono stati pochissimi: quasi 36 anni e non sentirli. A 18 anni Alcaraz era già un atleta maturo e pronto. Qualche problema fisico di troppo è giunto tra 2022 e inizio 2023, ma la sensazione che come il primo Nadal, non riesca a contenere esuberanza e generosità. Negli anni saprà gestirsi sempre meglio. TESTA. Il grande punto di forza di entrambi. La capacità di giocare al meglio i punti importanti […], con coraggio e razionalità, è dote rarissima nel tennis. Il rifiuto della sconfitta è invece un’arte condivisa e in Djokovic si riassume nell’83,5% di vittorie in carriera nel circuito ATP. Il migliore in assoluto nell’era Open […].

Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! – Alcaraz numero 1, forte, fortissimo, quasi un mostro (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Quanti “opposti” convivano sotto la dura scorza dei tennisti che più ammiriamo è domanda vana, se pretendiamo una risposta certificata, e rimarrebbe comunque il dubbio che per alcuni non sia sufficiente indagare sul loro doppio, quanto ampliare la ricerca per estrarre il terzo, forse il quarto abitante di quell’intricata matassa di entità sovrapposte e contraddittorie che si agita nella loro mente. Ad ascoltare i curiosi “non sense” che da bordo campo coach Ferrero detta al suo Carlitos come utili consigli per la sopravvivenza, è d’obbligo chiedersi chi sia il Ferrero che sta parlando, così diverso dal guerriero raziocinante e un po’ imbalsamato che conoscevo sul campo. Ma più difficile rispondere a quale degli Alcaraz che lui conosca si stia rivolgendo, se al ragazzo che tutto cela sotto l’ombra del mono filo delle sopracciglia che oscura gli occhi, o se a un altro Carlitos, preda in quel momento di un potente mix di angosce esistenziali che non trapela dalla corazza. «Guardami Carlos», gli diceva, «Sono qua. Ti piace ancora il tennis? Si? E allora, dai, gioca a tennis». Il siparietto ha preso forma nel corso della semifinale dell’altro ieri con Sinner, dopo il riaggancio dell’italiano sul 4 pari del primo set. Il momento peggiore vissuto da Alcaraz nel corso dell’intero torneo […] concluso domenica notte con una vittoria su Medvedev che può opportunamente pescare la propria definizione in tutta la filiera dei sinonimi della parola “stordente”. Vale a dire sbalordente, disorientante, frastornante, sbigottente, strabiliante… Dunque in grado di inebetire il rivale, perché tanto è apparso il russo che veniva da tre tornei e 19 match vinti consecutivamente. Inebetito. Alcaraz ha fatto ciò che ha voluto, ha intontito Medvedev di pallate tossiche e ha sferzato con gittate violente angoli di campo che Daniil nemmeno pensava esistessero. Ha chiuso senza perdere un set la sua terza finale nei “Mille”, aggiungendo Indian Wells alle conquiste di Miami e Madrid dell’anno scorso e riprendendosi direttamente dalle mani di Djokovic […] quel numero uno che aveva già accarezzato per venti settimane di seguito. Una finale che mi ha obbligato a rivedere il giudizio espresso sul confronto con Sinner e prendere atto dei nuovi valori indicati dal primo Masters stagionale. Jannik, nella nuova nomenclatura di vertice, guadagna posizioni su tutti gli inseguitori, Medvedev compreso, ma Alcaraz appare oggi più distante di quanto fosse apparso già contro l’italiano. La vera sorpresa, se ce n’è una, è lo scatto in avanti operato dal giovane di El Palmar, che comincia a mostrare gli ampi confini entro i quali potrà esercitare il proprio dominio. Talento, sostanza, gioco a tutto campo, possibilità di migliorarsi ancora da definire, ma inevitabilmente estese. E carattere. Cui quel po’ di “non sense”, secondo la ricetta Ferrero, offre nutrimento. Proprio il coach, a seguito della vittoria agli US Open dello scorso settembre, giudicò Carlos «un fenomeno che si esprime al momento solo al 60% delle proprie possibilità». Mi piacerebbe sapere se il giudizio è rimasto inalterato, o se quella placida ma costruttiva arroganza che Alcaraz mostra oggi sul campo, ha innalzato la percentuale. Personalmente, spero Ferrero abbia peccato di vanagloria, insomma, come si dice tra le persone colte, abbia fatto lo sborone, nel giudicare le possibilità future di Carlitos. Altrimenti, se mai Alcaraz dovesse crescere di un ulteriore 40 per cento, i tornei si ridurrebbero a disporsi tutti in fila per ricevere la settimanale dose di ceffoni dalla spagnolo. E non converrebbe a nessuno. «Bello tornare numero uno», dice Carlitos, che alle piccole osservazioni banali ci tiene, «mi aspettavo un match più duro, ma credo anche di essere stato perfetto. Il mio gioco è migliorato, forse, ma meno del mio stato d’animo. Gioco rilassato, mi sento a mio agio, e non ho dubbi sui miei colpi». Certo più rilassato di Medvedev, che richiama l’attenzione sui campi sempre più lenti. Il circuito, a suo dire, rischia di morire di sonno. Si volta pagina. Tutti a Miami. Con Alcaraz che riconsegna i 1.200 punti dell’anno scorso. Resterà numero uno solo vincendo. Possibile una semifinale con Sinner. Berrettini non ha un brutto tabellone. Ma il suo avversario più tosto ce l’ha dentro di sé.

Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Giorgia Mecca, Il Corriere di Torino)

A maggio il tennis sarà ancora di più una questione italiana. Non solo Roma e il Foro Italico, anche Torino sta per tingersi di rosso per ospitare i campioni della terra. Dal 14 al 20 maggio nei campi dello Sporting è in programma il Piemonte Open Intesa Sanpaolo, torneo nuovo di zecca che fa parte del circuito challenger 175, lo stesso tipo di evento appena giocato a Phoenix da Matteo Berrettini. Oltre ai punti messi a disposizione, 175, e al montepremi, oltre duecentomila euro, è la data il punto di forza dl questo torneo. Potranno iscriversi tutti i giocatori sconfitti nei primi turni degli Internazionali, che potranno così provare ad accumulare punti e partite in vista del Roland Garros. Il direttore del torneo Giorgio Di Palermo lo ha definito «un Incastro perfetto» tutto a portata di mano: dal Foro Italico allo Sporting ci sono soltanto quattro ore di Frecciarossa. «Quando ci siamo candidati per ospitare il challenger, qualcuno ha pensato fossimo pazzi», ha detto il direttore del club Piero Garibaldi. «Ci dicevano: ma le Atp Finals non vi bastano?». Evidentemente Torino va bene per ospitare sia i migliori otto giocatori al mondo sia le giovani promesse a caccia di punti nel mondo dei grandi. Dal 23 aprile i torinesi che si stanno affacciando al mondo del professionismo avranno la possibilità di partecipare al torneo di prequalificazioni per cercare di conquistare sul campo un posto sul tabellone principale. Negli ultimi due anni il numero dei tennisti è aumentato esponenzialmente in città. I giocatori che parteciperanno al torneo sono solo la punta di un iceberg che trova la sua base nelle scuole. Sono proprio bambini e ragazzi il pubblico di riferimento del Young Village, un villaggio del tennis che servirà ad avvicinare ancora di più i giovanissimi a questo sport e che ha già avuto oltre duemila adesioni. Il Piemonte Open rinnoverà su terra una tradizione cominciata nel 1961 con la vittoria degli Internazionali di Italia da parte di Nicola Pietrangeli proprio sul campo stadio, appena restaurato e pronto a ricevere i campioni del terzo millennio.

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SuperSonego!(Crivelli). Meraviglia Sonego. “Il mio miracolo”(Giammò). La legge di Musetti. “Parigi oltre il buio”(Ercoli). Sonego da impazzire. “La vittoria più bella”(Azzolini). Il Roland Garros degli italiani. Sonego e Musetti agli ottavi (Martucci)

La rassegna stampa del 3 giugno 2023

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SuperSonego! (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Magnifici, i Lorenzi. Con orgoglio, coraggio e talento, Sonego e Musetti volano insieme agli ottavi, uno maneggiando la clava e l’altro toccando di fino con il fioretto, contro due avversari che stanno davanti in classifica; anzi, la vittima di Sonny, Rublev, fresco principe di Montecarlo, è addirittura numero 7. L’Italia così ritrova il sorriso dopo i dolori del giovane Sinner, e non festeggia una tripletta di prestigio nella seconda settimana solo perché Fognini, alla distanza, cede soprattutto di fisico alla vivacità dell’austriaco Ofner. Ma se per Fabio è stata davvero l’ultima recita al Roland Garros, gli applausi con cui il pubblico lo accompagna verso l’uscita di scena sono il saluto più bello a un campione vero. L’ombra e la luce Anche nello sport, ci sono certezze inscalfibili: ad esempio, che Io spirito guerriero di Sonego non dorme mai. In quanti, sotto di due set e con il secondo perso 6-0 senza toccare palla, avrebbero ritrovato l’orizzonte tecnico e mentale per rimettersi in carreggiata contro un avversario di grande qualità come il russo? Cuore Toro: senza il consueto punch nel dritto, con il servizio che non incide e l’incapacità di togliere Rublev dalla sua comfort zone da cui può martellare con i colpi a rimbalzo, Sonny sembra offrire il petto a un destino da sconfitto. Ma il giocatore che esce dalla lunga pausa negli spogliatoi dopo i primi due parziali ha ritrovatogli occhi della tigre e dall’angolo se ne accorge anche coach Arbino: «Si è proprio visto il cambio di sguardo, di atteggiamento del corpo, dalla frustrazione piano piano è diventato un leone, quello che è lui di natura. Mi è piaciuto tantissimo perché è il sintomo di una grande maturità e consapevolezza». […] Una rimonta favolosa, la prima in carriera da due set sotto, che gli vale il sesto successo contro un top ten (il secondo con Rublev, già battuto a Roma nel 2021) e l’approdo agli ottavi come tre anni fa: «Le esperienze fatte in questi anni negli Slam mi hanno aiutato, soprattutto le partite persemi consentono di affrontare le difficoltà in un altro modo. Lottare e crederci sempre: nonostante il 6-0 non era facile ma sono riuscito a tomare in campo con la giusta determinazione. Sono contento di come gestisco queste difficoltà, del resto ml sentivo molto vicino a lui e questo mi ha trasmesso una grande fiducia. Sapevo che sarebbe bastato poco per ribaltarla». La miglior partita in carriera nel contesto più quaiificato e la conferma che il campo come ring è il luogo ideale per Sonego: «Sono nato così, mi piace la lotta. Essere in quelle situazioni mi esalta. Tirarmi fuori dalle situazioni complicate mi trasmette grande energia e grande voglia». Domani lo attende un altro russo, li bombardiere Khachanov, ma più delle qualità di gioco conterà lo stato d’animo, così diverso da quello ombroso mostrato da Sinner: «Godersela è un vantaggio , ma ogni partita ti mette di fronte a pressioni e situazioni diverse. Sorridere durante un match è molto più complicato, ma io ci sto riuscendo». La lezione Vera felicità è pure il tennis sublime di Musetti, che impartisce una lezione al numero 13 del mondo Norrie: lo insidia sul rovescio bimane, prende campo con i colpi a rimbalzo grazie a una condizione atletica sfavillante, dipinge palle corte da favola, è solido anche al servizio. Il miglior Lollo quando conta di più: «Ho passato un inizio d’anno difficile, è vero, ma ho avuto la forza di uscirne perché ho lavorato molto su me stesso. Qui al Roland Garros, per il momento, ho giocato le due più belle partite della stagione, ed essere arrivato alla seconda settimana era il primo obiettivo». Ci era riuscito anche nel 2021, quando si ritrovò sopra di due set con Djokovic prima di lasciarsi travolgere dai pensieri di un’impresa così a portata di mano e allora più vicina al sogno che alla realtà. Adesso gli toccherà un altro numero uno, Alcaraz. L’esame più arduo. Ma questo Musetti all’università del tennis ci sta comodissimo.

Meraviglia Sonego. “Il mio miracolo” (Roland Giammò, Il Corriere dello Sport)

 

“E’ un miracolo. Ho giocato il mio miglior tennis, era dura dopo essermi trovato in svantaggio 2-0 dopo un’ora di gioco ma è stata una rimonta incredibile». No, non è un miracolo quello compiuto ieri da Lorenzo Sonego, vittorioso in rimonta dopo cinque set e quasi quattro ore di gioco contro il russo n.7 del mondo Andrey Rublev, il cui titolo vinto lo scorso aprile a Montecarlo si credeva potesse averne rotto indugi e timidezze che sin li ne avevano invece rallentato l’ascesa. “Già un miracolo perché sono nato così – ha ancora aggiunto l’azzurro – mi pace la lotta, mi pace trovarmi in quelle situazioni: e maggiori sono le difficoltà, più trovo l’energia per stare in campo». E di energia dev’essergliene servita molta, specialmente dopo aver incassato nel secondo parziale un 6-0 che pareva annunciarne l’imminente disfatta. Più che dall’atmosfera avvertita in campo, «Era incredibile – ha poi riflettuto Sonny – ad aiutarlo nell’impresa hanno contribuito però esperienza e sensazioni del momento». Autore di una carriera sin qui sviluppatasi lontano dalle luci delle prime file e al riparo da ingombranti aspettative, l’allievo di coach Gipo Arbino negli anni è riuscito a irrobustire ancor di più un carattere già di per sé incline alla lotta e alla vis pugnandi. […] Non è la prima impresa della sua camera, né la prima vittoria contro un top10. E non spaventi quel parziale severo così simile a una sentenza. Per scoraggiare Sonego ci vuole ben altro: «Era già successo che qualcuno riuscisse a vincere un match dopo aver preso un 6-0 -ha poi aggiunto – ho sempre creduto di potercela fare, ho giocato più aggressivo, ho cercato di fare del mio meglio al servizio e cercare di più la rete giocando ogni punto con lo stesso atteggiamento». La ricompensa alla fine è stata riuscire a far breccia nel gioco altrui, installare nella fiducia fin lì costruitasi da Rublev quel virus d’incertezza che avrebbe potuto mandarne in tilt convinzioni e sicurezza: «Sapevo che bastava poco per ribaltarla, mi sentivo vicino a lui e sentivo che potevo breakkarlo», ha confidato ancora il virtuale n.39 del mondo davanti ai microfoni, riavvolgendo íl nastro di un incontro che nel tie-break del 4° set ha vissuto il suo momento topico fino a diventare nel 5° un corpo a corpo intriso d’emozioni, frustrazioni e coraggio. Annullate le due ultime palle break a metà parziale (saranno 5 su 11 alla fine del match), Sonego ha atteso l’ultimo turno di battuta di Rublev per sottrargliela e presentarsi costìal servizio per chiudere il match alla prima occasione utile. «Io cerco di godermi ogni partita ma non è facile, le pressioni sono ogni volta diverse, a volte non trovi soluzioni nonostante ce la metti tutta perché è una giornata storta, ma è più facile dirlo dopo: quando ci sei dentro è difficile trovare il sorriso, non te lo puoi imporre». Meglio allora concentrarsi su Karen Khachanov, suo avversario agli ottavi. È da lì che passa ora il suo prossimo sorriso.

La legge di Musetti. “Parigi oltre il buio” (Lorenzo Ercoli, Il Corriere dello Sport)

Non è la classifica, ma sono le caratteristiche dell’avversario a fare la differenza. Nel tennis è una nozione non scritta, quando si parla di Lorenzo Musetti è legge. Non sorprende il 6-16-2 6-4 con cui il carrarese ha liquidato il numero 13 del mondo Cameron Norrie nel terzo turno del Roland Garros. Il successo di Barcellona, maturato poche settimane fa, è stato confermato con una partita a tratti identica. […] A questa ricetta perfetta si sono aggiunti i 49 errori gratuiti di un Norrie particolarmente falloso. Musetti ha dominato per più di due set e nel terzo, quando dall’altra parte della rete è arrivato un colpo di reni, è stata capace di aggiudicarsi i game in lotta per non complicarsi la giornata. «La partita di secondo turno con Shevchenko e questa contro Norrie sono le più iconiche della mia stagione su terra – afferma soddisfatto Musetti, che a Parigi non ha ancora lasciato un set per strada – Queste vittorie sono la conferma del buon periodo che sto vivendo e del fatto che sto trovando più continuità». Dopo un inizio di anno complicato, in cui non ha sfruttato a pieno la quasi assenza di punti da difendere, Musetti è ripartito dal rosso dando un buon segnale in vista di una seconda parte di stagione intensa: «Un periodo buio lo hanno passato tutti nella vita, il problema è uscirne. Chi ha la volontà di sudare e lavorare può farcela, soprattutto se si tratta di un giovane come me che vuole imparare». L’ottavo di finale contro Carlos Alcaraz arriva forse nel momento migliore quanto in quello peggiore, considerando che lo stato di forma del numero due d’Italia gli consentirebbe di partire favorito con tanti dei protagonisti ancora in corsa. Dopo aver perso un set per strada contro Taro Daniel, il numero 1 del mondo ha macinato tennis in un perentorio 6-1 6-4 6-2 contra Denis Shapovalov. Il precedente più fresco e datato Amburgo 2022, vinto 6-4 6-7 6-4 da Musetti, ed è il bollino di garanzia che per caratteristiche può esserci partita. SALUTI. In una giornata da due successi, la truppa azzurra ha purtroppo perso per strada Fabio Fognini. L’occasione contro Sebastian Ofner era grande, troppo per non provarci. «Dopo il match di secondo turno mi sono stirato un pettorale. Ho deciso di giocare perché un’occasione cosi non mi sarebbe più capitata, che questo sia l’ultimo o il penultimo Roland Garros». Ha raccontato il taggiasco al termine del match perso in 3 ore e 57 minuti con il punteggio di 5-7 6-3 7-5 1-6 6-4. Le prestazione di Roma e Parigi hanno fatto rivedere il vero Fognini e questo, unito alla necessità di riprendere quota in classifica, non fa che aumentare la delusione dello sconfitto: «I treni passano e non tornano indietro. Senza togliere nulla all’avversario ho perso una grande occasione. Sarò sbruffone ma per come stavo giocando difficilmente avrei perso questa partita». Già assodata la rinuncia all’erba, Fabio dovrebbe tornare in campo nel Challenger di Perugia, anche se a caldo ha prevalso lo sconforto: «Sono stufo di farmi male e non lo accetto più. Dire che non ho più voglia suona brutto anche perché mi sono rimesso in sesto, ma a fine anno mi guarderò allo specchio e deciderò davanti una birra».

Sonego da impazzire. “La vittoria più bella” (Daniele Azzolini, Tuttosport)

[…] Nato cazzuto. Naturalmente cazzuto. Un ragazzo di animo gentile, un filo introverso, ma amichevole e di buonissima educazione. Tutto meno che un prepotente. E guardate, uno del genere, che muraglia cinese ha tirato su in corso d’opera, quando il match pendeva ormai dalla parte di Rublev e le uniche speranze erano legate a un imprevisto ribaltone. Che c’è stato, alla fine, ma non per consunzione dell’avversario, o per decisione di chissà quale divinità del tennis attardatasi, in quel momento, dalle parti del Suzanne Lenglen. Semplicemente, Lorenzo ha cambiato modo di stare in campo, qualcosa gli è scattato dentro. Sorprendente Sonny, davvero. A ogni incontro mostra qualcosa di sé, e su di essa costruisce propositi di riscossa, perfeziona tempi e momenti del sorpasso, resiste finché gli avversari non trovano più motivi per darci dentro. Ieri l’ho visto riemergere da un match quasi perso diventando d’un tratto insuperabile, capace di respingere tutto neanche fosse fatto di caucciù, e di puntellare il suo inatteso ritorno in partita con perle di vivacissima luce. Era sotto 5-7 0-6, ma dal terzo set si è disposto in modalità guerriera e addio Rublev. Sonego ha prima smantellato ogni possibile reazione del russo, poi ha preso il sopravvento. «Sul 5-6 del quarto, nel game che valeva l’accesso al tie break, ho vissuto momenti infernali perché un errore, in quel momento, avrebbe sacrificato la possibilità di giocarsi tutto in volata, al quinto set. Ma nel tie break mi sono tranquillizzato, il mio tennis continuava a funzionare e Rublev, ci posso credere, sembrava un po’ scosso. Superato quel momento, mi sono convinto che l’incontro poteva finire nelle mie mani». Così è stato, con un break che lo ha spinto sul 5-3 ed è valso la vittoria. «Forse la più difficile, nella mia carriera. Giunta nella giornata in cui credo di aver giocato il mio tennis migliore. È un bel momento, mi sento bene in ciò che faccio, riesco a cambiare, a modulare il mio tennis con facilità. Tutto va per il verso giusto, senza affanni». Gli ottavi di uno Slam, è la terza volta per Sonego. La seconda a Parigi, che lo vide al quarto turno anche nel 2020, poi – memorabile – un ottavo a Wimbledon 2021 contro Federei; ormai a un passo dal suo ultimo match. Russo anche il prossimo avversario, Karen Khachanov, che viene da due semifinali Slam consecutive, agli US Open dell’anno scorso e agli Open d’Australia di quest’anno. Tre precedenti contro il russo con il nome al femminile (Karen sostiene che nelle zone della Russia da curi vengono i suoi genitori è prassi normale), ma datate agli anni pre-Covid. Ne emerge però un pareggio sulla terra rossa, con un successo per Sonny a Montecarlo seguito da una sconfitta a Roma. Un grande ammiratore di Marat Safin, Khachanov, l’ex numero uno che in questi giorni sta allenando a Montecarlo Matteo Berrettini, che è l’amico tennista più grande di Sonego. Tutto torna. Anche in campo musicale, dove l’ultimo singolo di Sonego ha avuto su Spotify oltre un milione di ascolti. «Stiamo lavorando sul terzo disco, forse sarà pronto per questa estate», butta ll Sonny. Speravo che la cazzutaggine di Sonego facesse da guida a Fognini, ammesso che ne avesse bisogno, e poco c’è mancato che i match ripresi da una posizione di svantaggio diventassero due. Fabio è andato sotto 2-1 ed è riemerso portando il match con l’austriaco Offner al quinto, lì si è trovato 2-5 ed è risalito fino al 4-5, ma non è bastato. Chiude a un passo dagli ottavi, ma è stato un buon Roland Garros anche per lui.

Il Roland Garros degli italiani. Sonego e Musetti agli ottavi (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Guardi Lorenzo Sonego che rimonta bum bum Andrey Rublev 6-7 0-6 6-3 7-5 6-3 in 4 ore e tre quarti con una partita tatticamente perfetta contro il numero 6 del mondo e si qualifica agli ottavi del Roland Garros contro l’altro russo, Karen Khachanov (11), e sei felice come il bimbetto coi riccioli che, toccandosi la testa con l’indice, lo incita continuamente: “Testa!”. Lo ascolti mentre racconta cos’ha pensato quand’ha servito per il match: «Ero contento. Che bello essere su questo campo, dare il massimo e giocare la migliore partita dell’anno, ottenendo la più difficile vittoria di sempre, non avevo rimontato da due set a zero sotto». […] Come ci incitava il maestro, da bambini, come rispondono spesso i campioni quando gli chiedi il segreto: “Divertiti!”. Ma quando ti giochi la partita, quando cominci a pensare, come fai a sorridere? Jannik Sinner ha spiegato che contro Altmaier ha mancato le occasioni proprio perché non era felice: era preoccupato, teso, schiacciato dall’impegno e dalle aspettative da predestinato e salvatore della patria, ad appena 21 anni. Lorenzo Sonego che di aspettative ne aveva ben poche quando si è presentato da mastro Gipo Arbino, alto e allampanato, forte di cuore, cervello e piedi veloci, oggi, che di anni ne ha 28, si gode la sua fortuna da 48 della classifica. «Forse è stato un miracolo: ho dato il massimo al servizio, ho cercato di stare più avanti in campo e di essere aggressivo su ogni punto, già 3 anni fa ero arrivato al quarto turno ma ho evoluto il mio gioco anche a rete e ora sono al massimo. Ringrazio il pubblico che mi ha sempre incoraggiato». Un esempio, in tutto. “MUSO” TROVA ALCARAZ Sull’onda della prestazione mostre contro Schevchenko, Lorenzo Musetti brilla anche contro Cameron Norrie fino al 6-1 6-2 3-1. Ma appena ricade nel vizietto, smorza l’attitudine aggressiva e fa uno-due passi all’indietro, ridà coraggio al più esperto avversario, il 27enne britannico 13 del mondo che il carrarino dal braccio d’oro aveva appena battuto a Montecarlo. Raggiunto sul 3-3, minacciato di un secondo break, pressato per la prima volta, Muso s’irrigidisce, commette i primi doppi falli, e si fa attaccare. Si salva grazie al servizio e ai tremori dell’avversario. E, col 6-4 finale, si qualifica agli ottavi dove troverà il numero 1 Alcaraz, che ha battuto Shapovalov in tre set. «Ho giocato molto molto bene, non potrei essere più felice e fiero del mio team di essere nella seconda settimana». FABIO NON CE LA FA Purtroppo il fisico (una condizione imperfetta e un problema ai pettorali giovedì accusato in doppio), non certo il suo magico tennis che a tratti regala gemme uniche, stoppano Fabio Fognini a un passo dalla seconda settimana, a 36 anni. Il ligure si arrende per 5-7 6-3 7-5 1-6 6-4 dopo quasi 4 ore contro il qualificato austriaco Sebastian Ofner, promosso dalle qualificazioni e dal purgatorio Challenger. Oggi nel terzo turno Elisabetta Cocciaretto (n. 44) sfida Bernarda Pera (36), partendo da 2-1 nei precedenti per l’americana. 

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Sinner saluta Parigi (Crivelli, Bertolucci, Ercoli, Azzolini, Martucci). Gioia Cocciaretto, prima volta al 3° turno Slam (Strocchi)

La rassegna stampa di venerdì 2 giugno 2023

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Sinner sprofondo rosso (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Terra bruciata. Come l’ambizione di spingersi fin verso il paradiso in quello spicchio di tabellone repentinamente orfano di Medvedev, il re di Roma. E invece la maledizione del pronostico colpisce ancora, inesorabile: quando l’orizzonte s’allarga, Sinner si restringe. Che botta, la sconfitta contro Altmaier, tedesco n. 79 Atp. Un capitombolo inatteso, che fa rumore, perché rischia di oscurare il cammino oggettivamente brillante che Jannik aveva tenuto da tre mesi a questa parte e che, abbinato al ko di Roma contro un altro avversario non irresistibile come Cerundolo, può instillare crepe pericolose nella delicata e continua ricerca dell’equilibrio perfetto. Alla vigilia dello Slam parigino, la Volpe Rossa aveva rivelato con sincerità gli obiettivi di un ragazzo di 21 anni che ha già avvicinato le vette più alte del suo sport: «Se chiudo gli occhi, il mio traguardo è di andare il più avanti possibile in classifica e come persona. Il sogno è diventare numero 1 del mondo, e darò tutto quello che ho per riuscirci. Poi se non ci arriverò, mi basterà non avere rimpianti». Una visione lucida e coerente, che tuttavia continua a cozzare con la realtà quando il livello della pressione si alza e richiede un ultimo salto di qualità mentale e tecnico. Perché lo Jannik che entra sul Lenglen da favorito in una partita che dovrebbe rappresentare solo una tappa di avvicinamento alla seconda settimana, è in realtà un drago dalle ali tarpate, con il braccio bloccato dalla tensione, che si tiene a galla con il servizio ma non riesce mai a incidere davvero con l’aggressione da fondo campo, senza mai cercare altre strade tattiche per staccarsi definitivamente di dosso un rivale tignoso, bravo e diligente ad applicare suoi schemi di disinnesco delle armi azzurre, giocando il dritto con traiettorie più alte per non dare ritmo e il rovescio al centro per togliere angoli. Nonostante tutto, Sinner si ritroverà a servire sul 5-4 del quarto set con due match point a disposizione, e sul primo non chiude uno smash a rimbalzo che gli costa un passante del tedesco reso imprendibile dal nastro. La plastica immagine di una giornata per certi versi indescrivibile: Jannik ha totalmente smarrito il killer instinct dei giorni belli, è passivo, lontano dalla riga di fondo, e non cerca mai variazioni per cambiare il destino strategico del match. Ha un sussulto solo quando si ritrova davvero spalle al muro, sul 4-5 e servizio del tedesco nel quinto set, ottenendo il break dell’inattesa resurrezione, peraltro vanificato dall’orribile game successivo in battuta. In un infinito 12° game, surreale e costellato da errori dettati solo dal rispettivo braccino, Jannik annulla i primi tre match point, si procura tre palle per allungarsi al tie break ma poi si arrende a un suo rovescio sbagliato e a un ace dell’incredulo renano, sbattendo la racchetta a terra forse per la prima volta in carriera: «Ci sta: ero in tensione, poco lucido, consapevole di aver avuto tante occasioni e di aver fatto troppe scelte sbagliate». […] «Certo che fa male, tenevo molto a questo torneo, ma devo accettarlo. Stavolta mi è mancato l’atteggiamento giusto, non ero sorridente dentro, fin dall’inizio non godevo del fatto di essere qui e di giocare una partita al Roland Garros. Se c’ è una lezione che devo imparare da questa sconfitta, è di tornare a essere felice quando sono in campo». A suo modo, una confessione choc che spiega meglio di ogni dettaglio tecnico le difficoltà di Sinner nel gestire il nuovo ruolo di possibile giocatore-guida del prossimo decennio, che invece Alcaraz e Rune maneggiano già con grandissima disinvoltura, peraltro accrescendo le pressioni su di lui che nei voti di tanti dovrebbe essere il terzo eroe del gruppo ristretto. Quando si trattava di sognare l’approdo nell’élite, le motivazioni e l’ambizione gli armavano il braccio, ora che vede il gotha da vicino è come se avesse il piombo nei colpi. E se la testa pensa troppo, le gambe non girano: «L’adattamento alla terra è stato eccellente, a Monte Carlo ho subito fatto semifinale. Ero euforico, e le aspettative erano alte, ma poi sono arrivate due sconfitte così. Evidentemente, devo imparare a ragionare in un altro modo». […] «So che il lavoro alla lunga pagherà, la mia passione per il tennis mi farà superare gli ostacoli. Penso di essere una persona forte, soprattutto nei momenti difficili. L’ho fatto vedere in passato e lo farò vedere anche in futuro». Splendore sull’erba?

Gioco monotono e troppa ansia. Sinner rimanda il salto di qualità (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

 

Non c’è dubbio che la sconfitta di Sinner al secondo turno del Roland Garros rappresenti una cocentissima delusione, certamente inattesa. Una battuta d’arresto che allunga ombre insidiose sulle qualità ad altissimo livello dell’altoatesino, piombato in un’improvvisa, piccola crisi dopo tre mesi di grandissimo spessore tecnico. Mentre nella parte alta del tabellone si ritrovano a battagliare Alcaraz, Djokovic, Tsitsipas e Rublev, nello spicchio occupato dall’azzurro la repentina eliminazione di Medvedev aveva spalancato un’autostrada verso gli appuntamenti nobilissimi del tabellone, con il solido ma non certo irresistibile Ruud e il terribile ma ancora incostante Rune come punti di riferimento e unici due giocatori con classifica migliore rispetto a Jannik. Se a Roma si poteva mettere in preventivo la tensione derivante dall’enorme attesa che il torneo e il pubblico riponevano su di lui, la sconfitta di Parigi è apparentemente senza motivazioni. Evidentemente, le aspettative montate dopo l’eliminazione di Medvedev hanno finito per svuotare il serbatoio mentale di Sinner, che fin dall’inizio del match contro Altmaier è sembrato fuori fase, bloccato, senza spinta sulla palla e perdi più in condizioni atletiche rivedibili. E così anche quelle che sono state le certezze che lo hanno accompagnato in questi mesi hanno finito per abbandonarlo: basti pensare al rovescio incrociato, per solito una sentenza e invece stavolta giocato sempre senza mordente. È vero, nonostante il rendimento insufficiente, Jannik avrebbe potuto comunque imporsi in quattro set, e sui match point è stato sicuramente sfortunato, ma la sensazione generale non sarebbe comunque cambiata: la palla dell’azzurro viaggia a velocità inferiori rispetto all’anno scorso o a due anni fa, quando evidentemente la testa era più libera e quindi rendeva il braccio più fluido. […] Ciò che ha sorpreso di più, in queste due inopinate sconfitte, è stata l’assoluta incapacità di Sinner di trovare un’alternativa al solo bombardamento da fondo campo: ormai dovrebbe aver capito che semplicemente spingendo da fondo non si vince contro nessuno. In più, ieri contro il tedesco è stato troppo passivo, giocando ben dietro la riga di fondo e commettendo errori inusuali sui punti più delicati. […] Un brutto stop, sul quale Sinner avrà molto da riflettere nella pausa che lo separa dalla stagione sull’erba: si tratta di capire perché, quando il salto di qualità sembra vicino, subisca una sorta di blocco psicologico da grande risultato.

Sinner: «Fa male, ci tenevo tanto» (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

«Le mie aspettative erano alte e sentivo di poter fare molto bene qui, forse devo ragionare in un altro modo. Non sono però due tornei a rovinare la stagione». Questa volta non era un miraggio o un sogno, ma un obiettivo. Le carte in tavola son cambiate con un inizio di anno formidabile e questo per Sinner era uno slam diverso, il primo in cui poter provare davvero a vincere. il Roland Garros della consapevolezza invece si conclude nel rammarico di due match point falliti e della sconfitta contro Daniel Altmaier che questa volta, a differenza di quanto accaduto lo scorso anno agli US Open, prevale sulla lunga distanza con il punteggio di 6-7(0) 7-6(7) 1-6 7-6(4) 7-5. L’altoatesino si è piegato al peso degli appuntamenti ai quali teneva di più nel post Melbourne. Per certi versi gli esordi di Roma e Roland Garros contro Kokkinakis e Muller si assomigliano per facilità nel liquidare l’avversario, ma restano eccezioni in due settimane che rimandano l’appuntamento con traguardi più grandi. Difficile determinare quale dei match point non convertiti (entrambi ai vantaggi sul 5-4 del quarto set) lasci più il segno. La lotta è tra quello condotto e non chiuso con la beffa di un nastro sul passante avversario ed un rovescio tirato lungo in uscita dal servizio. Poteva essere una vittoria opaca, di quelle portate a casa nello stile del «Sinner prima maniera», quello degli strappi improvvisi e dei break recuperati con una facilità quasi disarmante. Nel quinto set è proprio quella la solfa, con l’allievo del duo Vagnozzi/Cahill che aggancia il 5-5 quando il tedesco serve per il match, salvo cedere nuovamente il servizio prima del cambio campo. Nel dodicesimo game il conto è di 4 match point annullati, seguiti da tre palle fallite da Sinner per il tie-break prima della resa definitiva. I progressi e le soluzioni implementate nell’ultimo anno sono a tratti del tutto mancate sul Suzanne Lenglen. Quando la parte atletica e di colpi non spiana la strada, l’azzurro fatica a salvarsi con la parte tattica. La racchetta sbattuta a terra è il fotogramma del k.o. e lo stesso numero 1 d’Italia ha qualcosa da rimproverarsi: «Fa male perché ci tenevo tanto e ho avuto delle possibilità. Ho dato tutto, anche perché sennò non stai in campo per quasi 5 ore e mezza. Dovevo essere più felice di essere nella posizione in cui ero, di solito non lo faccio vedere ma sono sorridente dentro. Non lo sono stato e quando è così faccio più fatica, questa è la lezione che ho imparato. Cercherò di essere più felice perché mi serve». […]

La felicità perduta del giovane Sinner (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Piange chi vince, e non è Sinner. Si chiama Daniel Altmaier ed è la prima volta che ottiene dal tennis qualcosa da ricordare, da raccontare, di cui, magari, vantarsi. Ha 24 anni, tedesco di Kempen, un paesino della Vestfalia, famosa per il trattato di pace che pose fine alla guerra dei trent’anni, e ora che ha vinto per una volta contro uno dei più forti, è lui a non trovare pace. Si blocca davanti al microfono e non smette di piangere. Ne avrebbe di cose da raccontare, di speranze inseguite e mai raggiunte, di tennis giocato e vissuto in periferia. Ha vinto con la volontà e un po’ di fortuna, ma anche con intelligenza, scegliendo momenti e modi per colpire. Un tema che non troverebbe insensibile l’intervistatrice, quello dell’intelligenza… Marion Bartoli, signora di Wimbledon 2013, è membro del Mensa, la tavola che riunisce gli intelligentoni di tutto il mondo e con un punteggio più alto di Albert Einstein. Avrebbe di che piangere anche Jannik Sinner, ma non lo fa, non ci riesce, ha consumato sudore e lacrime in un match senza senso, costruito per durare troppo a lungo, per generare stress dal nulla e andare a parare non si sa dove. È furioso, con se stesso e con il tennis, sport ingrato se ce n’è uno. Aveva vinto, in fondo. l primi due match point dell’incontro erano a suo favore, bastava coglierne uno e andare in terzo turno, rispettando il pronostico e conservando intatte le possibilità di sfruttare a dovere un tabellone che la sconfitta di Medvedev ha aperto a qualsiasi ipotesi. E Jannik sa bene di rappresentare, da qui al futuro, ben più di un’ipotesi. Si sarebbe scritto, beh, match bruttino, oltre modo sofferto, ma in fondo vinto, come nell’arco di uno Slam succede a tutti i finalisti. Ma le crisi vanno sapute superare, e Sinner c’è rimasto avviluppato dentro. Sul 5-4 del quarto set ha giocato male la prima palla della vittoria, sulla seconda invece ha fatto le cose giuste, ma il tedesco ha trovato un passante che il nastro ha reso inarrivabile. Peccato, due volte peccato. Perché Sinner quel set l’aveva recuperato da 0-3, e in quel momento numeri e sensazioni erano tutti dalla sua parte. […] Quel decimo game del quarto set, e più ancora, l’ultimo del match, nel quinto, quando le lancette dell’orologio avevano già da un po’ varcato le cinque ore di gioco, hanno riproposto fatti e misfatti del l’intero confronto. Se vuole, Sinner può prendersela con la sfortuna, e con se stesso, ma non è più soltanto il ragazzo prodigio, è ormai oggetto di studio, e la citizen band dei coach comincia a individuare quei punti ancora da correggere nel gioco dell’italiano, e a ricavarne le prime strategie di contrattacco, utili a inceppare i meccanismi d’assalto di Jannik. Daniel Altmaier non ha cessato per un solo game, di cercare palle dai rimbalzi alti e lunghi. Su quelle Sinner non carbura, e non sempre trova la misura dei colpi. […] Altmaier l’ha lavorato ai fianchi. Nel quinto ha servito per il match sul 5-4 e non è bastato ad acquietare l’italiano, ma si è procurato un nuovo break ed è tornato a provarci sul 6-5 in suo favore. Avanti 40-0 ha sentito le gambe tremare sui primi tre match point ,ma non ha staccato la spina, e ha trovato altre due palle match, mentre le occasioni di pareggiare i conti di .Jannilk si perdevano nel nulla. Decisivo il quinto match point, in un game di sedici punti, lungo dodici minuti, e il tappo che tratteneva le lacrime del tedesco è finalmente saltato. Cinque ore e 26 minuti di dannazioni per ritrovarsi con niente tra le mani. «E’ una brutta botta, poco da dire. Dolorosa. Ho giocato male le mie carte, eppure ho avuto il match a portata di mano. Forse il mio atteggiamento non era giusto, ho dato tutto, altrimenti non sarei rimasto in campo 5 ore e mezza. Però dovevo essere più felice dentro, per approfittarne, ma questa felicità che spesso mi assiste, dentro, stavolta non l’ho avvertita. Cercherò di essere più felice, è la lezione». La chiama felicità, Jannik, e viene voglia di chiedergli la ricetta, quando dice che dovrà studiare come assicurarsela per i match futuri. Ma forse intendeva “positività”. Che è mancata, e fa bene Sinner a farsene un cruccio. Ma se vuole un consiglio, non si fermi a quella. Anche sul gioco occorrerà intervenire. […]

Sinner, maratona crudele (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Adesso vaglielo a spiegare ai leoni da tastiera dei social che il numero 9 del mondo può perdere contro il 79, e subire a Parigi un’altra delusione dopo quella di Roma. Senza per questo dover passare sotto le Forche Caudine della vergogna ed essere targato a vita come un bluff. Jannik Sinner che ad appena 21 anni può inciampare al secondo ostacolo del Major più complicato contro il tedesco Daniel Altmaier che con coach Alberto Mancini sta imparando la regolarità da affiancare a rovescio e servizio di prima categoria. Peraltro l’altoatesino cede dopo 5 ore e mezza, per 6-7 7-6 1-6 7-6 7-5, mancando 2 match point nel quarto set (uno per un net beffardo), dopo aver rimontato da 3-5 a 5-5 al quinto, perché fallisce le occasioni che si costruisce. Come dicono il 6/21 sulle palle break coi 62 vincenti contro 75 gratuiti, fotografia della tensione che ieri lo ha bloccato. Paura e limiti fisici sono connessi o separati, e si curano con l’esperienza? Parola di Sinner: «Ho avuto le mie opportunità e non ho trovato il modo giusto per vincere quei punti. Sono stato anche sfortunato, ma questo è lo sport, si vince e si perde. È difficile da digerire ma di sicuro tornerò già forte. So che gli ultimi due tornei sono stati duri, e forse mi sono messo addosso troppe aspettative, o pressione. E il mio avversario ha avuto un’attitudine migliore. Ero pronto di fisico e di testa: è dura aver lavorato tanto e non prendere un premio, ma la maratona non finisce qui». […]

Gioia Cocciaretto, prima volta al 3° turno Slam (Gianluca Strocchi, Tuttosport)

Il sorriso di Elisabetta Cocciaretto, con la treccia di capelli che oscilla da una parte all’altra del campo numero 9, illumina una giornata per il resto a tinte fosche per l’Italtennis alla Porte d’Auteil. La 22enne di Fermo (n.44 Wta), dopo aver sgambettato all’esordio la ceca Petra Kvitova, n.10 del ranking e del tabellone (semifinalista in questo torneo nel 2012 e nel 2020), ha superato anche il fatidico esame di maturità, raggiungendo per la prima volta il 3° turno in uno Slam: l’azzurra ha sconfitto, in poco meno di un’ora e mezza di partita, l’elvetica Simona Waltert (n.128), passata dalle qualificazioni nel suo primo main draw parigino. Anche se ha trascorso buona parte del match a litigare con la fasciatura sotto il ginocchio sinistro (se l’è tolta e fatta rimettere dal fisioterapista un paio di volte) senza riuscire ad esprimere il suo miglior tennis, la marchigiana —con un ripassino agli appunti sulla tattica ai cambi campo – è stata sempre avanti nel punteggio contro un’avversaria più fallosa e contratta di lei. Ed è stata cinica nel convertire tutte le 6 palle-break procurate. «Una partita molto difficile dal punto di vista mentale — riconosce Elisabetta – Non mi ero mai sentita così tesa e rigida, ho sentito questa partita, però sono riuscita a gestirla: ho cercato di mantenere la calma, pensare al mio gioco e a lottare punto su punto. E’ una bella soddisfazione, del tutto inaspettata. Il tape? Avevo un po’ di fastidio al ginocchio, ma se mettevo la fascia ci pensavo troppo, mentalmente era come se mi facesse più male. Dopo averci litigato un po’ l’ho tolto e via!». Cocciaretto domani troverà dall’altra parte della rete la statunitense Bernarda Pera (n. 36), che ha eliminato in rimonta la croata Donna Vekic (n.22). La 28enne americana di origini create (nata a Zadar), pure lei per la prima volta al 3′ turno al Roland Garros, ha vinto 2 delle 3 sfide precedenti con l’italiana, che però si è aggiudicata l’ultima, a gennaio net quarti sul cemento di Hobart. Grazie ai punti conquistati fin qui la giocatrice allenata da Fausto Scolari è virtualmente n.39 e quindi ritoccherà il best ranking, diventando la prima azzurra in classifica. […]

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Flash

Roland Garros, da “Sprofondo rosso” a “La felicità perduta del giovane Jannik”: così i media italiani sul ko di Sinner

Vi proponiamo un resoconto di come alcuni dei principali quotidiani sportivi italiani hanno accolto e commentato l’eliminazione da Parigi di Jannik Sinner

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Jannik Sinner - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

Ecco di seguito una sequenza delle principali firme del giornalismo tennistico “nostrano”, in merito alla precoce eliminazione di Jannik Sinner dal Roland Garros 2023: giunta già al 2°T del torneo per mano del tedesco monomane Daniel Altmaier, per 7-5 al quinto set al termine di 5ore e 26minuti di grande battaglia agonistica con tanto di 2 match point non sfruttati.

Quello che è stato definito il Knock Down del n. 1 d’Italia, e tds n. 8 del tabellone parigino, dal Direttore di Ubitennis Ubaldo Scanagatta; è stato invece accolto e commentato nelle modalità sotto riportate da alcune delle più importanti testate sportive azzurre.

Vi proponiamo alcuni degli stralci più interessanti.

 

Per Riccardo Crivelli della Gazzetta dello Sport l’inaspettata uscita di scena dell’altoatesino, che ad onor di ranking avrebbe dovuto spingersi – quantomeno – sino ai quarti di finale del secondo Slam dell’anno senza neppure considerare nell’analisi che la forza del seeding più alta in quello spicchio di draw aveva abbandonato – anche lui – anzitempo la manifestazione, viene perfettamente raffigurata dall’immagine di una: “Terra bruciata. Come l’ambizione di spingersi fin verso il paradiso in quello spicchio di tabellone repentinamente orfano di Medvedev, il re di Roma. E invece la maledizione del pronostico colpisce ancora, inesorabile: quando l’orizzonte s’allarga, Sinner si restringe. Che botta, la sconfitta contro Altmaier, tedesco n. 79 Atp. Un capitombolo inatteso, che fa rumore, perché rischia di oscurare il cammino oggettivamente brillante che Jannik aveva tenuto da tre mesi a questa parte e che, abbinato al ko di Roma contro un altro avversario non irresistibile come Cerundolo, può instillare crepe pericolose nella delicata e continua ricerca dell’equilibrio perfetto“.

Gli obbiettivi personali non direttamente proporzionali alla realtà dei fatti

Alla vigilia dello Slam parigino, la Volpe Rossa aveva rivelato con sincerità gli obiettivi di un ragazzo di 21 anni che ha già avvicinato le vette più alte del suo sport. Una visione lucida e coerente, che tuttavia continua a cozzare con la realtà quando il livello della pressione si alza e richiede un ultimo salto di qualità mentale e tecnico. Perché lo Jannik che entra sul Lenglen da favorito in una partita che dovrebbe rappresentare solo una tappa di avvicinamento alla seconda settimana, è in realtà un drago dalle ali tarpate, con il braccio bloccato dalla tensione, che si tiene a galla con il servizio ma non riesce mai a incidere davvero con l’aggressione da fondo campo, senza mai cercare altre strade tattiche per staccarsi definitivamente di dosso un rivale tignoso, bravo e diligente ad applicare suoi schemi di disinnesco delle armi azzurre, giocando il dritto con traiettorie più alte per non dare ritmo e il rovescio al centro per togliere angoli“.

Per Paolo Bertolucci, ex n. 6 del mondo ma anche Capitano di Coppa Davis dal 1997 al 2000 e apprezzata firma della Gazzetta, questo imprevisto sul cammino di Sinner nel Major rosso deve inevitabilmente portare alla luce legittimi dubbi sulla tenuta sottopressione del 21enne di San Candido vestendo uno status massimale negli equilibri del Tour.

Non c’è dubbio che la sconfitta di Sinner al secondo turno del Roland Garros rappresenti una cocentissima delusione, certamente inattesa. Una battuta d’arresto che allunga ombre insidiose sulle qualità ad altissimo livello dell’altoatesino, piombato in un’improvvisa, piccola crisi dopo tre mesi di grandissimo spessore tecnico. Mentre nella parte alta del tabellone si ritrovano a battagliare Alcaraz, Djokovic, Tsitsipas e Rublev, nello spicchio occupato dall’azzurro la repentina eliminazione di Medvedev aveva spalancato un’autostrada verso gli appuntamenti nobilissimi del tabellone, con il solido ma non certo irresistibile Ruud e il terribile ma ancora incostante Rune come punti di riferimento e unici due giocatori con classifica migliore rispetto a Jannik. Se a Roma si poteva mettere in preventivo la tensione derivante dall’enorme attesa che il torneo e il pubblico riponevano su di lui, la sconfitta di Parigi è apparentemente senza motivazioni. Evidentemente, le aspettative montate dopo l’eliminazione di Medvedev hanno finito per svuotare il serbatoio mentale di Sinner, che fin dall’inizio del match contro Altmaier è sembrato fuori fase, bloccato, senza spinta sulla palla e perdi più in condizioni atletiche rivedibili. E così anche quelle che sono state le certezze che lo hanno accompagnato in questi mesi hanno finito per abbandonarlo: basti pensare al rovescio incrociato, per solito una sentenza e invece stavolta giocato sempre senza mordente”.

I limiti tecnici e tattici di un salto di qualità che stenta a decollare

Per Daniele Azzolini di Tuttosport le esternazioni emotive a fine partita esemplificano alla perfezione il vissuto dei due protagonisti nella sfida parigina, ma più in generale nella loro carriera: “Piange chi vince, e non è Sinner. Si chiama Daniel Altmaier ed è la prima volta che ottiene dal tennis qualcosa da ricordare, da raccontare, di cui, magari, vantarsi. Ha 24 anni, tedesco di Kempen, un paesino della Vestfalia, famosa per il trattato di pace che pose fine alla guerra dei trent’anni, e ora che ha vinto per una volta contro uno dei più forti, è lui a non trovare pace. Si blocca davanti al microfono e non smette di piangere. Ne avrebbe di cose da raccontare, di speranze inseguite e mai raggiunte, di tennis giocato e vissuto in periferia. Ha vinto con la volontà e un po’ di fortuna, ma anche con intelligenza, scegliendo momenti e modi per colpire. […] Avrebbe di che piangere anche Jannik Sinner, ma non lo fa, non ci riesce, ha consumato sudore e lacrime in un match senza senso, costruito per durare troppo a lungo, per generare stress dal nulla e andare a parare non si sa dove. È furioso, con se stesso e con il tennis, sport ingrato se ce n’è uno. Aveva vinto, in fondo. l primi due match point dell’incontro erano a suo favore, bastava coglierne uno e andare in terzo turno, rispettando il pronostico e conservando intatte le possibilità di sfruttare a dovere un tabellone che la sconfitta di Medvedev ha aperto a qualsiasi ipotesi. E Jannik sa bene di rappresentare, da qui al futuro, ben più di un’ipotesi. Si sarebbe scritto, beh, match bruttino, oltre modo sofferto, ma in fondo vinto, come nell’arco di uno Slam succede a tutti i finalisti. Ma le crisi vanno sapute superare, e Sinner c’è rimasto avviluppato dentro.

Come impregnarsi di felicità?

Per Vincenzo Martucci del Messaggero è una “Maratona Crudele” quella a cui è andato incontro Jannik, e che purtroppo lo esporrà a dover subire la consueta ondata di lapidarie opinioni delle cosiddette ‘bestie da social’ – quando non si degenera nell’insulto gratuito, situazione che ahi noi è piuttosto frequente – che lo dipingono come uno che in verità non possiede le stigmate del campione tanto decantate dai cantori del Pel di Carota e del suo sicuro avvenire ai massimi livelli del tennis mondiale.

“Adesso vaglielo a spiegare ai leoni da tastiera dei social che il numero 9 del mondo può perdere contro il 79, e subire a Parigi un’altra delusione dopo quella di Roma. Senza per questo dover passare sotto le Forche Caudine della vergogna ed essere targato a vita come un bluff. Jannik Sinner che ad appena 21 anni può inciampare al secondo ostacolo del Major più complicato contro il tedesco Daniel Altmaier che con coach Alberto Mancini sta imparando la regolarità da affiancare a rovescio e servizio di prima categoria”.

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