Alcaraz già splende vicino a Federer (Chinellato). La sfida di Alcaraz (Semeraro). Sua maestà Roger. Un re nella pioggia con la principessa (Azzolini). Sir Murray è da applausi: «Fantastico» (Ercoli)

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Alcaraz già splende vicino a Federer (Chinellato). La sfida di Alcaraz (Semeraro). Sua maestà Roger. Un re nella pioggia con la principessa (Azzolini). Sir Murray è da applausi: «Fantastico» (Ercoli)

La rassegna stampa di mercoledì 5 luglio 2023

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Alcaraz già splende vicino a Federer (Davide Chinellato, La Gazzetta dello Sport)

C’è solo una cosa che ha infastidito Carlos Alcaraz nel giorno del suo debutto a Wimbledon da testa di serie numero 1. Non il francese Jeremy Chardy, liquidato 6-0 6-2 7-5 in uno dei 6 match completati nella seconda giornata stravolta dalla pioggia che ha fermato tutti gli azzurri (interrotto dopo un set il derby tra Berrettini e Sonego che si era portato in vantaggio). Lo ha infastidito il fatto di non essere riuscito a incontrare Roger Federer. Lo svizzero è stato l’ospite d’onore della giornata sul Centrale, ma mentre Re Roger scendeva la scalinata del Royal Box nella standing ovation del tempio di Wimbledon, Alcaraz era sul Campo N.1 a prendere a paliate il francese. «Quando è finita la partita, in spogliatoio, ho guardato il telefono e ho visto che Roger Federer era qui. E sono geloso che non sia venuto a vedermi, perché vorrei tanto che lo facesse» ha raccontato lo spagnolo. con in testa Il cappellino da pescatore che ha adottato come talismano per quello che spera sia il suo primo Wimbledon da re. Alcaraz non ha mai nascosto che Federer è il suo modello. L’aspirante re di Wimbledon («Sono qui per vincere il torneo» ha ripetuto due volte con un sorriso beffardo) ha studiato attentamente gli highlights dello svizzero otto volte vincitore e conserva gelosamente la foto dell’allenamento sull’erba londinese dei 2019, quando lui giocava nel torneo Junior e re Roger lo scelse per una sessione di palleggio. «E’ stato un momento incredibile che non dimenticherò mai – ha raccontato, ancora emozionato -. Non penso di essere mai stato cosi teso su un campo da tennis come quel giorno: ho ancora la foto che abbiamo fatto insieme, l’ho messa in bella vista nella mia stanza». Alcaraz la tiene come ispirazione per provare a diventare l’erede di Roger: secondo una parte della critica è sulla buona strada e lui non fa niente per nascondere che Federer non è solo il suo modello, ma che quegli highlights sono diventati un manuale da seguire per diventare fenomeno, anche sull’erba. «Mi piace che la gente pensi che io possa essere il suo erede, anche se mi manca tanto per arrivare a quello che ha fatto lui – ammette -. Penso che sull’erba nessuno potrà mai avvicinarsi al suo livello, per l’eleganza con cui ha giocato. Io ci sto provando ad essere simile a lui, mi piace essere paragonato un pochino a lui anche se ognuno ha le sue caratteristiche». Intanto, come obiettivo per i prossimi giorni, si è dato quello di riuscire a parlare col suo idolo. «Ma se lo incontrassi non gli chiederei cose di tennis, anche se non c’è nessuno meglio di lui per spiegare come vincere Wimbledon. Gli chiederei di come sta, della sua vita». […] Uno dei suoi obiettivi a Wimbledon è quello di conquistare il primo sigillo, di dimostrare di essere il più forte di tutti, della nuova generazione e di quella vecchia. Magari quando riuscirà ad incontrare Federer, dopo avergli domandato come sta, gli chiederà anche come si fa a battere rivali, come si riesce a diventare leggenda.

La sfida di Alcaraz (Stefano Semeraro, La Stampa)

Con addosso una felpa candida, e ben calcato in testa il nuovo cappelletto da Santo Pescatore, Carlos Alcaraz, l’uomo nuovo del tennis mondiale, consegna alla storia la carriera di Jeremy Chardy e apre una porticina sui suoi sogni nemmeno troppo proibiti. «Dopo il match ho acceso il cellulare per controllare tutti i poste le stories», racconta, svelandosi perfetto ventenne di generazione Z. «Quando mi sono accorto che Federer era qui, ho sentito un pizzico di invidia. Se devo essere onesto, vorrei che venisse ad assistere anche ad uno dei miei match, e avere l’occasione di parlargli un po’. Spero di rivederlo di nuovo da queste parti». Invitato ieri nel Royal Box per un (fin troppo modesto) omaggio da parte del torneo che ha vinto otto volte, elegantissimo in camicia a righe blu, cravatta a pois e completo ecru, re Ruggero per buona parte di un piovosissimo pomeriggio, è stato impegnato a chiacchierare fitto fitto con Kate, la sfolgorante Principessa di Galles, al riparo della coperta traslucida del ‘roof’ . Sir Andy Murray ha ragione a dire che «è straordinario poter giocare davanti ai reali e insieme al re del tennis». Ma Alcaraz può stare ragionevolmente sereno: è solo questione di tempo. Se Federer è il sovrano emerito, e Murray gareggia da baronetto, l’erede designato è lui, Carlos I. Uno Slam lo ha già vinto l’anno scorso, appena 19enne, agli Us Open. Dopo l’infortunio che gli ha fatto saltare l’Australia ha poi steccato in semifinale al Roland Garros, qui la missione è diventare il primo tennista dai tempi di Nadal, il quinto in assoluto, capace di portarsi a casa due «major» entro i 21 anni. Sul cemento Alcaraz è già l’uomo da battere insieme a Djokovic, sull’erba, per ora è soprattutto uno sfidante, anzi: Lo Sfidante. Che peraltro impara in fretta. I primi match sul verde li ha masticati nel 2021 – sconfitta al secondo turno contro Medvedev -, l’anno scorso si è fermato contro Sinner in ottavi e una settimana fa ha alzato la coppa del Queen’s, la seconda più importante sull’erba. I numeri tecnici li ha tutti: appoggi bassi e veloci, servizio solido, risposta e recuperi da fenomeno, manina educata a rete. Gli manca l’esperienza: anche quella che serve a tenere a bada le emozioni. «Sull’erba devi restare concentrato sempre», dice. «Appena ti distrai, come ho fatto oggi nel terzo set, perdi il servizio. Djokovic? Credo che mi stia tenendo d’occhio. La ragione per cui ho sofferto di crampi a Parigi è stata proprio la tensione di trovarmi di fronte Novak in una semifinale del Grande Slam. Non posso permettere che accada la prossima volta». […]

Sua maestà Roger. Un re nella pioggia con la principessa (Daniele Azzolini, Tuttosport)

L’unico che non vesta i colori della pioggia è lui, Roger Federer; seduto accanto a Catherine principessa del Galles (essere chiamata Kate, sappiate, non le piace granché) per una volta dalla parte di qua, nel recinto del Royal Box. Ha una giacca color crema, che spicca tra i signori in grigio nuvolone che lo circondano. Effetto Regina Elisabetta, si potrebbe dire, costretta per anni a indossare vestiti dai colori improponibili, celestini o gialli banana, per rendersi visibile a distanza di chilometri. Uguale per Roger, che sotto il tetto del Centre Court chiuso per pioggia era impossibile perderlo di vista, anche se decidevi di girare la testa dall’altra parte. E’ venuto per il premio destinato a chi ha vinto più Championships, i suoi sono otto e l’applauso è stato interminabile. Ma era l’ultima occasione per darglielo, dal prossimo anno rischiavano di dover raddoppiare la cerimonia e accogliere anche Djokovic, che al momento è un torneo sotto, ma tra due settimane, chissà… La pioggia a Wimbledon fa parte del gioco. Entra negli schemi tattici, li cambia, li stravolge, dirotta capricciosamente i suoi effetti sull’uno o sull’altro dei contendenti. Promuove e boccia, senza tener conto dell’importanza dei nomi in campo. È democratica. […] Ma a chi finirà per dare una mano, una spinta, o anche soltanto un punto in più, nessuno può saperlo con certezza. Accade qualcosa del genere anche fra Berrettini e Sonego, derby italiano numero 21 nei tornei dello Slam. II primo spruzzo giunge sul 5-4 per il torinese, senza break, con i due che segnano in quel momento il cento per cento di punti vinti con la prima di servizio, quasi un’esagerazione. Il match si ferma sei minuti appena, Mat e Sonny nemmeno escono dal campo, e il tipo con il phon che sembra un bazooka, visto ieri sul Centrale mentre Djokovic faceva teatro, resta disciplinatamente in attesa. Si riprende, Berrettini porta a casa il 5 pari, Sonego invece s’inceppa, concede le prime due palle break dell’incontro. Salva la prima con un ace, sulla seconda Berrettini fa tutto giusto, crea un varco invitante per piazzare il dritto in avanzamento, e lo sbatte fuori di mezzo metro. Si arriva al tie break, e Matteo va ancora avanti, ha un mini-break e lo spreca, due altri errori di dritto lanciano Sonego, ma frena anche lui. A parità di mini-break il punteggio offre al torinese la prima palla del set. Non la sbaglia. E il temporale irrompe finalmente sulla scena. Si tracciano le prime indicazioni. Le poche partite giocate rendono i dritti di Berrettini meno affidabili del solito, e lo si è visto, ma dopo quindici giorni di continue richieste del web di preparare i coccodrilli tennistici per Matteo, pronto addirittura al passo d’addio, Io rivediamo in campo di nuovo in grado di fare partita. Il passo avanti mi sembra evidente. Sta a lui ripartire, se non da Wimbledon, contro un Sonego ben presente nel match, dai successivi tornei. Ma l’incontro resta da giocare. Alle 18:32 il comunicato dei referee lo sposta a domani. Alla fin fine la pioggia potrebbe aver aiutato proprio Berretto, un po’ in confusione (per desuetudine) quando si è trattato di chiudere il conto. Se la pioggia è democratica, molto meno lo sono i tetti. Srotolati nei loro mille gangli, e posti Centre Court e Numero Uno al riparo, hanno dato modo ad Andy Murray, contro Peniston, di recitare nei panni di se stesso, quello di un tempo però, o quasi. Davanti a Federer rimasto a guardarlo, a fine match Andy ha detto di sentirsi in forma come non gli capitava da tempo. «Bellissimo giocare davanti ai reali, e a sua maestà del tennis, Federer. Per dirla tutta, l’ultima volta, su questo campo, con lui in tribuna, fu ai Giochi del 2012, per il match con Wawrinka. E Roger ovviamente tifava per Stan, mica per me». Risate e applausi. «Quindi è bello aver sentito applausi dopo qualche bel punto». E poi direttamente all’ex rivale: «Spero tu stia bene Roger, e anche Mirka e i tuoi genitori». Come vedere McCartney a un concerto di Ringo Starr. Tra vecchi Fab, ci si capisce.

Sir Murray è da applausi: «Fantastico» (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

«E’ bellissimo avere qui dei membri della famiglia reale e anche una maestà del tennis». L’inchino di Andy Murray questa volta non è stato solo per i discendenti del trono britannico, ma anche per l’amico e rivale Roger Federer. Il ritorno sul Centrale di Andy Murray si è svolto senza intoppi. Davanti ad un Royal Box d’eccezione lo scozzese si è preso la vittoria nel derby contro Ryan Peniston con un eloquente 6-3 6-0 6-1. Sono state due ore di dominio dell’ex numero 1 del mondo, che nell’intervista post match ha poi scherzato con Federer: «L’ultima volta che Roger mi ha visto su questo campo eravamo all’Olimpiade ed era nel box di Wawrinka. Questa volta è stato bello sentire qualche applauso ai miei punti. Fantastico essere qui». Tra le risate è poi arrivato anche il cenno di approvazione dello svizzero alla prova del tennista di Glasgow. A volte estromesso dai paragoni con gli altri tre fenomeni della racchetta, il palmarès di Murray va pesato sull’era nella quale è riuscito a conseguirlo: due vittorie a Wimbledon nel 2013 e nel 2016 (primo britannico a vincere a 77. anni dal successo di Fred Perry nel 1936), lo US Open 2012, le Finals del 2016 e gli ori Olimpici di Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016. Ad Andy non è mancato niente se si considerano anche 8 finali slam perse e 14 Masters 1000 conquistati. Legittimo Fab 4, solo Wawrinka e Del Potro (con il punto interrogativo degli infortuni) gli si sono avvicinati in brevi sprazzi di carriera. Oggi, a 36 anni, Sir Andy Murray è numero 40 del mondo e in stagione ha vinto tre titoli Challenger. Potrebbe sembrare poco, ma in patria più di qualcuno ha già incorniciato il suo ritorno alle competizioni come il più grande di sempre. A gennaio 2019 era tutto apparecchiato per il ritiro, con l’annuncio in lacrime dopo la sconfitta al primo turno dell’Australian Open contro Roberto Bautista Agut. In quel grido di disperazione il britannico ebbe il coraggio di lasciare uno spiraglio aperto: «Non è detto che sia la mia ultima partita, sono pronto ad operarmi di nuovo alle anche». Dopo il fallimento di un primo intervento in artroscopia, il tennista ha optato per delle protesi di rivestimento al fine di curare l’artrosi dell’anca. Un primo rientro nella seconda parte di 2019, poi il ritorno ufficiale arrivato nell’estate del 2020. Una nuova classifica e la necessità di dover giocare ogni tanto al gradino inferiore hanno richiesto un bagno d’umiltà che Murray ha subito accettato, venendo a patti con l’idea di dover perdere contro avversari che mai lo avevano impensierito. In un periodo di poca continuità, dove il peso di ogni partita influiva su quella successiva, lo scozzese si è comunque regalato tante fiammate contro i big: Zverev, Sinner, Berrettini, Wawrinka ed un emergente Alcaraz tra le sue vittime. «Ho fatto più di 200 risonanze magnetiche per l’anca di metallo. Sono l’unico giocatore àd averlo fatto, non avevo nessuno con cui confrontarmi e non sapevo come sarei tornato. Ho sempre dolori, ma riesco a gestirli». […]

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