USTA ancora sotto accusa: avrebbe minimizzato casi di abusi sessuali e chiesto a Pam Shriver di non parlare

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USTA ancora sotto accusa: avrebbe minimizzato casi di abusi sessuali e chiesto a Pam Shriver di non parlare

Nuovi episodi, denunciati da una vittima dell’allenatore Normandie Burgos (condannato a 255 anni), riportano in superficie la piaga dello sport americano e gettano nuove ombre sull’operato della Federazione del tennis

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Purtroppo a questo punto è difficile, quasi impossibile, sorprendersi. Sono troppi i casi già tristemente noti che hanno messo in relazione lo sport – segnatamente quello americano – e gli abusi sessuali per impedirci di reagire con rassegnazione all’ennesima notizia riconducibile a questi temi. Nuoto, ginnastica (con lo scandalo di proporzioni in assoluto maggiori ricostruito dalla serie Netflix “Athlete A”), tennis, calcio, snowboard. E adesso, in una sorta di circolo vizioso senza fine, è ancora il tennis a tornare nell’occhio del ciclone negli Stati Uniti. L’unico aspetto positivo dell’ultima vicenda – riportata da Matthew Futterman su The Athletic, che dallo scorso luglio rappresenta a tutti gli effetti la sezione sportiva del New York Times – è che non si tratta di nuove denunce di abusi sessuali ai danni di giovani giocatori. Tuttavia, la questione è comunque delicata e, per certi versi, anche più inquietante.

Sotto la lente di ingrandimento non c’è infatti un singolo ma un’istituzione di rilievo tutt’altro che trascurabile: la USTA, l’organo di governo nazionale per quanto riguarda il tennis a stelle e strisce. Le accuse sono basate su due diverse situazioni ma corrono su un unico binario e sono rivolte in particolare a uno dei principali avvocati della Federazione, nonché suo vice direttore legale, Staciellen Mischel.

Prima di addentrarci nella vicenda, sono doverose alcune premesse in grado di contestualizzarla e di darle il giusto peso. Non è infatti la prima volta che la USTA è chiamata a difendersi all’interno di più ampi casi di abusi sessuali nel mondo del tennis americano. Già nel 2014 la Federazione aveva manifestato un primo sintomo del suo complicato rapporto con il tema negando il suo sostegno allo “US Center for SafeSport, un’associazione creata dal Comitato Olimpico statunitense al fine di vigilare su tali episodi e supportata da tutte le altre Federazioni sportive del Paese. Tre anni dopo aver affermato la necessità dell’autonomia delle singole federazioni nel monitoraggio di queste situazioni, sulla base della conoscenza delle varie dinamiche e dei problemi specifici dei vari sport, la USTA fece retromarcia iniziando a sostenere SafeSport.

Al di là di questo tira e molla, ciò che più rileva rispetto alle ultime notizie riguarda il comportamento tenuto dalla USTA in occasione del caso Burgos. Nel 2020 la Federazione del tennis americano è stata citata in giudizio in una causa civile con l’accusa di negligenza colposa: secondo Stevie Gould, una delle vittime dei 60 reati di abusi su minori commessi dal maestro Normandie Burgos (condannato proprio nel 2020 con una maxi sentenza di 255 anni di reclusione), la USTA fallì nella sua missione di proteggere lui e altri giovani tennisti da Burgos in quanto non sottopose il suo centro ad alcun controllo nonostante già in due precedenti occasioni il maestro di tennis fosse stato accusato di abusi su minori. Gould ha vinto la causa ottenendo un risarcimento da parte della Federazione americana. Nel 2021 anche Kylie McKenzie, vittima di un altro allenatore, ha rivolto la stessa accusa alla USTA.

Ora sono emersi due nuovi episodi che di certo non aiutano la USTA ad uscire da quello che sembra sempre di più un vero e proprio pantano per la Federazione americana. A prendere l’iniziativa è stato ancora Stevie Gould che lo scorso lunedì ha presentato una denuncia a SafeSport per chiedere provvedimenti nei confronti della USTA e dell’avvocato Staciellen Mischel, affermando che quest’ultima “rappresenta un grave pericolo per i minori finché continuerà a ricoprire questo ruolo [quello di vice direttore legale della Federazione, ndr]”. L’accusa è fondata su due condotte di Mischel, la cui legittimità sarà valutata dagli organi competenti.

La prima risale al 2014 ed è legata al caso Burgos. Dopo l’ennesima accusa nei confronti del maestro di tennis, la USTA effettivamente sospese Burgos, escludendolo dai programmi della Federazione. Tuttavia, nella stessa mail in cui Mischel informava il responsabile della sezione della California settentrionale della USTA della sospensione, l’avvocato chiedeva anche di mantenere il massimo riserbo sulle accuse, scrivendo queste parole: “Tutte le informazioni relative a questa vicenda devono essere trattate con cura e in modo confidenziale“. L’anno successivo Stevie Gould fu vittima degli abusi di Burgos e ora commenta così questa mail, la cui scoperta è stata per lui “sconvolgente”: “Se i miei genitori avessero saputo della sospensione e del passato di Burgos, non mi avrebbero mai fatto passare innumerevoli ore ad allenarmi nel centro privato di quest’uomo. La decisione di approfondire ancora una volta la questione, due anni dopo aver ottenuto giustizia, non è stata facile, ma alla fine era qualcosa a cui non potevo rinunciare. C’è una discrepanza tra il modo in cui la situazione avrebbe dovuto essere gestita e quello in cui è stata gestita”.

Due giorni dopo la presentazione del reclamo di Gould (dunque lo scorso mercoledì), il portavoce capo della USTA (che non ha accolto la richiesta di The Athletic di parlare con l’avvocato Mischel) ha rilasciato questa dichiarazione per difendere le azioni di Mischel: “La polizia che indagava su Burgos nel 2014 chiese che questa delicata questione fosse trattata in modo confidenziale per proteggere i minori e non interferire con l’indagine in corso. Abbiamo riferito correttamente e tempestivamente le informazioni alle forze dell’ordine e abbiamo collaborato alle indagini. Siamo certi che la signora Mischel, in tutte le questioni, abbia agito correttamente e in conformità con la legge”.

Un’altra condotta dell’avvocato della USTA, però, alimenta i dubbi sulla sua buonafede. Nella primavera del 2022, dopo una cena dedicata alla raccolta di fondi, Mischel avvicinò l’ex giocatrice e membro dell’Hall of Fame Pamela Shriver (numero 3 del mondo in singolare e 22 volte campionessa Slam in doppio), diventata un simbolo della lotta contro gli abusi sessuali nel mondo del tennis dopo aver raccontato la sua vicenda personale proprio lo scorso anno, dicendole di “stare attenta” alle sue dichiarazioni pubbliche su questo tema. Shriver ha confermato l’episodio in questione in una deposizione preprocessuale nell’ambito del caso USTA v. McKenzie e ha così dichiarato: “Parte della mia interpretazione è stata che dovevo stare attenta. E in questa interpretazione, significa ‘non dire troppo”.

Sulla scia della denuncia di Gould, gli avvocati Robert Allard, Marci Hamilton e Nancy Hogshead-Makar – tra le figure principali nella difesa delle vittime di abusi sessuali nello sport – hanno chiesto al Congresso di aprire un’indagine sulla gestione di questi casi da parte dell’USTA, portando i ripetuti tentativi di Mischel di mettere a tacere i discorsi sul tema come prova di quello che è a loro avviso una lunga storia di negligenza da parte della Federazione.

La speranza è che, anche a costo di fare ulteriori spiacevoli scoperte, si possa fare finalmente e definitivamente luce sull’operato della USTA per intraprendere così una nuova strada all’insegna della trasparenza e dell’impegno contro questa che è a tutti gli effetti una piaga dello sport americano (e non solo).

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