Australian Open, Djokovic: “Non sono ancora al massimo, ma sento che sto migliorando”

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Australian Open, Djokovic: “Non sono ancora al massimo, ma sento che sto migliorando”

“Ho fatto progressi rispetto ai primi due turni, anche se prima del torneo non mi sentivo bene”, dice il serbo, che aggiunge: “Credo che il mio livello crescerà ancora nei prossimi round”

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Novak Djokovic - Australian Open 2024 (Foto Twitter @ATPTour_ES)
 

Ci sono volute tre partite a Novak Djokovic per raggiungere una discreta forma, ma la sfida vinta per 3 set a 0 contro Tomás Martín Etcheverry ha ridato buoni segnali sulla condizione fisica e mentale del tennista serbo, che pian piano si sta rodando per i turni più importanti. Tuttavia, come si evince dalle sue parole nella conferenza stampa post partita, il n. 1 del mondo non è ancora pienamente soddisfatto del suo livello.

D. Novak, credi di essere tornato a un livello che si avvicina al tuo massimo nel match con Etcheverry?

NOVAK DJOKOVIC: “No, ma ho giocato meglio di quanto abbia fatto nelle prime due partite, e questo è un cambiamento in positivo. Inizio a entrare in ritmo mentalmente e fisicamente e questi sono buoni segnali. Ma ancora non ho giocato al massimo”.

D. In qualche momento della partita, ti abbiamo visto frustrato e insoddisfatto del tuo gioco e di alcuni tuoi colpi. In quei momenti, cosa ti dici? Che piano hai nella testa per cambiare le cose pur rimanendo concentrato?

NOVAK DJOKOVIC: “Non sempre mi incoraggio, anzi, ci sono molti discorsi negativi nella mia testa. Credo faccia parte del gioco e di come sono fatto. Penso che chiunque abbia dei momenti di crisi durante le partite, specialmente in quelle in cui nascono dei dubbi perché non si è al top. La questione è la maniera in cui superi quei momenti, focalizzandoti sul presente e provando a ottenere il massimo da te stesso nei punti successivi. Io ho una personalità estroversa, e spesso – non sempre – manifesto le mie emozioni. Quando mostro il lato negativo delle mie emozioni, è brutto ed è qualcosa che non mi fa piacere. Come tutti, provo a combattere i demoni che ho dentro di me, qualche volta funziona meglio mentre altre volte peggio. Devi accettare le circostanze, perché qualche volta ti svegli non sentendoti alla grande e inizi a dubitare di poter vincere la partita. Sono aspetti che vanno gestiti mentalmente”.

D. Quando partecipi a uno Slam, qualche volta dubiti sulla tua capacità di alzare il livello man mano che il torneo avanza?

NOVAK DJOKOVIC: “Certo, sono andato incontro a questo scenario in ogni match qui all’Australian Open quest’anno. In questa partita sono contento di aver trovato un livello migliore rispetto ai due turni precedenti, ma nel processo di avvicinamento al torneo non mi sono sentito al massimo né mentalmente né fisicamente. Sono due aspetti collegati tra loro, ma credo che le cose miglioreranno man mano che si andrà avanti”.

D. Quando eri più giovane avevi una forte personalità. C’è stato qualche giocatore più “anziano” del passato che ti ha fatto cambiare atteggiamento? O qualche altra figura nello sport…

NOVAK DJOKOVIC: “È un’ottima domanda. Sicuramente Federer non apprezzava i miei atteggiamenti degli inizi di carriera. Degli altri non saprei dire. Di certo non ero apprezzato dai più forti perché non avevo timore nel dire che avrei voluto diventare il miglior giocatore al mondo. Ma non ho mai mancato di rispetto. Ho sempre salutato l’avversario prima e dopo l’incontro, perché il rispetto ci deve sempre essere a prescindere da ciò che sta accadendo o è accaduto in campo. Ovviamente possono succedere molte cose nel corso di una partita e nella foga. Comunque, sono passati 20 anni dal mio debutto nel tour ed è difficile dire chi mi abbia apprezzato e chi no. L’unico di cui sono certo, e che ho già nominato, è stato Federer”.

D. E chi diceva cose negative su di te, lo hai ascoltato oppure no?

NOVAK DJOKOVIC: “Mi ha alimentato ancor di più. Se qualcuno mi avesse criticato per un errore che riconoscevo di aver fatto, allora alzavo la mano e mi scusavo. Ma se le critiche arrivavano senza motivo particolare, allora proseguivo per la mia strada. Sapevo che non potevo trovare solo persone che mi apprezzavano, perché siamo tutti diversi e ci piacciono cose diverse. C’è comunque, ovviamente, una sorta di linea invisibile che separa i comportamenti accettabili da quelli inaccettabili verso gli altri tennisti. Quando quella linea viene superata ecco che si reagisce. Ma io sono favorevole ai giovani giocatori (come Shelton, o Prizmic) che hanno una forte personalità, sempre nel rispetto dei giocatori più ‘anziani’ del circuito”.

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