L'avvocato di Halep: "Luci e ombre dei processi antidoping, tra Itia e Tas la penso così" - Pagina 3 di 4

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L’avvocato di Halep: “Luci e ombre dei processi antidoping, tra Itia e Tas la penso così”

Lo specialista legale in materia di Antidoping Howard Jacobs descrive nel dettaglio la vicenda della tennista romena appena riabilitata dal Tas

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Simona Halep - Toronto 2022 (foto Twitter @NBOtoronto)
 

JW: Il “supplemento contaminato”… ossia il tema portante della sua linea difensiva è stato uno stratagemma giudiziario, esclusivamente conveniente per il caso specifico? Oppure, osservando la vicenda in maniera meno cinica, come mai questi integratori si rivelano così troppo spesso contaminati o etichettati erroneamente?

HJ: “Svolgo questa professione da moltissimo tempo, in particolare sono uno specialista in materia di doping in possesso di grandissima esperienza. Non solo rappresento gli atleti in tali vicende da oltre 20 anni, ma da altrettanti anni ho intavolato svariate cause contro le aziende produttrici di integratori per conto dei miei assistiti, citando in giudizio almeno 20 diverse aziende e ho sempre ottenuto sentenze gigantesche per il profitto economico e morale riservato agli atleti che ho difeso. Le aziende si sono sempre ritrovate con le spalle al muro, costrette a firmare accordi super vantaggiosi per miei assistiti. Non saprei dirti con chiarezza il perché ciò avviene, non credo sia intenzionale – lo è forse in rarissime situazioni – penso sia invece dovuto quasi esclusivamente alla scarsa qualità delle materie prime, provenienti perlopiù dalla Cina dove manca il controllo qualità, con cui le aziende producono gli integratori. O meglio non producono, ma si limitano unicamente ad unire sostanze preconfezionate da altri, e di cui non sanno né l’origine né la costituzione. In parole povere non sanno nemmeno cosa ci sia realmente all’interno. Produrre un integratore per le aziende ormai significa solamente inventare la creazione di un’etichetta fantasiosa e decidere come chiamarla, magari scegliere il rapporto tra gli ingredienti e la quantità di ciascuna sostanza da inserire e viene fatto senza però conoscere a menadito le reali proporzioni. Ecco perché anche leggere l’etichetta può non evitare che tu incontra in problemi. Le aziende scelgono il nome da affibbiare, scelgono che tipo di prodotto desiderano e di fatto lo acquistano, già strutturato, a scatola chiusa senza minimamente informarsi sulle specifiche relative alle varie sostanze presenti, al loro contenuto e in che quantità. Oramai si limitano ad imbottigliare, etichettare, spedire e il gioco è fatto. Dunque per come stanno le cose, in questo momento chiunque dal nulla potrebbe avviare un’azienda di integratori ed essere operativo già da subito, potendo iniziare la vendita in pochissimo tempo. Questo perché tanto non si rende necessaria più alcuna competenza nel settore“.

JW: Hai menzionato la tua reputazione in ambito giudiziario-doping e anche diversi ex atleti hanno proprio fatto riferimento al vissuto giuridico con te al loro fianco. La tua credibilità nel campo può ricoprire una certa rilevanza in queste udienze? Dovrebbe avere importanza?

HJ: “Questa è un’altra domanda decisamente interessante. Mi piacerebbe pensare che sia così. Secondo le regole previste, probabilmente dovrebbe essere così. Ma allo stesso tempo, se ti trovi a difendere qualcuno che è accusato di un reato molto grave in giustizia sportiva come il doping intenzionale, riscontrato tramite campione sanguigno, devi necessariamente per prima cosa valutare attentamente i fatti, analizzarli con scrupolosità e dovizia di particolari. Perché, prima di essere un legale, sono un uomo di legge e giustizia: quindi ciò che mi preme prima di ogni altra cosa è comprendere se la persona che richiede i miei servizi sia realmente credibile. Tornando alla domanda, non credo sia determinante a priori ma penso che possa ricoprire il ruolo di fattore decisivo in un caso estremamente complesso da giudicare, facendo la differenza. Tuttavia non saprei dirti se rispecchi anche la situazione di Halep”.

JW: Ci sono state svariati dibattiti su un’altra tematica nel tennis: perché un giocatore va incontro a sanzioni e l’allenatore che incoraggia l’uso dell’integratore sanzionato rimane impunito [chiaro riferimento a Mouratoglu, ndr]? Pensieri a riguardo?

HJ: “Sì, la risposta è fin troppo semplice questa volta. Banalmente le regole del programma antidoping non prevedono sanzioni per i coach, a meno che non ci siano prove effettive che un allenatore abbia consapevolmente somministrato ad un giocatore o una giocatrice una sostanza vietata il che non è assolutamente il caso in questione. Solamente aver fornito un integratore che risulta essere contaminato in un secondo momento non è passibile di sanzione. Le norme non regolano questa fattispecie. Dovrebbero? Non lo so. E’ probabile che qualora lo facessero, nessun allenatore consiglierebbe il consumo di integratori agli atleti“.

JW: L’ultima parte della risposta richiama proprio alla domanda che ti avrei proposto ora. Sarebbe così sbagliato introdurre questa nuova norma? Mi pare che il rapporto rischio/ricompensa degli integratori sia nettamente negativo e sfavorevole per gli atleti in relazione a ciò che si diceva in precedenza, ovvero al fatto che le aziende produttrici non conoscono a sufficienza le sostanze presente in essi.

HJ: “Questa è indubbiamente una rimostranza molto divertente, perché se guardi come la Corte Arbitrale dello Sport valuti il grado di colpa di un atleta in un caso di contaminazione dopante da integratore e i diversi fattori che esamina, fondamentalmente i passaggi chiave sono i seguenti ‘Quali passi hai intrapreso per essere certo della bontà dell’integratore, per essere sicuro che utilizzandolo non saresti andato incontro ad una violazione?‘, o ancora ‘Hai consultato un esperto del settore?‘ Quindi, se un coach ha un team di professionisti che hanno controllato accuratamente l’integratore, allora in genere il TAS si esprime in maniera favorevole piuttosto che in quei casi dove l’atleta ha acquistato il primo prodotto trovato in rete senza procedere prima con i dovuti controlli. Perciò, secondo questo tipo di giurisprudenza, un atleta svolgendo i controlli richiesti e necessari si troverebbe in una situazione più ovattata nel momento in cui dovessero eventualmente essere riscontrate problematiche relative ad alcune sostanze. Se per esempio, riguardo all’uso di un integratore ti consulti con un nutrizionista è certamente meglio che richiedere un parere ad una persona meno informata e competente su quel preciso aspetto come un coach“.

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