Internazionali d'Italia: non solo Roma. Una storia nata a Milano e ricca di aneddoti

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Internazionali d’Italia: non solo Roma. Una storia nata a Milano e ricca di aneddoti

Creazione di Alberto Bonacossa, hanno avuto anche Torino come sede. Il pubblico protagonista da sempre con lanci di monetine e un panino

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Campo centrale Foro Italico - Roma 2023 (foto Twitter @InteBNLdItalia)
 

Gli Internazionali d’Italia bussano alla porta per la loro 81esima volta. Roma si prepara ad accoglierli però “solo” per la 75esima. Le prime 5 edizioni si giocano infatti a Milano perché il torneo è figlio di un’idea del conte Alberto Bonacossa, un grande estimatore di Wimbledon e del Roland Garros, manifestazioni che aveva avuto l’onore di vedere dal vivo. Ammaliato, il conte, uno sportivo a tutto tondo, vuole portare anche in Italia i riflettori del grande tennis. Missione compiuta.

Milano, prima culla degli Internazionali

Nel 1930, prima edizione di scena presso il Tennis Club Milano di via Arimondi (che ora porta proprio il nome di Bonacossa). Un successo immediato. A trionfare quell’anno è William “Bill” Tilden, all’epoca una vera e propria icona: trentasettenne, contava sette vittorie in Davis, sette a Forest Hills e due a Wimbledon. In finale superiorità netta dello statunitense sull’italiano Uberto De Morpurgo domato con un secco 6-1 6-1 6-2. Dopo cinque edizioni nel capoluogo lombardo, gli internazionali trovano una nuova casa per crescere. Dal 1935 si gioca a Roma, nell’attuale Foro Italico, inaugurato 3 anni prima col nome di Foro Mussolini. Il torneo non si schioderà più da lì, tranne nel 1961: per il centenario dell’Unità d’Italia si sceglie come sede lo Sporting di Torino, in quest’occasione trionfa Nicola Pietrangeli, che bissa il successo del 1957 ed entra nel profondo del cuore degli italiani battendo Rod Laver.
Qualche eccezione in più per il torneo femminile: nel corso degli anni ’80 due edizioni vengono disputate a Perugia e Taranto. Da considerare inoltre una lunga pausa dovuta alla guerra: dal 1936 al 1949.

Monetine e panino alla mortadella protagonisti

Non solo Roma quindi. Anche se gli aneddoti più divertenti legati al Masters 1000 italiano lasciano il loro segno proprio sulla terra capitolina e in particolare su quello che ora è il Pietrangeli, un campo unico nel suo genere. Le statue di marmo bianco a far da cornice, la terra rossa e le verdi aiuole: un tripudio tricolore dal fascino ineguagliabile. Ma non solo: qui il fattore pubblico è sempre stato determinante. “Quando si entrava nel Pietrangeli era come entrare al Colosseo” parole di Bud Collins. Non aveva torto. Anche perché la capienza ridotta (solo 3720 posti) fa da megafono agli spettatori, spesso protagonisti a suon di tifo da stadio capace addirittura di cambiare l’esito delle partite. Lo sa bene l’olandese Koevermans. Nel 1991 il pubblico stravede per il suo avversario, Alberto Mancini, argentino di chiare origini italiane. Alberto era entrato nelle grazie dei tifosi dopo aver vinto l’edizione dell’89 in cui era stato capace di battere Agassi annullandogli un match point. Con Koevermans stava giocando un terzo turno. Partita sulla carta facile che però inaspettatamente si complica: 6-4 5-4 30-15 per l’olandese che scende a rete e si conquista un doppio match point. Anzi no. Tutto da rifare. Un panino durante lo scambio era caduto in campo. Con la mortadella per la precisione.  Il punto viene considerato disturbato e lo si rigioca. Koevermans, visibilmente indispettito, perde le staffe e consegna il match a Mancini.

Ma non solo panini. Anche le monetine fanno da padrone a Roma. 1978. In semifinale c’è Adriano Panatta, forte del successo del 1976: in quell’occasione dopo aver rischiato di uscire al primo turno contro Kim Warwick (che aveva dalla sua ben 11 match point) aveva trionfato dando inizio al suo anno magico. In quell’anno per tornare in finale deve però vedersela con José Higueras. Il pubblico è con Adriano. Alcune monetine piovono dagli spalti sullo spagnolo. Indispettito, abbandona il campo regalando all’azzurro l’ultimo atto del torneo. Qui l’avversario da battere è un certo Bjorn Borg. Su di lui le monetine non hanno effetto. Vincendo, ne intascherà di altre. 

Adriano Panatta resta l’ultimo re di Roma. Aspettando il suo erede.

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