Da Pietrangeli a Nadal, quando la terra diventa principesca (Marianantoni). Bentornato Roger. Tra mare e terra ripartono i sogni (Crivelli). Fognini “Monaco è come la mia seconda casa” (Cocchi). Per la Giorgi una finale che ci voleva (Valesio)

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Da Pietrangeli a Nadal, quando la terra diventa principesca (Marianantoni). Bentornato Roger. Tra mare e terra ripartono i sogni (Crivelli). Fognini “Monaco è come la mia seconda casa” (Cocchi). Per la Giorgi una finale che ci voleva (Valesio)

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Da Pietrangeli a Nadal, quando la terra diventa principesca (Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport – inserto)

Da Nicola Pietrangeli a Ilie Nastase, da Bjorn Borg a Thomas Muster, per finire ovviamente con Rafael Nadal; tutti i grandi della terra hanno vinto almeno tre volte il torneo di Montecarlo, arrivato quest’anno all’edizione numero 110. Il primo a vincere per tre volte il torneo del Principato è stato Henri Cochet, con la terza edizione vinta nel 1931; dopo di lui, il primo a completare la tripletta è stato Nicola Pietrangeli, che nel 1968 ha vinto per la terza volta il torneo. Al trionfo del 1961 su Pierre Darmon e a quello del 1967 sull’australiano Martin Mulligan, Nick aggiunse quello del 1968, quando aveva 34 anni e mezzo, sul georgiano Alex Metreveli che di anni ne aveva ben 11 di meno. Nei primi anni 70 Ilie Nastase fu il primo a vincere per 3 anni di fila. Nelle tre finali vinte, il rumeno superò Tom Okker, Frantisek Pala e Bjorn Borg nell’edizione del 1973. Fu proprio Borg a raccogliere il testimone da Nastase: dopo la finale persa e due modesti piazzamenti nei quarti, l’orso svedese colse tre successi in tre partecipazioni consecutive: nel 1977 su Corrado Barazzutti, nel 1979 su Gerulaitis e nel 1980 sull’argentino Guillermo Vilas. Negli anni ‘90 è la volta di Thomas Muster, re incontrastato nel 1992, nel 1995 e nel 1996 (rispettivamente su Krickstein, Becker e Costa). A passare alla storia è la finale del 1995 vinta dopo aver annullato 2 match point a Boris Becker. Il tedesco mancò il primo match point con un doppio fallo, poi Muster annullò la seconda palla match con una combinazione servizio-dritto. Ma il più grande di tutti a Monte Carlo è stato Rafael Nadal con le sue 8 vittorie di fila (2005-2012): 4 volte senza neppure perdere un set (2007, 2008, 2010, 2012) per un totale di 42 vittorie di fila, dalla sconfitta con Coria negli ottavi del 2003 alla finale persa nel 2013 contro Djokovic. E da domani sarà proprio Nole a pensare al tris monegasco.

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Bentornato Roger. Tra mare e terra ripartono i sogni (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport – inserto)

Chissà se il Re è scaramantico. Magari a Re Roger potrebbe portar bene la 13° partecipazione al torneo di Montecarlo, uno dei pochi che lo ha sempre respinto, nonostante quattro finali. Insieme a Roma, questa per il Divino è tradizionalmente la terra più indigesta. E quindi la 13′ volta di Roger Federer nel Principato potrebbe finalmente prendere a schiaffi la cattiva sorte e trasformare una scelta pressoché obbligata nel rilancio verso un’altra stagione dei sogni. Perché il programma del 2016 per l’uomo dei 17 Slam non prevedeva inizialmente una tappa in Costa Azzurra, Anzi, l’unico torneo sul rosso, nei programmi, avrebbe dovuto essere il Roland Garros, una chiara dichiarazione di intenti: per Roger, quest’anno, contavano sopra tutto e sopra tutti l’amatissimo Wimbledon e l’Olimpiade di Rio, l’oro mai conquistato (in singolare) e tanto agognato. Poi però ci si è messo quel fatidico bagnetto con le figlie in Australia e il conseguente, piccolo crac a un menisco con successivo intervento in artroscopia e stampelle per 12 giorni, l’infortunio più pesante in carriera. E scelte rivoluzionate, perché praticamente dal letto di ospedale lo svizzero aveva fatto sapere di aver rimesso Montecarlo al centro del villaggio, come primo appuntamento dopo lo stop forzato. Poi, siccome il decorso ha regalato presto buone notizie, c’è stata l’iscrizione a Miami, dove il campione è stato bloccato da un virus irrispettoso. Dunque, il destino riporta il sovrano nella casa del Principe, un riavvio dell’annata dopo la semifinale di Melbourne, che ad oggi resta l’ultima partita giocata da Federer nel 2016. Roger chiede aiuto alla terra, che morbida e soffice può attutire i freschi traumi e non sforzare troppo il ginocchio appena guarito, anche perché, come ha già avuto modo di ricordare, «l’anno è lungo e non c’è bisogno di esagerare». Un rientro preso molto sul serio: Roger è a Montecarlo da una settimana, si sta allenando intensamente ed è concentrato solo sul debutto, che dopo il bye al primo turno gli metterà di fronte uno tra Bellucci e Garcia Lopez. Quel giorno, come sempre, le tribune riverseranno su di lui la solita enorme passione, ma ovviamente la condizione mentale e tecnica resta un’incognita. Però il matrimonio forzato con la terra rossa (Roger si è iscritto anche a Roma) alla fine potrebbe dare ragione ai tanti che sostengono che proprio su questa superficie (l’erba è un mondo a parte), se superasse barriere che sono soprattutto psicologiche, Federer avrebbe le potenzialità per giocarsi ancora carte importanti: perché è vero che i match si allungano e quindi richiedono un maggior dispendio fisico, però la profondità dei colpi e le doti di anticipo dei cannonieri di oggi ne risulterebbero comunque smorzate. Poi, è chiaro, bisogna sempre fare i conti con quel marziano che adesso sembra imbattibile, Novak Djokovic, campione in carica nel torneo di casa, visto che Nole abita nel Principato e le foto di questi giorni mentre suda sui campi del Country Club sono un’altra dichiarazione di guerra. Dopo aver raggiunto a Miami il record di vittorie nei Masters 1000 (28, uno in più di Nadal), il numero uno del mondo chiede all’aria familiare del Principato di cancellare quel velo di stanchezza emerso in Florida malgrado il trionfo e di spingerlo verso traguardi leggendari: «Sapete quanto tenga al Roland Garros, il mio vero, grande obiettivo della stagione sulla terra. E il record dei 18 Slam è un’idea che frulla da qualche parte della mia testa). Incontentabile.

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Fognini “Monaco è come la mia seconda casa” (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport – inserto)

Sono passate sette settimane da quel secondo turno a Rio de Janeiro che costò gli addominali a Fabio Fognini. Dolore, tanto: «A fare qualunque cosa: mangiare, parlare, andare in bagno». Un recupero tra Barcellona e Montecatini, sotto il laser del dottor Parra e poi, finalmente, l’annuncio via social. «Dopo 7 settimane si ritorna a competere! Il primo torneo sarà Montecarlo, non vedo l’ora, sono davvero contento. Grazie per il vostro appoggio, ora più che mai ho bisogno di voi!».

Finalmente l’attesa è finita, si torna a giocare praticamente in casa… «Proprio così, Montecarlo per me è quasi più di casa degli Internazionali, parlando di chilometri. Da Arma di Taggia arrivare è un attimo, è l’appuntamento in cui tutti gli amici riescono sempre a venire per sostenermi. Anche per il calore e la passione del pubblico è un torneo molto più “italiano” che francese».

Come ha vissuto questa convalescenza?

«All’inizio non ero affatto di buon umore. E’ stato molto doloroso, ho dovuto passare tre settimane seduto sul divano a non fare nulla. Tra l’altro stavo giocando bene, era un periodo buono e invece ho dovuto saltare i primi due Masters 1000 della stagione».

Fisicamente, ora come sta?

«Mi manca un po’ di accelerazione al servizio, ma è normale per il tipo di infortunio che ho subito. Mentalmente rimango un po’ condizionato ma in generale ho buone sensazioni».

Dopo quasi due mesi senza partite, rientrare in un Masters 1000 non è proprio semplicissimo.

«Magari sarebbe stato meglio ricominciare da un torneo più leggero ma sono tranquillo. Ovviamente non ho grandi aspettative, per il momento ho bisogno di tornare in campo, ritrovare il ritmo gara, prenderò il risultato che arriverà».

Novak Djokovic non si lascia scappare nulla. Porterà a casa anche il Roland Garros?

«Nel nostro sport bisogna sempre guardare un torneo dopo l’altro. Parigi è sicuramente nel mirino di Nole, che ultimamente pare imbattibile. Sembra che ultimamente riesca a realizzare tutti i suoi sogni. Almeno dal punto di vista tennistico. Anche quando sembra stanco o sottotono riesce sempre a tirare fuori qualche magia, riesce ad alzare il livello sempre al momento giusto».

Flavia la seguirà in questi giorni a Montecarlo?

«Sì. Qui c’è la mia famiglia, gli amici. E’ un buon momento per stare tutti insieme. Dopo Montecarlo mi seguirà a Barcellona dove ho un altro torneo».

Ancora un torneo di casa, davanti a un pubblico amico.

«Già, dopo Montecarlo c’è Barcellona dove io e Flavia viviamo. E poi, ovviamente gli Internazionali. Da italiano giocare al Foro Italico regala emozioni uniche. E poi spero di vestire l’azzurro a Rio, ora Simone con cui gioco il doppio è un po’ acciaccato, vedremo come andrà».

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Per la Giorgi una finale che ci voleva (Piero Valesio, Tuttosport)

Prima di tutto, forza Camila. Prima considerazione da sottolineare con forza, perché il fatto che la Giorgi abbia piantato in asso la Nazionale azzurra alla vigilia di un match chiave della sua storia contemporanea non ci deve esimere dal sostenerla in assoluto. Non fosse altro perché, magari, lei e il suo entourage potrebbero rendersi conto che c’è anche un’eleganza negli atteggiamenti che è sempre opportuno mettere in pratica. Oggi Camila giocherà la sua quarta finale in carriera e tenterà di sfruttare l’opportunità di vincere il suo secondo titolo Wta. Camila ammonterà Dominika Cibulkova, un’altra come lei che ha qualche problemino nella gestione delle partite (soprattutto nelle fasi di successo), nel mantenere l’equilibrio quando le circostanze si fanno tumultuose e soprattutto nel porre in essere delle soluzioni alternative quando lo schema adottato non porta gli effetti sperati. Intanto c’è un pericolo da evitare, che dovrà evitare lei a livello probabilmente inconscio e che dovrà evitare il suo staff: ritenere che l’ottimo torneo di Katowice (che, giova ricordare, non è esattamente Wimbledon) e l’eventuale, auspicabile successo siano frutto di una reazione seguente alla rottura con la Federtennis. Che Camila, in qualche modo sgravata dal peso di dover vivere e allenarsi in un ambiente evidentemente sgradito, sia di colpo giunta a livelli di rendimento vietati in precedenza. Giova ricordare che Camila in carriera ha vinto l’anno scorso a S’Hertogenbosch e in finale a Katowice c’è già arrivata due volte, negli ultimi due anni. Quando, per l’appunto, faceva base a Tirrenia e zone limitrofe. Il salto di qualità che tutti ci aspettiamo dalla Giorgi va ben oltre un torneo in Polonia. E’ opportuno ricordarlo per evitare, nel commento di un suo possibile successo, strumentalizzazioni di sorta. Camila Giorgi sa giocare a tennis, ma ha un tipo di gioco di una sola qualità, probabilmente non sufficiente a compiere quel salto in alto di cui sopra: ma non è che negli ultimi quindici giorni sia cambiato qualcosa di così sostanziale da farla diventare improvvisamente una top player. Se oggi vincera meriterà gli applausi di tutti e soprattutto, si spera, una nuova consapevolezza. Se perderà, pazienza: in qual caso l’augurio è che non si rifugi per l’ennesima volta nel pensiero che nel tennis la fortuna sia la disputa di un torneo alla settimana e che dunque ci sia sempre l’opportunità di rifarsi dopo una sconfitta. Su certi ko è meglio piuttosto soffermarsi. Per capire come non rimediarne altri.

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