Del Potro il risorto, vita nuova dopo l'abisso (Cocchi). Kerber e Keys, il fattore K non perdona (Crivelli)

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Del Potro il risorto, vita nuova dopo l’abisso (Cocchi). Kerber e Keys, il fattore K non perdona (Crivelli)

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Del Potro il risorto, vita nuova dopo l’abisso (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

Non sottovalutare le conseguenze dell’amore. La citazione sorrentiniana e d’obbligo nel caso di Juan Martin Del Potro, perché solo l’amore per il tennis lo ha salvato. Dalla depressione, dal rischio di perdere quello che più amava. Juan Martin del Potro da Tandil, Argentina, non ha ancora smesso di soffrire, perché quel polso sinistro ancora fa male. Gli ricorda che la sua carriera è sempre in bilico, ma dopo la vittoria di Stoccolma e il ritorno tra i top 50 al mondo, è arrivato il momento di far festa. Mille posizioni, mille e tre, per la precisione, ha scalato l’argentino dal febbraio di quest’anno quando, a Delray Beach, era tornato a calpestare un campo da tennis in un torneo ufficiale. Mille scalini, tutti in salita, ma di fiato nei polmoni ce n’è ancora tanto. Perché la salita non è finita. Quando ha iniziato a soffrire di una tendinopatia al polso sinistro era il 2010 ed era numero 4 al mondo, ad appena 22 anni. Un mondo davanti per lui, che aveva da poco conquistato il primo Slam in carriera, lo Us Open del 2009. Ma il destino si era deciso a fargli lo sgambetto. Tanti stop e problemi fisici alternati a grandi soddisfazioni, come il bronzo olimpico di Londra 2012, la semifinale a Wimbledon l’anno successivo, e 18 titoli in carriera.

E’ proprio il 2014 l’inizio del calvario con le prima operazione al polso dolorante, a marzo. Un lungo periodo di convalescenza prima del torneo a Sydney a gennaio dell’anno successivo. Ma il tendine ancora non guarisce, e lo costringe a un nuovo intervento. Il rientro stavolta avviene un paio di mesi dopo, a Miami, dove si ritrova oltre numero 600 al mondo. Ma non è ancora arrivato il momento di rilassarsi per Delpo che, perseguitato dai dolori, decide di sottoporsi a un terzo, definitivo, intervento. «Voglio essere felice, dentro o fuori dal campo, con o senza una racchetta – raccontava l’argentino poco prima tornare in clinica —. Se siete soliti pregare e mi volete bene, ecco, questo forse è il momento giusto di pregare per me». L’intervento riesce, ma le possibilità di tornare a essere un tennista sembrano scarse. Sopporta ore, giorni, mesi di rieducazione e allenamenti forsennati. Un esercizio di dolore e abnegazione che, tuttavia, potrebbe anche portare a nulla.

Quando, a febbraio di quest’anno, Delpo torna in campo in un torneo Atp a Delray Beach, la gente è già tutta dalla sua. Per incoraggiarlo, per spingerlo dove nemmeno lui, forse, pensava sarebbe arrivato. Passo dopo passo e spinta dopo spinta, rieccolo 11: numero 42 al mondo, primo degli argentini nel ranking mondiale, in finale di Davis tra un mese, terzo tra i tennisti del suo Paese come numero di tornei vinti, a quota 19. Quanta energia può dare una vittoria dopo tanto tempo: »Ho avuto soddisfazioni straordinarie, che mai avrei immaginato di poter rivivere. L’argento a Rio, i quarti a New York, la finale di Davis, tutto è fantastico — spiega — ma vincere un titolo è ancora più speciale». Il lavoro e la sofferenza forse non finiranno mai: «Ho passato momenti che mai un essere umano o uno sportivo dovrebbero affrontare (…)

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Kerber e Keys, il fattore K non perdona (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Al ballo delle debuttanti si diverte solo la Keys, che travolge la Cibulkova e rimane in corsa per un posto alle semifinale delle Wta Finals di Singapore. Pronostico rispettato: in quattro confronti diretti Madison ha sempre sconfitto la slovacca senza mai concederle un set. La sfida tra due delle tre giocatrici che esordiscono al Masters femminile (l’altra è la Pliskova) è un monologo dell’americana, ancorata a due colpi micidiali: il servizio (non concederà alcuna palla break) e il dritto, con cui ottiene buona parte dei 26 vincenti (a 6) con cui non concede mai spazio e ritmo a Dominika, eroica a resistere e a provare ad opporsi a bombardamenti tremendi dopo un primo set durato appena 22 minuti.

La Keys, prima statunitense extra sorelle Williams a guadagnarsi il viaggio per l’ultimo torneo stagionale dal 2005 (quando si qualificò la Davenport), sembra essersi scrollata di dosso l’emozione del match inaugurale: E’ vero, sono riuscita a rovesciare le cose dal punto di vista emozionale e poi sono molto soddisfatta per come ho giocato, soprattutto sono riuscita a dare continuità al servizio e questo ha fatto la differenza, è bello non concedere neppure una palla break, ti dà fiducia per i prossimi appuntamenti». Niente è ancora deciso nel Gruppo Rosso, anche se la numero uno Kerber con la seconda vittoria (sulla Halep) si mette quasi al sicuro e rafforza il ruolo di favorita (…)

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