Kvitova, uno shock come la Seles. Rapinata e ferita, rischia la carriera (Clerici). Kvitova nel dramma. Pugnalata in casa da un rapinatore, carriera a rischio (Crivelli). Kvitova ferita ma la carriera pare in salvo (Viggiani). Grazie Belardinelli, guru della Davis (Arturi)

Rassegna stampa

Kvitova, uno shock come la Seles. Rapinata e ferita, rischia la carriera (Clerici). Kvitova nel dramma. Pugnalata in casa da un rapinatore, carriera a rischio (Crivelli). Kvitova ferita ma la carriera pare in salvo (Viggiani). Grazie Belardinelli, guru della Davis (Arturi)

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Kvitova, uno shock come la Seles. Rapinata e ferita, rischia la carriera (Gianni Clerici, La Repubblica)

Giunge una notizia che, invece che allo Sport, andrebbe forse pubblicata in Nera, come nei giornali si usano chiamare i drammi provocati dalla violenza. Petra Kvitova, la ceca due volte vincitrice di Wimbledon (2011 e 2014) è stata accoltellata nel suo appartamento di Prostejov da un ladro, che si era introdotto spacciandosi per un controllore dell’impianto elettrico. Petra ha commesso l’errore di reagire e l’uomo, con un coltello, l’ha colpita alla mano lacerandone i tendini per sottrarle la modesta somma di 180 euro. A lei, che ne aveva sin qui vinti 21 milioni. Petra, come si sa, è mancina, sebbene usi anche la destra per il rovescio bimane ma, finché non sarà visitata, ricucita (oltre 4 ore di intervento), guarita, non sappiamo se sarà ancora in grado di continuare la sua carriera. Una simile vicenda ha ricordato a tutti l’accoltellamento di Monica Seles, in realtà avvenuto per ragioni politiche, come mi confidò il papa Karoly. Mentre tutti ancora credono che il fallito assassino, che aggredì Monica sui campi di Amburgo, fosse solo uno squilibrato ammiratore di Steffi Graf, Karoly mi disse che la sua famiglia, jugoslava ma di etnia ungherese, aveva commesso il gravissimo errore di esprimersi contro i suoi indesiderati concittadini, soprattutto quando i Seles avevano ottenuto il passaporto americano. Dopo un ginnasio trascorso nella Scuola di Bollettieri, Monica, doppia bimane, giunse a mettere in dubbio e infine addirittura interrompere la supremazia di Steffi Graf, tanto da rovesciare gli abituali ruoli e, da comprimaria, divenire prima donna. Vinto a sedici anni il suo primo Roland Garros, dal gennaio del 1991 a quello del 1993, Monica strappò ben nove titoli Slam, lasciando alla tedesca le briciole di due soli Wimbledon, al primo dei quali non partecipò per ragioni misteriose. Gunther Parche fu l’esecutore di una trama politica che non fu scoperta da un tribunale tedesco che lo giudicò incapace d’intendere e di volere e lo rimise in libertà dopo soli due anni. E, in seguito alla coltellata, la carriera della nuova numero uno non fu mai più eguale agli inizi, e Monica passò anni a farsi aiutare dagli psichiatri e da una molto umanitaria Navratilova, mentre la sua avversaria Steffi si spinse a una semplice telefonata e un mazzo di fiori, mentre ancora la poverina giaceva in un letto d’ospedale. Da allora, le guardie e i giudici di linea, durante il minuto e mezzo dei cambi di campo, rivolsero l’attenzione verso il pubblico. Purtroppo, Petra è stata vittima di quello che poteva essere un furtarello, non avesse reagito da autentica sportiva. Non si può che augurarle di rivederla presto, nel suo prediletto Wimbledon. Ma il ladro sarà rieducato o preso a colpi di racchetta sulle tempie? Chissà che non trascorra una futura vacanza in compagnia di Gunther Parche?

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Kvitova nel dramma. Pugnalata in casa da un rapinatore, carriera a rischio (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Colpita dove si sentiva più al sicuro, tra le mura domestiche. Ferita nel corpo, in quella mano sinistra che racchiude da sempre il suo talento di straordinaria tennista, e anche nello spirito, perché riprendersi dallo shock di un assalto brutale sarà forse più difficile della stessa guarigione fisica, come testimonia l’antico caso di Monica Seles. La carriera di Petra Kvitova, due volte vincitrice di Wimbledon e già seconda giocatrice mondiale (attualmente è numero 11), è a rischio dopo che un rapinatore entratole in casa l’ha colpita alla mano con un pugnale, provocandole quelle che lei stessa su Facebook ha definito “lesioni severe”. Secondo le prime notizie che arrivano dall’ospedale dove la ceca nel pomeriggio di ieri è stata sottoposta a un lungo intervento chirurgico (quattro ore), sono state compromesse le cinque dita e due tendini e il recupero della piena funzionalità richiederà come minimo tre mesi. Sono circa le otto e mezzo del mattino quando a Prostejov, la cittadina dove vive Petra, un uomo attorno ai 35 anni suona alla porta del suo appartamento, spacciandosi per un tecnico del gas venuto a controllare la caldaia. Lei apre, e poco dopo si scatena l’inferno. Le ricostruzioni, frammentarie, raccontano di minacce alla Kvitova con il coltello puntato alla gola, di una colluttazione in bagno e del tentativo di difendersi della tennista (che è alta 1.82 e pesa più di 70 chili, va ricordato), con la reazione dell’aggressore e le conseguenti, gravi ferite alla mano sinistra. Il rapinatore fugge con 5000 corone, circa 185 euro, lei chiama la polizia e l’ambulanza. Le prime voci sono discordanti: qualcuno parla di tagli superficiali curati già dai paramedici, altri riferiscono addirittura di tendini lesionati intenzionalmente. Quel che è certo è che si tratta di un episodio di delinquenza comune e che non è stato un atto intenzionale. L’incertezza svanisce nel primo pomeriggio, quando la Kvitova, che in serata avrebbe dovuto giocare un match di beneficenza a Brno insieme all’amica e compagna di nazionale Lucie Safarova, rilascia una dichiarazione sul profilo Facebook: «Come avete sentito, sono stata assalita nel mio appartamento da un uomo con un pugnale. Nel tentativo di difendermi sono stata gravemente ferita alla mano sinistra, le lesioni sono severe, ma io sono forte e combatterò. Sono scossa, ma sono ancora viva». E in un comunicato sul sito della squadra di Fed Cup, ringrazierà tutti i fan: «Grazie per il supporto, ciò che mi è accaduto non è certo piacevole, ma ora è alle mie spalle. Mi fido dei medici, andrà tutto bene, non preoccupatevi per me». Katie Spellman, la sua portavoce, poco dopo definirà l’intervento chirurgico «potenzialmente necessario per salvarle la carriera». Messaggi di vicinanza, intanto, continuano ad arrivare da tutto il mondo, in particolare dalle colleghe di un tempo e attuali, a cominciare proprio dalla Safarova («Rabbrividisco, sarebbe potuto capitare a ciascuna di noi») per finire con la Navratilova, cui è stata più volte accostata per la comune nascita ceca e lo stile di gioco («Petra, sono al tuo fianco») e la Keys («Così inquieta per questa notizia. Senza dubbio è una delle più belle persone che abbia mai in- contrato, i miei pensieri sono tutti per lei»). Lunedì la Kvitova aveva rinunciato ufficialmente alla Hopman Cup al via il primo gennaio perché l’ultima risonanza magnetica aveva rivelato che la frattura da stress a un piede non era del tutto guarita, dando appuntamento al torneo di Sydney dall’8 gennaio. Una data che adesso sembra lontanissima per chi potrebbe non giocare mai più. Per 185 euro. Una follia.

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Kvitova ferita ma la carriera pare in salvo (Mario Viggiani, Corriere dello Sport)

La giornata di Petra Kvitova non doveva certo andare così. Anzi: era previsto che si concludesse a Brno per un esibizione benefica. E invece quei sessanta chilometri dalla sua abitazione di Prostejov è stata costretta a percorrerli anzitempo in fretta e furia. Destinazione il principale ospedale appunto di Brno, dove è finita sotto i ferri per mettere subito riparo ai danni che alle 8.30 di mattina gli sono stati procurati dal coltello di un ladro che s’è introdotto nel suo appartamento dopo aver bussato alla porta, mentre la 26enne giocatrice stava facendo colazione, ed essersi spacciato per un operaio addetto al controllo della caldaia a gas. Nel tentativo di opporre resistenza, la Kvitova s’era infatti ritrovata con una serie di ferite e lacerazioni alle dita della mano sinistra, che hanno interessato tendini e legamenti. Una lunga operazione, durata 3h45’, si è resa necessaria per salvare la carriera alla duplice vincitrice di Wimbledon (2011 e 2014). In serata un primo aggiornamento sulle sue condizioni è stato diffuso da Karel Tejkal, portavoce della Federtennis ceca: «Le ferite erano molto serie, ma Petra è giovane e forte e il chirurgo dice che non c’è motivo per cui non possa riprendere in futuro l’attività tennistica. Porterà un tutore protettivo per sei-otto settimane e dovrà evitare ogni pressione o peso sulla mano ferita per tre mesi». L’indagine della Polizia di Prostejov ha appurato che le ferite della Kvitova sono state procurate dalla lama del coltello nel tentativo di difendersi dalle minacce del ladro che le stava puntando il coltello alla gola. Un identikit dell’uomo è stato diffuso in città, nel tentativo di individuarlo e rintracciarlo. Immediati messaggi di solidarietà sono arrivati alla giocatrice sui social network da parte di tante colleghe. All’inizio di questo mese la Kvitova, che ha chiuso l’anno da numero 11 del mondo dopo averlo iniziato da 6 ed essere stata anche 2 nell’ottobre 2011, aveva annunciato che il suo nuovo coach sarebbe stato Jiri Vanek, ex allenatore della connazionale Karolina Pliskova, la quale a sua volta l’aveva rimpiazzato con David Kotyza, partner storico proprio di Petra. Messi da parte questi intrecci tecnici, la Kvitova aveva invece appena comunicato di essere ancora alle prese con una frattura da stress al piede destro e che per questo motivo preferiva rinunciare alla Hopman Cup, torneo-esibizione misto in programma dall’1 al gennaio a Perth. E che avrebbe iniziato la nuova annata agonistica l’8 gennaio a Sydney, in preparazione agli Australian Open della settimana successiva. Considerata la prima prognosi di ieri sera, la tennista ceca non tornerà nel circuito prima dell’estate, se non ancora più tardi.

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Grazie Belardinelli, guru della Davis (Franco Arturi, La Gazzetta dello Sport)

Quarantennale della vittoria italiana della coppa Davis 1976 in Cile, parte seconda. Parto dai quattro moschettieri, cioè dai giocatori. Un mix di straordinaria omogeneità. Adriano Panatta, arrivato a essere in quel magico anno (per lui anche le vittorie di Roma e Parigi) numero 4 del mondo, era un terraiolo con grandi colpi d’attacco; capivi com’era la giornata se entrava il passante di rovescio. Atleticamente era sempre alla rincorsa di un se stesso ipotetico: in realtà non aveva un fisico perfetto. E in più la voglia di soffrire non era certo quella di un Borg, ma la cosa non lo disturbava allora e ancor meno lo disturba adesso. Avrebbe potuto vincere molto di più in carriera dei 10 tornei conquistati in singolare, ma gli è andata di lusso considerando che, 1976 ed estate 1973 a parte, non è mai stato nei primi 10 e spesso è uscito dai 20 del ranking. Quanto a Paolo Bertolucci, giocatore di grande intelligenza e lucidità tecnica (come i suoi interventi da opinionista confermano in questi anni), aveva limiti atletici ancor più marcati. Si fosse giocato da fermo o quasi, sarebbe stato un campione del mondo, perché i suoi colpi da «braccio d’oro» erano stilisticamente perfetti: in carriera non è stato comunque solo il compagno ideale di doppio di Adriano. Corrado Barazzutti aveva un coraggio e una resistenza al limite dello stakanovismo; senza possedere il talento dei due compagni, le sue doti da regolarista gli consentirono di arrampicarsi fino al numero 7 del mondo. Tonino Zugarelli, infine, sarebbe stato in altra squadra più di una riserva, ma il suo apporto fu decisivo a Wimbledon, quando portò due punti per eliminare l’Inghilterra sull’erba, dove le sue caratteristiche di attaccante venivano valorizzate. Molto opportunamente Bertolucci ha ricordato sulla Gazzetta i meriti di chi aveva forgiato tutti e quattro i giocatori, cioè Mario Belardinelli: il direttore del centro federale di Formia era un vero e proprio guru e punto di riferimento, di sport e di vita. Mille le sfaccettature del più grande tecnico che il tennis italiano abbia mai avuto. Fra i suoi allievi, fra il ’39 e il ’42, c’era stato anche Benito Mussolini. Ma il talento tennistico del Duce era meno di zero: a lui interessava soltanto essere immortalato col petto nudo mentre mostrava vitalità giovanile. Ho ricordi personali di Belardinelli. Per esempio di quando, nella seconda metà degli anni 70, lo incontravo sui campi di qualche importante torneo giovanile. E lui, con infinita pazienza, non disdegnava di dare lezioni di tennis a me, cronistello quasi alle prime armi. Era l’epoca della rivoluzione degli «arrotini» Borg, Vilas e tanti compagni. Lui mi disse profeticamente: «Impossibile che a questi ritmi un campione regga più di dieci anni ad alto livello». Una regola, stagione in più, stagione in meno, che funziona molto, molto spesso: esercitatevi sui nomi dei campioni degli ultimi 40 anni. Folgorante la definizione di talento che mi diede: la capacità di mettere la palla dove vuoi. Con piccoli aggiustamenti, vale anche in tutti gli sport con la palla.

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